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La scomparsa dei riti. Una topologia del presente
Byung-Chul Han propone un recupero del simbolismo dei riti come pratica ""potenzialmente in grado di liberare la società dal suo narcisismo collettivo"""", riaprendola al senso di una vera connessione con l'Altro - e reincantando il mondo.rnrn«Han è netto nell'indicare nella mancanza di pratiche simboliche le ragioni del narcisismo diffuso dell'evo contemporaneo» - Matteo Trevisani, la LetturarnL'odierna ossessione per un'autenticità fondata sul narcisismo dell'Io, la costante ricerca del nuovo e dell'inedito, la bulimia consumistica dell'usa e getta che pervade ogni ambito determinano, nei rapporti e nelle pratiche che caratterizzano la società contemporanea, una sempre più evidente e sintomatica scomparsa delle forme rituali. Tuttavia, la struttura immutabile e ripetitiva, così come la teatralità dei gesti e l'attenzione riservata alla """"bella apparenza"""", conferiscono ai riti un potere simbolico profondamente unificante. Il silenzio, il raccoglimento, il senso di sacralità necessari allo svolgimento del rito fondano un legame tra il sé e l'Esterno, tra il sé e l'Altro - i riti """"oggettivano il mondo, strutturano un rapporto con il mondo"""", creando una comunità anche senza comunicazione. A questa comunità senza comunicazione, propria della società rituale, Han contrappone la comunicazione senza comunità, quel """"baccano"""" in cui, in una società sempre più atomizzante, il soggetto si esprime e """"si produce"""" ritrovandosi a girare a vuoto attorno a se stesso, privo di un mondo e di reali interazioni. Per infrangere questo cortocircuito, e all'interno di una più ampia critica delle patologie del contemporaneo, Byung-Chul Han propone un recupero del simbolismo dei riti come pratica """"potenzialmente in grado di liberare la società dal suo narcisismo collettivo"""", riaprendola al senso di una vera connessione con l'Altro - e reincantando il mondo."" -
La poltrona della SS. Sulle tracce di una vita nascosta
Tutto inizia con una poltrona e con la scoperta di un fascio di documenti personali ricoperti di svastiche nascosti all'interno del cuscino. È da qui che prende le mosse l'imprevisto itinerario di ricerca di Daniel Lee, storico della Seconda Guerra Mondiale, sulle tracce di un oscuro ufficiale delle SS e funzionario del Terzo Reich di Stoccarda, Robert Griesinger - lungo una catena di casi, coincidenze, ostinate perlustrazioni di archivi internazionali e indagini nell'ombra di segreti familiari e amnesie collettive. Un passo da detective story si intreccia con gli snodi dell'investigazione scientifica: ciò che ne emerge è la biografia di un nazista ordinario che affiora gradualmente dall'anonimato mostrando le responsabilità attive, le colpe, le complicità ideologiche e le maschere del conformismo dissimulate tra le pieghe dei silenzi conniventi dei tanti ""assassini da scrivania"""" che operavano nell'atroce macchina nazista. Infine, la storia di Griesinger si incrocia a sorpresa con quella della famiglia dell'autore stesso. E il racconto si fa allora ancora più denso e appassionato."" -
Il regno delle donne. L'ultimo matriarcato. Nuova ediz.
Questa nuova edizione è arricchita di un'introduzione scritta dall'autore a distanza di quindici anni dalla prima pubblicazione.Il medico argentino Ricardo Coler viaggia nella provincia cinese dello Yunnan fino alle remote sponde del Lago Lugu per conoscere i Mosuo, una delle più pure culture matrilineari al mondo. In questa regione appartata vive una comunità matriarcale, nella quale le donne amministrano l'economia, il lavoro e la vita famigliare, non hanno compagni fissi, ignorano il legame matrimoniale e la figura paterna. In famiglie dominate esclusivamente da madri e nonne, lo scrittore incontra uomini che ai privilegi femminili si sono felicemente adeguati, con poche responsabilità, nessuna iniziativa o spinta alla competizione, e molto tempo per giocare a mahjong, oziare e fumare in riva al lago. Un mondo in cui i dissidi sono guardati con imbarazzo, la violenza è praticamente sconosciuta e la vita prende una piega impensabile. -
Chi se non noi
Anziché un orologio come ai suoi fratelli, per la prima comunione il nonno regala a Maria una Polaroid: lei è affascinata dallo spazio intorno e sogna di diventare architetto da grande, di andare a vivere in città e indossare ""scarpe violette magari tutti i giorni per andare in giro, a godersi la bellezza, profumando di buono"""". E anche se suo padre le ha detto che """"i sogni non si realizzano mai"""", Maria ce la fa: si laurea, va ad abitare a Ferrara, lavora a Bologna nello studio di un importante architetto, frequenta i convegni di bioarchitettura e le mostre dei fotografi che tanto ama, insomma ha la vita che ha sempre desiderato. Eppure, ogni venerdì torna nel Delta del Po, quel mondo paludoso che avrebbe preferito dimenticare se Luca, l'uomo che ama con un'intensità febbrile, non fosse stato così legato a quella terra. Lui è criptico, ambiguo, manipolatore, alterna sprezzo a dolcezza. E quando la lascia, è come se un'onda di piena si rovesciasse sotto quegli """"immensi cieli color cicoria"""". Germana Urbani, nel suo romanzo d'esordio, si immerge con spietatezza nelle pieghe più intime della mente di una donna e nelle contraddizioni che spezzano i rapporti umani, scova il nodo che può legare l'amore più ingenuo e il dolore più accecante, sfuma i confini opachi tra passione e follia. Fotografia dai colori annebbiati di un Polesine ancora segnato nel territorio e nelle storie familiari dal ricordo della grande alluvione del '51, """"Chi se non noi"""" rapisce, disorienta e costringe a fare i conti con le proprie pulsioni più oscure."" -
Linguaggi animali. Le conversazioni segrete del mondo vivente
Già Fedro ed Esopo dicevano che non siamo i soli sul pianeta ad avere un linguaggio. Certo, i loro animali parlanti erano antropomorfi, e usavano le nostre parole per scopi morali del tutto umani, eppure hanno abitato come creature dotate di logos l'immaginario occidentale, nonostante la tradizione filosofica abbia loro negato ragione e linguaggio fino agli ultimi decenni. Eva Meijer ci segnala cosa sta cambiando e ci mette in ascolto delle segrete conversazioni del mondo vivente: lo studio più profondo degli ""altri animali"""" e un'interazione aperta, che si lascia alle spalle il discorso umano come metro assoluto di paragone, ci dischiudono nuove prospettive. In questo modo i linguaggi animali, spesso raffinatissimi e di straordinaria elaborazione, si riappropriano finalmente di significato, mentre parallelamente viene messo in discussione anche ciò che sappiamo del linguaggio in generale. Linguaggi animali racconta storie di uccelli, cani, scimpanzé, delfini, elefanti, api, orche, cavalli, polpi, formiche, topi, perfino funghi mucillaginosi, e rivela in modo chiaro e appassionante, attraverso casi concreti, come questi animali comunicano tra loro e con altre specie (inclusa la nostra), restituendo dignità e complessità di significato a quanto si riteneva puro istinto. Perché la """"cultura"""" e la creazione di codici comunicativi non sono solo una faccenda umana e la convivenza sulla Terra richiede un'attenta diplomazia interpretativa rispetto agli altri viventi. Ciascuno con la sua intelligenza del mondo, il suo linguaggio, i suoi diritti, la sua etica e una vita degna di spazio e parola."" -
Sotto la montagna. Sopra la montagna
Sotto la montagna ci sono i Laboratori Nazionali di Fisica Nucleare del Gran Sasso, dove, in assenza di radiazioni, si studia la materia oscura - l'ipotetica materia che costituirebbe quasi il 90% della massa dell'universo, non emetterebbe radiazioni elettromagnetiche e sarebbe rilevabile solo grazie ai suoi effetti gravitazionali. Sopra la montagna, l'artista Margherita Morgantin ci conduce, attraverso un percorso interdisciplinare, a confrontare le immagini della scienza con quelle dell'arte e di alcune tradizioni mistiche. ""Sotto la montagna Sopra la montagna"""" si propone così di far dialogare linguaggi e tradizioni diversi all'interno di un percorso di comprensione profonda della realtà."" -
Album
Album è una raccolta poetica d'esordio che abbraccia due età della vita, i venti e i quarant'anni, in un andirivieni continuo tra tempi sfusi: ""ottanta novanta zero dieci sono numeri non anni, senza un criterio preciso mi riappaiono le parti strappate del tutto"""". rnrn«Una poesia colta, con riferimenti a grandi autori, scelte formali diverse; un esordio maturo che introduce una nuova figura da considerare nell'ambito delle nuove generazioni» - Maurizio Cucchi, RobinsonrnrnSullo sfondo di un'aderenza inconscia a quell'Italia degli anni settanta e ottanta che tradiva le grandi eredità e falliva agli occhi di chi è nato durante il terrorismo e cresciuto nel ventennio berlusconiano, la memoria personale traccia un disegno, come se unisse dei puntini. Eventi della cronaca e della storia - il terrorismo, la Guerra del Golfo, l'ascesa di Forza Italia al governo, l'omicidio di Marta Russo, il dissesto geologico - si incrociano a luoghi e incontri personali, formando la coscienza di un'identità femminile singolare e insieme comune alla generazione nata dopo il '68. Nella poesia di Elisa Donzelli, il verso limpido e sapiente sfida la distanza tra le epoche, tra i vivi e i morti."" -
Nord
“Burhan Sönmez è uno scrittore di passione, di memoria e di cuore” - Elif Shafak In questo romanzo di Burhan Sönmez, scritto nel 2009, un giorno in fondo a un burrone viene ritrovato il corpo di un uomo con un orecchino di vetro custodito in bocca. Si tratta di Aslem, partito vent’anni prima per il nord senza lasciare tracce né spiegazioni. Il figlio Rinda è cresciuto tra le foreste e i precipizi che circondano il villaggio con la madre e il cavallo Belek, pieno di nostalgia mescolata a rancore per quel padre sconosciuto e andato lontano, chissà dove e spinto da cosa. Ed è proprio Rinda a scoprire lo scintillio dell’orecchino tra le labbra del cadavere di Aslem, mentre la luna piena all’improvviso si eclissa nella notte. Cosí quel monile nascosto diventa un segno per il ragazzo, il segreto di un lascito da rintracciare, e con Belek parte anche lui per il nord, a ricostruire la storia del padre e il vuoto che avverte in se stesso. Il nord è strano, misterioso, fa paura: Rinda, come Aslem, è un abile cacciatore, ma perde continuamente le impronte del cervo di cui tutti gli parlano lungo la strada, mentre incontra guaritori, sapienti, torturatori, una vecchia che parla con una volpe, un sultano ossessionato da un sassolino, le donne Şahmaran che custodiscono la lingua delle madri e il ricordo della scrittura che è stata loro sottratta. E ognuno gli racconta una storia, immergendolo in una corrente di verità – sul suo cammino, sulla sorte del padre e sul mondo – che si intrecciano, scompongono e ricompongono, un’onda di risacca che sfrangia di continuo gli orli del reale. Sono destini incrociati, o le forme incessanti di un sogno corale? La fascinazione del racconto e la forza narrativa della tradizione orale curda ricoprono le pagine di Nord come un sortilegio. -
Come pensano le foreste. Antropologia oltre l'umano
Le foreste pensano? E perché, nella foresta di Ávila, i cani sognano? In questo libro, Eduardo Kohn sfida i fondamenti stessi dell'antropologia, mettendo in discussione i presupposti di base su cosa significa essere umani, e per questo distinti da tutte le altre forme di vita.rn«Eduardo Kohn mette a frutto la sua esperienza amazzonica per abbattere ogni antropocentrismo ed esaltare le affinità elettive fra tutti gli esseri viventi» - Marino Niola, RobinsonrnrnDopo quattro anni di lavoro sul campo tra i Runa dell'Alta Amazzonia, in Ecuador, il ricercatore attinge alla ricca etnografia e biologia dell'immensa e minacciata foresta ""pensante"""" per esplorare come i popoli amazzonici interagiscono con le numerose creature che abitano uno degli ecosistemi più complessi al mondo. Se focalizziamo l'osservazione antropologica sulle modalità in cui gli umani entrano in relazione con gli altri esseri viventi, il tradizionale punto di vista occidentale dell'analisi, che ha l'effetto di separarci dal resto del mondo, collassa. Tuttavia, la novità maggiore del saggio sta nell'evidenziare che questo collasso può rappresentare un'opportunità: approfondendo come le nostre vite e quelle degli altri viventi siano inestricabilmente interconnesse nella grande rete della foresta, davanti a noi si dischiudono nuovi strumenti concettuali e nuove visioni ispirate alla catena delle interrelazioni e al linguaggio con cui il resto del mondo parla e ci parla. In questo lavoro rivoluzionario, Kohn conduce dunque l'antropologia verso una direzione inedita ed entusiasmante, offrendo un modo più ampio e aperto di pensare a un pianeta radicalmente condiviso. Prefazione di Emanuela Coccia."" -
La vita anteriore
DALL'AUTORE DI L'ESTATE MUORE GIOVANEUna storia appassionante di legami familiari, di profonda amicizia, di un amore d’infanzia che non finisce, di ricerche, coincidenze, armonie sotterranee, perdite e svolte improvvise. In cui la scrittura, l'assillo del protagonista, diventa la compagna di strada che forse può dipanare il senso delle cose.Ottavio Maggio ha una pasticceria ben avviata in una città della Puglia, una moglie con un bel caratterino, tre figlie femmine (mai l’agognato maschio) e due sorelle zitelle. Poi ha una lingua sciolta che ama inventare storie e un “dono” segreto di cui non parla con nessuno.Nell’aprile del 1977, si aggiunge a questo quadro qualcosa cui non aveva pensato: un nipote imprevisto, nato dalla figlia Marina il giorno dei suoi vent’anni e da un ragazzo che sparisce dalla sala d’attesa dell’ospedale. Quel bambino arrivato troppo presto e senza un padre sconvolge tutti i piani di Ottavio, che però se ne innamora appena vede i suoi occhi opachi di neonato che cercano un appiglio attorno a sé. Ettore, cosí lo chiama Marina, cresce in quella famiglia allargata di nonne, zie e mamme, e appena può sta insieme al nonno, perché con lui si diverte e fanno lunghi discorsi e giri in auto sulla Fiat 131. Non sa granché del padre, se non che da grande andrà a cercarlo, e se lo immagina con le facce degli uomini che vede intorno e nei film. Finché una mattina, quando Ettore ha sei anni, avviene un incidente che cambia tutto e, insieme, l’incontro con un bambino della sua stessa età che entra nella sua vita per non uscirne piú. Come nel precedente L’estate muore giovane, Sabatino disegna i suoi personaggi in modo talmente vivido da renderli altrettanto veri della terra pugliese in cui tutto si radica, quanto l’ulivo e il muretto a secco che inseguono fino all’ultimo l’immaginazione e la vita di Ettore Maggio. -
Quello che non c'è. Quindici storie vere
Con un gusto e uno stile unici Szczygieł affresca storie vere dal sapore onirico. In ogni sua opera il reportage diventa una riflessione sull’esistenza senza mai perdere la presa sul reale. Quello che non c’è è un percorso tra narrazioni, suggestioni e riflessioni attorno al tema della mancanza, dell’assenza, della perdita. Ma anche attorno alla memoria, e alla consapevolezza del tempo inesorabile. rn«Una capacità straordinaria di trovare le storie nascoste nelle storie che crediamo di conoscere» - Ezio MaurornrnCiò che non c’è non è necessariamente qualcosa che è andato perduto o è sparito per sempre: “Ogni cosa deve avere una sua forma e un suo ritmo. Soprattutto l’assenza” è la lezione di Hanna Krall che echeggia in ognuna di queste pagine. Quindici storie che ritraggono situazioni e personaggi appartenenti a mondi e tempi distanti tra loro: si va da un artista albanese a un negozio di rigattiere a Budapest, da una poetessa ceca a un soldato ucraino, fino al padre dell’autore stesso, con cui Mariusz Szczygieł intraprende un viaggio che forse sarà l’ultimo. Diciassette occasioni per osservare quel che accade quando qualcosa non c’è, quando qualcuno non c’è, quando il passato non c’è piú o la memoria si perde. Quando non esistono tulipani blu. Quando non c’è amore o non si trovano le forchette da formaggio. Quando non c’è nessuna finzione, come nella poesia e nell’arte del reportage di cui questo autore si conferma maestro. -
Amor di gloria
La gloria la inseguono i maschi. Ma non è solo un concetto da maschi. Anzi.rnUn’inchiesta letteraria tra storia, cultura e attualità, dalla penna di una vera scrittrice.rnrnNon capisco che cosa volete intendere dicendo ‘gloria’”, dice Alice a Humpty Dumpty, che le sorride con aria di superiorità e risponde: “È naturale che tu non capisca finché non te lo spiegherò io”. Ma il problema è proprio che delle spiegazioni di Humpty Dumpty non ci possiamo fidare. Cos’è davvero la gloria? Come è stata pensata lungo i secoli? E ha ancora uno spazio nel mondo di oggi? Maria Pace Ottieri è convinta di sì e ci guida, per amor di gloria, in un percorso appassionante tra autori e testi, indagando con acume, levità e grazia una parola dalla storia sorprendente. -
Il lupo
Il lupo è una delle creature animali più potenti e carismatiche nell'immaginario umano. È l'icona della wilderness, la natura ""selvaggia"""" percorsa nelle sue cacce di branco. I popoli cacciatori ne hanno ammirato l'abilità e la resistenza, rispettandolo ed evocandolo nei loro cerimoniali. Eppure, la sua sorte sul pianeta è stata segnata dalla violenza dell'uomo, il superpredatore che non ama la competizione sul """"suo"""" territorio. Con la nascita della domesticazione degli animali sono iniziate infatti la persecuzione del lupo e la sua demonizzazione, lasciando tracce evidenti nell'immaginario culturale: dal lupo rapace del simbolismo cristiano al lupo cattivo delle favole, fino alle leggende popolari sui licantropi. Ed è iniziata una storia di ostilità e sterminio della specie attraverso i secoli, culminata nell'eradicazione quasi totale dell'animale da Europa, America, Russia, Giappone. Solo negli ultimi decenni, grazie a studi scientifici sistematici e a una nuova sensibilità ecologica, questo animale ha cominciato a riguadagnare parte dei suoi spazi vitali, con campagne di ripopolamento e una graduale ricolonizzazione. E a essere conosciuto e riconosciuto per quel che è - non solo come fantasma delle nostre proiezioni."" -
La danza del bifolco
Mwanza Mujila, la cui scrittura è stata paragonata alla musica di Coltrane per il ritmo, a García Márquez per l’incandescenza e a Boris Vian per la visionarietà, racconta magnificamente questa danza infaticabile della frontiera africana, in cui le sciagure della storia e le commedie della vita si scontrano di continuo come i corpi dei ballerini nel purgatorio del Mambo della festa.rnrnrn«Mwanza Mujila, in questo romanzo strabiliante, conferma (dopo Tram 83) la sua notevole abilità» - Le Mondern«Una prosa incandescente e visionaria» - Fabio Gambaro, il Venerdì-la RepubblicarnrnrnUna rumba indiavolata a cui è impossibile resistere, una sarabanda centroafricana tra profluvi di birre e trance da possessione: è la Danza del Bifolco, che si balla conciati di tutto punto al Mambo della festa, un locale di Lubumbashi, in Zaire.Siamo tra gli anni ’80 e ’90, il paese dopo l’Indipendenza passa per le mani di un dittatore cleptocrate, tra sommosse, tensioni etniche, fazioni nemiche, cambi di nome e di regime e una forsennata corsa ai diamanti del fiume Congo, il grande “serbatoio di sogni” anche per i derelitti e i senza-denti. Al centro del romanzo, un gruppo di bambini di strada che crescono in mezzo al bazar urbano con vari rovesci di fortuna, arrabattandosi a vivere di traffici loschi tra profetesse bicentenarie, scavatori di fango, faccendieri a vario titolo, arricchiti alcolizzati, polizia segreta e bande rivali. Col progetto finale, da adulti, di una macchina sforna-dollari, che chissà come andrà a finire… -
Tarmacadam. Ventuno incantesimi
Pronunciati in forma di racconto, i ventuno incantesimi che prendono vita in Tarmacadam riescono a trasformare l'esperienza quotidiana, la parola e il corpo in occasioni di magia e scoperta.Scrittore, poeta e traduttore, Vanni Bianconi va alla ricerca di parole ed espressioni inerenti a segreti o quisquilie del paesaggio fisico, linguistico e interiore, le interroga, le traspone da una lingua a un'altra lingua, e scrive negli scarti tra queste. Nasce così questa raccolta di storie in prima, seconda e terza persona che partono da un luogo e da una parola ricchi di esperienza e significato per indagare gli intricati rapporti tra vita e simbolo, casa e viaggio, appartenenza e spaesamento, lingua madre e traduzione. Perché ""una voce"""", scrive Bianconi, """"non è mai univoca ma è plurale, è voce se è abitata da altre voci""""."" -
La poltrona di Proust
La mia vocazione è un istinto: quello di cercare dentro e fuori di me (nella memoria, nella storia, nei luoghi, nelle persone, raramente nella natura) dei segnali visivi, e di elaborarli e di restituirli, di trasformarli in 'realtà'. Questo è il mio unico e labirintico lavoro"". """"La poltrona di Proust"""" è stata pubblicata per la prima volta nel 1991, ma trent'anni dopo questa raccolta di scritti di Alessandro Mendini è ancora attuale, anzi forse anche più attuale, per lo sguardo acuminato che getta sull'arte, l'architettura, il design. Questa serie di """"telegrammi"""", incisivi e quasi aforistici, compone un piccolo teatro popolato di oggetti, pensieri e idee sul mondo del progetto. Un'antologia di ispirazioni e vividi punti di vista sulla progettualità, emblematica del pensiero di una delle menti più brillanti degli ultimi decenni. """"Uomo schivo, non mondano, internazionale"""", scrive Marisa Galbiati nell'introduzione a questa nuova edizione del libro, """"un 'grande e domestico eroe borghese' come lo definisce Fulvio Irace, Mendini ha influenzato generazioni di progettisti ma anche di persone non necessariamente vicine ai territori del progetto. Grazie a lui oggi vediamo i paesaggi umani e artificiali con altri occhi. Ci ha regalato uno sguardo curioso e poetico capace di trarre energia dagli oggetti banali, dagli spazi che abitiamo""""."" -
Dell'organizzazione dello spazio
Scritto nel 1962 per il conseguimento della cattedra universitaria, “Dell’organizzazione dello spazio” va ben al di là della contingenza accademica e pone il tema dello spazio alla base di un’indagine sul complesso sistema di relazioni che intercorrono tra architettura e città, architetto e uomo. “Ogni uomo crea forma, organizza il suo spazio. E se le forme sono condizionate dalla circostanza”, scrive infatti Távora, “allo stesso modo esse producono circostanza, o, in altre parole, l’organizzazione dello spazio, che è condizionata, si trova a diventare fattore condizionante”. Al problema della generazione e della metamorfosi delle forme si accosta qui quello della dimensione spazio-temporale, che apre il campo da un lato a una serie di questioni relative alla percezione e al movimento, dall’altro all’analisi di aspetti sociali, politici e culturali da cui l’architettura non può prescindere. Attraverso l’analisi di casi concreti Távora restituisce, in tutta la sua peculiarità e vivacità, il clima culturale portoghese alle soglie dell’ultimo decennio di dittatura, ma soprattutto delinea un’idea di architettura come “attitudine alla visione globale dei fenomeni dello spazio”, “opera collettiva di partecipazione”, persino “creazione di felicità”. -
Contro l'interpretazione e altri saggi
Un limpido talento critico, una capacità fuori dal comune di orientarsi nell'universo contemporaneo di segni e linguaggi plurali: con sguardo allenato da continue combinazioni tra passioni profonde e interessi eclettici, Susan Sontag traccia un'originalissima, radicale rotta attraverso la teoria, la letteratura, il cinema, il teatro e le arti degli anni sessanta del '900. Prima dell'""età del nichilismo"""", Sontag scrive gli articoli riuniti nel 1966 in Contro l'interpretazione, il suo libro d'esordio come saggista: """"un atto di liberazione intellettuale"""" che la fa in breve diventare una figura di riferimento dello scenario contemporaneo, delle sue rivelazioni, trasgressioni, sperimentazioni, illusioni, della sua opposizione alle gerarchie (alto/basso) e alle polarità (forma/contenuto, intelletto/sentimento). Che scriva dello """"stile"""" come centro di gravità dell'espressione artistica o disegni una mappa dettagliata e ormai classica delle forme della sensibilità """"Camp"""", che parli degli happening in cui l'azione evade dai teatri o si sposti dal diario di Pavese ai Taccuini di Camus, dalla libertà di Genet alla coscienza disgustata di Sartre, il filo delle parole di Susan Sontag non perde il suo obiettivo: evitare che il vaso di Pandora dell'interpretazione-superfetazione si rovesci sull'esperienza dell'opera d'arte, deformandola e saturandola di """"significati"""" a proprio uso e consumo."" -
Vivere di patate. 2019-2021
«In quest'ultima raccolta la poesia di Giusti, così ostinatamente asintattica ed esclamativa, in perenne, aspro viaggio fra il dialetto e la lingua, sembra emergere dall'altra parte di una catastrofe per ritrovare una misura più lieve e armoniosa, quasi ascolto e memoria di un canto perduto dentro la lingua: ""Una volta / esistevano i merli, ora tutto è / strappato ascolto invali- / cabile spinoso silenzio"""".» (Giorgio Agamben)"" -
Chiromantica medica
Cos'hanno in comune degli oscuri santi abruzzesi, il re del porno Rocco Siffredi, il latte ovino e gli antichi culti satireschi dei pastori della Majella? Oppure l'Ikea di Porta di Roma, un remoto matriarcato norreno e un manipolo di estremisti che vogliono rigenerare l'Occidente dopo il suo tramonto? E cosa lega le angosce di un padre per la figlia adolescente che si riprende in pose osé su TikTok ai transessuali delle borgate e alla trementina di Caravaggio? Nei vetrini della scienza inventata da Alessio Mosca finiscono le ciclotimie, le ossessioni sessuali, gli occultismi disperati, le regressioni paniche, le distorsioni del sacro mischiato al profano che abitano l'inquinata psiche contemporanea. Se la realtà, a ben guardarla, è spesso allucinatoria, Chiromantica medica rintraccia le sindromi nascoste e le configurazioni anomale che guidano le storie narrate dietro la sintassi apparentemente sconnessa, a tratti psicotica, degli eventi. Gli effetti narrativi sono del tutto singolari, onirici e concreti, comici e spiazzanti, lisergici e carnali. Un nuovo narratore con un immaginario che scarta fuori dai ranghi.