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Su Piero Manzoni
L'opera di Piero Manzoni, attivo dal 1955 al 1963, è segnata da una ricerca estetica e linguistica fortemente iconoclasta. Ha prodotto dipinti senza colore, gli achromes, fatti con caolino, tela, cotone, fibra artificiale e pelle di coniglio. Ha realizzato opere che utilizzano tracce e residui del suo corpo, dalle impronte al fiato, dal sangue alle feci, e ha firmato come arte i corpi o gli oggetti di altre persone o artisti, dagli amici alle modelle, da Marcel Broodthaers a Mario Schifano. Per ampliare la conoscenza e il percorso di vita e di ricerca dell'artista, intrecciati a una lettura a nautica e storica, sin dal 1967 Germano Celant si è impegnato nella contestualizzazione della sua energia comunicativa e concettuale rapportando il suo contributo alle vicende artistiche mondiali, dall'action painting al neo dada, dalla pop art al nouveau réalisme. Sul suo mondo fatto di cose quanto di eventi, come nel 1960 la stesura di un disegno consistente in una linea a inchiostro di 7200 metri e ""Consumazione dell'arte dinamica del pubblico divorare l'arte"""" durante la quale ha offerto al pubblico uova da inghiottire segnate con l'impronta del suo pollice, lo storico del contemporaneo ha redatto, nel corso degli anni, un insieme di testi e di testimonianze teoriche. Tale produzione critica è qui raccolta al fine di offrire un tracciato interpretativo della complessa avventura di Manzoni che, per la sua radicalità e singolarità, ha raggiunto fama internazionale."" -
Commedia dell'arte moderna
"Che l'arte sia la principale risorsa spirituale dell'uomo è la legittima presunzione di Giorgio de Chirico. Egli lo afferma nel 1945 con la Commedia dell'arte moderna. Sullo sfondo della guerra appena conclusa, la sceneggiatura della Commedia punta il dito su una cultura correa, a suo avviso, di una sciagura in cui l'umanità ha espiato, tra l'altro, lo sradicamento dell'arte dal seno della civiltà. La battaglia di de Chirico contro la funzione sviante delle scritture negative tese a screditare l'arte si svolge in parallelo ad esse e nei loro stessi contesti, come le riviste dada e surrealiste. Paradossalmente, le sedi sono le stesse nelle quali si edificava il mito di de Chirico metafisico, come «Littérature». Nel 1945, anno strategico per gli scritti di de Chirico (Memorie della mia vita, Une aventure de Monsieur Dudron, riedizione del Piccolo trattato di tecnica pittorica), la Commedia ricrea il percorso dell'artista in quanto critico e storico dell'arte moderna e antica, e rievoca gli scritti teorici sulla Metafisica. L'opera è divisa in due metà, firmate da Giorgio de Chirico e da Isabella Far, l'Altro de Chirico in aspetto di musa. Il celebre saggio-scandalo del 1942 Considerazioni sulla pittura moderna viene attribuito a «lei». Far è da phare, faro, e da far, lontano. Lontano significa nello stesso tempo distante nello spazio e distante nel tempo, futuro. La Commedia è un ritratto doppio e un doppio sguardo che avanza verso un tempo nuovo di paradigmi e costrutti metafisici. Una nuova storia sarà possibile per un mondo riportato alla scala reale, in dimensione umana."""" (Jole de Sauna)" -
Lorenzo Lotto
Solo il tarda età Bernard Berenson (1865-1959) si appassionò a Lorenzo Lotto e decise di consacrarsi al compito di ""arrivare a distinguere le opere autentiche da quelle che gli sono comunemente attribuite"""". Così, da un unico nodo di ammirazione estetica e di intuizione metodologica, nascevano allo stesso tempo quell' """"arte dell'attribuzionismo"""" che avrebbe reso Berenson uno dei massimi esperti mondiali di arte rinascimentale italiana e questo celebre libro che, pubblicato nel 1895, e ristampato in nuova versione nel 1955, avrebbe provocato la riscoperta di un artista che era stato per secoli quasi ignoto. """"Per capire bene il Cinquecento, conoscere Lotto è importante quanto conoscere Tiziano"""", ebbe a dichiarare Berenson, rintracciando nelle """"fluttuazioni dello stile lottesco, tanto fedele a se stesso quanto bizzarro e imprevedibile nella sua linea di sviluppo"""" due tratti dominanti che documentano l'aspetto meno noto della sensibilità rinascimentale italiana: una tensione religiosa vicina ai temi della Riforma e un'attenzione psicologica che fa di Lotto il più interessante ritrattista italiano."" -
Il Novecento italiano
Nel 1922 sette artisti - Sironi, Funi, Bucci, Dudreville, Malerba, Marussig e Oppi - iniziarono a riunirsi con il critico Margherita Sarfatti nella Galleria Pesaro di Milano. Il loro progetto mirava a ristabilire il ""primato"""", come allora si diceva, della nostra arte e si accompagnava al miraggio di un'Italia nuova. Il """"Novecento"""", il nome che scelsero, divenne subito """"italiano"""", perché affondava le sue radici in una sensibilità nazionalistica che la guerra mondiale e la vittoria stessa avevano alimentato. Elena Pontiggia raccoglie nel volume le carte di questo progetto, recuperando testimonianze e testi soprattutto dei primi anni Venti."" -
Ritratto d'artista
"Prima o poi nascerà una fede nei miei quadri, nei miei scritti, nei concetti che esprimo con parsimonia, ma nella forma più pregnante. I quadri che ho realizzato finora saranno forse solo dei preamboli, non lo so. Ne sono così insoddisfatto, se li passo in rassegna. Hanno torto quanti pensano che dipingere sia meglio di niente. Dipingere è una capacità. Io penso all'accostamento dei colori più caldi, che sfumano, che si liquefanno, rifrangono, stanno in rilievo, carica terra di Siena grumosa con verdi o grigi, e accanto una stella di un azzurro freddo, bianca, biancoazzurra. Sono diventato esperto e ho fatto i calcoli rapidamente, ho osservato ogni cifra e ho cercato di desumere. Il pittore può anche guardare. Ma vedere è qualcosa di più. Stabilire un contatto con un'immagine che ci riguarda, è molto. La volontà di un artista?"""". Con uno scritto di Rudolf Leopold." -
Manuale di volo. Dal mito greco all'arte moderna, dalle avanguardie storiche alla transavanguardia
«Dall'alto della sua condizione, l'arte ammira un paesaggio non molto ameno, l'atto di frammenti e detriti che costituiscono le scorie di una storia fatta di strappi, di ragionevole e raggelante continuità. L'angelo dell'arte respira un senso della storia che si produce a balzi, a forza di lacerazioni che non consentono ricuciture o accomodanti rammendi. L'arte detiene la profonda coscienza del tempo, l'interna sapienza della sua irresistibilità. La posizione fondante dell'arte è il nomadismo, il continuo spostamento verso il proprio confine, verso l'inevitabile frattura di ogni equilibrio del linguaggio. E questo avviene attraverso la differenza dell'opera, che si rifiuta di omologarsi con le altre opere e vive la condizione solitaria della propria superba discontinuità. Il tempo rapace, di Hölderlin, rapina nel suo vortice le cose e le dissemina ai piedi dell'angelo della storia, sbigottito davanti a tanta maceria. Soltanto l'arte può arrestare tali sprofondamenti, soltanto l'angelo dell'arte può resistere allo sfaldamento e creare un alveo, un cuneo che si insinua tra i frammenti e fonda una persistenza, una resistenza ed un armistizio. Ma questo non significa parafisi o nascondimento, non significa balsamo o phármakon, bensì rispondere al dissolvimento polveroso ed anonimo del quotidiano con una accelerazione ancora più eclatante.» -
L' arte del buddhismo
"Questo mio lavoro intende mostrare come i diversi popoli asiatici, nella misura in cui accoglievano e assimilavano la filosofia indiana, le idee nate dalla meditazione del Saggio sotto l'albero della Bodhi, gli aneddoti popolari generati dalla più aggraziata e lussureggiante immaginazione, hanno elaborato le forme concrete attraverso cui la religione buddhista doveva tradurre al meglio il loro specifico ideale. Non deve essere considerato un manuale di arte buddhista, ma un saggio sull'estetica di quest'arte, uno studio dei rapporti tra il pensiero religioso e le formule plastiche e tecniche che esso ha talvolta ispirato, talvolta ricevuto dall'esterno e modificato""""." -
Erotismo futurista. Teoria e pratica. Con cinque ricette afrodisiache
«'Erotismo futurista' raccoglie gli scritti dedicati alle ricerche compiute dall'avanguardia futurista sull'Eros e sul piacere. Grazie alle provocazioni di Filippo Tommaso Marinetti e dei futuristi suoi sodali, una ventata di sensazioni tattili, olfattive e gustative estreme, nel Novecento, cancellò dal panorama letterario italiano i torbidi sentimentalismi dell'amore romantico: con la sessualità sperimentata in totale libertà dai futuristi era inequivocabilmente nato un nuovo e moderno modo d'amare. Il libro, in Teoria, propone documenti e manifesti teorici dedicati alla concezione dell'Eros futurista senza alcun pregiudizio o preclusione ideologica, rispettando i gusti libertini e libertari dei futuristi in materia di amore, sentimenti e sessualità. In Pratica, con racconti, poesie e pièce teatrali descrive gli aspetti scabrosi, piccanti e pruriginosi della vita sessuale scandagliata, vissuta o soltanto immaginata nelle opere letterarie dai futuristi. Le Cinque ricette afrodisiache vanno a completare un percorso intellettuale dove, sotto ogni angolazione, a trionfare è il piacere della carne.» (Guido Andrea Pautasso) -
Il problema delle forme e l'almanacco del cavaliere azzurro
"Al tempo stabilito le necessità maturano. Ossia lo spirito creatore riesce ad aprirsi un passaggio dapprima in un'anima, poi nelle anime, suscitando una nostalgia, un impulso interiore. Quando le condizioni necessarie alla maturazione di una precisa forma si sono realizzate, l'impulso interiore diventa tanto forte da creare un nuovo valore nello spirito umano, un valore che comincia a vivere nella coscienza o nell'inconscio dell'uomo. Da quell'istante, consapevolmente o inconsapevolmente, l'uomo si mette a cercare una forma materiale per il nuovo valore che vive in lui in forma spirituale. Il valore spirituale inizia la sua ricerca di materializzazione. La materia è qui una sorta di dispensa, in cui lo spirito sceglie, come fa il cuoco, quello che di volta in volta gli è necessario. Questa ricerca è la positività, la creatività; questo è il bene. Il raggio bianco che feconda. Il raggio bianco determina l'evoluzione, l'elevazione. Dietro la materia, dentro la materia, si cela dunque lo spirito creatore, lo spirito attivo."""" (Vasilij Kandinskij). Con uno scritto di Klaus Lankheit." -
Memorie di una ritrattista
I Souvenirs di Elisabeth Vigée Le Brun (1755-1842) sono, innanzi tutto, l'autobiografia di un'artista, la storia della vocazione, del suo percorso creativo, della sua committenza. Dietro la pretesa ingenuità e la maschera della modestia femminile, dietro la civetteria di una donna consapevole della sua bellezza e dei suoi successi, avvertiamo una passione totalizzante, sorretta da una grande ambizione e da un'implacabile energia. Questa passione è la pittura. Madame Vigée Le Brun non si azzarda mai ad avventurarsi sul terreno della riflessione teorica e le brevi annotazioni di carattere tecnico sono annegate nel flusso dci ricordi. L'artista non è un intellettuale e manca, comunque, della cultura necessaria per imbastire un discorso critico. Dipingere è per lei un dato istintivo, che assorbe nutrimento direttamente dalla vita e, alla fine di queste memorie, sorge il sospetto che sia, in realtà, la vita stessa a essere vissuta in funzione della pittura. Con ottimismo incrollabile, con curiosità entusiasta, Madame Vigée Le Brun attraversa le prove più difficili della sua avventurosa esistenza. Ha l'edonismo della bellezza e il suo occhio instancabile registra con uguale avidità un quadro di Raffaello, un paesaggio, anfiteatro romano, un viso di donna. Non è solo la vista a lavorare per lei: tutti i suoi sensi sono impegnati a selezionare, ad assorbire le emozioni che le giungono dal mondo esterno e che ci restituirà come gioia di vivere attraverso la sua pittura. -
Miró
"Miró, come la maggior parte dei grandi pittori, non lavora per esprimere un modo di essere, felice o angoscioso che sia, ma per capire e superare un conflitto. Il sole della vita fisica e l'inquietante luna che presiede alle metamorfosi dell'inconscio vengono nella sua opera a mescolare le loro luci, e Miró dipinge per poter sfociare nella pura luce del giorno. Tenterò dunque di rivivere e di interpretare per sommi capi una storia, quella di uno spirito che lotta contro il turbamento che è in lui e che chiede all'arte di soccorrerlo.""""" -
Lettere su Cézanne
"Le lettere scritte da Rilke alla moglie Clara Westhoff nell'ottobre del 1907, al ritorno da visite compiute alla esposizione di Cézanne allestita nel Salon d'Antonine, sono di solito più citate che lette. Un poeta e narratore non ancora del tutto libero da scorie provinciali, anche se conosce l'Europa, con una cultura singolare, vasta, anzi vastissima, ma non di eguale qualità, trova nella mostra di Cézanne l'occasione per leggere in se stesso come mai gli era prima accaduto, e per formulare princìpi cui si mantiene fedele per il resto della vita. L'incontro sembra predestinato: Rilke cercava da anni quello che le due sale gli offrono di colpo, con tale intensità da renderlo, sulle prime, sconcertato. L'assimilazione, in ogni modo, è rapida: l'uomo che esce dall'ultima visita compiuta alla mostra non è lo stesso che vi era entrato due settimane avanti. Il Rilke che appartiene al nostro secolo sembra avere una seconda nascita nelle aule del Grand Palais, che Matisse e i suoi amici, quattro anni prima, avevano inaugurato in modo memorabile."""" (Dalla postfazione di Giorgio Zampa)" -
Lettere
"Il mio sbigottimento alla notizia della morte di Giorgio Morandi non è quasi tanto per la cessazione fisica dell'uomo, quanto, e più, per la irrevocabile, disperata certezza che la sua attività resti interrotta, non continui; e proprio quando più ce ne sarebbe bisogno. Non vi saranno altri, nuovi dipinti di Morandi: questo è, per me, il pensiero più straziante. E tanto più se ricordo quel che, ancora pochi giorni fa, egli mi diceva: """" Se sapesse, caro Longhi, quanta voglia ho di lavorare""""; ed anche: """"Ho delle idee nuove che vorrei svolgere..."""". Parole che denunciano l'improprietà, pur molto diffusa, di assimilare il percorso di un artista, soprattutto se anziano, a una parabola. Nella costante lucidità di Morandi, esso fu piuttosto una traiettoria ben tesa, una lunga strada; speriamo che resti aperta. Quelle poche frasi, sussurratemi nei suoi ultimi giorni (ed altre ne riporteranno certamente gli amici più vicini), stupiranno anche i molti che in Italia si sono accomodati a credere in una certa immobile comodità della posizione di Morandi dinanzi ai suoi semplici """"oggetti"""" disposti, scalati, variati, permutati; senza intendere che in quella sua lunga, instancabile, solenne """"elegia luminosa"""" - come ebbi a chiamarla presentandone la mostra al """" Fiore """" di Firenze nel '45, il giorno stesso della liberazione di Bologna"""". (Roberto Longhi)" -
Dürer mirabile incisore
Fu in Germania che, nel Quattrocento, l'invenzione della stampa, dell'incisione e della xilografia fornì al singolo la possibilità di diffondere le proprie idee in tutto il mondo. Proprio mediante le arti grafiche la Germania assurse al ruolo di grande potenza nel campo artistico, grazie principalmente all'attività di un artista che, benché famoso come pittore, divenne una figura internazionale solo per le sue doti di incisore e xilografo: Abrecht Dürer. Le sue stampe per più di un secolo costituirono il canone della perfezione grafica e servirono da modelli per infinite altre stampe, come pure per dipinti, sculture, smalti, arazzi, placche e porcellane, non solo in Germania, ma anche in Italia, in Francia, nei Paesi Bassi, in Russia, in Spagna e, indirettamente, persino in Persia. L'immagine di Dürer, come quella di quasi tutti i grandi, è cambiata secondo l'epoca e la mentalità in cui si è riflessa, ma sebbene le qualità distintive della sua innegabile grandezza furono variamente definite, questa grandezza fu riconosciuta subito e mai messa in dubbio. Con un testo di Erwin Panofsky. -
La lezione dell'antico
"L'Antico è la Vita stessa. Non v'è nulla di più vivo dell'Antico, e nessuno stile al mondo ha saputo né potuto raffigurare la Vita nello stesso modo. L'Antico ha saputo raffigurare la Vita, per che gli antichi sono stati i più grandi, i più seri, i più mirabili osservatori della Natura che siano mai esistiti. L'Antico ha potuto raffigurare la Vita, per che gli antichi, grazie a questa maestria nell'osservazione della Natura, hanno saputo vedere quel che vi è in essa di essenziale, ossia i grandi piani e i loro dettagli, le loro grandi ombre. E poiché in questo risiede la verità stessa, le loro figure, costruite secondo tali principi, hanno conservato nel corso dei secoli tutta la loro potenza. [...] L'Antico è per me la bellezza suprema, è l'iniziazione all'infinito splendore delle cose eterne: è la trasfigurazione del passato in qualcosa di eternamente vivo. I greci ci prendono per mano, ci fanno sentire la bellezza delle forme, l'elemento sacro presente in essa, ci mostrano con il loro esempio che non bisogna esser chiamati vanamente alla festa della Vita. i loro marmi sono i messaggeri divini che ci insegnano il nostro dovere"""". (Dall'introduzione). Con uno scritto di George Simmel." -
El Greco visionario illuminato
Quasi tutte le visioni sono intraviste dal purgatorio, quel gran purgatorio che era l'apoca sua, e questa è la ragione di quel giallo splendore che emerge dal fondo dei suoi quadri. El Greco vide il Signore, continua a guardarlornrn""Ogni maestro di pittura crea un'atmosfera particolare nei suoi quadri: l'atmosfera di Beato Angelico, quella di Botticelli, di Tiziano, del Greco, di Velàzquez, di Goya, di Solana. Non è una forma letteraria che va ad aggiungersi alla pittura, bensì qualcosa che scaturisce dalla superstizione dei colori, da quella tecnica che non s'impara nelle accademie e che dà luogo all'atmosfera come fosse una conseguenza spontanea. L'atmosfera del Greco odora d'umidità, di locali chiusi, di suffumigi in stanze con moribondi, di pazzia collettiva delle rinunce, di morte d'amore, di focolari pestilenti di crudeltà, di aspro timor di Dio, un timor di Dio tremendo come lo stare anni in attesa dell'esecuzione senza che il boia si decida a giungere."""""" -
Memorie di cieco. L'autoritratto e altre rovine
La scrittura di Derrida, indagando il tema della cecità in un fitto reticolo compositivo a forma di dialogo, decostruisce l'idea di una visione chiara e distinta. Una luce di tenebra attrae e avviluppa lo sguardo del lettore il quale, per mezzo del ricco apparato iconografico, ripercorre un cammino negli abissi della memoria, dove il disegno di ogni esistenza si traccia oscuramente. Lo svolgersi degli eventi e delle argomentazioni ricorda da vicino le atmosfere oniriche di Kafka o quelle allucinate e spettrali di Dostoevskij. Con ""Memorie di cieco"""" Derrida raggiunge uno dei vertici più alti del suo pensiero maturo: in un unico tessuto narrativo confluiscono i ricordi di un'intera esistenza, declinati attraverso una capacità impressionante di «utilizzo» di campi e metodologie disciplinari che spaziano dalla iconologia alla psicoanalisi, dalla storia dell'arte alla poesia. Il risultato è un testo straordinario che straborda in ogni direzione, travalicando ogni genere letterario canonico: autobiografia, romanzo di formazione, confessione, saggio filosofico, critica d'arte, libro per immagini."" -
Trattato sui principi e sulle regole della pittura
Né manuale pratico, né saggio teorico, il «Trattato» è un'analisi della pittura dal punto di vista linguistico e stilistico, in cui le competenze accumulate da Jean-Étienne Liotard in più di mezzo secolo si traducono nella definizione degli elementi essenziali del linguaggio pittorico, i dodici Princìpi, e nella formulazione di una serie di precetti inerenti la loro applicazione, le venti Regole. Nel testo l'anziano pastellista parla di temi quali l'importanza del disegno, la grazia o l'armonia, facendo riferimento alla propria opera e a quella di altri pittori contemporanei o del passato, primo fra tutti il venerato Correggio. Liotard ha qui sintetizzato un lungo lavoro di osservazione e classificazione empirica di dati relativi all'attività pittorica, deducendone poi le leggi: «la pratica ha quindi generato la teoria». Così, nelle Regole gli enunciati di carattere generale sono seguiti da esempi e dimostrazioni tratti dalla conoscenza e dalla vicenda professionale del maestro. -
Boccioni e il futurismo
«Mi conosco un poco in arte italiana, e vi posso assicurare che di grandi scultori non ne abbiamo avuti molti; ma alcuni grandissimi addirittura, che bastano. Sono Giovanni Pisano - Giotto - Jacopo della Quercia - Antonio Rizzo - Michelangelo. Eppoi di grande tradizione scultoria di grande stile - poiché voi credete bene al grande stile, lo so - più nulla. Ho già detto di passata perché non si può pretender nulla da Bernini; varrebbe la pena di cercare più tardi se non fosse per fermarci a Rosso che per quanto grande ci appare troppo spaesato per poterlo includere in questo glaciale menù di grandezze? Non credo. Bisogna dunque cercare tutti i modi - dalla impersonalità storica più irreprensibile ai pugni e alle bastonate - per far comprendere a chi spetta di comprendere, in Italia, che a quella schiera magica va aggiunto al più presto, subito, il nome di Boccioni - questo grande scultore». Postfazione di Maria Cristina Bandera. -
Il poeta e gli antichi dei
"La ricostruzione sensibile e partecipe di alcuni momenti decisivi della poesia e della riflessione hölderliniane consente a Otto di farne il paradigma del tentativo più alto e più religiosamente ispirato di riafferrare l'antico in seno alla modernità ma, al tempo stesso, il paradigma anche del suo ineluttabile fallimento. La definizione di ciò che è il «tragico» dell'esperienza hölderliniana, dietro la quale s'intravede l'ombra lunga dello scacco per molti versi analogo di Nietzsche, è la premessa dell'ultima mossa dell'indagine di Otto. Essa consiste nella riproduzione, dinanzi al fallimento del naturalismo goethiano col suo anarchico individualismo così come dinanzi al fallimento della mistica cultualità hölderliniana, della religiosità olimpica come autentica, eterna creazione del genio greco, nell'ambito di una Kulturkritik radicale, senza nostalgia né utopie. Tale è dunque la linea ispiratrice del libro, che si risolve nella constatazione dell'incapacità della poesia moderna di rivivere l'esperienza della grecità olimpica, di rifarsi epos eroico."""" (Dallo scritto di Gianni Carchia)"