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Storie di cani
Che cos'è la complicità? ""Storie di cani"""" è un romanzo che interroga questa domanda percorrendo un ventaglio di possibili occasioni. E grazie al gioco di sarcastici deliri e metamorfosi, in cui i personaggi non solo non sono cani ma non sanno nemmeno di non esserlo, risponde alla domanda con un altra domanda. """"E se ci fosse sempre e soltanto lei, la complicità, sul marasma degli uomini e alle spalle di un dio?"""" In """"Storie di cani"""" il non senso contemporaneo viene messo di fronte allo specchio della modernità novecentesca. Con una scrittura che è spesso una cascata di incipit, di appigli rovesciati che trascinano chi legge a ridere la stessa risata dello specchio. Perché anche ridere dal male può essere un'occasione di intima e ironica complicità."" -
Il teorema di Gödel. Un trattato sulla conoscenza
Dove acquisiamo maggior conoscenza? Nella conquista di limiti sempre nuovi, che di lì a poco saranno superati, o nella scoperta di un limite che la nostra mente non potrà mai superare? La risposta sta in un teorema matematico che ha saputo combinare la dimostrazione più estrema al più insolubile dei paradossi. Aprendo un ponte al pensiero religioso. ""Il Teorema di Gödel"""" è la storia di un antico paradosso che diventa una moderna dimostrazione matematica, trasferendo così nel pensiero contemporaneo la ricchezza, ma anche l'ambiguità, di quel quesito irrisolto. Il libro di Cotti Piccinelli affronta con libertà e rigore tale ambiguità, mostrando come importanti ambiti di conoscenza della nostra contemporaneità - il pensiero debole e l'intelligenza informatica - traggano origine proprio dal famoso teorema."" -
Notabene. Quaderni di studi kierkegaardiani. Vol. 10: Kierkegaard e il suo tempo.
Nel 1846, un Kierkegaard poco più che trentenne iniziò ad annotare le proprie riflessioni in quaderni sul cui frontespizio tracciava un grande ""NB"""" (ovvero: NotaBene). Con questa sigla soleva indicare ciò che si proponeva di tener presente, ciò su cui voleva richiamare l'attenzione, ciò che richiedeva un commento, ironico, serio o ammonitore. Nello scegliere NotaBene come titolo dei Quaderni di studi kierkegaardiani, si è voluto, quindi, utilizzare la stessa sigla adottata dal filosofo danese per i suoi appunti, ad indicare una """"ripresa"""" del suo esercizio di pensiero. Il logo dei Quaderni, che riproduce il disegno di un uomo con il cannocchiale - sorta di """"autoritratto"""" di mano dello stesso Kierkegaard -, vuole poi sottolineare un duplice aspetto della sua fisionomia intellettuale: quello dell'osservatore accurato e quello dell'ironista acuto e mordace, capace però anche di autoironia. Sono questi, infatti, i tratti che hanno reso il filosofo danese uno dei pensatori più lucidi e incisivi del pensiero moderno, capaci di esercitare una profonda influenza in ogni ambito dell'attività intellettuale e artistica del Novecento."" -
Un angelo di Natale. Testo tedesco a fronte
In questo breve, splendido racconto, i temi benjaminiani della povertà, della gloria, dell'angelo, dell'ora della storia, sono sintetizzati nell'attesa della notte di Natale vissuta da un bambino: ""Nessuna festività in più tarda età conosce quest'ora che vibra come una freccia nel cuore della giornata"""". Benjamin descrive, come in una fiaba, la sua meraviglia di bambino di fronte l'albero di Natale acquistato dalla madre, che presto, illuminato da candele, entra nella sua dimensione di gloria. È in questa cornice che appare, per sparire immediatamente, l'Angelo del Natale, una """"strana presenza nella stanza"""" appena percepita, una figura che richiama l'Angelo della storia e la dimensione messianica di Cristo nella forma di una filastrocca che affiora sulle labbra di Benjamin bambino: """"Il giorno della sua nascita / Torna il Cristo Bambino / Giù in basso in terra / In mezzo a noi uomini"""". Un testo che è al contempo una toccante fiaba di Natale e un riflessione fiabesca di uno dei più grandi filosofi del Novecento."" -
Il diavolo a Hameln
Rovistando tra gli scaffali di antiche biblioteche tedesche, l'autore ricostruisce il vasto mosaico storico che fa da sfondo a una delle più note favole per bambini, ""Il pifferaio di Hameln"""", dei fratelli Grimm. Dalla trama di questo resoconto emergono così grandi figure del passato, come il filosofo Leibniz, ma anche oscuri personaggi senza scrupoli, come un agitatore papista cacciato da Elisabetta I d'Inghilterra, e un predicatore luterano dotato di uno spiccato interesse per i diavoli. Pagina dopo pagina, l'orrore occulto delle fiabe si intreccia con la cronaca di viaggio intorno alla vicenda reale di una leggenda che per molto tempo fu creduta vera."" -
Vecchi, vecchie e vecchiaie nella letteratura e nel cinema
Vecchio e vecchia sono termini che fanno paura, fanno rabbrividire; sono parole cariche di inquietudini, di debolezze e, talvolta, anche di angosce. Vecchiaia è un termine difficile da definire poiché è un continuum ondulato, fatto di adattamenti/riadattamenti che inizia nel momento in cui si nasce e termina con la morte. Vecchiaia è una condizione che ha indotto, molto spesso, alla costruzione di immagini pesanti, cattive e ributtanti inducendo chi non la sta ancora vivendo ad allontanarla o a nasconderla in vari modi e chi la sta vivendo a 'dimenticare' che la vecchiaia è una condizione e una fase della vita che interessa tutti. Forse, si vorrebbe vivere la vecchiaia da 'non-vecchi' o la vecchiaia 'senza vecchi'. Reinventare la vecchiaia non può ridursi a un ingenuo e illusorio tentativo di aggirarla, scavalcarla e non incorrere negli 'ostacoli' che, inevitabilmente, l'accompagnano. Forse si deve 'uccidere' la vecchiaia vedendo in tale 'delitto' il passaggio necessario e obbligato per rimetterla in gioco e, quindi, viverla con tutti i suoi 'ostacoli' e percorrere il suo sentiero, più o meno lungo. Reinventare la vecchiaia deve passare anche attraverso la costruzione di una diversa immagine del vecchio e della vecchia, dopo avere 'sepolto' quelle passate in cui ci si imbatte ancora. -
L' essere e/o il male
Una raccolta dei più importanti scritti del filosofo Carlo Angelino, traduttore di Heidegger e studioso di filosofia tedesca del Novecento, incentrata su un serrato confronto con i due filosofi che nel modo più radicale hanno ingaggiato una battaglia contro l'eredità della metafisica: Nietzsche e Heidegger. Il filo rosso che lega i diversi saggi è l'ipotesi che il lavoro di ""distruzione"""" della metafisica abbia evitato di confrontarsi con il tema chiave che torna oggi ad assillare il mondo contemporaneo: il tema del Male. È solo attraverso un ripensamento di questa categoria che il superamento della metafisica potrà dirsi davvero compiuto."" -
Paradiso XVIII-XXXIII. Edizione critica alla luce del più antico codice di sicura fiorentinità
«Quando io apro la Commedia mi preoccupo di aver davanti un testo plausibile (testo critico) della Commedia, non un centone di refusi e un intruglio di orecchiate approssimazioni al testo»: sono memorabili parole di Carlo Emilio Gadda. La presente edizione di Paradiso XVIII-XXXIII intende assolvere, se possibile, a tale esigenza, offrendo a chi legge il testo del più antico codice di sicura fiorentinità, di non più di un decennio successivo alla morte del Poeta e di circa un decennio più antico del fin troppo a lungo celebrato Trivulziano 1080. -
Il mio ritratto letterario. Lettere a Stalin
Attorno agli anni Venti la situazione di Bulgakov era precipitata. I suoi racconti erano oggetto di sistematici attacchi da parte della critica, il romanzo La guardia bianca non venne neppure pubblicato interamente, mentre le riviste che pubblicavano i suoi racconti e le sue opere teatrali andavano via via chiudendo. Infine nel '29 due sue opere teatrali vennero messe al bando. Ormai disperato, e con difficoltà a mantenersi, Bulgakov si rivolge a diversi uomini di governo e infine si spinge a scrivere a Stalin, con una lettera in cui espone in modo inequivocabile e definitivo le proprie posizioni letterarie e politiche. A questa lettera Stalin risponderà con una famosa telefonata personale. Il volume, curato da Alessandro Mario Curletto, ricostruisce l'intera vicenda e pubblica le lettere scritte da Bulgakov e custodite nel fondo Bulgakov del reparto manoscritti della Biblioteca Lenin di Mosca. Si tratta di documenti di eccezionale importanza non solo per ricostruire le vicende letterarie e biografiche di uno dei massimi scrittori del Novecento, ma anche per avere un quadro della condizione degli scrittori in Russia sotto Stalin. -
La morte eroica nell'antica Grecia
«E quando si gioca a ""tutto o niente"""", c'è da stare sicuri che, un giorno o l'altro, si muore, perché nessun uomo è immortale, nemmeno Achille. Colui che vive la vita, e la sua persona, in questo modo che consiste nel porre tutto in gioco, tutto se stesso, al fine di mostrarsi, di dimostrarsi, di provare a se stesso che è veramente un uomo senza compromessi, senza codardia, allora questi è sicuro di morire giovane. E non è, questa morte, una morte come le altre. Come c'è un onore eroico che non è l'onore ordinario, c'è una morte eroica in battaglia che non è una morte ordinaria»."" -
Altitudo. Perché l'essere umano desidera elevarsi?
«L'ascesa comporta una particolare forma di staticità, perché avviene comunque attraverso il mantenimento in sé del proprio punto di partenza, della base da cui il movimento si è innalzato. Il salire in verticale può indicare allora, più che un elevarsi, un approfondimento di sé rispetto all'inizialità del proprio gesto. Nell'anelito verso l'altezza, nell'andare oltre se stessi, più che la paura della propria caduta, dovrebbe permanere in atto la trepidazione verso una profondità al di sotto di sé. Il concetto di altitudo infatti implica il riferimento sia all'altezza che alla profondità, il che spiegherebbe perché nella costante comparazione tra base e vertice si mantenga in atto qualcosa che potremmo indicare come un momento drammatico ». -
Le donne all'ombra dell'Encyclopédie. D'Alembert, Diderot, Helvétius e Rousseau: come complicarsi la vita familiare
Nel quinto volume della sua saga dedicata al Settecento francese, l'autore porta alla ribalta il ruolo delle donne legate a quattro dei suoi grandi protagonisti. Una delle rivelazioni più sensazionali e inedite è la scoperta del probabile padre di D'Alembert, definito da Voltaire ""uno sverginatore di pulzelle"""", che va """"riempiendo di cornuti le campagne fiamminghe e genera bastardi ovunque"""", mentre la madre snaturata che lo abbandona appena nato, Mme de Tencin, non esiterà a infilarsi nel letto dei personaggi di più alto rango e aiuterà Mme de Pompadour a entrare in quello di Luigi XV. Un'altra protagonista del volume è Thérèse Levasseur, la lavandaia che Rousseau si prende per compagna, ma che trascurata sessualmente non esiterà a dare sfogo alle sue insopprimibili brame erotiche con un giovane inglese, al quale concede di essere """"un amante vigoroso, ma quello che vi manca è l'arte. Provvederò io a darvi la prima lezione"""", con tutto quello che di pruriginoso segue, prima di passare a far di nuovo becco Jean-Jacques addirittura con un frate. A rendere infernale la vita familiare di Diderot provvede invece la bisbetica moglie Nanette, per la quale """"inveire era diventata un'abitudine"""", cosa che indurrà il direttore dell'Encyclopédie a definirla """"un mostro"""" e a maledire senza scampo l'istituzione del matrimonio. Di una pasta ben diversa è la bella moglie del filosofo Helvétius, che da precoce vedova saprà resistere gagliardamente agli assalti dell'attempato, ma sempre molto arzillo, Benjamin Franklin, che anche dalla lontana America continuerà ad """"amarla più che mai"""". Nel volume non manca nemmeno, tra le altre numerose e clamorose rivelazioni, quella di un articolo scritto poco prima di morire da Voltaire, nel quale viene ridicolizzato uno dei principali artefici della rivoluzione francese, Jean-Paul Marat, definito """"un Arlecchino che fa capriole per divertire la platea"""", un'affermazione che, se non fosse morto per tempo, sotto il Terrore gli sarebbe costata il collo."" -
Filosofi all'inferno. Il lato oscuro della saggezza
Vorreste vedere tutti i filosofi bruciare all'Inferno? Non c'è problema, ci sono già. Come racconta questa ""commedia alternativa"""" che vede il nostro caro Dante e la sua guida Virgilio testimoni di un viaggio a tratti esilarante nei meandri dell'Inferno, tra i peccati e i relativi contrappassi dei filosofi di tutti i tempi. Dagli antichi costretti a giocare una partita di calcio infinita in cui Platone non passa mai la palla, a quell'imbroglione di Pascal costretto a stare nella pece per aver scommesso sull'esistenza di Dio, fino a quell'iracondo di Schopenhauer, odiatore di vecchiette, la cui pena più grande è forse quella di doversi sorbire in eterno le lamentele del suo compagno di cerchio Leopardi. """"Filosofi all'Inferno"""" è una carrellata di caricature tra realtà, leggenda e invenzione letteraria, irriverente e politicamente scorretta, che mostra il lato umano, e quindi fragile, di quei filosofi che siamo abituati a immaginare troppo saggi per avere i nostri stessi difetti. Ma, attraverso l'occhio di Dante, uomo medievale, è anche una velata critica dei nostri tempi, non poi così evoluti come facciamo finta di credere."" -
Like. Filosofia della vita social
«Facebook è nato per migliorare il mondo, ma qualcuno l'ha usato per peggiorarlo. Allora eccomi qui; con un piccolo manuale di vita social, in cui offro un ritratto realistico del mondo di Facebook: a tratti desolante, talvolta divertente, spesso anche commovente. Perché l'umanità, per fortuna, è varia e ti sa sorprendere, sempre e comunque. 'Like. Filosofia della vita social' è un'esperienza vissuta e al contempo meditata: un viaggio di dieci anni nel mondo di Facebook in cui mi sono mossa come una sorta di esploratrice che volesse studiare, mentre vi prendeva parte, gli usi e i costumi di una nuova popolazione, qttella virtuale. In definitiva, mutuando il metodo dell'osservazione partecipante dall'antropologo Bronislaw Malinowski, ho analizzato prendendo parte alle attività del gruppo sociale». -
Trattatello di prosodica. Che cos'è, com'è e chi è la nostra voce?
La voce parla i nostri pensieri e detta la nostra lingua. Toni e intonazioni fondano, costituiscono e costruiscono il discorso così come lo sappiamo dire. Anche in quel discorso e nella voce che lo dice alberga la nostra identità. Si tratta di un'identità certo linguistica, ma anche geografica e sociale, psichica e culturale - ove si profilano conoscenze e credenze che fanno parte di un costume, quindi di un canone. E si tratta anzitutto di un'identità profonda e non piuttosto superficiale, come si sarebbe inclini a credere. A volte il tono dice più della parola. L'intonazione più del discorso. Ma dove poggia la nostra voce? Con quale accento parliamo? Chi ha stabilito una volta per tutte il nostro timbro vocale? Tutto si circoscrive nella nostra natura o è l'effetto della cultura alla quale apparteniamo? Come possiamo modificare, anche in modo appena percettibile, i nostri sistemi espositivi agendo sulle tonalità consce e inconsce della voce? Il ""Trattatello di prosòdica"""" di Mario Gennari non produce soltanto domande, ma presenta pure delle risposte per quanto riguarda la prosodia: ossia il timbro dell'eloquio composto di toni e accenti, intonazioni e cadenze, inflessioni e ascendenze."" -
Lo stato futuro
Uomo dall'erudizione multiforme, versato nei più diversi campi del sapere e delle arti, Pavel Florenskij (nato a Evlach nel 1882, deceduto a Lodejnoe Pole - Leningrado nel 1937) è oggi ricordato anzitutto per la sua speculazione teologica, in quanto autore di La colonna e il fondamento della verità, e per i suoi scritti di estetica, tra cui spicca L'iconostasi. Florenskij, che pur nelle tempestose vicissitudini rivoluzionarie e poi sotto il regime sovietico mai aveva voluto rinunciare al sacerdozio né tantomeno interrompere gli studi scientifici e umanistici, mantenne sempre un dignitoso riserbo intorno alle questioni politiche. Sarà però la politica a irrompere nella vita del pensatore russo, deportato nel lager ""Solovetskij"""" e fucilato a Lodejnoe Pole. Proprio e soltanto allora, costretto all'isolamento, Florenskij rompe il suo silenzio politico e stende un testo intitolato Una presumibile struttura statale nel futuro. Il manoscritto, requisito e danneggiato dal KGB, sarà edito in Russia solo nel 1991. Si tratta di un lavoro rapido e intenso, capace di far convergere tematiche etiche, estetiche, economiche, culturali e pedagogiche verso il polo attrattivo di un possibile Stato futuro. Illuminante pare il confronto con un ulteriore testo florenskijano, Sull'obiettivo e sul significato del progresso, anch'esso finora inedito in Italia e qui accluso. A orientare il lettore, approntando insieme un apparato esegetico e una esauriente critica politico-filosofica, provvedono in primo luogo l'Introduzione e il Glossario della curatrice, Kristina Mamayusupova, quindi il Saggio parallelo a firma di Edoardo Valter Tizzi e Claudio Borello, infine la Postfazione di Francesco Simoncini."" -
Romero, el Salvador
"Romero, el Salvador"""" è un'opera teatrale in due atti scritta dal drammaturgo chicano Carlos Morton e incentrata sulla figura, sull'opera e sull'assassinio di monsignor Óscar Arnulfo Romero. L'Arcivescovo di San Salvador fu ucciso con un colpo al petto mentre officiava messa il 24 marzo 1980, a San Salvador, a causa della sua denuncia instancabile e coraggiosa contro le ingiustizie sociali e la violenza politica nel suo Paese, sfociate in una lunga guerra civile conclusasi solo nel 1992. Il ritratto di monsignor Romero dipinto da Morton è lontano dalle numerose rappresentazioni agiografiche, dalle strumentalizzazioni politiche e dall'immagine popolarizzata proliferate intorno alla figura dell'Arcivescovo dopo la sua morte: del protagonista il drammaturgo esplora soprattutto l'umanità, non ne nasconde dubbi, debolezze, ambivalenza e paure, e punta il dito contro la situazione di isolamento nella quale Romero si trovò a compiere la sua missione pastorale, minacciato dai gruppi paramilitari di estrema destra che poi lo uccisero, ma anche lasciato solo dalla curia e avversato dai preti guerriglieri." -
L' arte di bere caffè. Testo latino a fronte. Ediz. multilingue
«Questo nuovo tipo di bevanda, il caffè, diffuso in tutta Europa e ora anche nella città di Roma, ha spaventato alcuni cittadini assolutamente ignari delle sue qualità e dei buoni effetti. Perciò io assai volentieri ho deciso con questo breve discorso di presentarti per tua tranquillità, lettore benevolo, questa bevanda, perché tu te ne possa servire liberamente.» L'opera di Antonio Fausto Naironi, pubblicata a Roma nel 1671, costituisce il primo trattato interamente dedicato a questo argomento. L'autore, nato a Roma ma di origini libanesi, ricostruisce la storia del caffè, prima che il suo consumo si diffondesse in Europa attraverso Venezia, fornendo suggestivi spunti sulle abitudini e le consuetudini di popoli lontani. Oltre alle sue virtù terapeutiche, viene messo in luce anche il risvolto sociale che accompagna da sempre il rito del caffè. -
Filosofia del ritorno al bosco
Questo è un libro che ha sognato di essere scritto sulla corteccia di un albero col becco di un picchio nero, e restare ferita aperta in cui abitano funghi, si arrampicano licheni. Questo è un libro che ha provato a fare silenzio nella scrittura, perché chi legge potesse ascoltare la voce del bosco e dei suoi abitanti; reali o fantastici. Questo è un libro per perdersi, godendo dello smarrimento, e anzi trovando in esso gli ultimi scampoli possibili di una salvezza primigenia. Questo è un percorso irto di ostacoli per chi deve imparare a smarrire il mondo per ritrovare se stesso. -
Parigi occupata
«Non siamo mai stati così liberi come sotto l'occupazione tedesca. Avevamo perduto ogni diritto e prima di tutto quello di parlare; ci insultavano apertamente, ogni giorno, e dovevamo tacere; ci deportavano in massa, come lavoratori, come ebrei, come prigionieri politici; ovunque - sui muri, sui giornali, sugli schermi - ritrovavamo l'immagine immonda e insulsa che i nostri oppressori volevano darci di noi stessi: ma proprio per questo eravamo liberi. Il veleno nazista si insinuava nel profondo dei nostri pensieri e quindi ogni pensiero giusto era una conquista; una polizia onnipotente cercava di costringerci al silenzio e quindi ogni parola diventava preziosa come una dichiarazione di principio; eravamo braccati e quindi in ogni nostro gesto gravava il peso dell'impegno. Le circostanze spesso atroci della nostra lotta ci rendevano finalmente in grado di vivere, senza trucchi e senza veli, questa situazione straziante, insostenibile che chiamiamo la condizione umana».