Sfoglia il Catalogo feltrinelli027
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 7041-7060 di 10000 Articoli:
-
Poesie fiamminghe del Novecento. Ediz. italiana e olandese
Dopo l'apparizione di Guido Gezelle (1830-1899), che fu il massimo lirico neerlandese di tutti i tempi, le Fiandre diedero all'Europa un altro grande poeta, il simbolista Karel van de Woestijne (1878-1929), con il quale ha inizio questo succinto florilegio che presenta cinquanta testi poestici di diciotto autori fiamminghi del Novecento. Tra essi ha un risalto particolare anche il mitico poeta espressionista e dadaista Paul van Ostaijen (1896-1928). Il lirico con il quale si conclude la rassegna antologica è l'enfant terrible delle lettere neerlandesi Hugo Claus (1929-2008), bruggese come il vecchio Gezelle, ma per forma mentis e concezione poetica ai suoi antipodi. -
Cento uomini nell'alambicco
Storie raccontate, storie di uomini amati. Alcune possono apparire romanzi a cui è stato imposto un bavaglio affinché di un romanzo ne riducesse il peso, altre fin troppo raccontate perché a volte l'anonimato, imposto da chi racconta, non permette di meno. Sei storie, ricavate dalla distillazione con l'alambicco sentimentale, solo sei delle 'cento', quelle da cui affiora olio essenziale purissimo, prezioso e profumato, ricordi vividi, mai sbiaditi nonostante la distanza temporale. Storie vissute tra la Val di Susa e la campagna Novese, alcune estese a borghi toscani e Appennino bolognese, altre nella sempre amata Alta Val Borbera passando per Genova e Alessandria. Varietà di luoghi così come unicità di uomini e passioni che hanno animato ognuna delle sei storie. -
Scartafaccio. Scritti randagi
Lelio Scanavini è da sempre abituato a osservare la realtà da due punti apparentemente opposti: quello macroscopico della letteratura, che si fonde con le istanze delle discipline storiche, filosofiche, politiche, economiche, sociali - rivissute nella propria esperienza concreta e messe alla prova dei fatti - e quello microscopico dell'esperienza di insegnante elementare. Due prospettive che si potenziano e che, coesistendo, garantiscono una visione del mondo priva di inessenzialità, tesa a enunciare i problemi ma anche a cercare soluzioni in una chiave collettiva che neutralizza ogni solipsismo. Questo volume raccoglie una selezione di oltre sessant'anni di riflessioni sempre caratterizzate dall'istinto di andare dritti al punto e da quella snella essenzialità che chi ha seguito l'ormai storico lavoro della rivista «Il Segnale» da lui fondata conosce bene. In esse Scanavini ci ricorda che la poesia, da sola, non salva la vita: ""tout se tient"""" ed esiste una possibilità di crescita solo nell'agire collettivo, limpido, coraggioso; e ci consegna parte della mappa del reale che negli anni ha disegnato calcandone di persona i territori, invitandoci a non smettere mai di esplorare."" -
1951-1955 La Croce Rossa in Corea. La prima missione militare di pace della Repubblica Italiana
Nel 1951 l'Italia uscita sconfitta dalla Seconda guerra mondiale non faceva ancora parte delle Nazioni Unite: fu tuttavia chiamata a far parte del contingente ONU che si schierò in Corea. Non potendo impiegare un reparto in armi, la giovane Repubblica Italiana partecipò con l'invio di un ospedale da campo della Croce Rossa, denominato Ospedale n. 68. Questo volume ricostruisce i preamboli politici, le decisioni operative, le difficoltà ambientali e il lavoro quotidiano del personale militare della CRI, presentando un'ampia documentazione finora mai pubblicata. È un omaggio a quegli uomini e donne che operarono in modo così efficace che ancora oggi in alcune città della Corea del Sud il ricordo di quella missione è sempre vivo e apprezzato. -
I miei labirinti felici
Ecco la nuova tessera del compatto mosaico aforistico di Alberto Casiraghy, variamente disseminato secondo le regole non scritte dell'affinità, del caso e del capriccio. Ma questo libro è anche una proposta di lettura antologica e trasversale: ripesca infatti aforismi da alcuni dei volumi pubblicati in questi ultimi trent'anni e ospita molti quadri, disegni, incisioni. Fra la dolcezza di una fragola e il baratro di una minima apocalisse diversi stili, diversi amori convivono nello sguardo meravigliato quanto attento di Casiraghy, e nella sua voce affidata, come una musica, a un vento che conosce verità per noi ancora misteriose. -
Un sogno (quasi) reale
Simone Ceccarelli ci conduce all'osservazione critica dell'esistenza attraverso un evento surreale, com'è nel suo stile: questa volta si tratta di un sogno complicato nel quale compaiono personaggi dalla forte connotazione autobiografica che interagiscono con il lettore interpellandone la coscienza e mettendo a nudo le comuni apprensioni, ma anche le fobie e gli istinti in una continua ricerca di senso. Non sfugge all'indagine dell'autore il rapporto con le cronache della complicata realtà dei nostri tempi, dove trova spazio anche la pandemia, esito ultimo di un progresso insensato e volgare, privo di cultura e volto solo al consumismo e all'acquisizione di potere, peraltro effimero. L'occasione di una nuova vita che si affaccia sul mondo spinge tuttavia Simone Ceccarelli a intravedere nella crisi l'opportunità e i segni di un possibile recupero dei valori che con acume definisce ""restaurazione psichica"""", una rinascita interiore che viene incoraggiata dalla soave musica che accompagna il risveglio."" -
Lirici catalani. Ediz. italiana e catalana
La letteratura catalana fu una delle più importanti d'Europa nei secoli XIII-XV, ma andò poi incontro a una lunga eclissi, dalla quale riemerse nell'Ottocento per merito di Jacint Verdaguer, poeta epico e lirico, seguìto da un altro genio della poesia, Joan Maragall. Gli altri poeti catalani qui presentati e tradotti sono l'originalissimo Guerau de Liost, l'aristocratico Josep Carner, il desolato Salvador Espriu e il vulcanico valenzano Vicent Andrés Estellés. -
Ponente
Sono occhi di un cieco, queste poesie, roteano dentro le distanze impossibili dell'amore, intorno alla vista che manca: un girare a vuoto se non fosse incrinato da una eco, il fuoco sonoro che fa da cuore alle immagini e le trascina oltre se stesse, nell'unico buio che con il suo ritmo rende possibile il vedere. -
La libertà è solo una gabbia più grande
Il ceco Jan Sobotka si inscrive a pieno titolo nella nutrita, entusiasmante e a un tempo terribile famiglia di aforisti dell'Europa centro-orientale che stiamo imparando a conoscere: vivi, feriti eppure ancora capaci di credere in principi fondamentali, disposti a confrontarsi con un oggi immerso nella storia, decisi a concepire una letteratura che rimane arte pur esplorando le paludi e le secche del vivere quotidiano. Capaci di sintetizzare in un aforisma lieve una vita di soprusi («È vero? Non lo so, non abbiamo ancora votato»), ci getta in faccia una realtà universale e ci fa comprendere come siamo noi ad accettare di chiamare ""libertà"""" quella che è solo una gabbia più grande, e """"società ordinata"""" quella in cui le leggi vengono «violate come previsto»."" -
Acerbe
Leggere è sempre un viaggio, e ogni viaggio comporta la domanda sul proprio e altrui porsi in essere nella scrittura, sulle ragioni del trarre parole e immagini dal magma incorporeo dell'ineffabile. ""Acerbe"""", in questo senso, offre accesso a un taccuino d'esploratore, pervaso da un interrogativo remoto e dalla corrispondente risposta da oracolo. """"Perché la poesia?"""" """"Per tutto, per niente"""". Le pagine non propongono soluzioni, ma suggeriscono la necessità del cammino. Alla precisione calligrafica di un suono si alterna la purezza confusa del primo sguardo su un mondo che lascia cadere i suoi veli, se chiamato a palesarsi nel nome della poesia, secondo il suggerimento vergiliano e immortale del richiamo per un sentire definitivo. In chiave del tutto antiretorica, ogni possibile epifania, però, si richiude su se stessa. E il mistero più grande potrebbe celarsi nel sasso senza dolcezza o nel vuoto d'istanti che non si descrive."" -
Un capitano di ventura tra storia e memoria. Anichino di Bongardo nel Trecento piemontese
L'autrice scopre casualmente che il capitano di ventura Hanneken von Baumgarten, in Italia Anichino di Bongardo, che nel 1375 aveva venduto ai Fieschi di Genova il piccolo borgo tortonese di Garbagna, era quello stesso condottiero che, qualche anno prima, aveva messo a ferro e fuoco tanti paesi del marchesato di Saluzzo e la vicina città di Savigliano. Colpita dalla coincidenza che legava la sua terra natale, il saluzzese, alla sua terra di adozione, il tortonese, decide di indagare. Per quali circostanze e motivi un condottiero tedesco, famoso in tutta Italia, aveva usurpato al Vescovo di Tortona un borgo allora così isolato e sconosciuto? L'autrice intraprende quindi un viaggio nella storia del Trecento, secolo tormentato da fame, guerre ed epidemie ma anticipatorio del nostro grande Rinascimento, e nello stesso tempo un viaggio nella memoria personale tra saluzzese e tortonese, che suscita ricordi dimenticati ed emozioni scaturite dalla ricerca. Testimone per le sue terre del cuore, la montagna per eccellenza, il Monviso. -
Poesie ludike impudike. Pensierini acidi. Filastrocche farlocche
La cifra stilistica e artistica di questa autrice (e personaggia) è basata sull'ironia, l'auto ironia, lo sberleffo, il sarcasmo, con un tocco di candore noir. Accattivante, ma non incattivita, Luisa Sax sarà una sorpresa. Non adatta ai palati troppo fini: un po' trucida, un po' lucida, un po' acida, ma pure ludica e impudica... insomma, vi divertirete ridendo sotto i baffi (per chi non se li depila). Ghigni e sogghigni LGBT+ friendly. -
Vercelli 1553. Il buio sui Savoia
Il 18 novembre 1553 è una data che ha segnato la storia di Vercelli: i francesi entrano in città alle prime luci dell'alba e ne prendono il controllo per soli due giorni. Perché sono stati costretti a ritirarsi salvando così i Savoia? Che cosa è accaduto veramente? Chi erano i protagonisti di queste vicende degne dei migliori racconti di cappa e spada? Le storie di questo romanzo, nato dopo un lungo lavoro di ricerca, s'intrecciano fino a formare un racconto vivido e particolareggiato che trascina il lettore in quel preciso momento storico e permette di osservarlo attraverso gli occhi di chi ne ha preso parte. I fatti riportati sono veri, tratti da documenti storici e da lettere private dell'epoca, e i personaggi sono realmente esistiti. -
Poesie olandesi del Novecento. Ediz. italiana e olandese
Non così nota come la sua pittura e la sua architettura, la poesia novecentesca della Neerlandia (Paesi Bassi) costituisce nondimeno un rilevante episodio culturale della nostra Europa. Sulle orme dell'impareggiabile rassegna ""Poesia olandese contemporanea"""" di Gerda van Woudenberg e Francesco Nicosia (Milano, 1959), il presente volume antologizza venti poeti nord-neerlandesi (""""olandesi"""") compresi nell'arco di tempo che va da Jacobus C. Bloem (1887-1966) a Hans Andreus (1926-1977). Inizia pertanto con alcune significative voci poetiche del primo dopoguerra e si conclude con la scuola dei cosiddetti """"sperimentali"""" o Vijftigers (Cinquantisti). Questo volume è una specie di pendant del florilegio sud-neerlandese """"Poesie fiamminghe del Novecento"""", curato dallo stesso antologista e apparso nel 2020 per le Edizioni Joker."" -
Trenodie senza coro. Ediz. italiana e lituana
Il rapporto dei vivi coi defunti, il dialogo, diretto o indiretto, o il semplice richiamo o menzione dei propri defunti oppure il pensiero dei morti in generale, si manifesta come ""topos"""" frequente nella poesia di Sigitas Parulskis, come egli stesso riconosce. Parulskis scrive trenodie senza coro e senza piagnistei di prefiche, trenodie in 'a solo' da dove si ode intorno ancora e sempre la musica di un """"aulòs"""" che sa abbracciare con amore la visione. Riporta così alla ribalta l'importanza della """"raudà"""", il lamento funebre dell'antica poesia orale lituana e, come possibile suggestione ulteriore, aderisce - consapevole o meno - a un punto di vista vicino a quello dell''etica cosmica' come rappresentata dalle teorie antroposofiche. La sua poesia si è guadagnata anche la definizione di 'ispazintin?', cioè 'di confessione'. Vi si trova un certo paralellismo con poeti di altre ex democrazie popolari in cui si confrontano sentimenti confusi, da una parte rispetto a un ordine sociale poco amato, ma che dava sicurezza, e dall'altra rispetto a un nuovo ordine in via di formazione, eppure diretto verso esiti imprevedibili e incerti."" -
Albero vento mare stelle e altri. Quattrocentoquarantaquattroquartine. Ediz. italiana e persiana
L'haiku è diventato fenomeno di moda, anche in Iran, ma secondo Morteza Latifi Nezami è da considerare poesia solo per le popolazioni dei paesi dove è nato, perché esprime nella sua apparente semplicità l'essenza dell'anima poetica giapponese, mentre in altri territori la poesia ha avuto significati e ruoli diversi nella società nel suo complesso oltre che negli ambienti letterari. L'autore non si è sottratto al fascino degli haiku, componendone più di sessanta pur senza seguire la regola di tre versi formati rispettivamente da cinque, sette e cinque ""more"""", componendo quindi, come molti altri, degli haiku """"moderni"""". Meditando sulla poesia persiana però è giunto a una conclusione interessante, individuando nella sua tradizione culturale e poetica un tipo di poesia simile, esistente da secoli: le quartine. Secondo Latifi Nezami lo haiku è espressione di un bellissimo sentimento poetico ma non è una poesia, perché descrive un contenuto poetico senza concluderlo, mentre la quartina lo porta a conclusione. Così ha mutato i suoi haiku in quartine, naturalmente libere, ritrovando le radici della poesia persiana."" -
A pòrla a túre. Poesie in dialetto novese e italiano
Questo ennesimo atto d'amore dell'autrice per la sua città e la sua parlata cerca di rivitalizzare l'uso del dialetto facendo rivivere nell'attuale era tecnologica e mediatica il sapore gustoso e spesso colorito del linguaggio un tempo quotidiano e quasi esclusivo della gente. È la torre in prima persona a raccontare, lanciando dall'alto della collina il suo sguardo che abbraccia la città, raccontandone gli angoli più vivi e più cari ai suoi abitanti. Scorci, strade, abitudini e persone che fanno parte ormai più della memoria che del presente, come a voler mettere nero su bianco qualcosa che rischia di sfumare lentamente nell'oblio. Eppure qualcosa si può, si deve fare, per mantenere inalterati i ricordi e i segreti del tempo passato, affinché l'anima stessa della città non si perda in un magma indistinto. Sarà per questo che la torre, testimone sempiterna della vita della città, racchiude essa stessa delle storie che sono patrimonio indissolubile delle vicende umane che sotto i suoi occhi si sono svolte. -
I salici, i campi, l'acqua
Nutrita da suoi viaggi e dalla letteratura scandinava, Augusta Peaux (1859-1944) sviluppa una forte attrazione per il paesaggio sconfinato e poco popolato dei Paesi nordici, in particolare per quello islandese, attrazione che si riscontra in molti dei suoi componimenti. Giunta a quarant'anni non condivide più la fede protestante dei suoi genitori e dei suoi avi, nei suoi versi c'è posto solo per le divinità precristiane e gli elementi naturali. Nelle sue liriche successive le persone si perdono nella natura, i cui luoghi sono tanto più belli quanto più desolati, e la guerra, nello specifico la prima guerra mondiale, deruba l'essere umano del suo paesaggio. -
Intersezioni baltistiche
Contributi di Filologia e linguistica: Jolanta Gelumbeckait?, Ilja Lemeskin, Inesa Seskauskien?, J?rat? Lubien?, Dalia Pakalniskien?, Adriano Cerri, Gina Kavali?nait?, Diego Ardoino, Andrea Nuti, Julija Sabasevici?t?, Pietro Dini. Contributi di Storia e storia della lingua: Chiara O. Tommasi, Marianne Hepp, Marina Foschi Albert, Piero Bugiani, Michelangelo Zaccarello. -
Nuovo bestiario
Giochi molto catturanti e pieni di verve freschissima e refrigerante sono sia nella prima, sia in questa seconda raccolta di apparizioni veloci e fortemente icastiche esposte da Sangiuliano. Come su un'affollata passerella, c'è tutto un drammatico scorrere di figure e di gesti di esistenze svariate e tutte germinanti di inserimenti e di comparse, che si affacciano nella quotidianità, meravigliandosi di sé e del tutto, accettando a volo l'occasione di esserci e di avere un ruolo nel dramma affastellato, contraddittorio e sostanzialmente buffo della quotidianità. Si tratta del lombrico sotto la pioggia, del camaleonte smanioso di ruoli politici e oggettivamente eccentrici, di iguana in panni non suoi, ma che sono nettamente suoi se riesce a ornarsene, di colibrì impegnati a detessere con estrema abilità e tanta pazienza tessuti nella siepe per ottenere disegni graziosi e iridescenti, di pinguini che avanzano con improbabili mosse e composizioni di eleganza, di sogliole destinate, lo vogliano o no, a soffrire in costanza una condizione di stiratura del corpo imposta dal Signore, della capra impegnatissima a cercarsi diabolicamente invasata vie di selvaggia evasione.