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L' architettura della partecipazione
Il percorso accademico e professionale di Giancarlo De Carlo congiunge in un’unica vocazione due termini etimologicamente contrapposti: architettura e anarchia, tenendosi sempre al riparo dalle allucinazioni utopistiche tipiche, ad esempio, degli anni Sessanta e Settanta, e anzi mantenendo sempre dritta la barra della «ricerca di un metodo e, soprattutto, di un rigore capaci di restituire credibilità all’approccio disciplinare (Tafuri)».rn«In una stagione in cui le parole scemano e anche quelle indispensabili per una riflessione contemporanea sulla missione dell'architettura risultano ambigue e ambivalenti, rileggere questo testo offre la possibilità di credere ancora a un futuro nobile per la disciplina.» - L'ArchitettornNello scritto qui pubblicato per la prima volta in maniera autonoma egli tenta di dimostrare in forma lineare e lucida come l’idea di una architettura partecipata – «quando tutti intervengono in egual misura nella gestione del potere, oppure – forse così è più chiaro – quando non esiste più il potere perché tutti sono direttamente ed egualmente coinvolti nel processo delle decisioni» – possa costituire un’utopia realistica, cioè compiutamente realizzabile. Le distinzioni teoriche messe in campo a tale scopo: progetto vs processo, funzione vs uso, ordine vs disordine e così via, forniscono un armamentario utile ancora oggi per chi tenti di mettere in moto nuove pratiche di partecipazione non solo in campo architettonico.rnA chiudere il quadro due testi relativi alle due principali esperienze realizzate sul piano urbanistico (il piano di Rimini) e architettonico (il villaggio Matteotti di Terni) a dimostrazione della lunga, seppur conflittuale, fedeltà decarliana verso Le Corbusier, nonostante tutto suo modello costante perché «non si rivoluziona facendo le rivoluzioni, si rivoluziona presentando soluzioni». -
Giovanna Talocci designer. Ediz. multilingue
Come in un racconto corale, la complessità della storia progettuale di Giovanna Talocci si articola a più voci e su più registri, restituendo così gli incontri umani e professionali che sono alla base del mestiere del designer. Ne risulta un volume che esce dall'austerità della monografia - di cui mantiene però il valore scientifico e documentario - per sfociare nel calore di una storia plurale. Come ha notato Anty Pansera, lo strumento più prezioso nelle mani del designer è infatti la sua insaziabile ""curiosità naturale per l'innovazione e per la ricerca di nuovi materiali e di nuove tecnologie, e soprattutto l'attenta e profonda osservazione della realtà che la circonda, delle esigenze dei nuovi comportamenti""""."" -
Roma 20-25. Nuovi cicli di vita della metropoli. Ediz. italiana e inglese
Université de Liège — Columbia University — University of Pennsylvania — South China University of Technolgy — ETH-Eidgenössische Technische Hochschule — Università degli Studi di Trento — Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria — Università degli Studi Roma Tre — Università Iuav di Venezia — Politecnico di Torino — Sapienza Università di Roma — Università degli Studi di Palermo — Università degli Studi di Napoli Federico II — University of Las Palmas de Gran Canaria — Universitat Politècnica de Catalunya + ETSAV — Leibniz Universität Hannover — Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara — Università di Camerino — Università degli Studi di Genova — École Nationale Supérieure d’Architecture de Marseille — Politecnico di Milano — Architectural Association School of Architecture — Institute for Advanced Architecture of Catalonia — University of Southern California — Princeton University -
Restaurare il Novecento. Storie, esperienze e prospettive in architettura
Nel corso degli ultimi trent'anni si è affermata, nel campo dell'intervento sull'architettura, una ben precisa scelta operativa: quella di salvare l'immagine piuttosto che la consistenza fisica di una testimonianza. Nel presente volume, Simona Salvo si contrappone a questa tendenza fornendo una rassegna teorica e metodologica strutturata sull'analisi comparata d'interventi compiuti in contesti e paesi differenti, e allargando il discorso alle problematiche legate alla conservazione delle opere d'arte figurative e cinematografiche. Il testo si conclude illustrando una rilevante esperienza di restauro - che ha visto anche la collaborazione dell'autrice -, quella della facciata del grattacielo Pirelli di Milano, progettato da Gio Ponti nel 1960. Nel darne conto, l'autrice osserva che oggi ""l'intervento sull'architettura del Novecento resta quindi una questione aperta e ancora tutta da esplorarsi, ma in modo nuovo e diverso, lavorando dal suo interno, ripercorrendo con metodo la traccia già segnata dal restauro critico e affrontando, passo dopo passo, le innegabili problematiche tecnico-applicative che la conservazione del nuovo suscita per sua stessa natura""""."" -
La linea socratica dell'arte contemporanea. Antropologia pedagogia creatività
In questo volume l'autore punta l'indice sulle figure socratiche dell'arte contemporanea per tracciare una linea di riscatto nei confronti di istituzioni scolastiche che vivono un declino angosciante, che mostrano un impoverimento metodologico teso a soffocare l'interesse individuale, a reprimere la nascita della personalità e della effettiva responsabilità morale. -
Vite partigiane
Questo libro raccoglie, in versione trascritta, cinque testimonianze sull'esperienza della guerra e della Resistenza antifascista. Cinque documenti di storia orale, dunque. Ma, soprattutto, cinque racconti su cosa significa scegliere di essere persone libere. L'insegnamento più emozionante che si ricava dalla lettura di queste pagine, ricche di aneddoti, anche divertenti, è che perfino la paura si può trasformare in forza. In fondo, non sappiamo davvero quello di cui siamo capaci. Non conosciamo l'enorme potere personale che ognuno di noi nasconde. Se si vuole si può trasformare la propria vita e la realtà, questo ripetono Walchiria, Teresa, Sergio, Rosario e Massimo; e si può perfino invertire un destino collettivo drammaticamente segnato. I tempi storici che stiamo attraversando, di dismissione dello Stato e di ""occupazione"""" finanziaria internazionale, dovrebbero indurci a interrogare l'eccezionalità storica del biennio '43-'45 con occhi nuovi. Leggiamo dunque queste cinque testimonianze pensando soprattutto a noi e alle nuove forme di resistenza a cui siamo chiamati. Prefazione di Daniele Balicco. Introduzione di Ciro Tizzano."" -
Absolutely nothing. Storie e sparizioni nei deserti americani. Ediz. illustrata
Cosa resta di un viaggio nei deserti americani? La luce accecante, la polvere, le ghost town e altre reliquie dell'abbandono - un ippodromo-astronave, le rive di un lago fossile, un cimitero di aeroplani. Restano pagine fitte di appunti raccolti in ottomila chilometri costellati di imprevisti e digressioni attraverso California, Arizona, Nevada, New Mexico, Texas e Louisiana. A percorrerli, con Giorgio Vasta, ci sono il fotografo Ramak - camicia hawaiana, sorriso cordiale, e una spiccata attitudine a complicarsi la vita - e Silva, pianificatrice e baricentro razionale del viaggio. Doveva essere un reportage, una guida letteraria; ma quando ciò che accade nel deserto - per eccellenza luogo di miraggi e sparizioni - si rivela il preludio di quello che succederà nella vita dello scrittore al suo ritorno, l'asse del libro si modifica: le persone diventano personaggi, e per Vasta il viaggio negli spazi americani diventa un viaggio nella propria immaginazione. A fare da contrappunto, le fotografie di Ramak Fazel, che del racconto sono espansione, verifica e, allo stesso tempo, smentita. Ritratto dell'America, ragionamento sul suo mito e omaggio alle sue narrazioni, ""Absolutely nothing"""" traccia un itinerario che collega scrittura documentaristica e fiction, riflessione e autobiografia, per provare a comprendere cosa accade ai luoghi - e alle nostre esistenze - quando le persone che li hanno abitati (che ci hanno abitati) se ne vanno via."" -
Studi d'affezione per amici e altri
Sono otto scritti di Gianni Celati su diversi autori italiani da lui prediletti: l'antica novellistica, l'Ariosto, il meno noto Tomaso Garzoni, il Leopardi dello ""Zibaldone"""", il favolista Imbriani, Federigo Tozzi, fino ai contemporanei Antonio Delfini, Silvio D'Arzo, Giorgio Manganelli. Non è saggistica tecnica, ma è il modo di scrivere affettivo e umorale del Celati narratore. Un occhio molto diverso e originale, sia nel rivalutare autori minori, sia nel parlare delle nostre maggiori glorie letterarie."" -
Ossa, cervelli, mummie e capelli
Cosa hanno in comune il cranio di Mozart e il cervello di Einstein? la mummia di Lenin e quella di Jeremy Bentham? i capelli di Beethoven e il pene di Napoleone? lo scheletro di Cartesio e il dito indice di Galileo? Semplice: sono tutte ""reliquie profane"""", pezzi anatomici di personaggi celebri che costituiscono la controparte laica delle tante reliquie sacre. In dieci racconti veritieri, il libro tratta un tema originale per l'editoria italiana: la permanenza di questi pezzi organici, e i prodigiosi tragitti che hanno compiuto in secoli di storia, da un istituto all'altro, da un collezionista all'altro, da un ladro all'altro. Vicende reali e un po' forsennate, grottesche e curiose, che hanno trovato la loro finale magnificenza nei corpi plastinati, tecnica mediante la quale ognuno può diventare reliquia di se stesso."" -
Fictio legis
Tanto la storia del pensiero giuridico che il senso comune hanno costretto la finzione al ruolo di principale antagonista della realtà, dei fatti, dell'ordine naturale e vero delle cose. L'assidua frequentazione della fiction, da un lato, e l'evidenza naturale considerata come un limite o un ostacolo alle operazioni del diritto e della tecnica, dall'altro, ne sono senz'altro le più palmari e longeve eredità. Contro queste tradizioni, Yan Thomas - in un saggio densissimo che annoda stile e metodo in modo unico offre una vera e propria contro-storia della fictio. Mobilitando i casi che occuparono i giuristi romani, Thomas restituisce la finzione al suo statuto di tecnica eminente del diritto. Più vera del vero, la finzione è quell'arnese che i giuristi hanno impiegato per escogitare soluzioni che la ""natura"""" o il senso comune sembravano dichiarare impossibili. Solo nel medioevo, assecondando un cambiamento di portata antropologica, la natura finirà per imporre i suoi """"limiti"""" alla creatività così tipica del diritto romano e al modo tanto speciale che esso aveva di """"creare"""" il mondo per trasformarlo. Questo drastico cambio di passo è indagato da Yan Thomas con tutto il rigore e la spregiudicatezza che caratterizzano il suo gesto teorico. I """"naturalismi"""", vecchi e nuovi, che oggi ingombrano il dibattito pubblico con la forza apparente dell'evidenza trovano in questo saggio una smentita cocente e un potente antidoto. Con un saggio di Michele Spanò e Massimo Vallerani."" -
Che figura!
Metafora, metonimia, palindromo... sono solo alcune delle figure retoriche che arricchiscono la nostra lingua e che servono a capire e a raccontare la realtà. Tutti noi le usiamo, in modo naturale e spesso senza rendercene conto. ""Che figura!"""" le trasforma in personaggi strambi e divertenti: dal Signor Litote che ormai ha il torcicollo a forza di fare no con la testa, a Miss Enfasi che sembra vivere a teatro, fino a mago Ossimoro, che si rinfresca col fuoco e si scalda col ghiaccio. Età di lettura: da 8 anni."" -
Il progetto dell'autonomia. Politica e architettura dentro e contro il capitalismo
Questo saggio uscito dapprima negli Stati Uniti nel 2008, rilegge in parallelo alcuni testi di Raniero Panzieri, Mario Tronti, Massimo Cacciari, Manfredo Tafuri, Aldo Rossi e Archizoom, comparsi circa mezzo secolo prima in un contesto segnato dallo sviluppo economico e da intensi conflitti politici, che l'autore non esita a definire ""irripetibile"""" e dunque senza nessuna volontà di revival o di """"critica operativa"""". Pier Vittorio Aureli fornisce piuttosto una nuova chiave interpretativa agonista, per molti versi revisionista, di alcuni contributi al pensiero politico e architettonico che sono qui montati insieme come tessere di un unico - seppur composito e a tratti perfino contraddittorio - progetto dell'autonomia. L'autore restituisce qui valore alla ricerca teorica in architettura che non deve essere intesa come un pensiero ancillare e tantomeno propedeutico alla professione in sé. Il progetto dell'autonomia non fu infatti la rivendicazione di identità disciplinari, quanto il tentativo di mettere a tema il conflitto come anima della città moderna e del suo progetto. A cinquant'anni esatti di distanza dalla pubblicazione dell'""""Architettura della città"""" di Rossi e della fondazione dei collettivi fiorentini come Superstudio e Archizoom, avvenute entrambe nel 1966 durante la fioritura coeva dell'operaismo e delle neoavanguardie, Aureli osserva come """"La lezione che oggi possiamo trarre dal lavoro di Tafuri, Rossi e Archizoom va al di là di facili repechage..."""""" -
Spazi d'artificio. Dialoghi sulla città temporanea
"Spazi d'artificio"""" si occupa della quarta dimensione della città, uno spazio cangiante, per sua natura soggetto a ordini di lettura contraddittori e mutevoli rispetto all'epoca che attraversa. Il testo raccoglie voci provenienti da esperienze e ambiti culturali differenti, aprendo un dibattito interdisciplinare sui temi della città e, più in generale, del suo vivere. Dalla crisi del 2008 la lentezza del fare architettonico, rispetto alla rapidità dei processi che segnano la contemporaneità, individua spazi d'incertezza fisici e concettuali, mettendo in dubbio i principi e le convinzioni che hanno guidato la modernità fino a noi. Di fronte ad una disciplina che per attitudine predilige la permanenza, tempo e azione rappresentano gli elementi cardine attraverso cui sezionare e riciclare la città, ma anche lo sfondo di senso su cui riposizionare il progetto, pensando dispositivi spaziali pronti anche a spegnersi al volgere delle necessità o degli umori dei propri abitanti. Spazi d'artificio sono dunque luoghi e architetture d'eccezione, punti di incontro tra esperienze dell'arte, della cultura e dell'economia capaci di prefigurare futuri possibili sullo sfondo durevole della città." -
Vita, politica, contingenza
L'obiettivo dei saggi raccolti in questo libro è di investigare nelle loro interazioni reciproche tre concetti fondamentali dell'esistenza umana: vita, politica, contingenza. Si tratta, per molti aspetti, delle dimensioni basilari della nostra esperienza storica e non è forse eccessivo ipotizzare che tutte le incertezze, le opacità e le crisi che affliggono questa epoca dipendano dal modo, assolutamente nuovo, in cui le tre dimensioni si intrecciano o confliggono tra loro. Tutto questo apre una miriade di interrogativi, a stento contenibili nella comune etichetta della biopolitica. È possibile, per cominciare, immaginare una scena in cui sia in gioco la vita come tale, libera dal ricatto della sua cattura in una gabbia di concetti formalizzati? E qual è il nesso tra l'assetto istituzionale e le forme di vita cui la politica vorrebbe dare voce? Su questi interrogativi si soffermano i saggi raccolti nel volume, sforzandosi di esplorare un territorio condiviso, pur muovendo da prospettive e angolature spesso marcatamente differenti. -
Sonnets in Babylon. Biennale d'architettura di Venezia. Ediz. inglese
Daniel Libeskind’s Sonnets in Babylon is a visionary work. It depicts an imaginary Babylon in over 100 poetic drawings that have been, screen-printed on backlit glass panels and backlit. According to the principle of ut pictura poesis, drawing is the equivalent of poetic verse; it pushes the boundaries of the graphic so as to inspire, to tell a story, to convey the experience of images. Libeskind’s work for the Venice Pavilion is «a meditation on the origins and destiny of form in architecture». As Libeskind himself wrote: «Drawing is a magical world. The source of all building and its immortal shadow. A world of imagination and fantasy, without a predetermined direction or any obvious starting point. A world without words, ideologies, nationalities or borders; connecting us through forms to the Invisible. The Sonnets in Babylon, 101 of my hand drawings, stand together in this exhibition as one canvas, without apparent order or hierarchy. They establish the keystones of 101 scenarios pointing to an unexpected future of Architecture». -
L' architettura della villa moderna. Vol. 1: anni della grande sperimentazione 1900-1940, Gli.
Preceduti da saggi introduttivi e contributi sulle singole opere, il primo dei volumi su L'architettura della villa moderna descrive gli anni della grande sperimentazione formale, tipologica e tecnica di questo tipo edilizio. Caratteristica essenziale dell'opera è il ri-disegno alla stessa scala di un gran numero di ville del periodo, permettendo al lettore la comparazione non solo compositiva, linguistica o tecnologica, ma anche dimensionale delle singole abitazioni, rendendo evidenti sia i congegni distributivi che le innovazioni concettuali. La casistica estremamente ampia di exempla permette non solo di seguire tutte le evoluzioni del tipo all'interno dell'architettura contemporanea, ma anche di avere una sorta di manuale di soluzioni a specifici problemi di progettazione elaborate dai grandi maestri dell'architettura. La raccolta di saggi inediti fornisce poi una serie di approfondimenti su alcune opere o determinati filoni, consentendo letture originali e trasversali che possono risultare di grande interesse per ogni generazione di studiosi. -
I bei giorni di Aranjuez
Dedicato a «S.», cioè a Sophie Semin, la moglie di Peter Handke, attrice teatrale, il testo è stato trasposto nel film omonimo dal regista Wim Wenders – che ha raccolto la sfida dell’irrappresentabilità – e interpretato dalla stessa Sophie nel ruolo della protagonista, in una realizzazione che lascia immaginare, da parte di un autore così sfuggente, mille coinvolgimenti personali.rnrnUn uomo e una donna siedono a un tavolo da giardino, all'aperto, in un bel giorno d'estate, e parlano dell'amore. Tra loro vi è intimità, confidenza, una franchezza spietata, una sincerità disarmata, e lealtà nel rispettare il gioco delle parti in uno scambio governato da regole precise. Ma la scena che stanno recitando non è quella di un corteggiamento. Nulla lascia intendere che siano, o siano stati, amanti. Nel ""dialogo estivo"""" che si svolge tra loro - né """"dramma"""" né """"tragedia"""", ma un genere del tutto singolare: divertimento serio, gioco estremo, rito solenne e pervaso di erotismo - si raccontano l'un l'altra le proprie esperienze amorose. """"La tua prima volta con un uomo, come è stato?"""", chiede lui. E lei, incalzata dalle sue domande, lascia affiorare i ricordi. Densa di allusioni, di evocazioni, sorretta da un sottotesto di segreti rimandi letterari, illuminata da sconcertanti rivelazioni, la conversazione tra i due - personaggi senza nome fino alle ultime battute, emblemi dei due sessi, archetipi dell'uomo e della donna - procede come una danza, scabrosa e pudica, enigmatica e sensualissima. Ambientato in un luogo fuori dallo spazio e dal tempo - del giardino in cui la scena si svolge gli alberi non si vedono nemmeno, si odono appena -, """"I bei giorni di Aranjuez"""" è una sfida a qualsiasi possibilità di rappresentazione: perfino la città nominata nel titolo compare come un ricordo nei racconti dell'uomo e come la citazione di un verso di Schiller."" -
Umorismo involontario
C'è umorismo involontario quando uno crede di fare una cosa seria e invece per ignoranza o per caso fa qualcosa di comico. E un umorismo che s'insinua ovunque, nei romanzi di certi scrittori, nelle poesie, nei film di serie B, nei pittori della domenica, nelle storpiature linguistiche dei bambini, in ogni forma di kitsch e di trash, nelle farneticazioni dei mattoidi, nelle papere televisive, negli errori di stampa, nei discorsi dei politici (dal presidente americano George W. Bush è nato il termine ""bushismo""""), negli strafalcioni detti in ambulatori, tribunali, scuole ecc.; persino nel modo di morire ci può essere senza volere umorismo: nel 2002 una donna della Virginia (USA) scelse una carota per fare autoerotismo e fu tanto il successo che morì per un embolo."" -
Il villaggio di Stepànčikovo e i suoi abitanti
Questo è uno dei romanzi meno conosciuti e più riusciti del grande scrittore russo. Dove l'orrendo e insopportabile protagonista, Fomà Fomìc, detta legge nella piccola corte famigliare della generalessa Krachòtkina nel paesino di Stepàncikovo, come un Rasputin di ultima categoria. È un romanzo abbondantemente comico, cosa rara in Dostoevskij. Fomà Fomìc chiacchiera, mena la lingua, fa l'intellettuale onnisciente, intontisce tutti a furia di istruzione, vuole insegnare il francese anche ai contadini; sembra un personaggio isterico e sbraitante della televisione d'oggi, un tuttologo spudorato, che a buttarlo in mezzo al letame continuerebbe a cianciare. Appartiene alla schiera dei rancorosi falliti; ce n'è uno in ogni romanzo di Dostoevskij, qui è eccezionalmente caricaturale e antipatico. Il libro è del 1859, anticipa le ""Memorie del sottosuolo"""" e i suoi grandi più noti romanzi."" -
Giù la piazza non c'e nessuno
«Un affresco di una densità eccezionale, un classico della letteratura italiana del dopoguerra, la grande opera di Dolores Prato, la sua Ricerca del tempo perduto».rn""Alla Ginzburg sono sempre stata, lo sono e continuerò ad esserlo, gratissima. [...] Lei ha sempre amato questo libro, con quelle manomissioni voleva renderlo più accessibile. Io salto i verbi come se qualcuno mi corresse dietro; i miei passaggi sono ponti levatoi mai abbassati; lei riduceva più intellegibile il mio modo di scrivere; ma io preferivo tenermi i miei difetti. Avevamo ragione tutte e due"""". Sono alcune righe scritte da Dolores Prato nel 1980 al direttore dell'""""Espresso"""", in risposta a un articolo in cui veniva definita """"rabbiosa"""" nei confronti di Natalia Ginzburg. Alle spalle di questa precisazione c'è una vicenda editoriale divenuta pubblica: le oltre millecinquecento cartelle di """"Giù la piazza non c'è nessuno"""" consegnate nel 1979, di fretta, dall'ottantenne Dolores Prato a Natalia Ginzburg, vennero ridotte, per esigenze editoriali, a sole trecento pagine, pubblicate da Einaudi nel giugno 1980. L'autrice, scontenta dell'edizione parziale, continuò a rivedere il testo e preparò un nuovo dattiloscritto, il quale venne pubblicato nel 1997 da Giorgio Zampa, nella versione integrale che qui riproduciamo. """"Giù la piazza non c'è nessuno"""" racconta di un'infanzia primonovecentesca trascorsa ai bordi d'Italia (tra case e volti di Treia, un borgo dell'entroterra marchigiano), insieme a una miriade di oggetti e parole disperse, a uno zio mezzo prete, mezzo pittore, mezzo alchimista e a una zia nubile dalle strane acconciature...""