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Mrs. Caliban
Come tutte le mattine, Dorothy Caliban, dopo aver salutato dalla finestra suo marito Fred che va al lavoro, si dedica alle faccende domestiche con la radio in sottofondo. Mentre la giornata prosegue tra le incombenze quotidiane, stretta fra la solitudine e il naufragio del suo matrimonio, sente la notizia che dall’Istituto di ricerca oceanografica è appena scappata una creatura pericolosa, mezzo-uomo e mezzo-rana. L’immenso uomo-rana, approderà proprio nella cucina di Dorothy, chiedendole cibo e aiuto. È l’inizio di una deliziosa storia d’amore tra una casalinga, ormai rassegnata a un muto annichilimento, e una creatura anfibia in fuga dalla violenza della razionalità scientifica degli esseri umani: un’acuta critica sociale in cui il fantastico incontra la più cupa disperazione domestica. Una scrittura divertita e divertente caratterizzano questo romanzo amato, tra gli altri, da John Updike, Ursula K. Le Guin e Joyce Carol Oates, e paragonato dai critici a King Kong, ai racconti di Edgar Allan Poe, ai film di David Lynch, alla Bella e la Bestia, E.T. , Il mago di Oz. C’è anche chi lo ha accostato al realismo domestico di Richard Yates, ai B movies horror, alle favole di Angela Carter. Ed è immediato pensare anche al più recente “The Shape of Water” di Guillermo del Toro. Riferimenti familiari e disparati che molto raccontano del fascino di questa novella singolare che sfida le convenzioni. -
Bamboo blues
Bamboo Blues (dal titolo di una coreografìa di Pina Bausch) è un libro di occasioni, memorie e rapporti. Variazioni sul motivo dell'irrimediabile, sulla scia delle nevi trascorse di Villon. È poesia in movimento, ""assopita a mezz'aria"""", svagata, senza rancori; fuori dal circolo mortale del dare-avere. Amori labili e profondi ove la leggerezza non si fa mai resa, in un dettato che mescola celebrazione e intimità, la saggezza buddista con la musica di David Bowie, l'arte di Pontormo con Flannery O'Connor, Amelia Rosselli e i fratelli Brente. Momenti d'incontro e di privatissime ossessioni, poesia """"gratuita"""" come un dono a occhi chiusi."" -
L' attentato di Sarajevo
Georges Perec scrive L’attentato di Sarajevo nel 1957, all’età di ventun anni: si tratta del suo primo romanzo. Il dattiloscritto all’epoca non fu pubblicato e venne poi smarrito, per essere ritrovato solo in tempi recenti ed edito in Francia nel 2016.rn«Un libro da non perdere che non delude, nonostante qualche goffaggine giovanile» - DrnPotente, giovanile, scritto di getto di ritorno da un viaggio nella ex Jugoslavia, questo romanzo dal finale aperto, che racconta di un innamoramento difficoltoso e turbolento tra Parigi, Belgrado e Sarajevo (dove le vicende dei protagonisti danno vita a una riflessione sull’attentato del ’14 che fu miccia della guerra), di amici squinternati, bevute, passeggiate, avventure, riflessioni e momenti comici, può essere letto in vari modi: come la prima prova narrativa di uno dei piú vulcanici e pirotecnici autori del ’900 (e in questo caso lasciandosi toccare dalle peculiarità – qui in nuce – che emergeranno nella produzione piú matura dello scrittore), come un romanzo di formazione, come un tragicomico esordio letterario, come una curiosità da approfondire, come un vuoto da riempire. In tutti i casi, vi si ritrovano le fondamenta creative di un autore che è diventato un classico. -
La salvezza del bello
Dostoevskij aveva detto che solo la bellezza ci salverà. Ma oggi è il bello stesso a dover essere messo in salvo, recuperando l’integralità della sua esperienza che l’epoca digitale fa svanire di giorno in giorno. Questo è l’intento del saggio di Byung-Chul Han, che ripercorre momenti essenziali del pensiero europeo sul bello, da Platone a Nietzsche e Adorno, per mostrare con vigorosa persuasività la deriva estrema della nostra esperienza estetica. rn«L'intento è di mettere in salvo il bello, anzi quasi direi, riprendendo l'espressione che la Protezione Civile ha reso familiare negli ultimi anni, ""di metterlo in sicurezza"""", dall’assedio in cui è stato posto, da una parte, dall’arte sempre più avida di dollari, dall’altra dalla levigatezza tecnologica degli smartphone, e, last not least, dalla levigatezza dermatologica della depilazione integrale in stile brasiliano, che preoccupa Byung-chul Han più di quanto sarebbe ragionevole aspettarsi» - Maurizio Ferraris, RobinsonrnrnrnL’estetizzazione diffusa, la veloce proliferazione di immagini levigate e consegnate al consumo, dove conta solo il mero presente della piú piatta percezione, conducono a una fondamentale anestetizzazione. Nulla piú accade e ci riguarda nel profondo, e cosí l’arte diventa, come già aveva avvertito Nietzsche, solo occasione di una momentanea eccitazione. Ma l’originaria esperienza del bello è invece una scossa estatica che ci trasforma e si prolunga anche nella vita etica e politica. La bellezza non rimanda al sentimento di piacere, ma a un’esperienza di verità. “Tu devi cambiare la tua vita”: il monito che promana dal Torso arcaico di Apollo nell’omonima poesia di Rilke è la parola che il bello ci rivolge attraverso questo libro."" -
Pietra nera
In questo nuovo capitolo della saga di Piedimulo, Alessandro Bertante recupera la vena utopica, l’ambientazione e alcuni personaggi del suo romanzo del 2011 Nina dei lupi.rn«La scrittura, scorrevole e curata, accompagna con trasparenza il viaggio di Alessio il cui scopo si definisce un passo alla volta» - Cristina Taglietti, La Letturarn«Romanzo d'avventura, fantascienza e distopia si fondono, Medioevo e futuro sembrano toccarsi» - RobinsonrnIl sole è minacciato da macchie violacee e intrappolato in una gabbia brunita da piú di vent’anni, dopo la Sciagura. Il giovane Alessio, il Figlio dei lupi, deve partire dal villaggio montano di Piedimulo per adempiere a una misteriosa missione, affrontando la pianura, le sue violenze, le sue insidie e un mondo che non conosce, in cui le tracce della passata civiltà emergono sparute dalla foresta come idoli inerti e fantasmi senza memoria. Insieme alla compagna di strada Zara, circondato da bestie selvagge e da una natura feroce e incantata, di rinnovata potenza ancestrale, Alessio andrà incontro al suo destino di figlio saldando i conti con il passato, in un’avventura iniziatica intessuta di immaginario mitico che apre il racconto apocalittico alla visione di una rifondazione umana: “Noi siamo ogni futuro”. In questo nuovo capitolo della saga di Piedimulo, Alessandro Bertante recupera la vena utopica, l’ambientazione e alcuni personaggi del suo romanzo del 2011 Nina dei lupi. -
Impalcature. Il romanzo del ritorno
La storia di Javier è la storia degli esiliati degli anni duri della dittatura in molti paesi latinoamericani, che si ritrovano a raccontare e a fare i conti con le proprie fughe malinconiche, i ritorni in punta di piedi, le utopie giovanili e le sconfitte della vecchiaia.rnrnImpalcature è il romanzo che Mario Benedetti scrive al rientro dal suo esilio, seguito al golpe militare in Uruguay del 1973 e durato 12 anni, durante i quali l’autore ha vissuto prima in Argentina, poi in Perù, a Cuba, in Spagna.rnIl titolo Impalcature, dice lo stesso Benedetti, descrive la struttura a più livelli – alcuni reali, alcuni metaforici, molti discontinui e incompleti – di un racconto intriso di nostalgie, ricordi, storie di persone amate, abbandonate, ritrovate, perdute per sempre. La storia di Javier è la storia degli esiliati degli anni duri della dittatura in molti paesi latinoamericani, che si ritrovano a raccontare e a fare i conti con le proprie fughe malinconiche, i ritorni in punta di piedi, le utopie giovanili e le sconfitte della vecchiaia. -
Benares. Atlante del XXI secolo
Benares è un luogo rinomato: per i palazzi che si specchiano nelle acque del Gange, per le scalinate in pietra, meta costante di pellegrinaggio, per le pire funerarie che bruciano lungo il fiume giorno e notte, per i vicoli dove s’incrociano tutti i maggiori orientamenti religiosi della storia, per la sua cultura millenaria nelle cui maglie l’India intera trova posto. Prende, tuttavia, il nome di Benares anche il momento in cui le cose raggiungono il culmine delle loro possibilità espressive, il momento in cui esse, ormai del tutto esposte, restano in bilico subito prima di precipitare, il momento dei fiori che, perfettamente fioriti, sono già sul punto di appassire. In quel momento le cose sfuggono dalla loro configurazione abituale e pur essendo ancora lí è come se fossero già svanite. Esse non sono piú figure che scorrono nel tempo ma lampeggiamenti fermi sul posto; non piú presenze piene e rotonde ma cose che sopravvivono al margine di quel che sono, che si perdono di colpo nella rimanenza, nel residuo di loro stesse; non piú forme storiche o concettuali ma immagini uniche e incomparabili. Ecco perché, quando il mondo intero raggiunge il suo momento culminante, Benares è anche l’Atlante vivente nelle cui pagine tutte le cose, via via, si ritrovano. -
Gli insaziabili. Sedici racconti tra Italia e Cina
"Gli insaziabili"""" raccoglie i racconti di otto autori italiani e di otto autori cinesi intorno al doppio filo rosso rappresentato da eros e cibo: temi che riguardano in maniera viscerale e profonda due culture distanti geograficamente e storicamente, eppure piene di terreni fertili per un confronto, una conoscenza e un arricchimento reciproci ancora tutti da sondare e coltivare. rnrnrn«Nutrire i corpi è un'occasione buona per svelarsi e svelare: anche qualcosa di insolito su un popolo che ci appare """"distaccato, chiuso e indecifrabile""""» - Paolo di Paolo, Robinson«La realtà preme da tutte le parti negli 8 racconti cinesi dell’antologia Gli insaziabili che Patrizia Liberati e Silvia Pozzi hanno tradotto e abbinato ad altrettante storie di autori italiani» - Marco Del Corona, La LetturarnIl libro, che esce in contemporanea in Italia e in Cina, è un gioco di specchi, di incastri, di visioni, di sguardi su due argomenti che sono agenti di scambio, strumenti di comunicazione e aggregazione, processi chimici regolati da rituali, modelli culturali, veicoli di senso, facilitatori interculturali - e vorrebbe avvicinare i lettori italiani alla Cina e i lettori cinesi all'Italia, smontando magari più di un preconcetto e contribuendo ad accorciare le distanze grazie a quell'avventura senza patria che è la lettura." -
Il Vangelo dei bugiardi. Nuova ediz.
«Il Vangelo dei bugiardi» è la storia a quattro voci di un uomo di nome Yehoshua di Nazareth, profeta e guaritore, che attraversa i territori di Israele schiacciati dall'occupazione romana predicando un credo visionario in tempi di guerra: ""ama il nemico tuo come te stesso"""". Nelle parole di chi l'ha conosciuto, ma il cui punto di vista è assente nel racconto degli apostoli - la madre abbandonata che lo ha messo al mondo, il discepolo che l'ha tradito, il sommo sacerdote che lo ha accusato di blasfemia e il ribelle che si salva al suo posto - viene ricostruita la sua vita. Il ritratto di un figlio ostinato e silenzioso in cerca di un padre nel regno dei cieli, un amico vanesio che si lascia blandire dalla gloria, un folle che porta disturbo alla quiete del sacro Tempio e un alleato da conquistare alla lotta contro l'oppressore. Se, come dice Naomi Alderman intrecciando storia, mito e fede """"ogni racconto è almeno in parte una bugia"""", questi vangeli moderni rendono inedita una vicenda che pensiamo di conoscere, ricostruiscono un miracolo umano di sangue e polvere, la storia possibile di un uomo mortale dopo le cui parole il mondo non è più stato lo stesso."" -
Labirinto
Con ritmo incalzante e analisi cristallina, il romanzo di Burhan Sönmez ci restituisce le peregrinazioni di Boratin nei misteri dell’identità, fino alla domanda estrema: è più liberatorio per un uomo – e per una società – conoscere il proprio passato o dimenticarlo?rnrnUn giorno Boratin, un musicista blues che vive a Istanbul, si risveglia in ospedale avendo completamente perso la memoria: non sa piú chi è, da dove viene, qual è il suo passato e quale la direzione del suo presente, non ricorda gli affetti piú cari né le amicizie più prossime, e soprattutto si arrovella attorno a un interrogativo ossessivo e senza risposta: perché ha tentato il suicidio gettandosi già dal Ponte sul Bosforo? Attorno a questa costellazione di domande cerca di riprendere a vivere, riconquistando dimestichezza con volti, voci, spazi, storie, specchi, e in primo luogo con se stesso… Flâneur dei labirinti della mente e della città, percorre pensieri e strade alla disperata ricerca di una consistenza, a tu per tu con la tabula rasa della memoria, dalla quale emergono scomposti dettagli che non sa collocare nel tempo: davanti a una statuina della Pietà, si chiede se Gesú e Maria siano vissuti anni prima o millenni addietro, e scambia l’immagine del capo dello Stato con quella di un sultano vissuto un secolo prima. Con ritmo incalzante e analisi cristallina, il romanzo di Burhan Sönmez ci restituisce le peregrinazioni di Boratin nei misteri dell’identità, fino alla domanda estrema: è più liberatorio per un uomo – e per una società – conoscere il proprio passato o dimenticarlo? -
Il giardino di Derek Jarman. Ediz. illustrata
Il giardino di Derek Jarman è l’ultimo libro scritto dall’autore. Questo diario, proprio come il giardino di cui parla, costituisce il memoriale piú adeguato a rievocare un artista amatissimo di immenso talento che, a dispetto di tutto, nel piú inospitale dei luoghi, creò un’opera di incredibile bellezza. rnrn“Il paradiso è l’ossessione dei giardini”, scrive Derek Jarman, “e anche il mio ne è ossessionato”. Se l’immagine pubblica di Jarman è quella del regista geniale la cui opera, spesso imperniata su temi come la sessualità e la violenza, non smette di generare polemiche, nella sfera privata l’artista fu invece l’artefice di un giardino-paradiso. Lo realizzò in un contesto ambientale che molti probabilmente giudicherebbero piú infernale che paradisiaco: un’arida, piatta, spesso desolata distesa di ciottoli, che ha per orizzonte la centrale nucleare di Dungeness, nel Kent. Eppure Jarman, appassionato di giardinaggio fin dall’infanzia, riuscí a unire l’occhio del pittore, la competenza botanica e i principi ecologici nella creazione di un paesaggio in cui convivono selci, conchiglie e detriti di legno reperiti sulla spiaggia di Dungeness, sculture composte di pietre, vecchi attrezzi e objets trouvés, piante autoctone, cespugli e fiori introdotti da Jarman stesso. Questo libro ne registra lo sviluppo dall’inizio, nel 1986, fino all’ultimo anno di vita del regista. E la testimonianza è accompagnata dalle oltre 150 fotografie scattate, a partire dal 1991, dall’amico fotografo Howard Sooley, che ritraggono il giardino in tutte le sue fasi e nelle diverse stagioni. Le angolazioni con cui sono prese svelano la sua complessa pianta geometrica, i suoi magici cerchi di pietre e le affascinanti e bizzarre sculture. Ma colgono anche squarci della vita quotidiana di Jarman a Dungeness, mentre passeggia, strappa le erbacce, innaffia, oppure semplicemente si gode la vita. Il giardino di Derek Jarman è l’ultimo libro scritto dall’autore. Questo diario, proprio come il giardino di cui parla, costituisce il memoriale piú adeguato a rievocare un artista amatissimo di immenso talento che, a dispetto di tutto, nel piú inospitale dei luoghi, creò un’opera di incredibile bellezza. Appassionerà chiunque ami il giardinaggio e le numerose schiere di ammiratori di quest’uomo straordinario. -
Adolescenza zero. Hikikomori, cutters, ADHD e la crescita negata
Attraverso l'analisi di fenomeni estremi come quelli che riguardano gli hikikomori, ragazzi reclusi in casa, o le cutters, giovani che si tagliano la pelle, la psicoanalista Laura Pigozzi si interroga sulla continuità che esiste tra essi e lo statuto ""disanimato"""" degli adolescenti contemporanei. Il rapporto che questi intrattengono col proprio corpo, con la scuola, con il sesso e con la scoperta del mondo mostra i segnali inquietanti di una chiusura, di """"un arresto del desiderio, uno scacco della vitalità, un gorgo di passività"""". Più isolati e ripiegati su di sé che in passato, gli adolescenti appaiono privi di quello slancio verso il nuovo, l'Altro e l'esterno che dovrebbe definire il passaggio all'età adulta. Che cosa è successo? E, soprattutto, quali sono gli strumenti per riaprire i loro sguardi sulla vita e sul futuro? Tramite l'esame di casi clinici e l'analisi approfondita della relazione tra istituzione scolastica e nucleo familiare, l'autrice rileva come nel passaggio dalla famiglia alla scuola, dai genitori agli amici, qualcosa è andato storto in un modo che le altre epoche non hanno conosciuto. Oggi più di ieri, risulta faticoso il compito principale degli adolescenti: creare un legame con i pari."" -
Il mondo è sessuato. Femminismo e altre sovversioni
Tutte le donne sono cittadine, alcune donne sono artiste. La cittadina e l’artista possono essere equiparabili all’uomo? Sì. Coinvolte a un tempo sia nella politica che nell’arte? Sì.rnrnAgli albori dell’era democratica, iniziata dalla Rivoluzione Francese, queste affermazioni furono tuttavia fonte di polemiche e dibattiti: alle donne la famiglia, non la città (che è come dire il privato e non il politico); l’essere la musa e non il genio, argomentavano uomini non tutti classificabili come reazionari. Duecento anni dopo, ne discutiamo ancora.rnrnIl libro torna alle conseguenze di questo momento fondativo. Rende conto del lavoro senza fine della dimostrazione dell’uguaglianza, in una “democrazia esclusiva” dove ciascuno – e di cui ciascuno – può teoreticamente vedersi individuo, soggetto, cittadino, creatore, uno, una tra tutti e tutte.rnrnDa Poulain de la Barre, filosofo del XVII secolo, a Jacques Rancière, pensatore contemporaneo, con Virginia Woolf così come con Simone de Beauvoir, i testi qui riuniti mostrano fino a che punto queste questioni rimangano essenziali per la modernità: quella del rivendicato godimento, quella della strategia sovversiva, quella della misura dell’emancipazione delle donne, quella del femminismo come deregolamentazione della tradizione occidentale. -
Ti basta l'Atlantico? Lettere 1906-1931
Virginia Woolf e Lytton Strachey si sono scritti per venticinque anni. Nelle lettere hanno discusso di libri, di amici che si erano comportati bene o male, di natura (Woolf l'amava, Strachey la odiava) e hanno preso appuntamenti per il tè, ad alcuni dei quali non sono andati. Sono lettere di cene, di successi editoriali (immediato quello di Strachey, più lento quello di Woolf) e di viaggi, lettere in cui si discute di altri scrittori - così Dostoevskij è il più grande scrittore che sia mai vissuto, Henry James scrive romanzi notevoli nonostante manchi completamente di ironia. Pagine e pagine di mondanità, pettegolezzi, malattie. Sono lettere in cui libri e vita sono più che vicini, sono intrecciati. L'edizione è basata sugli originali archiviati in vari fondi internazionali, in particolare alla Mortimer Rare Book Collection dello Smith College. Chiara Valerio, che ha tradotto le lettere di Virginia Woolf, e Alessandro Giammei, che ha tradotto quelle di Strachey, curano la prima edizione italiana completa dello scambio tra i due scrittori e intellettuali inglesi. -
Gli anni, i mesi, i giorni
"Yan Lianke è uno dei massimi narratori cinesi [...] Con Mo Yan, premio Nobel, e con Yu Hua costituisce il tridente d’attacco di una letteratura che reclama un’attenzione globale"""" - Marco Del Corona, La Lettura rnrnDue brevi romanzi ambientati """"in un’atmosfera tra il mitico e il fiabesco, bestseller in tutto il mondo, raccontano le storie commoventi di una madre vedova che cerca di conquistare un futuro per i propri figli disabili tra i coloratissimi monti Baloo e di un agricoltore che insieme al proprio cane cieco protegge l'unica pannocchia sopravvissuta alla carestia, creando la possibilità di un nuovo futuro. rnÈ un libro sulla generosità, sull'amore materno e sulla bellezza delle cime inesplorate, degli animali, delle piante e degli uomini che le abitano." -
Corpo di pane
Elisa Ruotolo sa che poesia rima con posologia e che ""non c'è nulla che si possa dare senza pericolo"""". Così in questo libro il farmaco è il suo corpo di pane, da somministrarsi in un sacramento laico di comunione e confessione. E i versi sono il mezzo per tendersi fino al punto prima della vita: """"Non è vero che sono nata. [...] Non badate se respiro, non ingannatevi se lavoro, non credetemi se la mia ombra vi copre durante, un giorno di luce., Io sono quella mai nata, e che ancora può scegliersi un cuore, le mani giuste, un ventre senza ombre, un destino ingiudicabile"""". Una voce poetica di limpida inquietudine, che possiede l'amara """"libertà del latte versato, e della polvere esplosa dai petardi cattivi""""."" -
Che cos'è il potere?
Attraverso una comparazione critica dei principali teorici occidentali del potere – da Luhmann a Foucault, da Nietzsche a Heidegger, Hegel, Agamben e molti altri – in questo saggio Han ne dà una lettura che punta a sgombrare il campo dalle contraddizioni e dalle miopie teoriche.rnrnA livello teorico quello di potere è uno dei concetti piú controversi e problematici della storia del pensiero filosofico, politico, sociologico e giuridico. Il punto di partenza della riflessione di Byung-Chul Han è che esso è stato quasi sempre ridotto a una relazione causale diretta: chi detiene il potere si impone su chi lo subisce, determinandone il comportamento a prescindere dalla sua volontà. Tuttavia, secondo Han, se si sottolinea esclusivamente questa logica, si riesce a percepirne il lato violento e costrittivo, ma non si colgono le dinamiche piú nascoste e complesse mediante cui il potere agisce. Ampliando l’analisi, si può individuare proprio nella libertà il suo presupposto e comprendere che esso può essere esercitato non solo contro l’Altro, ma anche condizionandolo dall’interno, raggiungendo un grado di mediazione molto piú elevato e assumendo forme estremamente articolate – meccanismi che, negli sviluppi successivi del suo pensiero, l’autore arriva a considerare come la chiave di volta della vita sociale e politica. Attraverso una comparazione critica dei principali teorici occidentali del potere – da Luhmann a Foucault, da Nietzsche a Heidegger, Hegel, Agamben e molti altri – in questo saggio Han ne dà una lettura che punta a sgombrare il campo dalle contraddizioni e dalle miopie teoriche, privando “il potere almeno del potere fondato sul fatto che non si sa esattamente cosa esso sia”. -
Mio figlio mi adora. Figli in ostaggio e genitori modello
Mai come oggi i modelli familiari che ci circondano sembrerebbero essersi ampliati e dinamizzati, mettendo in questione il principio stesso della famiglia ""naturale"""" e mostrandone il carattere ideologico. Eppure, a un'analisi piú profonda, anche dietro le famiglie ricostituite, allargate, monogenitoriali e omogenitoriali si rivela un'allarmante immagine della famiglia concepita e custodita come nido inclusivo ed esclusivo: un Uno chiuso in sé, come una sorta di corpo uterino, che ritiene di contenere tutto ciò di cui i suoi membri hanno bisogno. Cedendo all'attrazione del legame """"claustrofilico"""" con i figli e alla sua modalità simbiotica e autoappagante, il mondo viene risucchiato all'interno della famiglia, dimenticando che la crescita è fatta anche di opposizioni, affrancamento, dissonanze, negoziazioni con l'esterno - con l'Altro. In questo testo acuto e provocatorio, Laura Pigozzi infrange la retorica asfittica della famiglia all'inclusive e quella di un certo tipo di maternità e genitorialità che circolano in modo pervasivo, mostrando come """"la vera filiazione è aver ricevuto dai propri genitori la possibilità di lasciarli"""" se è vero, come dice Hannah Arendt, che """"gli uomini sono nati per incominciare""""."" -
Il museo in tempo reale
Nella definizione di museo compaiono come prime parole ""istituzione permanente"""". Il museo sembra rincorrere il senso e il significato della nostra realtà. Ma cosa significa oggi? Qual è il suo orientamento? Nel corpo del museo, come nel corpo dell'essere umano, esercizi di memoria restituiscono ciò che avviene incessantemente sempre e ovunque: il farsi corpo di ciò che vediamo. Questo libro nasce da riflessioni sul tempo, sull'architettura, sul loro progetto, condivise nel corso di attività performative, il museo in tempo reale, al Memoriale della Shoah di Milano. Attraverso questo speciale osservatorio e i punti di vista offerti dai diversi autori, pratiche, discipline, indaga su come riattualizzare il museo in quanto metafora del mondo e del tempo. Contributi di: Paolo Biscottini, Stefano Boeri, Ferruccio de Bortoli, Chandra Livia Candiani, Lucia Castellano, Gherardo Colombo, Marta Comerio, Mauro Covacich, Annalisa de Curtis, Marco De Michelis, Alberto Garlandini, Wlodek Goldkorn, Leszek Kazana, Stefano Raimondi, Federico Squarcini, Vincenzo Trione, Andrea Vercellotti, Dario Zannier."" -
Inventario di alcune cose perdute
Vincitore del Premio Strega Europeo 2020Una raccolta di dodici storie, ciascuna dedicata a una cosa che non c’è piú: narrazioni sospese in un delicato equilibrio tra presenza e assenza, fotografie ben a fuoco ma stampate con inchiostro scuro su carta scura, piccole realtà che solo l’immaginazione è in grado di riportare alla memoria.rnrn«Il libro più stupefacente dell'anno: recuperando cose scomparse e trasformandole in grande letteratura, questa autrice ha compiuto una magia». - Die Zeitrnrn«Judith Schalansky rende tutto nuovo e originale, cambiando il punto di vista». - la RepubblicarnrnLa Storia del mondo è piena di cose che sono andate perdute, smarrite nel corso del tempo o distrutte intenzionalmente, a volte semplicemente dimenticate – o magari, come si racconta nell’Orlando furioso, volate in un archivio sulla Luna. Inventario di alcune cose perdute è una raccolta di dodici storie, ciascuna dedicata a una cosa che non c’è piú: narrazioni sospese in un delicato equilibrio tra presenza e assenza, fotografie ben a fuoco ma stampate con inchiostro scuro su carta scura, piccole realtà che solo l’immaginazione è in grado di riportare alla memoria. Si va da Tuanaki, un’isoletta indicata su vecchie mappe che ormai giace sotto il livello del mare, alla tigre del Caspio, il cui ultimo esemplare impagliato andò distrutto in un incendio; dallo scheletro di un presunto unicorno, nascosto chissà dove, a Kinau, un selenografo tedesco dell’800 di cui pare nessuno sappia nulla, fino alle misteriose lacune dei carmi amorosi di Saffo, che custodiscono ipotesi e segreti. Come aveva già fatto nel suo Atlante delle isole remote, in questo libro Judith Schalansky gioca a ricreare mondi del passato a partire da pochi frammenti, si cala nei contesti, nei linguaggi, coglie di volta in volta gamme di colori e sensazioni, restituendo a ogni cosa anche il piú piccolo dettaglio, storico o visionario che sia.