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Solo un colombo azzurro
"Solo un colombo azzurro"""" è un libro composito, molto articolato, eppure coerente e organico, per la fitta rete di rimandi interni, un'opera segnata da momenti di riflessione lirica su umanità e vuoto, nell'insorgere alla coscienza di improvvisi abissi, di ombre e silenzi dai quali peraltro si apre una luce, uno stimolo di promessa vitale. Il tempo agisce con impassibile continuità, scorrendo come l'acqua, eppure l'attesa è sempre per «la chiamata / a risalire lentamente verso il sole.» Appare qui la vicenda di chi ha alle spalle il pensiero delle ore che troppo indifferenti si sono succedute in quelle figure, per le quali il passato è una montagna, in quel luogo, il loro, «dove il tempo non è più che un intervallo», ben consapevoli che «Ai morti è riservata nel prato / una carezza eterna». Presenza costante è la natura, nella molteplicità dei suoi elementi, dal paesaggio fino alle animate movenze degli animali e alla meraviglia dei frutti. Nella varietà tematica della raccolta si evidenziano anche poesie d'amore e riflessioni sulla poesia, sulle parole """"rastrellate"""" in un quotidiano esercizio, fino a tagliare «i versi / in forma di aquilone» e sul valore cangiante della parola." -
Primo piano increspato
L'estrema aleatorietà dell'esserci è un concetto implicito che attraversa il tessuto di questi versi di Emilia Barbato, nei quali una lievità concisa è un tratto specifico e di qualità. Momenti di malinconia diffusa non offuscano la complessità di un paesaggio d'assieme, che si pone come una sorta di impeccabile specchio in cui si riflettono immagini di una natura misteriosa e in movimento e sprazzi di vita quotidiana. Nella raffinatezza del tocco, Barbato, compone inquiete trame narrative, portando in superficie un reale còlto anche nell'opacità fisica degli oggetti, nei frammenti dell'esperienza, che si imprimono nella mente come in certe associazioni oniriche. C'è un costante tratto di incerta solitudine in Barbato, che ne ha consapevolezza e ce lo dice: «Le occasioni di chi ama la solitudine sono misteriose, / profonde». Solitudine che si coniuga con il silenzio circostante, e al quale la parola poetica cerca di sottrarsi, in intervalli, in «frattempi», di provvisoria felicità, partendo dalle «regioni recondite del cuore». ""Primo piano increspato"""" è un'opera ricca di interne suggestioni, che segnala un'autrice di originale personalità, dalla scrittura incisiva e impeccabile."" -
N-eide
Maurizio Clementi conferma nitida la sua identità di poeta in questo componimento organico, coerente come un vero poema, pur nelle varie, sottili parti in cui si muove nel suo viaggio, nella perlustrazione di un mondo, umano e di aperta fisicità, che indaga e immagina, giungendo a impennate metaforiche la cui complessità irriducibile coinvolge il lettore. Eccoci allora al «canto della materia dei viventi», una materia che, nella suggestiva lucentezza dei versi, per gli stessi viventi «invece è musica» che si realizza nella stessa «musica dello spazio», che è sempre mirabilmente «brulicante» di energia attiva. E qui si manifesta l'identità dell'uomo particella, giostrante in un moto continuo di oscillazioni tra essere e non essere, attratto dalla meraviglia della luce e di una insondabile dimensione ulteriore. Possiamo dunque dire che questo è un libro insolito, la cui compatta e insieme cangiante immagine complessiva coniuga l'alta tensione del pensiero con la verticalità della spinta lirica, assorbendo con naturalezza, nelle suggestive cadenze musicali e narrative, anche termini della ricerca scientifica, realizzando un gioco d'insieme, fatto di attriti e improvvise armonizzazioni. -
Ufficio del sole
In ""Ufficio del sole"""" Giusi Busceti si muove con destrezza, con pacata (ma vibrante) saggezza tra innumerevoli dettagli, còlti in presa diretta o riaffiorati nel ricordo, prelevati da una quotidianità orizzontale, in parte sempre insondabile o vagamente misteriosa. La meditazione lirica di Busceti avviene in perlustrazioni nel tempo, fino al riemergere anche del passato, frutto di uno sguardo sensibilissimo che si esprime nei luoghi più vari, vagabondando tra cielo e bassa condizione anche domestica. Ne scaturisce un resoconto poetico mosso da un continuo incalzare di minimi eventi e feriali passioni, spesso accompagnate da un diffuso dolore, da barlumi d'amore o da improvvise speranze di apertura, per quanto sempre aleatoria e problematica. Nella loro composta medietà di tono, i versi sono sempre densi, fitti di concrete circostanze e accostamenti felicemente imprevisti eppure articolatissimi e coinvolgenti. La pronuncia di Busceti è asciutta e controllata, ma a volte d'improvviso si contrae, oppure ci offre piccoli passaggi di dolcezza con l'apparire di personaggi, di figure anche familiari. Ne scaturisce una identità poetica tanto complessa quanto autentica e riconoscibilissima."" -
Sono piena di parole. Mesi di poesia e chemioterapia
Partendo dai dati più dolorosamente sensibili di una grave vicenda personale, Giovanna Fungi realizza un insieme composito, organico e coerente, in cui articola il percorso dalla concretezza viva e fisica, quotidiana, dell’esperienza vissuta, a una ininterrotta meditazione poetica sul senso dell’esserci. Perlustra con acribia e minuzia i dettagli di un linguaggio del corpo in cui si manifestano i disagi e il dolore, ma anche i possibili momenti di tesori, di apertura vitale, di una condizione che diviene testimonianza della precarietà dell’umana condizione, soprattutto in circostanze che ogni volta appaiono come decisive. Fungi ci offre un’opera in versi molto singolare, quanto mai ricca di una interna sostanza vibrante in ogni suo passaggio, che riesce ad avere il pregio di coniugare, senza traccia di enfasi, la crudeltà sottile delle cose e di un destino con la capacità di indagarne acutamente il disegno molteplice, grazie a una costante e attiva lucidità intellettuale. Il lettore viene ad essere coinvolto – tra emozione e riflessione – nei dettagli d’esperienza vissuta che l’autrice dissemina nel suo arduo tracciato poematico, nel suo svolgersi, quasi in ogni verso o parola. -
Un difficile viaggio
Indiscusso maestro del poemetto in prosa, fin dal suo straordinario esordio con “L’aspetto occidentale del vestito”, figura rilevante della nostra poesia tra secondo Novecento e presente, Giampiero Neri ci offre una novità divisa in quattro capitoli, internamente coerenti per fisionomia stilistica e articolazioni tematiche. Apparsi in precedenza, nell’arco di due anni, in quattro volumetti delle edizioni Ares, questi testi ci confermano l’attualità di un autore che è il decano della poesia italiana e che si muove tra narrazione e osservazione gnomica e vicende storiche, tra memoria – che affonda le radici in un passato che è spesso quello della sua giovinezza – e lettura del suo riapparire oggi, alla limpida luce della mente e del pensiero del poeta. Importante è la presenza di personaggi, che si collegano – ma con significativi tratti ulteriori – a testi del passato, come l’esemplare e centrale professor Fumagalli, già presente in una ben nota opera, appunto Il professor Fumagalli e altre figure, del 2012. L’apparente semplicità dei testi è un punto arduo d’arrivo che il nostro sempre raggiunge con magistrale destrezza, in quella che è stata definita “precisione fiamminga”. -
Natura
Una potente densità di immagini e pensiero si impone in questo libro di Roberto Cescon, nella varia complessità di quello che introduce – nei numerosi intrecci in cui si svolge – come il «continuo disfarsi degli eventi.» “Natura” è un libro in cui il poeta tocca vicende e rapporti interpersonali nella loro anche problematica – a volte intima – dimensione, che indaga sul senso della poesia stessa e sull’origine del linguaggio. In questo riesce a passare con scioltezza dalla parola dei grandi autori alla sapienza dei primitivi, in un formidabile, originale excursus che ci conduce fino alle incisioni rupestri, dunque a tempi remotissimi, in una grande e suggestiva varietà di circostanze e luoghi. La pagina acquista così un fascino profondo e singolare, in cui il poeta ragiona sul crearsi delle forme nei percorsi umani, cercandone e cogliendone il passaggio dalla mente al loro realizzarsi nella concretezza di figure e parole, ben consapevole che «la vita là fuori / viene da prima delle forme», mentre, aggiunge opportunamente, «ogni vita incarna e prolunga / quelle già state, le muta e le contiene». Un itinerario dell’umano nel preistorico e storico compiersi della sua cangiante natura. -
Esilienze
In questa opera felicemente insolita e davvero sorprendente, Stefano Bortolussi ci conduce nell’apertura totale di un mondo dove l’altrove è sia di natura autobiografica che di viva creazione immaginaria, oltre ogni confine, o idea stessa di confine. Chi parla in questi versi, così densi di magmatica sostanza, è idealmente un esule mentale, vivo tra la lontananza da un proprio territorio, da una propria origine, e la sua presenza in un oltre che cambia aspetto e configurazione geografica. Un personaggio dall’identità di «doppio disperso e bi-continentale» eppure riconducibile al sé stesso dell’autore. Tra America e «canto del muezzin», Bortolussi si propone, spaziando in disparati luoghi della terra, con tratti di cangiante accensione, di affabulazione a volte epica, avvinto al «moto ondoso del cercare». L’autore utilizza anche, in alcune parti, un doppio binario linguistico, scrivendo direttamente in inglese componimenti, dei quali ci fornisce comunque la versione in italiano. Esilienze è un libro che evidenzia la forte autonomia di Bortolussi rispetto ai termini più in luce della poesia del nostro tempo, in un tessuto organico, realizzato tra inquieta avventura e limpida visione. -
In un mare di luce
A quasi dieci anni dalla sua prematura scomparsa, possiamo tornare a leggere la poesia di Ermanno Krumm, in questi versi da lui scritti nell'ultimo periodo, e dove coesistono, nell'asciutta eleganza, nella precisione impeccabile della sua voce, una grande apertura alla vita e un incresparsi dolente, ma sempre controllatissimo della voce, che avverte ormai il profilarsi all'orizzonte di segni inequivocabili e minacciosi, come quel ""filo di scuro che scende dal cielo"""". Versi che vanno ad aggiungersi, in modo decisamente significativo, al corpo delle raccolte pubblicate da Krumm in vita, e che ne fanno uno dei più significativi e limpidi poeti della sua generazione, una delle voci più autentiche e sempre vive della nostra poesia tra secondo Novecento e inizio Millennio."" -
Azzurri viali. I versi di un pittore
I versi di Orlando cercano di esprimere sensazioni concrete e vive, semplici e autentiche, sensazioni che prova di fronte alla natura e all'amore, di fronte alla loro cangiante presenza; cerca di fissare sulla carta ciò che parrebbe porsi come un'impressione fugace, o come un momento di felicità o sgomento improvviso, ma capace di colpirlo. E questa natura sfuggente dell'esperienza è per esempio evidente in una poesia come ""In metrò"""", dove rivive il mito baudelairiano della passante che il nostro sguardo coglie e da cui è attratto ben sapendo che subito la sua figura svanirà per sempre. La forza materica della pittura di Orlando si scioglie totalmente nelle tenui, delicate note sensibili dei suoi versi, che ci appaiono come frammenti musicali sparsi nell'aria. Orlando predilige l'immutabile, la fedeltà obbligata delle cose a se stesse. Ma è pur vero che il suo modo di leggere l'esistenza è anche capace di cogliere le più sottili sfumature di mutamento, il veloce passaggio dalla luce all'ombra, e dunque anche i ritmi della realtà in cui siamo immersi. E questo rende più articolata e delicatamente inquieta la sua lirica."" -
Hotel Stelvio
Sottili, raffinate, e insieme tremende, queste nuove, notevoli poesie di Giorgio Prestinoni. Unite tra di loro - nelle due sequenze e nella breve, sinistra, centrale gita in cui sono organizzate narrativamente - dal forte senso di una improprietà e di un disagio dell'esserci, dell'essere al mondo, nel mondo, da un senso, dunque, della propria umana imperfezione o semplice inadeguatezza. Lo vediamo nei passi goffi di un ""danzatore"""" trasognato ed estraneo a una realtà esterna che pure osserva attento, tra insofferenza e meraviglia. Il lettore viene poi coinvolto dall'infelice destino di un altro personaggio, affetto da acondroplasia, un nano insomma, ulteriormente storpiato nel suo povero corpo da un maldestro tentativo medico di normalizzarlo. Il suo attrito di sofferenza con l'esistere appare quasi come l'improba, paziente fatica dell'uomo per adattarsi al proprio destino, prima di rendersi conto di avere ricevuto in dono, a conti fatti, un solo vero, modesto privilegio, """"Il privilegio di essere ciò che siamo""""."" -
La morte rosa
Il mare, l'amore, la morte... Il libro, la vita, la piccola farfalla che va... Esserci per una volta, e dunque per sempre, iscritti per sempre nel tutto... Luigi Fontanella ci offre, passando tra questi e innumerevoli altri segni di presenza e confine, un canzoniere compatto e delicato, insieme trasparente e ambiguo, come è in fondo, quotidianamente, la nostra umana esperienza. Sceglie di descrivere, di narrarci qualcosa, una breve vicenda, un liquido racconto dove sensibilità e presagio si sovrappongono, dove il tessuto è una composizione fondata su contrasti e ossimori netti eppure attutiti dalla pronuncia, tra fisicità e sfumature oniriche, tra eros e sparizione, tra abbandono e volo. Questa ""morte rosa"""", nuovo capitolo della poesia di Luigi Fontanella, è un felice esempio di meditazione lirica, di pensiero vissuto nel molteplice corpo delle immagini."" -
Lezioni elementari. Monologo sul maestro Gabriele Minardi
Un monologo, questo di Roberto Mussapi, che è soprattutto il racconto sensibilissimo e ricco di figure e quotidiani eventi di un tempo remoto, quello dell'infanzia e della scuola, nel quale ognuno potrà godere della felicità di ritrovarsi, di ritrovare il sentimento vivo di un passato, il proprio, nei suoi tratti più impressi nella memoria. Ecco allora i nomi e i volti dei compagni di scuola, i temi in classe e le partite, la saggia regia educativa del maestro, al quale il poemetto è dedicato: un personaggio centrale nella crescita dell'io narrante, il cui felice consenso diverrà un solido modello di riferimento. Mussapi lavora su un doppio registro, e cioè quello orizzontale, narrativo-prosastico del vero e proprio racconto, e quello verticale, lirico-meditativo, eppure a sua volta descrittivo e concretissimo, dei corsivi sull'Universo e il suo aperto formarsi. Un microcosmo dentro la vastità del cosmo, un proiettarsi dell'uno nell'altro nel tempo non-tempo dell'umana memoria. -
Inizio e fine
La poesia di Luigia Sorrentino, come si conferma con forza in questo nuovo lavoro, si muove per sua vocazione nella linea della maggiore tradizione lirica europea del Novecento. Tono (con molta discrezione) elevato, economia della parola, immagini che si incidono nella mente del lettore per la loro originalità ed energia, e non di meno per la loro capacità di produrre, sprigionare fascino; e spesso un fascino inquietante e misterioso che coinvolge nelle sue spire il lettore. Il quale bene avverte, peraltro, il vivo sottostare di una vicenda, non dichiarata, ma essenziale nel suo toccare le corde di una sensibilità che porta Sorrentino a usare l'efficacia delle immagini e la limpidezza della pronuncia, ai fini di una veicolazione drammatica - ma sottile e priva d'enfasi o effetti speciali - di un pensiero e di forti umori circolanti. E infine di una riflessione implicita sui grandi temi dell'umano esistere, e dunque su Inizio e fine, su corpo e sentimento, su sangue e dolore, su pronuncia del nome e silenzio, sui più vitali legami affettivi e il senso del distacco irreversibile. -
Voci di tenebra azzurra
Mariangela Gualtieri ha il pregio di saper portare sulla scena testi in grado di arrivare subito al pubblico essendo insieme impeccabili sul piano formale, perfettamente compiuti nell'energia di una parola autenticamente poetica. E infatti ""Voci di tenebra azzurra"""" è un'opera di pura poesia, nata in forma di intensi monologhi per il teatro, ma perfettamente fruibile sulla pagina. Un'opera carica di vitalità espressiva eppure trasparente e comunicativa. Gualtieri si rifà in questo testo anche a figure e voci di grandi autori, a partire dal suo conterraneo Giovanni Pascoli, ma osserva, non di meno, sensibilmente il destino dell'essere umano anche in rapporto alla realtà e alle innumerevoli contraddizioni del nostro tempo. Su tutto agisce e domina l'importanza impareggiabile della parola. Una parola che ci si offre nelle sue molteplici aperture, parola dunque scritta, ma non di meno da pronunciare, da recitare. E da leggere e ascoltare, in un mondo «sempre pieno di ombre e di attese»."" -
Idolo dello schermo
Una evidente coerenza tematica governa questi versi, nella limpida geometria del loro procedere, nella chiarezza di un pensiero rivolto al nostro presente, con incisive sentenze epigrammatiche, comprese, ma non celate, nell'impeccabile articolarsi della composizione. Imbriani osserva e critica con occhio acuto il mutare dell'umana fisionomia in un tempo in cui ""il presente è il solo idolo che resta"""" e il soggetto sembra poter riconoscere se stesso solo in un illusorio e banale autorispecchiarsi, indifferente alla poca verità della sua esperienza, tanto che ormai: """"l'io la fa in modo imbarazzante / da padrone, analogia / con il solito narciso che si immerge nella fonte"""". Potremmo dire che questi nuovi versi di Imbriani, già autore per questo editore di un'opera significativa come """"La sintassi sapiente"""", siano versi di una poesia """"civile"""" in cui la sottigliezza della mente e della scrittura, secondo un alto esempio come è stato quello di Nelo Risi, ci porta alla riflessione su noi stessi attraverso il raffinato gioco di un'ironia discreta e con eleganza, mai sovraesposta."" -
Disturbi del desiderio
"Disturbi del desiderio"""" è in effetti ben più di una semplice plaquette, ben più di un lavoro di avvicinamento all'insieme di un'opera completa, risultando con immediatezza i tratti di una fisionomia netta ed energica e le fasi di un disegno molto controllato. Mary Barbara Tolusso ci coinvolge, passo su passo, nel suo vitale turbamento, che si insinua nella luce e nella sporcizia del giorno, negli interstizi dei suoi minimali accadimenti. Una quotidianità del corpo che dialoga a intermittenza con l'idea incombente del nulla, con il fantasma del non esserci più, della propria totale perdita, in cui non sarà neppure possibile trovare riscatto nell'abbandono del sonno. L'attenzione e la meditazione per immagini di questa poesia è attiva soprattutto negli aspetti, solo in apparenza scontati, della nostra inquieta, cupa o gioiosa animalità. Tolusso si muove su questi territori con voce robusta e scelte stilistiche libere ed efficaci nella loro varietà, nel loro rasentare in modo raboniano la prosa e nelle felici oscillazioni ritmiche di una musica interna estrosa pur nella sua sostanziale compostezza." -
Ricordi e cromosomi
Nel vario intreccio di una realtà in fondo ordinaria e opaca, Alberto Bertoni non interrompe mai la sua vitale ricerca di una luce che gli sia propria, che autenticamente gli appartenga e che nella sua giusta inclinazione conferisca un senso non aleatorio all'esserci. E i suoi versi, così pastosi e felicemente comunicativi, quanto mai ricchi di figure, situazioni, luoghi e personaggi, ci confermano che è in effetti la poesia a emanare questa luce, se non lo è essa stessa. E Bertoni la cerca e la rinviene nelle piccole vicende del presente o di una memoria appena increspata dalla fantasia. Offre dediche a poeti, convoca sulla pagina Ridolini, Keaton o Monet, in un'epoca che ci consegna a un ""destino informatico"""", in un contesto fatto di """"attese improbabili"""", lontano da """"una vera vita di natura"""". È un letterato, uno studioso, ma nell'avventura poetica riesce a essere un fine osservatore con la generosità schietta di un testimone coinvolto, tra disillusione e vivi residui di speranza e di aperta emozione quotidiana."" -
Io sono gli altri
Un pensiero umile e potente, in queste nuove poesie di Maria Grazia Calandrone, attraversa le cose, l'esperienza, e dà loro corpo che nella parola poetica trova conferma e durata. Ecco che la pagina diviene un campo aperto, dove voci diverse si incrociano, si alternano in una sorta di dialogo incompiuto, per raccontarci della vita, animale, vegetale, materiale, vissuta tra reale e nostalgia del reale stesso e con la volontà o il sano desiderio di tornare ""bassi, vicini al senso delle cose"""", prima che il definirle ne diminuisse le virtualità e il valore, poiché """"tutto, prima di essere nome, era pura bellezza"""". Troviamo persone, tra le quali c'è ancora chi porta """"l'enzima dello stupore"""". Il percorso vuole addentrarsi nei grovigli di un'esperienza cresciuta su se stessa intensamente, """"fino a conoscere che niente, / nessuno, in nessun luogo mai / è perduto per sempre"""". Calandrone lavora su varietà di strutture e registri, passando da un muoversi più corposo e magmatico a un'asciuttezza più verticale e lirica, molto icastica e dunque carica di una non comune energia espressiva."" -
Sincrasi
È questo un piccolo, garbatissimo canzoniere d'amore e dolore, dove l'amore prevale, ne è la forza, pur nelle continue screziature del male. Giovanni Ingino, in questa sua seconda uscita, fa fruttare al meglio la sua vena lirica, che pure serpeggiava in ""Il marchio del tempo"""", il libro d'esordio di due anni fa. E lo fa in virtù di due elementi di fondo: la verità del cuore e la sottile eleganza della scrittura, alimentata da un senso vivo della parola e del verso, dove la prima risulta al tempo stesso energica e discreta, mentre il verso si incide materico sulla pagina, pur nella sua brevità, proprio in virtù della fitta densità interna della parola poetica stessa. A questo si aggiunga la chiarezza comunicativa di un testo che arriva subito al lettore senza alcun artificio, senza tratti di maniera, con asciutta raffinatezza, affrontando temi così difficili, nella loro normalità, con il controllo minuzioso di chi non può permettersi, moralmente, di """"poetizzare"""" l'autenticità del sentimento.""