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Cinque cerchi e una stella. Shaul Ladany, da Bergen-Belsen a Monaco '72
Andrea Schiavon racconta la vita di un uomo straordinario e con lui ripercorre le tappe di un intero secolo di eventi.rn5 settembre 1972, ore 4:30, villaggio olimpico di Monaco di Baviera. Un commando palestinese di Settembre nero fa irruzione negli alloggi della squadra israeliana. Comincia così la pagina più tragica della storia delle Olimpiadi e si concluderà 20 ore dopo con 17 morti. In quella squadra c'è anche Shaul Ladany, marciatore che, bambino, fu deportato a Bergen-Belsen, il campo in cui morì Anna Frank. Per la seconda volta Ladany sopravvive alla Storia. Ladany è un docente di ingegneria prestato all’atletica, capace di incastrare allenamenti estenuanti tra una lezione e l’altra.rn Vive il ’68 a New York da studente della Columbia, combatte la Guerra dei Sei Giorni e quella di Yom Kippur, nel 1973, quando per difendere Israele rientra dagli Stati Uniti pagandosi il biglietto dell’aereo.rn La sua vita è stata una lunga sequenza di passi, quasi un Forrest Gump che ha attraversato il XX secolo, lasciando un segno a ogni passaggio. ""Perché puoi percorrere migliaia di chilometri, ma certe esperienze non le puoi sudare via. Stanno lì a ricordarti che sei vivo."""""" -
Un altro giorno di morte in America. 24 ore, 10 proiettili, 10 ragazzi
Sette è il numero di bambini e adolescenti che, di media, ogni giorno perdono la vita negli Stati Uniti per un colpo di arma da fuoco. Una cifra che non ha pari in nessun'altra nazione. Gary Younge ha scelto una data a caso, il 23 novembre 2013, per scoprire a quanti ragazzi quel giorno è toccata una simile sorte: dieci, tra Est, Ovest e la grande campagna americana. Ha cercato chi li conosceva e ha passato al setaccio le loro pagine Facebook e Twitter. Quando erano disponibili documenti - verbali, autopsie, registrazioni del 911 - li ha consultati per raccontare quelle brevi e invisibili vite. ""Un altro giorno di morte in America"""" parla di cosa vuol dire essere genitori nei quartieri difficili, dell'onnipotenza del secondo emendamento, della distanza della politica, di come i media raccontano o ignorano gli omicidi, di morti che in alcuni casi sono solo numeri e che spesso non vengono neanche contate."" -
Fratelli migranti. Contro la barbarie
"Fratelli migranti"""" è poesia, saggio e manifesto, un appello a rimanere sensibili a ciò che l'idea di umano ha di più umile e luminoso. Contro la barbarie di oggi, schiuma mortale che standardizza i desideri, disfacendo maglia dopo maglia libertà, uguaglianza, fraternità, dignità e con loro la felicità, Patrick Chamoiseau chiede di aprire in noi un altro immaginario, mentre il rifiuto, l'odio e la violenza guadagnano terreno. Come Saint-Exupéry nei suoi voli notturni contemplava l'arcipelago di piccole luci nascoste nella notte maestosa, quintessenza di attese, sogni, progetti e compimenti, principio di albe promesse e ineluttabili, così Chamoiseau scorge scintille di umanità nel più piccolo barlume in cui la vita è protetta e sostenuta. «Non è molto» dice. «È solo un bagliore. Forse una di quelle lucciole per la quale Pier Paolo Pasolini avrebbe dato la vita.» Il libro si chiude con la Dichiarazione dei poeti, una chiamata all'umano a resistere, rifiutando di abbandonare il mondo." -
Gian Maria Volonté
È stato il bandito Cavallero, Enrico Mattei, l’anarchico Bartolomeo Vanzetti e Lucky Luciano, Aldo Moro e Teofilatto dei Leonzi dell’""Armata Brancaleone"""", El Indio di """"Per qualche dollaro in più"""" e l’operaio Lulù Massa: Gian Maria Volonté ha costruito il film della sua vita attraverso grandi collaborazioni e incredibili rifiuti, spesso al fianco di donne straordinarie. Un viaggio lungo poco più di sessant’anni, cominciato durante il ventennio fascista, a Torino, e chiuso all’alba del primo governo Berlusconi. Ma chi era davvero Gian Maria Volonté? Emigrante in Francia per fuggire da un padre ingombrante e dalla gente che lo fermava perché figlio di un fascista, i carri di Tespi, l’Accademia d’arte drammatica di Roma, esordi a teatro poi il cinema e la televisione, ma anche istruttore di vela, cubano sottotraccia, militante del partito Comunista ed extraparlamentare, provocatore, esponente del sindacato attori, antesignano del Sessantotto. Per lui, professionalità, etica e impegno politico erano princìpi imprescindibili. Ma cosa c’è oltre l’icona dell’attore contro? Mirko Capozzoli scrive una biografia pubblica e privata di Volonté, in un libro arricchito da documenti e testimonianze tra cui le interviste ad Armenia Balducci, Carla Gravina, Angelica Ippolito e Tiziana Mischi. Interviste di Alejandro De la Fuente."" -
I miei anni '80 a Taiwan
La matita e il pennello di Chuang dipingono una nostalgica storia di formazione ambientata a Taiwan negli anni Ottanta. L'esperienza di un giovane ragazzo cristallizzata in dodici episodi dal ritmo quasi cinematografico.rnrn""I miei anni '80 a Taiwan"""" è una nostalgica storia di formazione che racconta con sguardo cinematografico gli anni Ottanta, i suoi culti e manie come Bruce Lee, Mazinga e i robottoni giapponesi, la breakdance, senza tralasciare i forti condizionamenti della politica e delle restrizioni alla libertà imposte dalla legge marziale. A quei tempi Taiwan era tappezzata di manifesti che inneggiavano alla riconquista della Cina. Al cinema, prima di ogni spettacolo, ci si doveva alzare e cantare l'inno nazionale. Verso la fine degli anni Ottanta le cose iniziarono a cambiare, la gente scese in piazza per protestare e si arrivò addirittura a delle colluttazioni tra politici in parlamento. In parallelo, le strade furono invase di VHS pirata e spuntarono un po' ovunque baracchini della birra affollati di persone... I dodici episodi che compongono questo fumetto immergono il lettore nelle strade di Taipei e della provincia taiwanese, nei cortili delle case, nei cinema, nelle scuole, seguendo interminabili partite di baseball, combattimenti kung fu e le crisi d'ansia ricorrenti che il severo sistema scolastico cinese provoca al protagonista."" -
Lupo rosso. Ediz. italiana e inglese
Cappuccetto non è una brava bambina, ma una bambina determinata. E che Lupo non è il lupo cattivo, ma un lupo affamato di conoscenza: mangia per conoscere. rn«Perché una piccola favola inventata secoli fa è diventata una grande favola che ha invaso il mondo, ed è conosciuta, in diverse versioni, dall’Africa fino alle terre degli eschimesi? Perché in questa favola ci siamo noi. Tutti noi» - dalla prefazione di Stefano BenniTra amarene, querce e fragoline di bosco questo libro racconta l'avventura di Cappuccetto Rosso, com'è stata riletta dal Laboratorio Zanzara, che ne ha anche tratto uno spettacolo teatrale. In quest'opera visionaria, la creatività incontra una delle più celebri storie per l'infanzia per raccontare paure, desideri, e finali a sorpresa in modo poetico e inedito. Il libro contiene sedici pagine stampate su carta lucida che suggeriscono un'atmosfera di stupore; la scelta dei materiali, della legatura e della stampa lo rendono un oggetto artistico e suggestivo, per bambini, adulti, e adulti-bambini. Prefazione di Stefano Benni. -
Gas molecole vita. Chi siamo, dove stiamo andando. Sei lezioni di un premio Nobel
Nel 1967 il biologo statunitense George Wald vince il premio Nobel per la medicina.rnPassa qualche anno e nel 1970 Wald viene ingaggiato per tenere un ciclo di lezioni radiofoniche trasmesse in Canada dalla CBC.rnIn quelle sei registrazioni Wald mise insieme le due grandi passioni che lo animavano: da una parte la scienza e la ricerca, dall’altra la volontà di occuparsi dei problemi del mondo.rnrnrn«Tutti gli uomini, ovunque, si sono sempre posti le stesse domande: da dove veniamo, che cosa siamo e cosa sarà di noi...» Inizia così la prima delle sei ""Massey Lectures"""" radiofoniche che, nel 1970, George Wald, biologo e premio Nobel per la medicina, dedicò in Canada al tema della vita. A queste tre domande fondamentali, Wald risponde partendo dalla scienza e con un linguaggio immediato e preciso ripercorre la nascita della vita sul nostro pianeta, racconta l'origine dell'uomo, il suo ruolo nell'universo e quello della morte, per poi arrivare a un approccio più umanistico e cercare per quelle domande un altro tipo di risposte. Quali sono i compiti dell'essere umano, come reagire a problemi come il sovrappopolamento e quali soluzioni vanno prese per conservare il bene più grande che abbiamo: la vita. L'equilibrio che Wald sa dare alle lezioni le rendono un capolavoro di leggerezza e sapienza, e ciò che più conquista in questo libro senza tempo è l'immediatezza, di lingua e di approccio, con cui Wald riesce a parlare a ogni lettore. Alla fine del libro le tre domande rimangono - e non potrebbe essere altrimenti - ma, in 128 pagine, davanti ai nostri occhi si apre un mondo stupefacente di possibili, straordinarie risposte."" -
Là dove finisce la terra. Cile 1948-1970
Con tenerezza e rigore documentario, Désirée e Alain Frappier disegnano il ritratto di un eroe fragile, e della sua terra, alla fine del mondo.rn«I sogni, la vittoria e la perdita rivivono in questa graphic novel» - Stefania Parmeggiani, Robinsonrn«Là dove finisce la terra» è la storia di un ragazzo e insieme la storia del Cile dal 1948 al 1970. Attraverso l'infanzia e l'adolescenza di Pedro, nato nel 1948 da una famiglia libanese emigrata in America Latina ai primi del Novecento, il libro racconta la storia del Cile, il Paese dove finisce la terra (questa la probabile etimologia), la Guerra Fredda, la rivoluzione castrista a Cuba e la figura di Che Guevara, l'ingerenza degli Stati Uniti, i campionati del mondo di calcio del 1962, le speranze che accompagnano l'elezione di Salvador Allende. Poi la fine del sogno, il colpo di Stato dell'11 settembre 1973, e l'esilio di Pedro in Francia nel 1975. Ispirandosi ai ricordi di Pedro Atias, figlio dello scrittore socialista Guillermo Atias, studente di sociologia iscritto al Movimento di sinistra rivoluzionaria, appassionato di teatro, gli autori, Désirée e Alain Frappier, raccontano le speranze di un popolo e di un Paese diviso da squilibri sociali spaventosi, in cerca di una rivincita sociale, e la storia di una generazione impegnata, convinta che la lotta per la giustizia e l'equità sia figlia della rivoluzione. Prefazione di Luis Sepúlveda. -
Le mie vite in gioco
Scritto con il giornalista Alessandro Camagni, il libro di Sagar ripercorre le tappe della vita di un campione, ma soprattutto sfata alcuni falsi miti su disabilità e sport, oltre a dare al lettore un punto di vista radicale su cosa vuol dire avere il coraggio di affrontare la vita. Il coraggio di non tornare indietro.rnrn«Non era per niente come me l'ero immaginato. Era esaltante. In due parole: sport vero… La gente si scontrava, cadeva. Si sentiva il rumore del ferro delle carrozzine che sbattevano tra loro. Era qualcosa di realmente duro, non un gioco per disabili»rnrnEra il 1999 quando il diciassettenne Ian Sagar chiese a un suo amico di Sheffield, un paesino del profondo nord inglese, cuore delle lotte dei minatori, di fargli provare il motorino appena comprato. Mezzora dopo la sua vita aveva preso una piega nuova e definitiva: una caduta, la lesione del midollo spinale, la carrozzina. Questo scenario avrebbe messo ko chiunque, ma non lui. Sagar, un combattente nato che, alla sfortuna della vita, ha contrapposto la volontà di guadagnarsi il proprio posto nel mondo. Il basket in carrozzina, inizialmente un passatempo che lo aiuta a staccare un po' la testa, diventa un talento da coltivare, quindi un lavoro fonte di entusiasmanti vittorie. Tre volte campione d'Europa con la nazionale inglese (2011, 2013, 2015), il bronzo paralimpico di Rio nel 2016, e poi l'approdo alla Briantea84, la società di Cantù che da anni è al vertice del movimento cestistico in carrozzina e di cui oggi Sagar è una vera e propria bandiera. -
La Repubblica d'Europa. Oltre gli Stati nazione
«Questo libro è dedicato a tutti coloro che sanno di non sapere, si impegnano per migliorare, propongono le proprie idee con modestia e tengono verbale delle proprie riunioni, perché non si sa mai, può anche capitare che con le buone idee e le migliori pratiche si cambi la Storia per davvero.»rnrnDa più parti si alza il grido che l'Europa sia finita, che l'esperimento nato dalla volontà di portare pace ed equilibrio economico al continente sia fallito sotto i colpi di burocrazia, immigrazione, finanza. Su questa tesi si costruisce il consenso di cittadini arrabbiati, si propongono soluzioni estreme come l'uscita dall'euro, si parla di un ritorno al sovranismo nazionale, in un'ottica di chiusura al mondo che verrà. Schiacciata da queste spinte e attaccata da più fronti, l'Europa deve trovare una nuova strada per garantire a se stessa e ai suoi cittadini uno spazio di diritti condivisi, di sviluppo sostenibile e di capacità di accoglienza dei nuovi flussi migratori del mondo. Uno spazio che sappia governare il proprio tempo e non subirlo. Gli autori di questo libro-manifesto affermano che è necessario ripensare in maniera radicale la forma che vogliamo dare all'Europa. Auspicano la nascita di una Repubblica d'Europa che, superando gli Stati nazionali, costituisca una nuova realtà politica economica, culturale e strategica. Come sarebbero il lavoro, la scuola, l'informazione, la sicurezza, la solidarietà, l'economia nella nuova Repubblica d'Europa? Otto autori (economisti, giuristi, giornalisti, formatori, politici) affrontano i nodi principali per avvicinarci a questo unico futuro possibile. -
Il re di Bangkok
"Il re di Bangkok"""" racconta la storia della Thailandia contemporanea attraverso la vita di Nok, un vecchio ambulante cieco che vuole andarsene dalla città. Seguendolo per le vie della megalopoli thailandese e lungo i sentieri della sua memoria, questo graphic novel ricostruisce un viaggio tra le baraccopoli dei lavoratori migranti, i campi di riso dell'Isan, i villaggi turistici di Kho Pha-ngan, e le rivolte popolari tra i grattacieli della capitale. Basato su più di dieci anni di ricerca antropologica, """"Il re di Bangkok"""" parla di migrazioni e famiglie lontane, del progresso che consuma il Paese e di come le onde della storia sollevano, travolgono o inghiottono le persone comuni." -
Time out. Ascesa e caduta della Mens Sana o dello sport professionistico in Italia
Ascesa e caduta della Mens Sana o dello sport professionistico in Italia.rnrnrn«Vi verrà voglia di rifugiarvi sotto canestro, di tornare a parlare di basket e dimenticare tutto il resto, ma se si vuole cambiare pagina dobbiamo ricostruire il passato.» – Flavio TranquillornrnLa Mens Sana Siena è stata la squadra di basket italiano che ha dominato gli anni Duemila. Al netto dei titoli revocati si contano: 6 scudetti, 3 coppe Italia, 6 supercoppe e una coppa europea vinta, la Saporta.rnA capo di questa potente macchina sportiva spicca la figura di Ferdinando Minucci, uomo forte della società, esperto di marketing e di comunicazione e poi general manager e presidente della corazzata senese. Nel maggio del 2014, ancora presidente della Lega basket, sarà messo ai domiciliari nel corso dell’operazione Time Out. Negli anni dello scandalo del Monte Paschi (banca legata a filo diretto con la squadra), le indagini scavano nel giro di affari, sponsorizzazioni e denaro che ruotava attorno al campo da basket.rnrnFlavio Tranquillo prende in mano questa storia mettendo insieme i dati, gli atti, le parole dei protagonisti, per fare chiarezza non solo sul singolo caso, ma su un sistema che usa lo sport per i propri interessi. Dal campo e dalle magie dei campioni, il libro arriva alle aule dei tribunali, ai bilanci truccati e ai conti correnti nascosti.rnUn libro per chi ama il basket e lo sport, e per chi crede che ci possa essere un altro modo di pensarlo. -
Il giuramento
Le teste si possono tagliare o contare. Nel 1931 il regime fascista scelse entrambe le soluzioni e impose a tutti i professori universitari un giuramento di fedeltà al duce. Giurarono in 1238. Solo in dodici si rifiutarono. Questo è il racconto di uno di quei dodici, ed è liberamente ispirato alla figura di Mario Carrara, medico legale, uno dei primi a rifiutare il freddo censimento con cui Lombroso aveva insegnato a catalogare gli uomini e le anime. Mentre l’università celebra il concetto della razza, le carriere si fanno con la tessera del partito, gli studenti indossano le camicie nere anche a lezione, Carrara intuisce l’agonia scellerata del Paese e quando il rettore gli comunica data e prescrizioni del giuramento, ossia fedeltà al re e a Mussolini, capisce di non poterlo fare. Non per puntiglio ideologico ma per sentimento di decenza. Perché quel giuramento è anzitutto ridicolo, grottesco, fasullo. In una parola: indecente. La storia di Mario Carrara è metafora involontaria eppure inevitabile su questo nostro tempo, pervaso da nuovi conformismi e da antiche rassegnazioni. -
I sovranisti. Dall'Austria all'Ungheria, dalla Polonia all'Italia, nuovi nazionalismi al potere in Europa
Sullo sfondo del declino generale dei grandi partiti della sinistra socialdemocratica e della destra moderata, ovunque si affermano nuove estreme destre autoritarie. Queste forze rimettono in discussione la necessità di una concertazione internazionale e il libero scambio, il rispetto dei diritti umani, l'unità dell'Europa, i diritti delle minoranze e dei più deboli, la messa al bando del razzismo, delle annessioni territoriali e della xenofobia - tutto ciò che, nel dopoguerra, un consenso internazionale aveva trasformato nell'ideale comune verso cui tendere. Dall'Ungheria di Orbán all'Austria di Kurz, dalla Polonia di Kaczyfiski all'Italia di Salvini, Bernard Guetta ha attraversato l'Europa delle nuove destre al potere, che si ritrovano a condividere un antioccidentalismo le cui radici affondano nella Storia. Chi sono e che cosa vogliono? -
Il libro dell'acqua e di altri specchi
Questo romanzo è un ritratto rivelatore dello spirito umano, una storia di corruzione e resistenza, di amore e terrore, e delle maschere che a volte è necessario indossare per salvarsi.rnrn""Il libro dell'acqua e di altri specchi"""" si apre in una città fittizia chiamata Zamana, in Pakistan. Nargise Massud sono una coppia di architetti, uniti da un'affinità elettiva con cui hanno sapientemente modulato ogni fase della loro relazione. Eppure Nargis ha nascosto per tutta la vita al marito un elemento fondante e pericoloso della sua identità: è nata cristiana, con il nome di Margaret, ma crescendo si è finta musulmana per sfuggire agli abusi e alle oppressioni. Quando Massud muore in uno scontro a fuoco, la vita di Nargis inizia a sgretolarsi. Intanto qualcuno si serve degli altoparlanti dei minareti per rivelare i segreti e le dissolutezze degli abitanti, diffondendo il terrore in un Paese in cui l'accusa di blasfemia può costare la vita. I misteriosi annunci presto diventano persecuzioni e Nargis sarà costretta a fuggire. In questo mondo al limite della distopia, diverse trame amorose si liberano come fiumi in piena e con la loro poesia fanno da contraltare all'orrore. Questo romanzo è un ritratto rivelatore dello spirito umano, una storia di corruzione e resistenza, di amore e terrore, e delle maschere che a volte è necessario indossare per salvarsi."" -
Non è mica la vergine Maria
In Indonesia, la più popolosa nazione musulmana al mondo, i veli che coprono i volti delle donne – e delle bambine – sono esplosi come una moda. Di recente il governatore della capitale Jakarta, Ahok, è stato arrestato con l’accusa di blasfemia perché, cattolico, ha osato citare il Corano in campagna elettorale. Da questo clima nascono i diciannove racconti di Feby Indirani, parodie provocatorie che con acume e umorismo mettono in rilievo le incongruenze dell'islam radicale. Musulmana ed emancipata, l'autrice offre una lettura femminista della vita sociale dell’Indonesia contemporanea sottoposta all’ortodossia islamica. Scenari surreali, fate, animali che parlano, diavoli annoiati contribuiscono a creare storie esilaranti che giocano con il paradosso e la contraddizione: una giovane modella per riviste erotiche sostiene di essere incinta senza aver fatto sesso; una maialina, animale impuro per eccellenza, vuole convertirsi all'islam prima di morire; un uomo esasperato elabora piani sofisticati per assassinare il muezzin che ogni notte lo disturba pregando dagli altoparlanti della moschea vicina. -
Tom Zé. L'ultimo tropicalista
Tom Zé è il tropicalista dimenticato, il maledetto, lo sperimentatore che rompe le regole. Protagonista del movimento che nel '68 brasiliano decretò la prima vera rivoluzione musicale dopo la bossa nova, rimase per vent'anni nell'oblio, finché David Byrne, leader dei Talking Heads, lo scovò durante uno dei suoi primi viaggi in Brasile. «Un pomeriggio a Rio mi capitò fra le mani un album di samba che in copertina aveva un'immagine con del filo spinato. Si distingueva dai dischi di quel genere musicale, che di solito avevano foto di ragazze in bikini o un ritratto del musicista. Mi chiesi se fosse un artista più irrequieto degli altri. Non mi sbagliavo del tutto.» Figura misteriosa e di culto per i fan sparsi in tutto il mondo, Tom Zé ha avuto una carriera oscillante, dal successo televisivo ai tour auto-organizzati nei piccoli centri della provincia. Questa biografia ufficiale, frutto di anni di confronto tra l'autore e il musicista, traccia la sua rotta artistica e personale, dall'infanzia alle prime esperienze con la dodecafonia brasiliana di Hans-Joachim Koellreutter, agli appartamenti che traboccano utopia di Sào Paulo dove nascerà il movimento tropicalista che lo vede al fianco di Caetano Veloso e Gilberto Gil, all'ostracismo, fino alla riscoperta. Nella costellazione di riferimenti e figure che compaiono nella vita di Tom Zé si incontrano, tra gli altri, il Manifesto antropofago di Oswald de An-drade, l'architettura di Lina Bo Bardi, l'innovazione pubblicitaria di Washington Olivetto, Glauber Rocha, Arto Lindsay, Jerzy Grotowski. L'universo Tom Zé è sempre in espansione. Prefazione di David Byrne. -
Nessun amico se non le montagne. Prigioniero nell'isola di Manus
Ilam, Kurdistan iraniano. Dopo le intimidazioni e l’arresto di alcuni giornalisti, Behrouz Boochani raggiunge clandestinamente l’Indonesia e da lì l’Australia, dove vuole chiedere lo status di rifugiato politico. Intercettato dalle forze militari australiane, viene confinato nel centro di detenzione per immigrati irregolari di Manus Island in Papua Nuova Guinea. rn«Un libro che mescola il resoconto brutale al saggio teorico, la visione onirica alla poesia» – Il Venerdìrn2013, Ilam, Kurdistan iraniano. Dopo le intimidazioni e l'arresto di alcuni colleghi giornalisti, Behrouz Boochani raggiunge clandestinamente l'Indonesia. Sopravvissuto a un naufragio nel tentativo di arrivare in Australia, si ritrova esiliato in un'isola nel mezzo dell'oceano, nel centro di detenzione per immigrati irregolari di Manus Island in Papua Nuova Guinea. Qui Boochani inizia un'intensa campagna di denuncia della politica anti-migratoria australiana e delle umiliazioni cui vengono sottoposti i rifugiati: articoli, documentari e questo libro, digitato in persiano su un cellulare e mandato, di messaggio in messaggio, a Omid Tofighian che lo ha tradotto in inglese. ""Nessun amico se non le montagne"""" racconta i terrificanti viaggi per mare, e la vita quotidiana nel carcere di Manus, nella sua banalità degradante e disumanizzante - la fame, il sole impietoso, le zanzare torturatrici, i bagni che non funzionano, le code per mangiare, per il telefono e per farsi curare. «Aspettare», scrive Boochani, «è uno strumento di tortura usato nelle segrete del tempo.» In uno stile che intreccia prosa e poesia, commento politico e mito, Boochani mette in scena un'umanità tragica e grottesca, ma anche generosa e resistente. Nel suo palcoscenico si muovono Nostra Signora Golshifteh, Il Primo Ministro, Il Gigante Gentile, La Mucca, il Ragazzo dagli Occhi azzurri, Il Pinguino, Il Profeta, Il Papà Del Bambino Di Pochi Mesi, Maysam la Puttana, Il Ragazzo Rohingya... Sullo sfondo, sempre presente, una natura magnifica e terribile, compagna e incubo dei prigionieri senza speranza sull'isola di Manus, in attesa che le loro vite riprendano."" -
Ghetto Brother. Una leggenda del Bronx
Bronx, dicembre 1971. L’aria è incandescente, tutti si aspettano che stia per scoppiare la peggiore guerra tra gang. Black Benjie viene ucciso mentre cerca di fare da mediatore. Benjy Melendez, fondatore dei Ghetto Brothers, decide di non chiedere vendetta. Organizza un raduno a Hoe Avenue e, davanti ai capi di più di quaranta gang, legge un accordo di pace: “Black Benjie è morto per la pace, se dichiariamo guerra sarà stato tutto inutile. Riconosciamo che siamo tutti fratelli. Se vogliamo ricostruire la comunità e farla diventare un posto migliore dobbiamo lavorare uniti. Con questo patto promettiamo pace e unità per tutti.” E da allora niente è stato più come prima. I signori della guerra facevano i dj e i ragazzi si battevano a colpi di danza: i Black Spades erano diventati la Universal Zulu Nation e il loro signore della guerra un famoso dj, il suo nome era Afrika Bambaataa. Tutti dovrebbero conoscere la storia di Benjamin “Yellow Benjy” Melendez. La sua vita si intreccia con la rinascita di New York alla fine del XX secolo, l’esperienza della grande migrazione da Porto Rico, il declino economico del Bronx, la storia di formazione di un giovane in guerra con le sue molte identità e della nascita del movimento hip hop. È una storia di identità, speranza e redenzione. Insomma, un racconto americano. Prefazione di Lorenzo Jovanotti Cherubini. -
Introfada. Lotta antisistema del militante introverso
I Militanti Introversi e la loro unità operativa, gli Isolazionisti Armati, sono un movimento d’avanguardia che mira a demolire le politiche suprematiste basate sulla cultura assertiva del XXI secolo. Radicalizzati contro il dominio imperialista degli estroversi, trovano rifugio nell’Aspergistan, governato dalla legge della Ssssh’ria e soggetto all’ideologia pantimidista, per proteggere i diritti degli oppressi timidi e pacati. L’Aspergistan proibisce severamente il mainstream, tutte le sue politiche sono underground. In questo manifesto, Hamja Ahsan immagina una nazione utopica – l’Aspergistan – in cui vive il popolo dei timidi, degli introversi e degli appartenenti allo spettro autistico. Con sovversiva ironia parla a chi è vittima di bullismo, socialmente impacciato, emarginato e medicalizzato per incoraggiare il dibattito sulle strutture che determinano l’esclusione sociale. È una satira che si appoggia sulla teoria anticoloniale e sull’intersezionalità per costruire una critica alla cultura dominante e alla condizione della salute mentale nella società capitalista.