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Voci, fiamme, salti nel buio
Giancarlo Pontiggia ci regala un testo in doppia direzione, nel quale è bello lasciarsi andare in piena adesione empatica con il soggetto. Il camion e la notte è un poemetto che si articola sull'idea di possibile avventura, che parte da un semplice cortile, dalla povertà estrema di chi vi si rannicchia inerme. Di umana, quotidiana avventura si tratta, il concreto realizzarsi di un rapporto diretto e insieme onirico col reale. E in sogno il protagonista, stupito, compie un viaggio, attratto dalle presenze del mondo e dalla gioia inquieta d'esserci e d'esserne parte. Pur nella notte che si insinua ovunque insieme alla meraviglia, viaggiando «nell'inerzia delle cose», Pontiggia riesce a cogliere il senso di una vita in un irriducibile «fiotto di sensi». Ci sorprende poi con una seconda sezione, Animula, che si pone come l'apparente contrario per registro e forma rispetto al primo poemetto. Una sottile meditazione sull'esserci, tra immobilità e mutamento, che si compone nella trama aperta del testo in un classico ""travaglio di pensieri"""" luziano. La duplicità, pur molto coerente, della proposta, è un carattere essenziale e un evidente pregio di """"Voci, fiamme, salti nel buio""""."" -
Le parole semplici
Fedele a se stesso e allo spirito che aveva animato un suo libro importante come Il comune salario, Fabrizio Bernini si apre ulteriormente con poesie che sono in effetti veri microracconti in prosa, dove la normale, quieta umiltà umana, autentica e perduta, è nell'anonima identità dell'io narrante, Celeste. Ma il suo realismo ha spesso una connotazione di forte evidenza lirica, che gli dà respiro e ne nobilita il passo, come quando il personaggio viene a trovarsi, a definirsi, in «un angolo infinito di pace e appartenenza». Ed è questo un personaggio che nelle sue parole semplici sa aprirsi al mondo e agli altri, fossero anche i suoi pochi amici. Una condizione, la sua, tanto naturale e in fondo primitiva da non escludere la crudeltà, che nei campi regolava la vita come il ritmo indifferente delle stagioni. Ma pian piano Celeste si sente affievolire nei gesti di questa sua povera umanità antica e sente che la «mano perde la sua forza e si abbandona in un dolcissimo tremore di fanciullo». C'è una saggezza insolita in queste pagine, al tempo stesso ispide e affabilissime. -
Paternalia
«Vero è ciò che resta», ci dice Stefano Bortolussi in questo suo poemetto sulla figura paterna, realizzando un percorso-omaggio per tappe che ha un doppio pregio: la creazione di un personaggio e la presenza dello stesso come protagonista involontario in un'epoca che tante situazioni e figure note riescono a renderci ancora ben presente. Bortolussi racconta in versi, o meglio in venti capitoli a distanza di vent'anni dalla scomparsa, avvenuta nel 2000, di un padre nato negli anni Venti. E ce ne offre i pensieri e i movimenti nei suoi miti del grande varietà novecentesco, con i film e gli attori come James Dean, tra Chaplin e Tex Willer, nei tempi della nuova radio di Arbore e Boncompagni, fino ai calciatori come Weah e Van Basten. Vari, dunque, sono i sentieri di un cammino a ritroso che ci propone Bortolussi stralciando dalla propria memoria, come da un album di foto tenuto con devozione e affetto, creando con sensibile, pastosa concretezza nelle cose, con dire pacato e insieme commosso, una sorta di libero romanzo poetico quanto mai denso in virtù degli umani colori e umori di un mezzo secolo della nostra storia. -
Il re dei bugiardi
In questi nuovi testi l'energia netta e onesta della poesia dell'autore emerge ancora di più. Qui si muove dentro una realtà quotidiana vista e sentita con forti vibrazioni del sentimento, con una sensibile attenzione al dettaglio dell'esperienza, con evidenza di personaggi tratti dalle figure parentali e dell'ambiente, un ambiente di umana semplicità proposto nella maturità di un linguaggio che rasenta sempre la prosa o che alla prosa poetica stessa si affida. Narrando in brevi strofe senza andare a capo, magari anche seguendo l'esempio di un grande poeta francese del primo Ottocento come Aloysius Bertrand, l'autore di ""Gaspard de la nuit"""", opera amata da Baudelaire. Ma in Pancotti sorprende positivamente la capacità di utilizzare con equilibrio un linguaggio basso parlato estratto, appunto, dal reale ruvido e opaco in cui il poeta si sente pienamente coinvolto."" -
Il corpo quotidiano
Dopo l'esordio, avvenuto nel 2016, con ""Note di passaggio"""", Cesarina Vegni prosegue nella ricerca, ampliando lo sguardo, sul piano dei temi come delle scelte formali. Vediamo infatti il suo riflettere in versi (e non solo) su realtà differenti - o tali almeno a una prima lettura, realtà che vanno dall'incanto vitale del paesaggio e della stagione, all'aprirsi della conoscenza nel viaggio e nella frequentazione della letteratura negli autori amati, ma anche nell'esplorazione delle proprie origini o nel confronto con il pensiero alto di chi può dire: «Io sono perché noi siamo». La poesia di Cesarina Vegni, dunque, oscilla tra osservazione attenta del reale e desiderio di pervenire a una personale e coinvolta visione delle cose, con la giusta convinzione che niente sia in grado di esprimere tutto questo con la stessa autentica, umana saggezza della poesia. Ma questa forza espressiva deve trovare il suo opportuno medium formale, ed ecco allora che, in """"Corpo quotidiano"""", la nostra autrice riesce con efficacia a muoversi modulando il verso, rendendolo dunque duttile, o utilizzando i passaggi dal controllato magma della sequenza in prosa allo stacco più verticale proprio del verso."" -
Malinconica mania
Una vocazione alimentata e custodita in silenzio per anni, per decenni e ora finalmente espressa in un organismo testuale, insieme complesso e nitido, che rivela una interessante figura poetica. E interessante per l'apertura tematica che ci offre e per la varietà delle scelte stilistiche e formali attraverso le quali si esprime. Mauro Bonini affronta i grandi temi, ma riesce a coglierne la presenza anche nei dettagli di una concreta realtà feriale, ed è in questo che si rafforza l'autenticità della sua visione delle cose, la quale nasce e si manifesta sempre a partire dal vissuto, che si tratti di amore e morte, di una sua idea dell'esserci o della poesia stessa. Il valore espressivo della sua scrittura si realizza nella capacità che Bonini dimostra - nella necessità, dovremmo dire - di passare con naturalezza e in modi sciolti dalla brevità del verso al più ampio fiato della prosa poetica, sempre condotta nel rispetto della sintesi che deve distinguere la composizione poetica. Insomma, ""Malinconica mania"""" è un'opera prima di evidente qualità e la felice scoperta di un autore al quale è giusto augurare un altrettanto persuasivo futuro."" -
Dal deserto rosso
Partendo dal titolo di un memorabile film di Michelangelo Antonioni del '64, appunto ""Deserto rosso"""", dove è al centro una figura femminile inquieta e tormentata, Maria Borio compone un testo in due parti di intensa coerenza interna. La protagonista, rivolgendosi a un interlocutore reale o immaginario, scrive a partire a sua volta da una situazione di profondo disagio e insieme di sensibile apertura viva al reale che la circonda, in cui è anzi immersa. Una realtà anche naturale, talvolta vissuta come un sogno o un'allucinazione carica di tracce e presenze varie, in cerca sempre della parola autentica, «in questa cosa laica che è il mondo». La compattezza materica del suo tessuto espressivo si offre con singolare densità, tutta minuziosamente da esplorare, in una straordinaria serie in felice accumulo di sensazioni e circostanze. Ma poi il """"rosso deserto"""" di Maria Borio si sviluppa articolandosi in movimenti strofici, conservando la densa energia nei rivoli molteplici dell'osservazione di sé e del mondo e nella riflessione sull'identità e il senso del nostro esserci. Un capitolo molto significativo di una delle nostre giovani voci di più solida personalità."" -
L' ombra della parola
L'autore ci racconta in queste pagine, nella concreta realtà anche quotidiana - e dunque nei luoghi vari, nei gesti, nei silenzi e nelle attese, nell'affacciarsi, dolce e doloroso, dei ricordi - il pervasivo senso di una mancanza. Accerchiato dal passato, nell'incertezza del presente e di un labile, aleatorio futuro, il poeta medita, assorto, sul senso strano della distanza dalla persona amata. Però, irrinunciabile, di continuo in lui si manifesta l'immagine sempre viva, e dunque la sua presenza nella mente, della figura di riferimento. E questo avviene, comprensibilmente e insieme paradossalmente, quanto più l'io lirico ne avverte, soffrendo, la lontananza. Attento all'«ombra della parola», Catelli compone un poemetto d'amore, muovendosi nella discrezione elegante del tono, passando dagli accenti di una lieve elegia a spunti prosastici, proponendo anche un inserto in vera prosa poetica. Il tutto nelle fasi di un percorso che è limpido, pur nell'incupirsi inevitabile e frequente del sentimento, in un incedere che risulta di immediata efficacia comunicativa. -
Cetacei nel mojito
Alberto Pellegatta in questa raccolta introduce elementi della quotidianità orizzontale, vista nelle sue connessioni e incongruenze sottili. Ciò avviene attraverso una lettura eseguita, passo su passo, con i sensi sempre vigili, ed espressa in una tessitura fitta di mobili presenze. Si impone la qualità di un estro linguistico incalzante, pur nella sua plausibilissima semplicità, che consente a Pellegatta di comporre organismi testuali insieme ispidi e delicati. Ma poi, decisamente particolare e coraggioso, viene il capitolo delle prose poetiche, comunque legate nell'idea di fondo e nello spirito di libera osservazione, alla parte in versi. Sono momenti di orientamento diverso, dallo scatto più asciutto e incisivo al vero e proprio racconto, in cui appaiono anche figure in pieno rilievo, come Giovanni Raboni. Notevole è poi la presenza emblematica degli animali, accanto a un quadro di sensibile attenzione antropologica all'esserci. Cetacei nel mojito (cocktail di origine cubana) è dunque un considerevole passo ulteriore da parte di una delle figure di riferimento nella ricerca poetica dei nostri giorni. -
43 haiku
È questo un componimento di particolare natura, realizzato da un giovane poeta, che parte da un tragico evento del 2018: il crollo del ponte Morandi a Genova. Fabrizio De Longis costruisce un poemetto sul senso profondo e articolato della perdita, un testo di inquieta incisività, condotto secondo un'idea di organismo. Si tratta di una interpretazione libera ed efficace dell'haiku, collocato in un contesto mosso dagli accadimenti, con l'insorgere interno di una viva presenza dell'io. Importante è il connettersi dei singoli brevi momenti di scrittura, secondo una tessitura d'insieme, che va dunque ben oltre un'ipotesi frammentistica. Sono quarantatré pezzi, come il numero delle vittime, che, nell'economia della parola poetica, danno vita a un quadro complessivo, a un ampio affresco per dettagli di immagini e pensieri, sensazioni e sentimenti. In tutto questo De Longis riesce ad inserire le accensioni aperte e positive, per esempio d'amore, che, anche nelle vicende più tremende, rappresentano una vitale e necessaria forma di sopravvivenza, una scintilla necessaria per resistere e continuare a esserci, contro ogni, anche massiccio, intervento negativo del destino. -
Il sogno del pesce gatto
"In questi nuovi testi di Marco Pelliccioli domina un particolarissimo sovrapporsi di fisica concretezza del reale e suo continuo trasfondersi in una dimensione ulteriore, tra sogno e allegoria. Eccoci allora di fronte a una serie, coinvolgente nella sua complessità, parzialmente insondabile, di apparizioni multiformi, dove l’esserci umano viene a occupare la scena accanto ad altre figure, a presenze del mondo vegetale e animale, in una sorta di suggestiva e sempre attiva apertura di senso. Pelliccioli lavora con rigore su diverse ipotesi formali, in una cangiante densità espressiva che lo porta, nella necessità di modulare la propria inquieta narrazione meditativa, dal verso breve al suo ampliarsi fino a dilatarsi nel corpo della prosa lirica. Ne scaturisce una musica capace di realizzarsi in una efficace, energica, pluralità di registri.""""" -
Verso a fronte
Un gioco di sottili interventi su termini alti e bassi dell’umana esperienza vissuta in prima persona: ecco un chiaro carattere di questa raccolta poetica di Valerio Magrelli. “Verso a fronte” comprende alcuni testi in versi realizzati per la rivista «il Reportage», accompagnati dal commento dell’autore stesso. Emerge un vivo senso del paradosso, un gioco sottile dell’ironia, che si manifesta nella realtà in cui viviamo e nel nostro modo di intenderla. Ha una presenza attiva, magari arbitraria, anche la memoria, accolta non senza «tanta tenerezza retrospettiva», in riferimento al passato, visto come «un tempo senza il morso del presente». Magrelli porta in scena figure e situazioni diverse e spesso opposte: da una beffa tragica, allo sguardo sulla signora che fa le parole crociate, e quindi al pensiero sul curioso rapporto tra enigmistica e poesia, al senso mutato del viaggiare dopo la pandemia, ma anche al tormento delle rate da pagare con l’assillo che diviene esistenziale su scadenze e debiti, alla noia di fronte alla «burocrazia e i suoi derivati» e all’inesauribile «dibattito su quanto abbiamo perso e quanto guadagnato rispetto al passato». -
Fra tempi e terre
Dopo l’ampio respiro di un libro come “Piazze di sogni incarnati”, Maria Carla Baroni riappare con una tappa sostanziosa del suo nuovo lavoro, un lavoro in corso, ma con la specificità interna di già evidenti caratteri. In primo luogo la capacità di far coesistere, sia pure in fitta alternanza, un registro improntato a una dimensione di meditazione esistenziale con una forte apertura a una poesia che potremmo definire di impegno civile, se non espressamente politico. Ma tutto questo realizzato grazie a una linearità essenziale di scrittura, a un tono di controllata attenzione antiretorica al dettaglio. Ed ecco che allora Baroni ci conduce con sobrietà espressiva in territori vari, in senso geografico ed epocale, oltre che legato alla propria personale esperienza: dall’Africa alla sua Milano, dal rapporto del soggetto lirico col reale anche quotidiano al suo contrasto con le dinamiche anche feroci della nostra condizione storicamente vissuta. Un percorso, insomma, di generosa tensione e ininterrotta, lottante apertura. Una tappa già ben realizzata nella previsione di un futuro espressivo di sicuramente nitida efficacia. -
Uomini blu
"In questi suoi nuovi testi poetici, che costituiscono un cammino aperto e vario, ma di interna coerenza, Elisa Donzelli persuade e coinvolge per la ricchezza di situazioni e per l’intensità del pensiero che ne è guida. “Uomini blu” si manifesta come una libera narrazione lirica densissima di una realtà che viene dalla memoria personale e da vicende d’epoca, una meditazione sul senso della vita, nella molteplicità delle sue sfaccettature. E questo con particolare rilievo ai luoghi, ai paesaggi, dai quali emergono tracce della memoria vissuta e emblemi di una virtualità dell’esserci indefinibile nel suo apparire tra amore e laceranti momenti di separazione, dove magari si manifestano le umane semplificazioni di chi «pensa la morte / come il ciclo lineare degli eventi». Donzelli rilegge il primo libro della “Genesi” come nascita della vita nella separazione tra la terra e l’acqua e fa riferimento a importanti poeti del recente passato, come Luzi e Guidacci, realizzando una sapiente tessitura d’insieme, condotta con pronuncia ferma, sempre in felice equilibrio fra toni prosastici e possibili accensioni verticali, secondo una linea stilistica di sicura originalità e autonomia.""""" -
A quattro mani
“A quattro mani” è una elegante e preziosa “operina” composta da due autori che hanno deciso di collegare due forme letterarie in un unico, preciso, progetto. Le stesse storie vengono proposte in forma di racconto – permettendo un ampio respiro nella descrizione dei protagonisti (umani e animali) e delle situazioni – e mirabilmente condensate nelle poesie in milanese. La natura dei testi presenti è saldamente ancorata a dimensioni varie di una quotidianità vista nella sua concretezza, nella sua densa fisicità, con vivace circolazione di umori e di un sottile e raffinato humour. Anche delicatamente nero, del resto, visti i non pochi, decisivi riferimenti, spesso espliciti, alla nostra (e dei personaggi delle vicende narrate) umana provvisorietà. Un libro ricco di idee e soluzioni estrose dove a emergere è l’esistenza in tutta la sua varietà e l’autenticità dei personaggi e dei protagonisti ritratti nella loro fisionomia. Il volume è arricchito dagli acquerelli ad hoc di Norina Pattacini. -
Mediterraneo. Un viaggio poetico. Ediz. italiana e inglese
I poeti si immergono volentieri nel paesaggio, se ne lasciano attrarre, lo perlustrano volentieri, ne traggono spesso materia e spunti. E quando il paesaggio presenta la varietà, le meraviglie naturali e il deposito storico del Mediterraneo, il meccanismo si perfeziona e il rapporto tra i luoghi e la poesia diviene naturale. In questa antologia sono proposti testi di autori diversi, per generazione e per orientamento culturale: Cristina Annino, Davide Paolo Bianco, Rosita Copioli, Maurizio Cucchi, Lucrezia Lerro e Amos Mattio. Ognuno di loro ha reagito con la propria sensibilità e il proprio pensiero alle suggestioni del paesaggio, fra terra e mare, in un giro apertissimo d'orizzonte, in una ambientazione geografica dai caratteri molteplici. Qualcosa, quindi, di molto stimolante per la fantasia del viaggiatore, che potrà confrontarsi con gli estri dei poeti per i luoghi che conosce o farsi guidare idealmente in altri ambienti che ancora non conosce. -
Più non sai dove il lago finisca. I poeti di «Europa in versi» e il lago di Como
In questa antologia sono raccolte poesie, frasi, aforismi dedicati al Lago di Como dalla maggior parte dei poeti che hanno partecipato al Festival Internazionale di Poesia Europa in versi, giunto nel 2015 alla sua quinta edizione. Quasi tutti i testi sono stati infatti scritti per essere inseriti nel libro e sono accompagnati da suggestivi scorci del paesaggio lariano fissati nelle fotografie di Daniela Ray. Il libro vuole essere una testimonianza di cinque anni di intensa attività e di impegno de La Casa della Poesia di Como nella diffusione della poesia. È un omaggio alla bellezza del Lario, espressa nella molteplicità di immagini e di suoni che le poesie di questa raccolta antologica suscitano nel lettore. La poesia, come ogni forma d'arte, è aspirazione alla bellezza, indispensabile alla nostra esistenza e come scrive Tzvetan Todorov ""l'opera d'arte (...) infonde in noi una sensazione di pienezza, di compimento, di perfezione, esattamente ciò che vogliamo dalla nostra vita""""."" -
Il rumore dell'aria
Questo libro è una sorta di lunga lettera in versi, in qualche modo privata, indubbiamente sincera; poesie scritte con lentezza, negli anni, come archivio di una memoria personale che ora, finalmente, viene condivisa. Piace l'onestà dell'autore nel riconoscere la necessità di un interlocutore, nell'accettare che si scrive perché qualcuno legga. Il che significa comprendere che ogni testo licenziato assume vita propria nella mente del lettore. Le poesie di questo volume hanno il pregio della sincerità e dell'immediatezza, la forza della spontaneità mai frenata dalla ricerca forzata del poetico. Da tale punto di vista l'autore dimostra la maturità e il talento necessario per cercare la giusta misura, senza strafare. Luoghi, personaggi, canzoni, in una parola memoria personale e di una generazione: versi scritti su ""fogli lindi, puliti"""", e uomini dei quali si possa dire: """"Ed il volto sembra lo stesso / seppur il tempo / abbia fatto il suo mestiere dozzinale""""."" -
Villon. Atto unico
"Villon"""" è la prima opera di teatro scritta da Roberto Mussapi. Pubblicata per la prima volta nel 1989 è stata subito portata in scena. Anche questa nuova edizione verrà rappresentata al Teatro Due di Parma. La vicenda, raccontata in una prosa che ha il ritmo """"poetico"""" della migliore tradizione teatrale, vede Villon imprigionato sottoterra in una buia galera in attesa dell'esecuzione. Una """"voce"""" dialoga con lui e ad essa il protagonista narra le vicende della sua vita travagliata e, si potrebbe dire, un po' """"borderline"""". Quella del 1400 è una Francia, o meglio una Parigi, tumultuosa: i tempi sono difficili e, come in tutti i momenti storici di crisi, ognuno pensa a sé, a prendersi tutto quello che gli riesce, a far baldoria appena possibile. È la filosofia del """"carpe diem"""". Villon, poeta maledetto e geniale, fa parte di questa umanità e, proprio per questo, nei suoi versi riesce a descrive con vivacità la vita del tempo." -
Sintonie. La mia pittura e le affinità elettive con la poesia. Ediz. illustrata
"Quante volte, nella storia dell'arte, il gesto e i colori hanno incontrato parole e versi. Ci sono stati pittori poeti (Chagall) e poeti pittori (Montale), autori che hanno scritto e dipinto senza soluzione di continuità (Carlo Levi), oppure dialoghi virtuosi fra maestri di linguaggi paralleli: Baudelaire ispiratore ispirato dalle incisioni Manet o, in tempi recenti, Vittorio Sereni altra voce, altri suoni per i sogni di Enrico Della Torre. Fra tutti, Paul Klee visse in bilico fra le sue anime diverse. Artista, poeta, musicista, tormentato dall'antico dubbio sulla sua vocazione. Giorgio Vicentini, oggi, abbraccia e cita con saggezza questa lunga letteratura della poesia che sposa il segno. E viceversa. Lui, che traccia in punta di pennello lettere spettinate dal vento come onde giapponesi, conosce la sinestesia, la contaminazione fra linguaggi tesi a raccontare la medesima storia. Così le parole degli autori raccolti attorno alle sue tavole ne compenetrano il senso, l'umore, il palpito. Dove finisce la poesia e inizia la pittura in immagini come «le tinte polverose», «le scie dei guardrail», «il dorato muto del giorno», «a ridosso del verde»?"""" (dalla prefazione di Chiara Gatti)"