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Come si cura il nazi
L'aggressività nazionalista, il razzismo, l'integralismo religioso, il fanatismo dell'appartenenza sono tornati sulla scena del mondo e rischiano di portarlo verso la barbarie. Come possiamo definire questo ritorno della bestia immonda? Possiamo chiamare ""fascismo"""" comportamenti così diversi? Forse dovremmo parlare piuttosto di una psicopatia che si sta diffondendo nella vita quotidiana delle popolazioni del mondo dopo trent'anni di sistematico incitamento alla competizione. La bestia immonda è figlia del trentennale dominio incontrastato del grande capitale globalista e dell'egemonia dogmatica del liberismo privatista. La globalizzazione ha prodotto un effetto di spaesamento, di deterritorializzazione e di dissoluzione dei legami comunitari e sociali. Perciò lo psichismo collettivo reagisce con paura, insicurezza, ansia, e con potenti tentativi di riterritorializzazione, di ricostruzione aggressiva di un'identità. Pubblicato per la prima volta una quindicina di anni fa, questo libro suscitò un certo scandalo alla sua uscita. In questa nuova edizione, alla ristampa integrale del testo originario, l'autore aggiunge una lunga appendice dedicata al """"baroccofascismo"""" che domina l'Italia da quando, nel 1994, """"un despota da operetta si è impadronito del controllo sul cervello collettivo degli italiani, portandoli, come sembra, verso l'abisso."""""" -
Critica alla guerra umanitaria. Il dibattito italiano sull'intervento militare della Nato nei Balcani
Tra gli effetti prodotti dai drammatici eventi dell'11 settembre 2001, vi è anche quello di avere fatto velocemente dimenticare a larga parte dell'opinione pubblica europea un'altra data: la primavera del 1999. I mesi, cioè, in cui il nostro Paese partecipò, nel quadro della Nato, ai bombardamenti aerei sulla Repubblica Federale di Jugoslavia, con lo scopo dichiarato di difendere gli albanesi del Kosovo dalle violenze del governo di Slobodan Milosevic (la cosiddetta ""guerra umanitaria""""). I mesi in cui, inoltre, si inaugurò un periodo, tuttora in corso, costellato da varie guerre americane ed euro-americane contro soggetti considerati, di volta in volta, nemici dei diritti umani, della democrazia o, addirittura, dell'Occidente intero. Tornare a riflettere sulla primavera di quell'anno significa dunque riflettere sulla prima esplicita manifestazione della politica aggressiva degli occidentali verso l'esterno nell'ultimo decennio. Esistono guerre che si possano definire """"umanitarie""""? È possibile coniugare l'aggettivo """"giusta"""" alla realtà della guerra? Il fine della garanzia dei diritti può giustificare il mezzo della guerra contemporanea? Esiste un pacifismo possibile nell'epoca post-bipolare? Il libro traccia un percorso all'interno di queste domande, mettendo a fuoco le strategie argomentative che sono state utilizzate da studiosi, giornalisti e dirigenti politici a favore o contro l'intervento militare della Nato nei Balcani."" -
La produzione del sapere vivo. Crisi dell'università e trasformazione del lavoro tra le due sponde dell'Atlantico
Un dato emerge con chiarezza dalle analisi sull'istruzione superiore: il ruolo tradizionale dell'università formatesi in età moderna è definitivamente mutato, in stretta connessione con le trasformazioni del sistema produttivo e il nuovo ruolo assunto dal sapere. Assumendo una prospettiva compiutamente globale, il libro discute le principali teorie della transizione capitalistica degli ultimi anni, focalizzando la propria attenzione sui processi di ""cognitivizzazione"""" e precarizzazione del lavoro e sui nuovi conflitti che al loro interno si aprono. Basandosi su un'approfondita ricerca sul campo (o """"conricerca"""") in Italia e negli Stati uniti, a partire dalle lotte che negli ultimi anni si sono sviluppate su entrambe le sponde dell'Atlantico vengono qui anticipati e sviscerati i principali temi del recente movimento universitario. In particolare, illustrando con chiarezza l'intrecciarsi della crisi economica globale e della crisi dell'università, il testo si presenta, da un lato, come uno studio capace di innovare il campo della ricerca teorica sulle trasformazioni del sapere, dei sistemi formativi e del lavoro, dall'altro, come uno strumento indispensabile per comprendere quell""""'onda anomala"""" che negli ultimi mesi ha rovesciato la crisi in occasione di conflitto e costituzione di autonomia."" -
Diari di guerra e di pace
I saggi qui raccolti esplorano alcuni diari romantici (di S.T. Coleridge, Dorothy Wordsworth, Mary Shelley, Eugénie de Guérin), altri diari scritti in tempo di guerra o di rivoluzione (tra cui quelli dell'americano Joseph LeConte, di Marina Cvetaeva e di Virginia Woolf), i taccuini dell'antropologo e quelli dello scrittore. Tradurre in parole un'esistenza quotidiana, una vita sfuggente e colorata o difficile e drammatica; mostrare il farsi stesso del pensiero e del sentimento nel loro evolversi e mutare, in situazioni di guerra e di pace: questo il senso dei testi qui esaminati. In essi e nel taccuino dell'antropologo domina necessariamente una riflessione sul tempo, sull'altro e su di sé. Se questo genere ibrido affascina ancora la critica è perché rivolge al lettore domande teoriche ed esistenziali alle quali non è mai semplice rispondere. ""Alle donne si addice piangere, agli uomini ricordare"""", affermava Tacito. C'è molto da obbiettare a questa osservazione: uomini e donne ricordano. Può accadere che ricordino cose completamente diverse, ma se hanno una mente d'artista tenteranno una resa della realtà che abbia un valore cognitivo e che sia fonte di inesauribile piacere estetico."" -
Dall'euforia al panico. Pensare la crisi finanziaria e altri saggi
Nel momento in cui, da più parti, si parla di una crisi finanziaria ormai alle spalle, i testi di André Orlean qui proposti per la prima volta al lettore italiano offrono un'inconsueta, quanto rigorosa, chiave di lettura delle origini di tale crisi, del suo sviluppo, delle ragioni del suo probabile, ciclico riproporsi. Prendendo le mosse da uno studio sistematico dell'evoluzione delle forme istituzionali dell'economia monetaria di produzione (e da una rilettura del concetto keynesiano di incertezza), la ricerca dell'economista francese spiega il ruolo centrale e pervasivo assunto dai mercati finanziari nel capitalismo contemporaneo, proponendone una regolamentazione volta a limitare il potere della finanza. Al lettore è offerta un'interpretazione della crisi e della natura endogena - ossia non episodica, ma strutturale - dell'euforia che la prepara e del panico che la connota. Chiare risultano le logiche perverse che stanno dietro l'attività speculativa e l'autoreferenzialità dei mercati finanziari, la cui ""razionalità"""" condiziona pesantemente l'attività economica globale e le decisioni delle principali Banche Centrali."" -
La tentazione democratica. Politica, religione e diritto nel mondo arabo
In questo lavoro Yadh Ben Achour analizza le ragioni dei mutamenti e delle continuità che caratterizzano il diritto, la religione e la politica nei moderni paesi arabi, facendo tesoro dell'esperienza del riformismo arabo-musulmano ottocentesco e contemporaneo. Nella sua ricostruzione, il contesto delle relazioni internazionali - passate e presenti - concorre in modo determinante alla definizione dei termini del dialogo tra il mondo arabo e i paesi occidentali e alla costruzione delle rispettive identità collettive. L'autore dà conto della vitalità e della dinamicità che appartengono da sempre alle società civili arabo-musulmane, nonché della preziosa ricchezza dei dibattiti che appassionano le cittadine e i cittadini dei paesi del sud del Mediterraneo in tema di diritti umani, democrazia, Stato di diritto e costituzionalismo. ""La tentazione democratica agita il mondo arabo"""", spiega Ben Achour, e """"le forze democratiche esistono, tra i partiti liberali di opposizione, le organizzazioni di difesa dei diritti umani, i movimenti femministi"""". La ricchezza di questo libro, la descrizione chiara e colta delle complesse questioni giuridiche, politiche ed etiche che investono la sponda sud del Mediterraneo aiutano senza dubbio a cogliere la vastità della civiltà araba e musulmana, che permane pressoché sconosciuta, se non addirittura maltrattata, derisa, ridotta a uso e consumo di quell'Islam globalizzato e standardizzato, che molti autori hanno contribuito a criticare o a diffondere."" -
Quando il cinema si fa politica. Saggi su «L'opera d'arte» di Walter Benjamin
Nel 1936 Walter Benjamin pubblica ""L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica"""". L'entusiasmo dell'autore per le capacità rivoluzionarie del cinema è stato quasi sempre """"stigmatizzato"""" come un'ingenua credenza in un'utopia tecnologica. Il presente volume dimostra che non si trattava di ingenuità, ma di un preciso progetto teorico: la riformulazione di alcune categorie del marxismo classico. L'autore individua un'interazione tra concetti marxiani e alcuni elementi che Benjamin vede al lavoro nella macchina-cinema (montaggio, attore, divertimento). Alienazione, ideologia, dialettica, storia, internazionalismo e valore, osservati attraverso le lenti dell'opera d'arte, offrono nuova linfa alla comprensione del presente. """"Quando il cinema si fa politica"""" legge il saggio benjaminiano come un tentativo di interpretare il mondo per trasformarlo, quindi come un testo di teoria e di prassi politica senza limitarlo alla sola dimensione estetica o sociologica. E per questo motivo che, ben oltre il cinema, nell'opera d'arte troviamo un modello epistemico diretto a tutti i mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi: non tanto strumenti di condizionamento e controllo, ma possibilità di trasformazione culturale."" -
La testa del drago. Lavoro cognitivo ed economia della conoscenza in Cina
Di fronte al prevalere di dubbie immagini cronachistiche, stereotipate e fobiche, questo libro si propone un duplice obiettivo: da un lato, far conoscere anche nel nostro paese almeno una parte della ricca letteratura internazionale sulla Cina, quasi del tutto ignota al pubblico italiano; dall'altro, analizzare la transizione cinese all'interno delle trasformazioni produttive che negli ultimi decenni hanno cambiato globalmente il rapporto tra capitale e lavoro vivo. E infatti assai riduttivo e fuorviante continuare a pensare alla Cina nei termini di una sterminata riserva di forza lavoro impiegata in occupazioni manuali prive di abilità che invece sarebbero scomparse nei centri della produzione globale. Come mostrano gli studi qui raccolti, lungi dal presentarsi come una periferia del capitalismo cognitivo, la Cina sta diventando uno dei suoi nodi nevralgici. Lo dimostrano i grandi investimenti nella formazione, la produzione hi-tech, la mobilità del lavoro e i conflitti che pochi o nessuno raccontano nel leggere il ""miracolo cinese"""". Oltre al valore scientifico, i saggi qui presentati hanno il pregio di essere frutto di lunghe ricerche sul campo e di accurate indagini etnografiche. Il modo migliore, dunque, per addentrarsi nell'ancora troppo poco noto continente cinese."" -
Cosa può un corpo? Lezioni su Spinoza
Deleuze ha avuto con Spinoza un rapporto appassionato. Gli ha dedicato pagine intense, dalle quali traspaiono la bellezza e le difficoltà che spesso hanno gli incontri inusuali, quelli che fanno intraprendere strade sconosciute e indicano modi nuovi di vedere le cose. Tutta l'opera di Deleuze è attraversata da una tensione febbrile, e spesso si viene spiazzati dagli scarti fulminei di un pensiero che si spinge sempre oltre. Quando Deleuze si occupa di Spinoza, questo effetto di disorientamento è ancora più forte. Quello che ci troviamo di fronte, infatti, non è più l'autore che siamo abituati a conoscere attraverso una lunga tradizione interpretativa. Un'intera costellazione concettuale, che pure ci orientava, salta, aprendoci nuovi e imprevedibili orizzonti. Il volume presenta le lezioni su Spinoza pronunciate da Deleuze all'Università di Vincennes tra il novembre del 1980 e il marzo del 1981. La riflessione critica sul filosofo olandese è stata sempre fondamentale nello sviluppo dell'opera di Deleuze, un riferimento costante che ne ha accompagnato e segnato l'intera produzione. Questi seminari ci offrono perciò l'opportunità di entrare nel laboratorio filosofico di Deleuze, di osservare in presa diretta come, attraverso il lavoro di smontaggio e rimontaggio compiuto sui principali concetti spinoziani, egli giunga progressivamente a codificare le categorie che hanno fatto del suo pensiero un ""unico"""" nel panorama filosofico contemporaneo."" -
Così lontano, così vicino. Tattiche mediatiche per abitare lo spazio
"La maggior parte di chi viaggia, viaggia per tornare indietro"""", ha scritto Michael de Montaigne. Anche chi scappa, chi fugge deliberatamente, chi se ne va in cerca di una nuova vita, porta con sé il calore della casa che lo ha cresciuto, dei luoghi, degli oggetti, degli odori, dei suoni familiari. Ricominciare in un altro luogo richiede un lungo processo di """"colonizzazione"""" dello spazio ospite, di addomesticamento del nuovo. Una volta abbandonato il proprio spazio domestico, però, è facile sentirsi stranieri, fuori posto, senza casa. Quando siamo in cammino, dispersi dalle guerre, dalla politica o dal desiderio di una vita migliore, come facciamo a sentirci """"a casa""""? Possiamo, attraverso i media, ricreare almeno un po' del calore di casa: la radiolina, il telefono, il giornale, la videocassetta, il dvd, l'ipod, l'antenna satellitare, Internet. Questo libro prova a definire il nuovo concetto di """"casa"""" (intesa come home/heimat) prodotto dal mix di globalizzazione e nuovi media e indaga gli usi, le tattiche, le storie di coloro (migranti, turisti, rifugiati) che per qualche motivo - temporaneamente o per sempre - sono costretti a vivere lontano dal proprio paese, dalla propria famiglia, dal proprio universo culturale e fanno di tutto per tornare a casa con ogni mezzo (di comunicazione) possibile." -
Fine terra. Benjamin a Portbou
Agli inizi dell'autunno del 1940, il quarantottenne Walter Benjamin attraversa la sua ultima frontiera. Nel marzo del 1933, abbandonata una Berlino ormai avvolta da un'aria ""assai poco respirabile"""", raggiunge Parigi, trovandovi un temporaneo rifugio, che nel giugno del Quaranta dovrà però abbandonare in seguito all'occupazione tedesca. Sottoponendosi a uno sforzo che per lui, sofferente di cuore, sarebbe potuto risultare fatale, il 25 settembre varcò clandestinamente il confine franco-spagnolo, seguendo un estenuante itinerario tra le montagne pirenaiche. In serata, giunto a Portbou, piccolo villaggio catalano, poiché sprovvisto dei documenti necessari per lasciare la Francia, sarebbe dovuto essere immediatamente riaccompagnato al confine. Tuttavia, gli venne concesso di passare la notte in paese. Prese così alloggio in un albergo, ma di lì a qualche ora si tolse la vita. Sulla base di documenti ritrovati nei primi anni Novanta del Novecento e di nuove testimonianze, il libro indaga minuziosamente sulle ultime ore della vita di Walter Benjamin, sul suo decesso e sulla singolare vicenda della sepoltura, presentando evidenze documentali, congetture e dubbi ancora irrisolti. Ma esso vuole essere anche una guida per chi, avendo scelto di recarsi in quel villaggio sulla riva del Mediterraneo, intenda sostare dinnanzi a ciò che, oggi, ricorda l'ultimo passaggio dell'apolide in fuga dall'Europa in fiamme."" -
Dalla diaspora, voci in contrappunto. Hannah Arendt ed Edward W. Said nel conflitto sionista-palestinese
Attraverso le vicende biografiche, intellettuali e politiche di Hannah Arendt, un'ebrea tedesco-americana, e Edward Said, un palestinese americano, l'autrice ripercorre alcuni momenti significativi del conflitto che, fin dagli anni Venti del Novecento, ha contrapposto le aspirazioni sioniste (che porteranno nel 1948 alla nascita dello Stato di Israele in Palestina) alle reazioni del popolo palestinese alla espropriazione della propria terra. Con voci diverse, Arendt e Said hanno raccontato la storia di quel conflitto e la sua genesi, tragicamente intrecciata alle vicende europee di fine Ottocento (segnate da imperialismo, nazionalismo e antisemitismo) e della prima metà del Novecento (primo conflitto mondiale e nazismo). Alle profetiche previsioni di Arendt, che sin dagli anni Quaranta temette un esito catastrofico dell'avventura sionista, si affianca, in contrappunto, la voce di Said che, pur denunciando l'originaria ingiustizia storica subita dal popolo palestinese - che ancora attende almeno un risarcimento morale -, ritiene sia possibile arginare la catastrofe che abita in quel disgraziato lembo di terra mediorientale, purché la pace sia coniugata con la giustizia, al di là delle truffaldine formule degli accordi di Oslo che, costruite dagli israeliani e dagli americani, hanno fatto sì che il conflitto si incancrenisse e la tragedia del popolo palestinese si aggravasse. Un ammonimento per l'oggi? -
Politiche della verità. Michel Foucault e il neoliberalismo
Si può parlare di una funzione critica del liberalismo inteso come ""stile governamentale"""" e non (solo) come tecnologia di potere? Fino a che punto, tuttavia, è possibile mantenere quest'attitudine critica dal momento che il liberalismo contemporaneo si struttura in un """"regime di veridizione""""? In una prospettiva foucaultiana, la posta in gioco consiste precisamente nell'individuare """"la verità nei suoi effetti di potere e il potere nei suoi effetti di verità"""". Intorno a questi due interrogativi si sviluppa l'indagine di Foucault in """"Nascita della biopolitica"""", vero e proprio work in progress di un'ontologia storica del presente che dà luogo a un compito etico-politico che si esprime in un """"giornalismo filosofico"""" da intendersi come atteggiamento critico nei confronti del proprio presente e indirizzato a far emergere la configurazione attuale dei rapporti di forza, al fine di mettere in luce sia la sua contingenza storica, sia le linee di fragilità del potere su cui è possibile agire. Foucault individua nella governamentalità neoliberale uno scarto essenziale rispetto al liberalismo classico: con il neoliberalismo è in gioco una tecnologia governamentale che ridefinisce completamente il potere di normazione, che investe non tanto l'individuo come soggetto psicologico ma la razionalità contemporanea. Prefazione di Judith Revel."" -
Offshore. Paradisi fiscali e sovranità criminale
I paradisi fiscali non sono un altrove della finanza, dove i capitali fuggono e i loro titolari evadono, come se questo esodo sfociasse in economie parallele che ci si ostina a presentare come marginali e anomale. Queste metafore non colgono la realtà dei paradisi fiscali, il loro essere organismi politici sovrani che si sviluppano offshore e concentrano la metà delle riserve mondiali di denaro. I fondi ammassati in questi luoghi non vanno più pensati come dei malloppi accumulati da finazieri rapaci e da imbroglioni della grande industria, né alla stregua degli avari che accumulano i soldi per poterli contemplare in segreto. Al contrario, questo denaro ""lavora"""", e senza nessun ostacolo, dal momento che è contabilizzato offshore. Con queste nuove sfere di potere crescono fortune sospette e ibridazioni ambigue i cui effetti si fanno sentire direttamente nei nostri Stati cosiddetti democratici. Non si tratta semplicemente di evasione fiscale. Ridurre il problema offshore a questo fenomeno significa anzi trascurare il modo in cui le fughe di capitale consentono il finanziamento di organizzazioni, società, attori, così come di strutture attraverso le quali è sempre più facile dominare gli Stati di diritto e gestire fuori dalla legge le loro politiche private. Frodare il fisco non significa solo ridurre i costi per aumentare le rendite; significa anche colpire le istituzioni pubbliche, e di conseguenza la stessa nozione di bene pubblico, per costruire offshore dei poli di decisione occulta."" -
Critica del cielo, critica della terra. Saggi su marxismo, religione e teologia
Fredric Jameson definisce l'opera di Roland Boer ""uno straordinario tour de force"""" alla scoperta delle riflessioni che numerosi intellettuali marxisti hanno dedicato alla religione e alla teologia. Prendendo le mosse da pensatori classici quali Walter Benjamin, Antonio Gramsci e Louis Althusser, fino ad arrivare ad alcuni autori al centro del dibattito contemporaneo - Alain Badiou, Slavoj Zizek, Giorgio Agamben e Antonio Negri -, il progetto critico di Boer mira innazitutto a sviluppare categorie utili al rinnovamento del dibattito sul rapporto tra marxismo e religione. A guidarlo in questo lavoro è la convinzione, seguendo Marx, che la religione sia quella """"coscienza capovolta del mondo"""" che il mestiere della critica deve ribaltare, riportare con i piedi per terra, rivelandone le forme e le funzioni ideologiche ma anche i complessi legami che essa intrattiene con i bisogni e i desideri dell'animo umano. Boer non intende riproporre un'analisi dei fenomeni religiosi come mere espressioni della """"miseria reale"""", né proporre una riedizione di temi già esplorati dalla teologia della liberazione. E neppure si deve leggere il suo lavoro come una corrente marxologica interna a quella costellazione affatto disomogenea che è la teologia politica. La sua originalità e la sua forza stanno soprattutto nella capacità di portare alla luce l'inconscio religioso di tanta parte del marxismo occidentale. Con una postfazione di Antonio Negri."" -
Prospettiva Deleuze. Filosofia, arte o politica?
Per un testo che vuole essere introduttivo non è certo facile dare conto di un pensiero che, come quello di Deleuze, ha attraversato i campi e affrontato i problemi più diversi e apparentemente lontani. L'autore sceglie di misurarsi solo con alcuni dei molti temi di una trama di ricerche e di creazione di concetti tra le più ricche e straordinarie della filosofia contemporanea. L'intento espressamente dichiarato è quello di tracciare una mappa e fornire una ""prospettiva"""" attraverso le quali cogliere l'originalità e la complessità del percorso di pensiero di Deleuze. Ciò lo porta inevitabilmente a rinunciare a molte delle tematiche affrontate dal filosofo francese. Ma grazie a questa rinuncia viene tenuta a freno ogni semplificazione di un mondo filosofico tanto generoso e potente quanto """"modesto"""" e implacabile. Così, queste inevitabili lacune, come l'insieme del libro, valgono da pressante invito alla lettura diretta delle opere di Deleuze, di questo straordinario filosofo che è tanto più sovversivo quanto più è, come egli stesso orgogliosamente rivendicava, un """"filosofo molto classico"""". E lo è, un """"classico"""", proprio perché, come nessun altro, ha scompaginato, nella nostra epoca, e con la gioia di una gaia scienza atea e minoritaria, tanto la distribuzione degli esseri e dei concetti, quanto le prospettive etiche e politiche, facendoci vedere e sentire, con i suoi concetti, la miseria della forza del potere e quella della stupidità violenta del """"pensiero"""" maggioritario."" -
Senza asilo. Saggi sulla violenza politica
Il volume propone alcune riflessioni sulla scena nascosta della politica, quella in cui la violenza gioca un ruolo fondamentale tanto nell'ordinamento quanto nella disgregazione dei collettivi umani. Da diverse prospettive disciplinari, il tema della violenza politica è affrontato cercando di sottrarlo ai luoghi comuni che ne accompagnano l'osservazione contemporanea, in particolare quelli che vorrebbero limitarlo alla guerra e al terrorismo. L'attenzione è dunque rivolta a quelle dimensioni della violenza collettiva di cui è sempre più difficile comprendere il carattere politico. Le ricerche partono da una duplice constatazione: da un lato, che la violenza, quando interpretata politicamente, stenta ad assumere un ""valore eticamente"""" univoco, tale da determinarne la condanna di ogni sua espressione (l'esempio tipico è quello delle professioni di non-violenza), dall'altro, che è sempre più problematico configurare un punto di raccolta (istituzionale, organizzativo, ideale) in cui le violenze collettive siano considerate legittime (come, ad esempio, accadeva nel passato nel cono d'ombra delle """"rivoluzioni""""). Le ragioni di questa problematicità dipendono sostanzialmente dalle trasformazioni di cui la violenza politica è stata protagonista nella storia recente, e i saggi qui proposti cercano innanzitutto di rendere osservabili alcune di esse."" -
La vita che verrà. Biopolitica per Homo sapiens
La vita che verrà è quella che, finalmente, di nuovo possiamo immaginare oltre quella che stiamo vivendo. Una vita che in molti hanno provato a farci credere fosse non solo l'unica possibile ma anche la migliore. Ma oggi sappiamo che questo non è vero, che altre vite sono possibili, che così come - ad esempio non moriamo più per il virus del vaiolo (che sopravvive ibernato solo nei frigoriferi di due laboratori scientifici), possiamo anche vivere senza e oltre il capitalismo. Non è certo la prima volta che una vita diversa viene immaginata, e non sarà certamente nemmeno l'ultima. L'idea di questo libro è che per provare a immaginare la vita che verrà sia necessario partire dalla natura umana. Siamo animali fatti di immaginazione, e quindi di desiderio, quello stesso desiderio di cui il filosofo Gilles Deleuze diceva che ""non ce n'è mai abbastanza"""". E siamo questa capacità di immaginare perché la nostra natura biologica coincide, di fatto, con la facoltà di linguaggio. Forse allora è la biolinguistica, la scienza che studia il linguaggio come fenomeno biologico, che ci serve per capire come può essere una vita umana adatta alla nostra natura."" -
Memorie oltre confine. La letteratura postcoloniale italiana in prospettiva storica
Negli ultimi decenni si sono sviluppate forme di storia, di filosofia, di antropologia postcoloniale, ma la letteratura resta ancora una via maestra per comprendere che cosa stia succedendo nella cultura che fa da sfondo agli studi postcoloniali e che tocca continuamente nuove frontiere. Il libro di Gabriele Proglio si pone su questa strada, affrontando un tema di grande attualità: la necessità di sviluppare un approccio postcoloniale in prospettiva storica per quanto riguarda l'Italia. La letteratura postcoloniale in lingua italiana consente l'accesso a quella sfera della soggettività che il fascismo tentò di colonizzare - come parte integrante della colonizzazione materiale incontrando per altro resistenze di vario genere. L'Italia attuale, da cui muove esplicitamente il lavoro, è inserita nel mondo globale e si caratterizza come punto di incrocio di una rete di canali di migrazione. La figura del migrante sta quindi al centro della trattazione. Appoggiandosi alle proposte dei principali teorici di studi postcoloniali, essa articola la riflessione sull'ibridazione delle culture nell'esperienza e nella scrittura dei soggetti delle migrazioni (ma anche dei loro discendenti e dei loro interpreti). Si delinea così un universo terzo, che si confronta con quello di partenza e con quello di arrivo, illuminando le strategie di vita dei migranti e i loro movimenti attraverso il tempo e lo spazio. -
Chi decide? Critica della ragione eccezionalista
Guantanamo, il Patriot act, le extraordinary rendition, ma anche i centri di detenzione per migranti, l'abuso della decretazione d'urgenza, lo strapotere della protezione civile, per non parlare delle global wars o del conflitto israeliano-palestinese: se il presente si definisce intorno agli imperativi dell'emergenza e della sicurezza, l'eccezione sembra costituirne la chiave di lettura privilegiata. Ma davvero viviamo in uno stato di eccezione permanente e generalizzato? Parlare di eccezione chiama in causa un atto che sospende temporaneamente un dato ordinamento, identificando un soggetto sovrano che decide. Di tutto ciò è difficile trovare traccia nella crisi in cui precipita oggi ogni possibile distinzione fra interno/esterno, guerra/pace, militare/civile, pubblico/privato. Nasce da qui la necessità di una critica che, attraverso una lettura innovativa di Carl Schmitt e Walter Benjamin e l'analisi degli strappi allo stato di diritto che caratterizzano gli ultimi decenni, incrina l'apparente unanimità con cui ci si appella alla ragione eccezionalista per dar conto delle anomalie del presente. Chiedersi ""chi decide?"""", infatti, significa intraprendere un esercizio di immaginazione geografica, un percorso tra le cartografie sovrapposte e le sovranità multiple che definiscono la governance globale, per scoprire una trama complessa di attori, norme e procedure che si rivela irriducibile a ogni racconto fondato sullo stato di eccezione.""