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Carmi. Museo Carrara e Michelangelo. Ediz. italiana e inglese
Glorificato ancora in vita dai suoi contemporanei, Michelangelo rappresenta una vera e propria icona dell'arte del Rinascimento e, più in generale, un riferimento imprescindibile per qualsiasi riflessione sul percorso della cultura figurativa e architettonica nel contesto europeo degli ultimi cinque secoli. Il dialettico coesistere di elementi simbolici e di indagini sul reale, di visionarie prefigurazioni e piena padronanza della tecnica è alla base dell'operosità di una personalità caleidoscopica, caratterizzata da molteplici valenze che emergono con vivida chiarezza a seconda del taglio critico, di volta in volta, privilegiato. Nella vasta attività di Michelangelo - pittore, scultore, architetto e poeta - possono essere infatti selezionati alcuni elementi rispetto ad altri, che in ogni caso convergono a definire un profilo compiuto che si presenta in forme assolutamente atemporali, riferibile a una peculiare capacità di lettura e restituzione di temi complessi - come la condizione umana, la religione, la guerra - mai semplicistica e sempre capace di dar corpo a opere dal valore universale. L'esposizione permanente del Carmi comunica una selezione di tali tematiche e suggestioni, creando un itinerario fisico e concettuale originale e chiarificando alcuni aspetti dell'intensa e multiforme attività del Buonarroti: il binario principale è rappresentato dal profondo rapporto con la materia, litica in primis, che passa attraverso capolavori architettonici o scultorei come il Davide che proprio a Carrara trova la sua più autentica concretizzazione. E Carrara, che ieri come oggi, accoglie artisti da ogni parte del mondo, non poteva non volgere il proprio sguardo anche agli intrecci fra Michelangelo e la Contemporaneità, cercando di illuminare e annodare fili sottili, e talvolta trascurati, fra il portato dell'eredità del maestro e i molteplici esiti dell'arte del XX secolo. Un progetto museologico che abbia al centro Michelangelo è un'operazione molto complessa in assoluto, ma ancora di più quando debba assolvere alla funzione di selezionare aspetti che illustrino il legame fra l'operosità artistica e il territorio, in orizzonte cronologico ampio, tenendo al contempo ben presente il ruolo assolto dal curatore, ovvero quello di cerniera fra ricerca scientifica e divulgazione. Quando si persegue come obiettivo l'ampliamento dell'accesso alla conoscenza di temi così articolati e stratificati è fondamentale definire un asse principale sui cui strutturare l'itinerario. La definizione di focus mirati su argomenti specifici, che possano trasversalmente evidenziare peculiarità, caratteri denotativi o permanenze e innovazioni, materializza l'approccio curatoriale dell'esposizione permanente del CARMI, che vorrebbe in primis indurre il pubblico alla riflessione. L'opera michelangiolesca viene infatti decostruita in singole aree tematiche, per consentire esperienze soggettive differenti elaborate individualmente dal visitatore, che si confronta con fotografie, video, ologrammi, fac-simili dei disegni del Buonarroti e di altri artisti, ricostruzioni tridimensionali e opere originali. La ricomposizione, nel procedere della narrazione espositiva, dei molteplici tasselli che compongono l'arte di Michelangelo è essa stessa un'operazione di conoscenza, che il visitatore è inviato ad esperire per forgiare una personale e specifica chiave d'accesso allo straordinario universo michelangiolesco. -
Ambientazione e «gusto modernissimo». Musei a Torino tra le due guerre
Negli anni tra le due guerre lo scenario artistico e culturale di Torino è un vivace laboratorio per la produzione figurativa e per il dibattito critico, dove si avvicendano le figure di Lionello Venturi, Riccardo Gualino, committente e mecenate di Felice Casorati e del gruppo dei Sei e Guglielmo Pacchioni, direttore della Galleria Sabauda al centro del dibattito internazionale avviato dalla Conferenza di Madrid del 1934. Il volume ripercorre le vicende dei musei torinesi dall'immediato dopoguerra alla fine degli anni Trenta, fino alle imponenti esperienze museografiche di Vittorio Viale. indagandone le tangenze con i percorsi della storiografia artistica. -
Vasimania. Dalle «explicationes» di Filippo Buonarroti al vaso Medici. catalogo della mosta (Firenze, 12 dicembre 2018-28 febbraio 2019). Ediz. illustrata
L'esposizione, divisa in tre sezioni, ripercorre e analizza il nuovo e crescente - a partire dal Settecento - interesse antiquario e collezionistico per la ceramica. La mostra ha tra gli obiettivi migliorare inoltre la conoscenza della famiglia Buonarroti che nei secoli annovera personaggi di alto livello come Filippo Buonarroti. -
Conservazione e restauro della carta
Il presente volume pubblica gli atti di una giornata di studio tenutasi al Salone del Restauro di Ferrara nella primavera 2017. I saggi si concentrano sui problemi di conservazione e restauro dei manufatti su carta antichi e moderni ponendo il focus su innovative tecniche d'intervento sviluppate in laboratori scientifici e tramite l'esperienza dei tecnici restauratori i quali devono essere sempre più aggiornati e qualificati in un settore difficile come quello cartaceo. Gli scritti sono preceduti da un'intervista rilasciata pochi mesi prima della giornata di studi da uno degli studiosi italiani tra i più conosciuti e qualificati nel campo della grafica d'arte: Gianni Carlo Sciolla. -
Le temps des musées
Il volume è la traduzione italiana del celebre libro di Germain Bazin ""Les temps des musées""""considerato ancora oggi un caposaldo della letteratura museologica a livello internazionale. Il volume, «première étude approfondie du sujet» , appare in un momento particolarmente interessante per l’evoluzione della nozione di museo, alla vigilia di una svolta che segnerà una nuova fase per lo sviluppo della disciplina. """"Le temps des musées"""" è dunque in qualche modo lo specchio di questo particolare momento, giacché espone l’opinione di uno dei più importanti professionisti museali del tempo, le motivazioni che lo animano e le profonde differenze con i protagonisti dell’allora emergente nuova concezione della disciplina, primo fra tutti George Henri Rivière, all'epoca suo collaboratore per il corso di museologia pratica."" -
Sunay Akin. Dialogo con un poeta e museologo turco
Sunay Akin è un poeta e collezionista turco, popolare per le sue doti di narratore, conosciutissimo in Turchia per il suo impegno sociale e civile a favore della valorizzazione del patrimonio culturale e dell'edificazione di una società consapevole istruita secondo i dettami della democrazia. La sua autorevole voce si intreccia a quella dell'autrice, ed insieme ripercorrono le loro vicende umane di studiosi e museologi ancorandosi ai tesori e alle memorie dei musei e delle genti ripercorrendo quasi un secolo di storia contemporanea turca. -
Restauro in accademia. Vol. 3
L'Accademia di Belle Arti di Bologna prosegue la pubblicazione dei quaderni ""Restauro in Accademia"""" dedicati alle migliori tesi di laurea, facendosi così interprete capofila delle frequenti sollecitazioni riguardanti la necessità di rendere pubblici i risultati della didattica, emersi più volte nelle periodiche riunioni del Tavolo Tecnico sul Restauro presso il MIUR."" -
Architettura & industria
Nella letteratura architettonica italiana non sono numerosi gli studi sugli esordi dell'industria edilizia e sulla prefabbricazione. Ancora meno quelli che analizzano le ricadute di tali fenomeni nella penisola nel corso del XIX e dell'inizio del XX secolo. A cominciare dai materiali e dalle industrie tipiche della rivoluzione industriale, dal ferro e dal vetro ma anche dalle strutture lignee delle ""portable houses"""" che l'Inghilterra esporta in tutto il mondo, e proseguendo con le strutture avanzate e talvolta grandiose inglesi, francesi e americane, il libro si spinge a considerare i brevetti e le produzioni architettoniche civili e industriali realizzate col conglomerato cementizio armato, nonché le industrie di varia natura che da questo scaturiscono all'inizio del Novecento."" -
Pietro Giacomo Palmieri. Ediz. illustrata
«Artista bolognese virtuoso e intellettuale in contatto con ambienti sofisticati su scala europea, Pietro Giacomo Palmieri (Bologna 1737-Torino 1804) fu tra i primi a realizzare disegni finiti, indipendenti, non destinati alla riproduzione incisa né funzionali alla preparazione di opere di altro genere. Raggiunse una raffinata sintesi tra imitatio e inventio che, intrecciando suggestioni e modelli iconografici desunti da epoche e scuole differenti, ammiccava ai gusti dei collezionisti, creando tuttavia un’opera originale, dallo stile riconoscibile e di sapore internazionale, il cui appeal fu tanto più avvertito dai contemporanei grazie a un modo di condurre la penna, che pare volto, anche attraverso il gioco straniante di scambio tra le tecniche, ad affermare il ruolo del disegno quale genere artistico autonomo» (dalla Premessa di Chiara Travisonni). «La monografia di Chiara Travisonni, oltre essere un contributo critico dedicato a un artista poco noto al grande pubblico (sebbene assai conosciuto tra gli specialisti), rappresenta bensì un vero e proprio risarcimento nei confronti di Pietro Giacomo Palmieri: essa è infatti la prima monografia critica e al tempo stesso catalogo completo di tutta la sua produzione fino a oggi conosciuta (disegni, stampe e dipinti) mediante l’ausilio e lo studio dei documenti, delle fonti, dell’analisi della critica moderna e delle aste antiche e moderne (per scelta menzionate sino al 1990 circa poiché successivamente i motori di ricerca online coprono piuttosto bene i record)» (dalla Prefazione di Luca Fiorentino) -
L' arte dell'eternità. Iconografia, storia e tradizione nei cimiteri ebraici dell'Emancipazione
"Già con la prima emancipazione portata dagli ideali napoleonici gli ebrei si rivolsero, al pari dei loro concittadini, ad architetti e artisti noti per l'esecuzione di tombe e cappelle funerarie, con il desiderio di dare vita a monumenti assai appariscenti. La possibilità di esprimersi in professioni che non erano quelle tradizionalmente esercitate, li portò a palesare orgogliosamente il nuovo ruolo ricoperto nella società anche attraverso opere che, da un lato, celebravano le proprie qualità imprenditoriali e artistiche, dall'altro, citavano edifici significativi del luogo in cui risiedevano. I risultati furono in molti casi straordinari e comunque rivelatori di una adesione culturale profonda all'ambiente artistico in cui, nonostante tutti i limiti, le comunità ebraiche erano immerse. La necessità di preservare queste testimonianze sia con interventi di restauro sia con la valorizzazione offerta dalla ricerca scientifica ci è sembrata fondamentale per perpetrare il ricordo non solo delle famiglie che le vollero, ma anche dei tempi in cui furono create. Questo per spiegare il perché dell'ultimo volume dei 'Quaderni della Fondazione Ambron e Castiglioni' dedicato all'arte funeraria, in particolar modo fiorentina, ma con sguardi ad alcune altre città che, come la nostra, possono vantare suggestivi luoghi di sepoltura, in alcuni casi molto famosi, come quello di Ferrara, divenuto celebre sia per la suggestione del luogo, sia come uno dei 'luoghi del silenzio' magistralmente narrati da Giorgio Bassani, tra i maggiori scrittori del Novecento italiano. Giunti al quarto numero dei volumi proposti periodicamente dalla Fondazione Ambron e Castiglioni, possiamo con orgoglio affermare che grazie agli sforzi del Comitato scientifico la Fondazione è stata capace di sostenere la sfida di dare vita a una collana editoriale con cadenza annuale, così come si era proposta ormai quattro anni fa, intervallando con una serie di studi di segno differente le uscite dei volumi sulla Collezione Ambron di cui la Fondazione per statuto promuove la conoscenza. I temi sono stati vari, ma tutti hanno affrontato argomenti relativi all'arte, alla storia e alla cultura ebraica senza limiti cronologici e tematici. In particolare sono stati affrontati fenomeni meno frequentemente toccati dalla critica d'arte in una visione che non li relega al mondo ebraico ma che li colloca, in un continuo dialogo, entro un contesto più ampio e articolato."""" (dalla prefazione)" -
Oltre il mare. Ceriale: un territorio da scoprire, un paesaggio da tutelare, un patrimonio da valorizzare
Il volume nasce in seguito al work-shop di Progettazione del Paesaggio, del corso di Laurea magistrale in Progettazione delle Aree Verdi e del Paesaggio che coinvolge l'Università di Genova, di Torino e di Milano. Ha come obiettivo quello di divulgare e far conoscere al pubblico la ricchezza botanica, faunistica e geomorfologico del territorio di Ceriale. Gli interventi mettono in luce alcune delle principali specificità del territorio e suggeriscono delle possibili linee strategiche. -
Una casa, il mondo. Cronache di famiglia e di «Cercina»
I ""ragazzi"""" di Cercina, persone particolari e fragili, entrando nella vita di Andrea e Vanna, hanno permeato la storia dell'intera loro famiglia, di un particolare """"profumo"""". Proprio come la Viola al Polo Nord di Gianni Rodari, che pure essendo un """"piccolo strano essere con una zampa sola"""" con il suo intenso profumo ha trasformato un deserto ghiacciato in un """"prato di velluto verde"""". Così, """"i ragazzi di Cercina"""", con le loro imperfezioni e debolezze sono le solide fondamenta da cui la storia di Cercina, narrata in questo libro, ha preso forma e forza. Cercina, con loro, è divenuta luogo d'incontro e lavoro di una strana famiglia il cui vincolo non è dato dal sangue, ma dal forte affetto e dalla calda amicizia che hanno permesso la quotidiana condivisione delle gioie e dei dolori."" -
Giovanni Raspini. Nautilus. Gioielli dal sottomarino del capitano Nemo. Ediz. illustrata
"Noi costruiamo gioielli. Siamo i paladini dell'inutile, del frivolo, e dunque prezioso. Abbiamo bisogno di un'ispirazione, di una guida, di un tema. Jules Verne è uno che all'età di undici anni fuggì di casa e si imbarcò perché voleva regalare una collana di corallo alla cugina di cui era follemente innamorato. Ci basta e ci avanza. È il nsotro eroe, la nostra fabbrica dei sogni."""" (Giovanni Raspini)" -
Company lands. La cultura industriale come valore per il territorio
Cultura industriale e identità territoriale sono indissolubilmente legate in una relazione di reciproco valore. Quale tipo di rapporto le lega così strettamente? Attraverso una panoramica di casi esemplari e di testimonianze di autorevoli esponenti del mondo della cultura e dell'impresa, l'autore Marco Montemaggi in questo libro vuole illustrare la natura peculire di tale dialogo e come esso rappresenti una risorsa per il nostro Paese. Nuovi termini come Brandscape sono ormai divenuti ricorrenti per riferirsi a questo affascinante fenomeno all'interno del quale è mutata anche la percezione dei cosiddetti ""luoghi"""" della cultura industriale. Il ruolo dei musei e degli archivi d'impresa, dei siti di archeologia industriale e, in generale, di tutte le realtà legate alla valorizzazione del patrimonio storico aziendale, non è quasi mai riconducibile esclusivamente al valore di un singolo brand, ma a una cultura territoriale condivisa. Questi spazi divengono così custodi di un'identità sociale, cuore di progetti di turismo industriale, di rivalutazione architettonica e di tante altre iniziative, il cui portato è sempre più evidente: l'Italia mostrata attraverso la lente affascinante delle sue Company lands."" -
Un gioiello di museo. Orafi di Arezzo per i Musei vaticani. Ediz. italiana e inglese
Il volume presenta la collezione di gioielli, ispirata ai Musei Vaticani, creata dalla collaborazione tra il Distretto Orafo Aretino e il Laboratorio di Storia e Tecnica dell'Oreficeria - Master in Storia e Design del Gioiello dell'Università di Siena. -
Window on the world. The international market for prints in eighteenth-century Livorno. Ediz. illustrata
Nel corso del '700 Livorno fu un importante nodo nel mercato dell'arte, sebbene con una fisionomia assai diversa dai principali centri italiani come Roma, Firenze o Venezia, sedi di importanti scuole e accademie. Nonostante la presenza di alcuni studi di artisti (in particolare di ritrattisti), la città - cosmopolita crocevia di mode e gusti per mercanti e acquirenti - fu soprattutto luogo di commercio e distribuzione di opere d'arte. Il libro ricostruisce in particolare l'attività dei referenti livornesi - editori, mercanti, collezionisti - nel commercio nazionale e internazionale delle stampe. I cataloghi a stampa del 1789 e 1793 di uno dei principali magazzini livornesi, il magazzino di Giacinto Micali e Figlio, ricchi di stampe inglesi a maniera nera prodotte a Londra da John Boydell, gettano una prima luce sul vivace e aperto mercato della città labronica, una vera finestra sul mondo che ha contribuito alla diffusione e affermazione dell'elemento visivo nella società e nella cultura del XVIII secolo. -
Il restauro del crocifisso ligneo di Antonio da Sangallo il Vecchio. Ediz. illustrata
Il volume 'racconta' ""il progetto, messo a punto da Giorgio Bonsanti, di sottoporre a un consolidamento e a un restauro completo il Crocifisso ligneo policromo di mano di un Sangallo, si crede Antonio, approdato nel tempo all'atrio della cappella di San Luca nella Santissima Annunziata, caposaldo religioso dell'Accademia delle Arti del Disegno. Francesca Spagnoli, con l'Opificio delle Pietre Dure ed altri esperti scientifici per la diagnostica, nonché la Soprintendenza nell'azione di tutela, ha così potuto compiere un magistrale intervento che ha del prodigioso nel recuperare la scultura rinascimentale. Il racconto a più voci del restauro, in questo volume, rivela in tutta la sua complessità il percorso compiuto, che ha portato al nuovo e pieno apprezzamento del Crocifisso, nella fermezza dei suoi volumi e nel naturalismo della sua policromia. Il corpo sofferente e glorioso del Figlio dell'Uomo, che gli artisti fiorentini del Quattro-Cinquecento celebrarono in innumerevoli versioni, si presenta qui nella sua proporzionalità armoniosa e nella sua avvenenza patetica, con quella carnale evidenza che solo la scultura lignea policroma sa conferire alle immagini. [...]"""" (Cristina Acidini)"" -
Pietro Annigoni incontra Bernard Berenson
Il testo pone l'accento sull'atteggiamento disincantato e acutamente critico che Annigoni e Berenson manifestavano nei confronti dell'arte e del loro tempo e la comune preoccupazione sullo stato di decadenza politica, culturale e, in fin dei conti, morale della società e dell'uomo contemporaneo. -
Soffici e Carena. Etica e natura. Catalogo della mostra (Poggio a Caiano, 26 ottobre 2019-11 gennaio 2020). Ediz. illustrata
Il Museo Soffici e del '900 italiano a dieci anni dalla fondazione, sulla linea di precedenti mostre che hanno approfondito i rapporti di Ardengo Soffici (Rignano sull'Arno 1879 - Vittoria Apuana 1964) con colleghi illustri come Mario Sironi (2015) e Ottone Rosai (2017), si occupa delle vicende storico-artistiche che legavano il nostro autore con un altro protagonista della pittura, suo coetaneo, che ebbe fama internazionale, Felice Carena (Cumiana 1879 - Venezia 1966). Questi resse per vent'anni, 1924-1944, la Cattedra di Pittura dell'Accademia di Belle Arti di Firenze e ne divenne anche Presidente, facendo raggiungere a quella istituzione i vertici del successo. Il parallelo Soffici/Carena, mai tentato prima con completezza - e qui sono esposte trentasei opere ciascuno, con diversi inediti - riguarda le profonde sintonie di vedute sul piano etico, professionale, morale e ideale. Ciascuno con le proprie convinzioni e adesioni per quanto concerneva l'estetica, ma con riferimenti sui quali convergeva la loro stima: Cézanne, Spadini, Medardo Rosso, e le amicizie comuni, fra queste Carlo Carrà, Filippo de Pisis, gli scultori Romano Romanelli e Giuseppe Graziosi. Il percorso di vita pubblica li vide presenti in significative occasioni espositive: alla Biennale di Venezia del 1926, alla Quadriennale di Roma del 1931, con sale personali che permisero riscontri ravvicinati a critici di primo piano quali Lionello Venturi, Emilio Cecchi, Cipriano Efisio Oppo, Corrado Pavolini, Aniceto Del Massa. Altre tappe significative sono riguardate in modo analitico, le mostre in Francia e negli Stati Uniti che dettero aperture sovranazionali ai due pittori. La loro presenza culturale nel nostro Paese si affermò ulteriormente con l'elezione all'Accademia d'Italia (Carena nel 1933, Soffici nel 1939), il massimo riconoscimento che poteva essere conferito in quel tempo. Tali circostanze vengono messe a fuoco sulle pubblicazioni dell'epoca, con criteri oggettivi, in modo che i documenti più che i commenti possano ricostruire fatti per più versi poco noti. Soffici non modificò certo la propria vita per la prestigiosa carica: proseguì come sempre a dipingere e a scrivere secondo i suoi ritmi e il suo costume appartato nella casa di Poggio a Caiano. Carena manteneva comunque il maggior impegno nel mestiere che amava, la pittura, spesso insofferente degli adempimenti che i suoi onerosi incarichi gli imponevano. Il secondo conflitto venne a demolire molte certezze comuni; il sovvertimento così repentino del pensiero, della politica e dei valori sociali li trovò impreparati, prima ancora che esposti a gravi conseguenze personali. Soffici portato in campo di concentramento, 1944-1945; Carena riparato a Venezia. Nonostante le avversità e la distanza non si incrinò mai la loro amicizia e la stima. Anzi l'intesa umana divenne ancor più salda, gli scambi improntati a solidarietà e a calore fraterno. Nel lungo dopoguerra mantennero una esemplare coerenza di scelte: Carena portando avanti le sue ricerche sulla materia e sulla luce orientate a sostanziale unità tra forma e spiritualità cristiana. Soffici aprendosi sempre più alle semplici meraviglie della natura, all'identificazione del paesaggio con il proprio intimo lirico. Da questo impasto traeva originali trasparenze: il campo visivo, gli scorci scelti - Poggio a... -
Quadrerie e committenza nobiliare a Firenze nel Seicento e nel Settecento
Il volume contiene saggi che illustrano, attraverso il ricorso a documentazione archivistica inedita. la nascita, lo sviluppo e le principali caratteristiche di alcune importanti collezioni fiorentine dal Seicento al Settecento: Guicciardini, Strozzi, Giraldi, Rinuccini, Orlandini del Beccuto e Sanse-doni. Insieme alle collezioni contenute nel primo e nel secondo volume (2015, 2017), quelle qui presentate offrono una parziale ma significativa panoramica dell'attitudine al collezionismo, del gusto artistico e delle scelte di allestimento del ceto aristocratico all'ombra della casata medicea.