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Il mio primo D'Artagnan da Alexandre Dumas. Ediz. a colori
Uno per tutti, tutti per uno!Alzi la mano chi non ha mai sentito ripetere questo motto, magari nel bel mezzo di un film d'avventura o di un cartone animato con protagonisti un gruppo di amici armati di spada e agghindati con un capello di piume in testa. Ma quanti sanno chi è stato il primo a pronunciare questo motto? Il modo più divertente per scoprirlo è leggere tutto d'un fiato la storia raccontata in questo libro. È la vicenda di tre spadaccini provetti al servizio del re di Francia, che per ritrovare i gioielli e l'onore della loro regina s'imbarcano in una missione piena di trappole, inganni, colpi di scena, tradimenti, che trascinano i lettori col cuore in gola tra città, castelli, campagne e osterie da Parigi all'Inghilterra di quattro secoli fa. Anche di loro tre avrete di certo sentito parlare: sono Athos, Porthos e Aramis. Più ancora di loro, però, avrete sentito nominare D'Artagnan, che come scoprirete in queste pagine è il vero eroe della brigata, pur essendo il più giovane e l'ultimo arrivato. Età di lettura: da 7 anni. -
Il codice della vita. Una storia della genetica tra scienza e bioetica
Centocinquant'anni fa Gregor Mendel pubblicava per la prima volta le sue ricerche sulle leggi che regolano la trasmissione dei caratteri ereditari da una generazione all'altra. Passato per lo più inosservato, l'articolo venne scovato solo nel 1900, a opera di alcuni botanici che studiavano gli ibridi vegetali, i quali ne diffusero immediatamente i risultati: fu un evento rivoluzionario, che diede il via a un'eccezionale serie di scoperte e alla nascita di nuove discipline come la genetica e la biologia molecolare. Lo sviluppo di queste scienze ha consentito di acquisire conoscenze basilari sulle strutture e sulle funzioni biologiche degli esseri viventi; in particolare, la possibilità di manipolare il patrimonio ereditario, i singoli geni e il genoma nel suo insieme costituisce uno degli avanzamenti più straordinari della ricerca degli ultimi decenni. La capacità di agire al livello dei meccanismi biologici fondamentali segna infatti l'inizio di una nuova e delicata fase della conoscenza, destinata ad apportare radicali mutamenti di ordine concettuale e culturale e a sollecitare cruciali interrogativi di ordine morale e politico. Il volume offre una breve storia del percorso compiuto dalle scienze della vita, una sintesi del processo di elaborazione teorica e filosofica che ha portato a considerare il patrimonio ereditario come un testo scritto nel DNA e successivamente interpretato dalla cellula grazie a un codice universale, il «codice genetico»: un testo - modificato dall'evoluzione per selezione naturale - che guida la costruzione e il comportamento di tutti i sistemi viventi. Lungo questo rapido viaggio attraverso i progressi delle bioscienze gli autori mettono in luce le grandi questioni etiche che ne sono scaturite; questioni che non possono essere relegate alla sfera soggettiva del singolo ricercatore, né al sistema di norme comportamentali di un gruppo ristretto o di una specifica professione. È necessario valutare in maniera più approfondita i temi delle responsabilità e dei compiti degli scienziati, accanto a quelli della trasparenza, della comunicazione e dell'utilizzo dei risultati della ricerca. Tutto ciò implica una trasformazione ancora più generale e profonda, che coinvolge il ripensamento dei rapporti tra scienza e governo della sfera pubblica, in ultima analisi tra il sapere e il potere. -
I clan di camorra
I gruppi di camorra sono il risultato di un lento processo di formazione che agisce all'interno dei mercati. Essi trovano una definizione quando una famiglia conquista una posizione di comando in un settore di traffici grazie a capacità di carattere imprenditoriale e a una gestione razionale della violenza. In questo libro si ricostruiscono i percorsi di formazione di alcuni clan di camorra in un arco temporale che va dal secondo dopoguerra ad oggi: attraverso storie emblematiche di capi e di famiglie si tracciano i passaggi che portano alla formazione di gruppi criminali organizzati, ponendo l'accento sui contesti nei quali di volta in volta si formano leadership e circuiti violenti con caratteristiche organizzative e logiche di azione differenziate, connesse alle condizioni storiche e alle opportunità offerte dai mercati. Più che in altre mafie, infatti, nella camorra i processi di emersione sono importanti quanto i meccanismi di riproduzione di gruppi organizzati. Ci sono aspetti di continuità nel tempo, assicurati dal permanere sulla scena di estese famiglie che presidiano alcuni mercati legali e illegali, ma i gruppi in senso stretto, intesi come clan guidati da un capo, con una cassa comune e gruppi di fuoco, hanno in genere vita breve. -
Dopo Warhol. Il pop, il postmoderno, l'estetica diffusa
La contemporaneità - ovvero l'epoca che viene «dopo Warhol» - ha conosciuto tre grandi processi di estetizzazione: il pop (dalla metà degli anni cinquanta agli inizi degli anni settanta), il postmoderno (dagli anni settanta alla fine degli anni ottanta) e l'estetica diffusa (dagli anni novanta fino a oggi). Questo studio individua alcuni momenti decisivi di questi passaggi in cui la realtà è stata concepita e vissuta essenzialmente come una costruzione estetica. La cultura pop, che trova in Warhol la sua figura paradigmatica, ha rappresentato la massima espressione estetica della tarda civiltà industriale dando una forma definitiva a ciò che oggi chiamiamo «secondo Novecento»: l'estetico inteso come consumo simbolico. Questo approdo estremo della modernità confluisce nella fase successiva del postmoderno, nel quale le pratiche più diverse rientrano in un'immensa strategia della simulazione e dell'ibridazione: kitsch, estetica del fake, citazionismo, culto dell'apparenza, finzione. Elaborando una continua erosione di ogni gerarchia culturale, il postmoderno ha aperto le porte a una fase post-storica dell'estetico, sempre meno rintracciabile nell'arte e sempre più presente nelle esperienze della quotidianità. Si giunge così al terzo momento, l'estetica diffusa o estetizzazione diffusa, che rappresenta la dimensione estetica della globalizzazione, dove estetizzazione significa fondamentalmente che anche il non estetico è pensato ed esperito come estetico. Quella che emerge è una radiografia di un passato prossimo che è la chiave per comprendere dinamiche ormai tanto autoevidenti da non essere più interrogate. -
Piccole Italie. Le aree interne e la questione territoriale
Se si guarda alle dinamiche territoriali che hanno interessato il nostro paese negli ultimi cinquant'anni, non si possono non considerare le profonde mutazioni di scenario che si sono succedute. Agli anni sessanta, caratterizzati dalla programmazione statale e dalla pianificazione territoriale, sono seguite le stagioni del regionalismo e del federalismo, fino ai più recenti tentativi di riassetto istituzionale, culminati nella mancata revisione costituzionale. In questo percorso poco si è insistito sul ruolo dei territori, e soprattutto delle comunità, che nel dibattito pubblico sono state relegate in una posizione marginale. Questo libro è una riflessione su cosa sia la politica territoriale, dopo la fine dell'interventismo statale e la crisi del regionalismo, e su cosa possano rappresentare i territori nella sfida della modernizzazione italiana. Le statistiche e gli indicatori parlano dell'emergere in Italia di una vera e propria «questione territoriale», con una marcata polarizzazione tra territori nei quali si concentrano opportunità, risorse, servizi e investimenti e aree in cui si acuiscono l'invecchiamento, la povertà e la desertificazione. -
Il lettore di impronte digitali
Questa raccolta affronta un tema molto caro alla poetessa, il paradosso degli esseri umani, condannati all'impossibilità di comprendere loro stessi e il mondo enigmatico in cui vivono.La solitudine dell'individuo diventa ancora più evidente nell'era di internet, nella quale una rete sembra unire «i nostri file virtuali di corpi», dove «ci baciamo con miliardi di bocche», mentre in realtà emerge drammaticamente l'impossibilità di un incontro tangibile e autentico. La realtà virtuale è una metafora eccellente della nostra condizione esistenziale, poiché simula una realtà effettiva che è dato conoscere solo in minima parte e nella quale l'unico modo per avere certezza di ciò che siamo è rappresentato dalle nostre impronte digitali. -
Resistere. Innovazione e vita quotidiana
La crisi ha prodotto in questi anni una forte perdita di sicurezza che ha investito il modo di lavorare e di consumare.Il volume – frutto di una ricerca sul campo, basata su interviste e studi di caso – indaga le strategie che sono state messe in atto per resistere alla crisi, innovando e reinventando se stessi e il lavoro: ciò che emerge è una straordinaria capacità di escogitare pratiche produttive e collaborative per reagire alla disoccupazione, riappropriarsi del diritto di scegliere e anche vivere in un modo nuovo. Si tratta di un cambiamento che muove dal basso: un insieme di attività solidali o conviviali, una condivisione di risorse e di decisioni, finalizzate a un consumo ridotto ed equilibrato. Si è fatta strada un’economia alternativa, non-profit e for-profit, formale e informale, caratterizzata da aspirazioni sociali o anti-capitalistiche o comunitarie e forte creatività. Legata allo sviluppo di internet, approfitta di tutte le novità che si affacciano al volgere del millennio con il web 2.0. Nel complesso, queste pratiche si profilano come un universo variegato, in cui operano sofisticati meccanismi di ricomposizione fra produzione e consumo, dimensione privata e pubblica, tempo libero e lavoro, vicinanza e lontananza territoriale, mondo reale e virtuale. Ci troviamo, dunque, di fronte a una nuova temperie culturale ed economica con ricadute importanti a livello di qualità della vita personale e sociale. La crisi, insomma, può essere letta anche come un’opportunità. -
Orizzonti
La vocazione internazionale di Torino si manifesta con forza nell'ultimo mezzo secolo e si impone attraverso una serie di eventi e di attività di carattere cosmopolita. A indirizzare e a convogliare verso un tale esito la ricchezza storica e culturale della città è una classe dirigente che ha saputo raccogliere e mettere a frutto un bagaglio culturale accumulato da tempo, una lunga tradizione di capacità e di esperienze. E di questo destino internazionale della città di Torino che si occupa la ricerca alla base del volume, a partire dalla decisione di insediare a Torino, nei padiglioni che avevano ospitato l'Esposizione per il primo centenario dell'Unità d'Italia, il Centro di formazione professionale e tecnica per i paesi in via di sviluppo dell'Oli di Ginevra. Una ricerca innovativa, che ha prodotto, tra l'altro, la raccolta di una cinquantina di videointerviste a figure rappresentative del mondo politico, amministrativo, economico, finanziario, culturale, includendo anche coloro che, pur non occupando posizioni di primo piano, hanno collaborato con i protagonisti. Si tratta di testimonianze preziose, che costituiscono una nuova fonte documentaria, e di cui è possibile in parte usufruire tramite i QR-code presenti nei contributi. Quella che emerge dallo studio fin qui condotto è una classe dirigente dal profilo assai variegato, ma di sicuro prestigio internazionale, sia per la presenza, in città, di centri di studio e di formazione di respiro mondiale, sia per il ruolo giocato dalla grande industria multinazionale, sia per l'esistenza di tradizioni politiche improntate ai valori del mondo liberale, democratico, antifascista e progressista. -
Il castello degli aristotopi
C'era una volta la famiglia Pilucchi, assai numerosa e... con i baffi: i signori Pilucchi erano infatti degli autentici aristotopi che vivevano in un castello di campagna e avevano ben 13 topini. A dirla tutta, il castello era di un certo signor Conte, ma in uno dei suoi saloni c'era una magnifica ed elegante casa delle bambole, talmente grande da poter ospitare l'intera famiglia degli aristotopi, che lì dentro facevano una vita da veri signori - due bagni, acqua corrente, una cucina rifornita di tutto punto, argenti e tappeti di lusso; pensate che d'estate giocavano persino a cricket. Finché un brutto giorno il signor Conte chiamò una squadra di operai per ristrutturare il castello, e per i Pilucchi cominciarono i guai... Età di lettura: da 6 anni. -
Hemingway e l'Italia
Nel corso degli ultimi vent'anni nulla di nuovo è stato aggiunto alla biografia di uno dei massimi scrittori del Novecento. Eppure non tutto è stato raccontato dell'avventurosa vita di Hemingway, e soprattutto dell'amore che lo ha legato all'Italia, dalle Dolomiti alla Sicilia, al di là degli intensi squarci che dobbiamo alle pagine firmate dalla sua traduttrice Fernanda Pivano. Questo libro ripercorre per la prima volta tutto l'itinerario italiano del grande Ernest - dal suo sbarco a soli diciotto anni come volontario della Croce Rossa sul fronte del Piave durante la prima guerra mondiale alla sua ultima presunta e misteriosa puntata veneziana un anno prima del suicidio. La ricostruzione meticolosa e appassionata di Richard Owen, attraverso le testimonianze raccolte di prima mano e le più svariate fonti bibliografiche, segue passo passo il formarsi di un legame durato oltre quarant'anni e non solo per i continui ritorni di Hemingway sul suolo italiano (il Piave, Torino, Taormina, Bassano del Grappa, Genova, Rapallo, Cortina), ma anche grazie alle sue tante amicizie, alle passioni e alle debolezze: le leggendarie bevute all'Harry's Bar, le passeggiate lungo i vicoli di Taormina, i soggiorni alla Locanda Cipriani di Torcello, le battute di caccia in montagna. Un legame carsico, quello col Belpaese, che riemerge e s'intreccia di continuo in tutta l'opera dello scrittore: da Addio alle armi, dove la disfatta di Caporetto fa da sfondo al racconto del suo primo innamoramento per Agnes, la crocerossina conosciuta in un ospedale di Milano, fino a Di là dal fiume e tra gli alberi, ispirato al suo ultimo amore italiano, la diciottenne Adriana Ivancich conosciuta a Cortina alle soglie dei cinquant'anni. In Italia Hemingway scrisse di amore e di morte con delicatezza e passione. Fu qui che maturò e affinò lo stile che lo rese celebre e sarebbe stato tanto imitato, ed è per questo, conclude Owen, che «alla storia d'amore tra Hemingway e l'Italia dobbiamo capolavori letterari senza tempo». -
La città dell'acciaio. Due secoli di storia operaia
Due secoli e una città. Attraverso l'uso magistrale delle sue fonti predilette - le testimonianze orali - Alessandro Portelli porta a compimento, con questo libro di sintesi, una ricerca storica di grande respiro, perseguita lungo il corso di quarant'anni: oltre duecento interviste che coprono almeno un secolo, dai più anziani, nati prima del 1890, ai più giovani, nati dopo il 1980. Tra la piccola dimensione urbana e l'incombente mole dell'impianto siderurgico, si muove il protagonista collettivo di questa storia: la classe operaia di Terni, forte delle sue memorie risorgimentali, legata a filo doppio alla nascita della grande industria, ai suoi complessi sviluppi, e alla fine alla sua crisi fatale. Due secoli di un'Italia che passa dall'universo rurale a quello postindustriale attraverso la storia, epocale ed effimera, complicata e a suo modo esemplare, della rivoluzione industriale e delle sue culture. Si assiste così, seguendo il racconto scandito dalla voce dei protagonisti, dapprima alla formazione di una centralità industriale che sembrava invincibile, e poi al suo declino, preparato dal sistematico smantellamento, pezzo dopo pezzo. Insieme alla fabbrica, è un mondo intero ad andare in frantumi, con il progressivo e inesorabile sfaldamento di un'identità operaia che aveva nella dimensione collettiva della condivisione e della lotta la sua modalità di espressione privilegiata. E l'affresco corale prende forma attraverso i dettagli puntuali e minuti, potenti e precisi, della storia orale, delle memorie personali, della vita quotidiana, che ci proiettano all'indietro verso il Risorgimento e la formazione della nazione, e al tempo stesso in avanti, verso un futuro globale nebuloso e imperscrutabile. -
Contro canto. Le culture della protesta dal canto sociale al rap
Con la musica non si fa la rivoluzione, ma è pur vero che attraverso i linguaggi e le forme musicali e le pratiche di condivisione e di fruizione della musica si è espresso - e si esprime tutt'oggi - gran parte dello spirito antagonistico dei ceti popolari e delle giovani generazioni del nostro paese. Canzoni e generi musicali hanno caratterizzato varie fasi della nostra storia recente, lasciando un segno profondo nella memoria collettiva. Poca attenzione, però, è stata prestata alle forme di produzione, circolazione e ricezione delle musiche che hanno accompagnato i momenti di tensione politica e di scontro culturale. Si tratta di un vasto patrimonio di pratiche e di esperienze diffuse che delinea una sorta di vero e proprio «contro canto» della storia italiana. Il percorso tracciato in questo libro parte dall'analisi del canto sociale e politico di quelle che Antonio Gramsci definiva «le classi subalterne», prosegue con le vicende dei gruppi e dei movimenti che negli anni della contestazione si opposero all'omologazione di massa cercando di coniugare sperimentazione culturale e attivismo politico e arriva alle nuove forme espressive della conflittualità sociale negli anni del rap e dei centri sociali, con l'invenzione di inedite sonorità che intrecciano la riscoperta della memoria storica dei canti di lotta con la reinvenzione dei dialetti e delle identità locali, a cavallo tra culture giovanili, antagonismo politico, mercato discografico e libera diffusione tramite la rete. La creatività dei gruppi sociali in conflitto con la cultura ufficiale viene qui ricostruita mediante un viaggio tra le vicende del movimento operaio, dei movimenti sociali e delle culture giovanili, delineando un'originale rilettura della storia culturale italiana. Ispirato agli esiti più maturi dei cultural studies, questo lavoro mostra come, scavando nelle pieghe della produzione culturale e musicale, sia possibile leggere, in controluce, la storia del conflitto tra cultura alta e cultura popolare, tra consumo culturale di massa e avanguardie militanti, tra progetti egemonici dell'industria culturale e le forme e le pratiche di resistenza dal basso. -
Il linguaggio della crisi. L'economia tra esplosioni, tempeste e malattie
Fin dall'antichità, la continuità dello sviluppo economico è stata interrotta da fasi di crisi. Ma con l'avvento dell'industrializzazione e dell'organizzazione capitalistica della produzione, tali fasi sono diventate più frequenti, e hanno cominciato a manifestarsi con una certa regolarità e con caratteristiche simili tra loro e diverse rispetto ai secoli precedenti. A partire dall'epoca moderna le crisi cominciano a rappresentare un momento di verità per la teoria economica: è in queste fasi cicliche che emergono tutte le difficoltà di funzionamento del capitalismo, cosicché l'interpretazione della crisi diventa parte integrante dell'analisi dei sistemi economici. Parallelamente, ogni rappresentazione teorica dei fenomeni si esprime attraverso un linguaggio che si evolve man mano che le crisi si succedono e ne descrive morfologia e peculiarità. Ecco perché l'analisi del linguaggio usato per descrivere le crisi diventa la chiave che rivela in che modo la crisi è compresa: tanto dagli economisti che dagli attori politici che ne adottano le conclusioni. Bolla, stagnazione, panico, depressione, ciclo, fluttuazione, recessione, terremoto economico, uragano finanziario, febbre speculativa... la scelta del linguaggio per descrivere una situazione, infatti, non è mai neutrale: ciascun termine potenzialmente adatto è carico di significati, ciascuna metafora seleziona certe implicazioni piuttosto che altre. Il libro di Daniele Besomi, attraverso un'analisi storica della trasformazione del linguaggio, offre al lettore gli strumenti critici per orientarsi tra i vari modi di interpretare le crisi. L'autore esplora sia i termini impiegati per descrivere le crisi dall'Ottocento a oggi, sia le metafore utilizzate nella fase formativa delle teorie delle crisi (e più tardi dei cicli economici) per illustrare, al di là dei tecnicismi di cui si ammanta la teoria economica moderna, le visioni fondamentali che stanno alla base delle principali linee interpretative di questi fenomeni proposte dagli economisti -
Scuola a rotelle
È possibile raccontare la disabilità a scuola in una chiave ironica, autoironica e a tratti scanzonata, con tutto il suo portato di frustrazioni e privazioni quotidiane? È possibile descrivere un vissuto fatto di continui ostacoli materiali e psicologici da superare, senza mai indulgere all’autocommiserazione? Ecco l’esperimento riuscito in queste pagine a Ileana Argentin e Paolo Marcacci, che narrano l’esistenza dei disabili attraverso due punti di vista differenti ma complementari – quello di lei, disabile quasi fin dalla nascita e mai arresasi alla propria condizione, che anzi ha scelto di sublimare nell’impegno politico a beneficio del mondo dell’handicap; quello di lui, insegnante di lettere da anni alle prese con allievi disabili, portatori di handicap non meno che di entusiasmi, voglia d’integrazione e contagiosa felicità. Dalla trepidazione del primo giorno di scuola al rapporto tra insegnanti e genitori, dalle barriere fisiche a quelle comunicative con i compagni di classe, il racconto di Argentin e Marcacci affronta una dimensione intima e al contempo collettiva, fonte di goffi imbarazzi e ineludibili sofferenze. Il loro approccio autentico e irriverente porta a galla quel tanto di comicità che balugina sul fondo di ogni situazione esistenziale e ci rende più intelligibile un universo di ostacoli e sensibilità che un eccesso di tatto o di politically correct finisce spesso per rendere troppo opaco e distante. Nel dialogo serrato tra l’orgoglio di chi vive ogni giorno le sfide della disabilità e la consapevolezza di chi, dalla sponda dei cosiddetti «normali», coglie l’inadeguatezza latente in ognuno di noi, quel che per il senso comune è banalmente una fonte di sofferenza, ci appare, sorprendentemente, come un modo di essere. Ne risulta un’istantanea fedele e al contempo vitale e gioiosa dell’handicap realmente vissuto tra i banchi di scuola. -
Walter Benjamin e Dante. Una costellazione nello spazio delle immagini
Intorno alla primavera del 1940, nella fase estrema della sua vita, Walter Benjamin riprende le tesi ""Sul concetto di storia"""", che aveva concluso l'anno precedente, per tradurle in francese. In questa occasione, il filosofo tedesco inserisce nella quinta tesi, quella in cui è definito il decisivo concetto di «immagine dialettica», un sibillino riferimento alla Commedia di Dante, assente nella versione originale. A partire da questo indizio, Marco Maggi indaga il ruolo che la lettura di Dante ha rivestito nel pensiero di Benjamin, guidando il lettore in un inedito itinerario attraverso le sue opere. Il riferimento del '40 è infatti solo l'ultima di una lunga serie di citazioni dantesche che si susseguono nei lavori benjaminiani, a cominciare da un'evocazione dell'episodio di Paolo e Francesca nel saggio sulle Affinità elettive di Goethe, per culminare nella descrizione della metropoli moderna come inferno, negli studi sulla Parigi di Baudelaire."" -
Tutto il teatro
La complessità dei testi teatrali di Vincenzo Ziccarelli fa il pari con la complessità delle relazioni che essi hanno instaurato e continuano a instaurare tanto con i fenomeni teatrali nati e sviluppatisi negli ultimi quarant'anni, quanto con le tensioni vibranti all'interno della società e del dibattito pubblico. Ziccarelli ha creato un modello drammaturgico in grado di dialogare impetuosamente e ad ampio raggio con la realtà del suo tempo. La Calabria evocata nei suoi testi non rappresenta esclusivamente la matrice della sua ispirazione, ma anche una sorta di lente attraverso cui l'autore tenta di studiare il mondo e le relazioni tra gli uomini, anche al di là dei confini della sua «piccola patria». L'opera di Ziccarelli è infatti un ricco mosaico pluri-tematico e pluri-stilistico, in cui il territorio d'origine si presenta come condizione spirituale e memoria, tese alla ricerca di una parola poetica universale in grado di esprimerle. Attraverso questa universalità, l'autore ha coltivato la sua non del tutto celata ambizione di essere considerato un classico. Diffondere il teatro di Ziccarelli significa essenzialmente dotare il pubblico e la critica di uno strumento utile alla lettura di una parte dell'evoluzione del teatro italiano degli ultimi quarant'anni e delle sue articolate relazioni con la sfera della pubblica intellettualità e con la categoria dell'impegno civile. -
Questioni di senso. Tra fenomenologia e letteratura
L’unica via d’uscita dai percorsi nichilistici, secondo Antonio Delogu, si trova nell’approccio fenomenologico, che conduce alla conoscenza di quelle verità originarie del mondo di cui non possono dar conto né le scienze naturali, né le scienze umane, né la metafisica nel senso tradizionale.rnrnNella cultura novecentesca è presente una profonda linea nichilista, che risulta particolarmente evidente nell’intreccio tra filosofia e letteratura, ma che compare anche laddove si penserebbe di non poterla trovare, come nella metafisica fantastica di Emanuele Severino. L’unica via d’uscita dai percorsi nichilistici, secondo Antonio Delogu, si trova nell’approccio fenomenologico, che conduce alla conoscenza di quelle verità originarie del mondo di cui non possono dar conto né le scienze naturali, né le scienze umane, né la metafisica nel senso tradizionale. La fenomenologia può farlo, perché il suo compito non è di spiegare che cosa sia il mondo-oggetto, ma di descrivere e comprendere il senso del mondo per noi. Attraverso la lettura e l’interpretazione del pensiero di scrittori, poeti e filosofi come Pessoa, Husserl, Heidegger, Borges e lo stesso Severino, l’autore costruisce un percorso originale che si traduce in un autentico «breviario filosofico», uno strumento teorico per orientare il soggetto nella comprensione del mondo della vita. Dopo quasi centocinquanta anni dall’Origine delle specie di Darwin, l’idea che gli esseri umani siano riducibili a mera natura biologica non è giunta a un consenso universalmente condiviso, né nel campo della scienza né in quello della filosofia. Al fondo delle tante esperienze del mondo vissuto, la coscienza originaria, inscindibile ma non riducibile al corpo, diventa l’energia che consente all’individuo di rialzarsi dalle cadute, la bussola che lo guida nello spaesamento nichilistico, l’approdo sicuro nelle sue esistenziali inquietudini. Essere persona, insomma, è darsi una forma o uno stile d’esistenza il cui carattere essenziale è il dinamismo tra la pressione dell’abitudine e l’aspirazione alla trascendenza, tra la tendenza alla conformità a tradizioni o convenzioni sociali e la tensione a oltrepassarle, tra la passività e l’attività, tra l’assuefazione e l’attenzione, tra l’adesione e la distrazione, tra la riduzione a essere soggetti codificati e l’elevazione a essere soggetti liberati. -
Storia del Banco di Sicilia
Il Banco di Sicilia è stato una delle più importanti banche italiane. Fin dalle sue origini (1867) ha esercitato un ruolo centrale nella vita dell'Isola, non solo influenzando i processi di sviluppo economico e di trasformazione produttiva, ma anche concorrendo a determinarne i mutevoli equilibri negli assetti sociali e politici. Utilizzando fonti in larga parte inedite, il volume esamina per la prima volta le vicende di una banca che fino al 1926 godette del diritto di emissione monetaria, operando come banca delle banche, in un rapporto di cooperazione-competizione con gli altri istituti di emissione, al cui vertice era posta la Banca d'Italia. Fra le due guerre, il Banco trasformò radicalmente il suo modello di attività, impiantando quasi da zero i servizi di credito commerciale, ampliando la sua presenza in Italia e all'estero, estendendo la sua operatività nel credito speciale a lungo termine. Nel secondo dopoguerra, nel quadro dell'autonomia regionale siciliana, esso esercitò la funzione di una vera e propria finanziaria di sviluppo, sostenendo l'avvio di importanti iniziative industriali. A partire dai primi anni sessanta il rapido esaurirsi della parabola di sviluppo dell'economia siciliana, le strategie gestionali ambiziose e poco attente al controllo dei costi e della qualità del credito, i forti condizionamenti di natura politica e ambientale, determinarono quel deterioramento delle condizioni di bilancio che, seppur con fasi di ripresa, accompagnò le vicende del Banco per oltre un trentennio, fino alla trasformazione in società per azioni e all'assorbimento in gruppi creditizi di portata nazionale. Il volume descrive dunque le principali strategie aziendali, i mutamenti istituzionali e l'andamento economico del Banco di Sicilia dal 1867 al 1991, analizzandolo anche come luogo di selezione e affermazione delle élites e dei ceti dirigenti, in un complesso di rapporti personali, familiari, politici, che rende la sua storia inestricabilmente legata alla storia della Sicilia. -
Il fantasma e il seduttore. Ritratto di Salvatore Mannuzzu
Un esordio folgorante - nel 1962, a trent'anni -, quello di Salvatore Mannuzzu, e poi un lungo «esilio» dalla narrativa, dal quale lo scrittore sardo esce con un romanzo che di nuovo e con più clamore lo riporta sotto i riflettori del pubblico e della critica, tanto da diventare un vero e proprio «caso letterario». Da allora - e siamo al 1988, l'anno di Procedura - i romanzi e i racconti si succedono, rivelando i contorni di quella che si definisce sempre più come la figura di uno dei più solidi narratori contemporanei. E se è il giallo il genere a cui si tende ad accostare la scrittura di Mannuzzu, è bene precisare che si tratta di una «parentela» assai lontana, e messa continuamente in crisi e sotto accusa: la tensione che percorre le pagine lavora, spesso sottotraccia, a corrodere dall'interno l'intima struttura di un genere che, se mantiene gli elementi tipici dell'inchiesta e della suspense, tuttavia ne esce rinnovato fino a diventare altra cosa, mostrando una densità e una problematicità tra le più ricche della letteratura italiana contemporanea. -
La butega nova
La Butega Nova è una località emiliana, un luogo di passaggio, con un'osteria e pochi edifici, come se ne possono trovare tanti, lungo la via Emilia o lungo le numerose strade che percorrono l'Italia. Qui si snodano le vicende della famiglia Corradini e si raccontano episodi di un periodo che è terminato solo da pochi decenni, ma che ci può sembrare oggi molto lontano. Sono storie di gente sanguigna e operosa, di comunità povere e dignitose, come la maggior parte delle famiglie italiane di allora, che hanno una protagonista, figlia del temperamento emiliano: la passione politica e la voglia di migliorare la propria condizione.