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Storia e riproposta di un antico ricettario di casa Viscido
"Nel solco delle ricerche che hanno da sempre caratterizzato i contenuti culturali della nostra Delegazione, il libro di Mario Putaturo Donati Viscido di Nocera si inserisce perfettamente, offrendo spunti di grande interesse sulla provenienza di alcuni piatti tradizionali delle terre del salernitano e del napoletano. A tal fine, l'autore ha fatto ricorso a un antico ricettario della sua famiglia, pazientemente e diligentemente ricostruito a seguito della dispersione dovuta agli eventi bellici e sismici che hanno interessato la casa avita."""" (Dalla Premessa)" -
L' arte di imbandire la tavola e il «Dessert per 60 coverti» dei Borbone di Napoli. Ediz. a colori
Un documento datato 1830 ha permesso di ritrovare gli elementi di un grande ""Dessert"""" (era questo il nome con cui venivano chiamate al tempo le decorazioni del centro-tavola) realizzati dalla Real Fabbrica Ferdinadea della Porcellana verso il 1785 per la corte napoletana di Ferdinando IV di Borbone. L'insieme, per un totale di 114 biscuit tutti reperiti tra depositi e vetrine del Museo Nazionale di Capodimonte, ha permesso la ricostruzione dell'unico centro tavola napoletano giunto a noi nella sua integrità sopravvivendo alle vicissitudini storiche e allo stesso tempo è servito da spunto per condurre una ricerca parallela sulla maniera di allestire la tavola aristocratica a Napoli durante il XVIII secolo, in particolare presso la corte borbonica. Rituali e consuetudini del servizio alla Francese insieme alla rievocazione dell'arredo delle sale adibite al pranzo ci consentono oggi di comprendere come doveva presentarsi agli invitati a corte in occasione dei banchetti ufficiali la tavola del Re, un vero elogio al patrimonio archeologico dei Borbone riprodotto in miniatura nei biscuit del """"Dessert"""" e alle bellezze naturali del Regno miniate con perizia sul vasellame del Servizio detto dell'Oca che ad esso si accompagnava."" -
Proverbi marinari. 370 antichi detti napoletani tradotti con glossario, indici e 14 stampe a colori
Antologia di detti napoletani dedicati al tema del mare e dei naviganti. -
Pinocchio e la ingiustizia
In questo libro Elio Palombi rilegge ""Le avventure di Pinocchio"""" del Collodi con un taglio originale, evidenziando come l'autore, dopo le precedenti esperienze di Giannettino e di Minuzzolo, sia ritornato ancora una volta alla letteratura per l'infanzia. Con una geniale intuizione Collodi muta decisamente registro, avendo compreso che quel genere letterario, trattato in chiave surreale, gli offre un escamotage per lanciare un messaggio, ben più profondo, agli adulti, affrontando temi vitali della società. Egli cerca, in tal modo, di liberare l'uomo dalla falsa retorica profondamente radicata nella famiglia, nella scuola e nella società tutta. Nell'affrontare il tema della giustizia il Collodi intendeva parlare ai ragazzi, ma il messaggio era principalmente diretto ai grandi. Con una satira sferzante, egli muove pesanti critiche all'apparato giudiziario per smascherarne l'arretratezza. Il messaggio, in questo caso, è rivolto a chi detiene il potere, gestito senza il minimo rispetto della persona umana, come il povero Pinocchio che, frastornato e deluso, subisce, senza comprenderne le ragioni, gli effetti di una giustizia amministrata in maniera arrogante e disumana."" -
Il caffe e Napoli
È la storia affascinante del lungo viaggio compiuto dal caffè nel corso dei secoli per affermarsi e diventare la bevanda preferita da quasi tutti i popoli del mondo e in particolare dei Napoletani. L'autrice riporta leggende, testimonianze letterarie, opinioni scientifiche, dispute mediche, controversie religiose che hanno di volta in volta promosso o contrastato la diffusione del caffè nei vari periodi storici e nelle diverse civiltà. Mentre in molte città italiane, come Venezia, Firenze, Milano, Torino, la scura bevanda si affermava con successo e si aprivano locali eleganti dove consumarla, a Napoli stentava a decollare, servita sporadicamente nei ricevimenti di nobili e ricchi per ostentare raffinato esotismo. Finalmente nella seconda metà del Settecento il caffè ebbe la sua consacrazione grazie a Vincenzo Corrado, massimo gastronomo napoletano, che nel 1773 pubblicò il primo trattato napoletano sul caffè. In breve anche Napoli ebbe i suoi Caffè che sorsero come funghi, una miriade, eleganti e raffinati, dove si svolse la vita intellettuale ottocentesca della borghesia napoletana, o modesti e popolari per una clientela meno esigente. Brevi note sono dedicate nel libro ai Caffè più importanti, quasi tutti scomparsi. Il nero infuso entrò con prepotenza a far parte della realtà napoletana in tutte le classi sociali e si moltiplicarono studi e scritti sul caffè tra cui il più importante fu il lavoro di Gaetano Picardi, illustre medico a Napoli nella metà dell'Ottocento, intitolato Del Caffè - Racconto storico- medico, in cui l'argomento è analizzato sotto tutti i punti di vista ""perché, afferma Picardi la bevanda del caffè è famigliare come il pane e il riso appo le nazioni incivilite"""". Ad esso è dedicata la seconda parte del libro dove la Mancusi riporta e commenta numerosi passi del Picardi a conferma che l'arrivo del caffè produsse nella vita di tutti i popoli un'autentica rivoluzione."" -
Viaggiatori e vedutisti a Sorrento e dintorni tra '700 e '800. Ediz. a colori
"Fin dalle sue origini il """"Grand tour d'Italie"""" aveva avuto uno svolgimento molto rigido negli itinerari, nei tempi e nelle soste, tanto da riproporre a una moltitudine di viaggiatori di epoche e nazionalità diverse sempre gli stessi luoghi e gli stessi monumenti, sicché, oggi, nell'analizzare i tanti """"viaggi in Italia"""" compiuti tra il XVII e il XVIII secolo, non si può non evidenziare la straordinaria ripetitività nei percorsi seguiti dai forestieri; nella letteratura odeporica, pertanto, è possibile rintracciare solo pochi viaggiatori - per esempio il giovane francese Jean Jacques Bouchard -, che, animati da interessi e curiosità poco conformistici, o spinti da un senso di avventura, seppero o vollero percorrere, in margine al classico tour della penisola, anche qualche itinerario minore e mai battuto, capace di dischiudere nuove prospettive di osservazione e d'incanto. Ci fu insomma una diffusa indifferenza in quei decenni per le bellezze naturali e per quegli aspetti pittoreschi o esotici che più tardi, nell'età romantica, avrebbero avuto invece una gran fortuna.""""" -
Mièrece malate e farmaciste negli antichi proverbi napoletani. Raccolti, commentati e tradotti
Oltre 900 antichi detti e modi di dire sui malati e sui medici. -
Vesuvi. Testo spagnolo a fronte
I versi del poeta mediterraneo José Vicente Quirante (Murcia, Spagna, 1971) guardano l'antichità classica con un occhio contemporaneo. Vulcani reali e metaforici vengono invocati per celebrare la visione di una Napoli epicurea e sognata, piena di dei pagani che bevono caffè al bar, ma anche per meditare sulla natura cupa e carnale del desiderio. Mentre nella prima parte di questo libro Napoli compare con tutta la sua forza come sogno e luogo dell'anima, la seconda parte (""Vedo il meglio, e tuttavia"""", di chiaro sapore ovidiano) riflette sull'irruenza del desiderio e le ceneri dopo il suo compimento. Prefazione di Giuseppe Montesano."" -
Regine di Napoli
"(...) È questa una rapida corsa nella storia del Regno di Napoli dagli Svevi alla sua caduta; storia tutta trapunta di episodi a sfondo ora tragico ora gioioso, che sempre costituiscono suggestivi elementi di narrativa. E se la storia è per se stessa, come è stata definita, un romanzo, questa storia è un romanzo di particolare interesse. Il libro vuol quindi avere l'aria di un piacevole romanzo, ma può in pari tempo valere a presentare di scorcio una sintesi dei trascorsi del Reame da quando da Regno di Puglia divenne Regno di Napoli fino alla drammatica caduta dei Borboni ed al loro malinconico esilio in Palazzo Farnese; ed anche vuol precisare qualche dettaglio e qualche inesattezza che una corrente tradizione continua a propinare nelle esposizioni scolastiche le quali ancora dai più son ritenute storicamente esatte. Perciò, per diletto dei lettori, mi è piaciuto spigolarvi gli aneddoti di maggior rilievo intorno alle figure delle regine, le quali quasi tutte ebbero una spiccata personalità in avvenimenti politici o in intrighi di amore, qualcuna addirittura d'importanza preminente nella vita dello Stato o nella vita di Corte; figure di decisa individualità, o di toccante tenerezza, o di mistico ascetismo e di bontà. Queste figure ho cercato di disegnare in dieci racconti romantici ma non romanzati; romantici perché romantiche in genere sono le vicende in essi rievocate; non romanzati perché scrupolosamente aderenti alla realtà dei fatti, come risulta dai più recenti accertamenti storici. E poiché l'ultima pagina che chiuse tristemente la fine del Regno con la diretta partecipazione dell'ultima regina, smaniosa di mettersi personalmente al comando d'una banda per la riconquista del trono, s'innesta anche per questo nella trama delle vicende della dinastia borbonica, non mi è parso fuori di posto inserire, come appendice, pur essendo fuori dal titolo del libro, una succinta narrazione del brigantaggio meridionale."""" (Michele Vocino)" -
La cucina aristocratica napoletana. Ediz. illustrata
E se invece del solito libro di cucina vi proponessi un insieme di preziose ricette condite con qualche ""fattariello"""" per farvi sorridere? Accontenterei anche i meno """"patiti """" dei fornelli che con maggior interesse verrebbero a conoscenza di quella fantastica e raffinata cucina originata a Napoli alla fine del '700, sviluppatasi con grandi fortune nell'800 e nel primo '900. """"Cucina aristocratica napoletana"""", perché ebbe origine con la regina Maria Carolina di Borbone che volle ingentilire la gustosissima cucina povera dei napoletani con il tocco di cuochi raffinati venuti d'oltralpe. Nelle famiglie di corte e aristocratiche i cuochi - chiamati poi """"Monza """" storpiando il francese Monsieur - si tramandarono le ricette che spesso presero il nome delle famiglie stesse. Ma verbalmente, senza lasciare nulla di scritto, fino alla scomparsa di questa preziosa cucina, quando l'istituzione del cuoco di famiglia divenne una rarità. [...] Tutte le ricette sono state sperimentate, provate e riprovate. Sono piatti ricchi, di grande effetto, di squisita fattura e di alta cucina. Non è quindi questo un ricettario per tutti i giorni; comincereste a far godere il palato di un crescendo di sublimi sensazioni gastronomiche, ma fareste piangere amaramente le vostre tasche, anche se qualche volta non ho trascurato preparazioni semplici. [...] Sui """"fattarielli"""" non ho da precisarvi nulla. Sono quelli da me vissuti o ascoltati dalla viva voce di amici e conoscenti. Non ho potuto qui diminuire i grassi, per cui qualche volta, """"ce aggio mise nu poco 'e fantasia """". Giovanni Nuvoletti Perdomini, """"gourmandissimo"""" già Presidente della Accademia Italiana della Cucina, nella sua nota introduttiva invita """"a godere di queste pagine nutrite insieme di golosità e di nostalgia, ma rigorosamente disciplinate dal gusto e qui, chiaro come il fiume leopardiano nella valle, appare che di buon gusto si parla, anzi squisito""""."" -
Viaggiatori e vedutisti a Sorrento e dintorni tra '700 e '800. Ediz. a colori
"Fin dalle sue origini il """"Grand tour d'Italie"""" aveva avuto uno svolgimento molto rigido negli itinerari, nei tempi e nelle soste, tanto da riproporre a una moltitudine di viaggiatori di epoche e nazionalità diverse sempre gli stessi luoghi e gli stessi monumenti, sicché, oggi, nell'analizzare i tanti """"viaggi in Italia"""" compiuti tra il XVII e il XVIII secolo, non si può non evidenziare la straordinaria ripetitività nei percorsi seguiti dai forestieri; nella letteratura odeporica, pertanto, è possibile rintracciare solo pochi viaggiatori - per esempio il giovane francese Jean Jacques Bouchard -, che, animati da interessi e curiosità poco conformistici, o spinti da un senso di avventura, seppero o vollero percorrere, in margine al classico tour della penisola, anche qualche itinerario minore e mai battuto, capace di dischiudere nuove prospettive di osservazione e d'incanto. Ci fu insomma una diffusa indifferenza in quei decenni per le bellezze naturali e per quegli aspetti pittoreschi o esotici che più tardi, nell'età romantica, avrebbero avuto invece una gran fortuna; la categoria dell' utile prevalse sempre su quella del bello, ed i concetti di dolcezza o di piacevolezza furono in quei tempi solitamente associati all'idea del solo benessere potenziale o attuale, ovvero alle caratteristiche produttive dei luoghi, all'abbondanza di orti e giardini, alla disponibilità di buone tecnologie, all'ubicazione e alle caratteristiche delle strade, alle caratteristiche climatiche, o, infine, alla buona organizzazione sociale e amministrativa." -
Il quartiere borbonico di via Morelli e la Caserma della Vittoria (La storia, il palazzo, gli arredi). Ediz. illustrata
"Affacciata alla collina di Pizzofalcone, sul lato opposto a quell'enorme antro tufaceo oggi noto come """"Galleria borbonica"""", che a metà dell'Ottocento costituì il primo tentativo di traforare il monte Echia per collegare la zona di Chiaia col Palazzo Reale, l'imponente Caserma della Vittoria rischia quasi di passare inosservata - nonostante la sua maestosità e il suo pregio storico - al guidatore distratto o al pedone frettoloso che dall'uscita del tunnel omonimo o dalla passeggiata di via Chiatamone attraversi spedito il breve corso di via Domenico Morelli. Eppure questo edificio monumentale e severo rappresenta una sede istituzionale molto prestigiosa per la città, perché da tempo ospita il Comando dei Carabinieri di ben cinque regioni dell'Italia centro-meridionale; e al suo interno - come io stesso ho scoperto con sorpresa - raccoglie dipinti ed oggetti di manifattura artigiana che ne fanno un piccolo ma significativo scrigno dell'arte e del gusto nella Napoli del passato. Mi piace sottolineare il fatto che nella nostra città sovente accade che certe cose di valore siano nascoste al primo sguardo; che la ricchezza d'arte e di storia del nostro territorio si manifestino con una varietà e con una densità di beni difficili da circoscrivere e catalogare in maniera definitiva. Qualche settimana fa, abbiamo appreso dai giornali, la Caserma Vittoria ha esposto al pubblico un dipinto restaurato col contributo di diverse istituzioni, un'opera ispirata ad una cartolina d'epoca coloniale, con l'immagine di un carabiniere italiano ed uno africano affiancati; si tratta d'una preziosa testimonianza documentale che racconta un pezzo importante della nostra storia recente. Colgo l'occasione per ricordare con gratitudine l'importante ruolo che i Carabinieri svolgono nel nostro Paese per il recupero delle opere d'arte trafugate. Nel febbraio del 2016 furono proprio i militari del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale a riportare a Napoli - dopo un lungo lavoro d'indagine con altre forze istituzionali - una grande e pregiata tela di Vincenzo Dattoli, scomparsa negli anni Settanta dalle pareti della Provincia e restituita dopo quasi mezzo secolo alla Città Metropolitana. Accolgo dunque con vero piacere la notizia della pubblicazione di questo insolito e interessante volume, ringraziando pubblicamente i curatori e gli esperti che vi hanno contribuito per aver raccontato un angolo forse meno vistoso della nostra città, ma certamente ricco di storia e di cultura."""" (Luigi De Magistris, sindaco di Napoli)" -
L' industria del Regno di Napoli (1859-1860)
L'industria del Regno di Napoli, qui proposto nella seconda edizione rivista dall'autore, si è affermato come un imprescindibile classico nella storiografia relativa alla questione dell'industria del mezzogiorno preunitario e del suo destino. L'attuale situazione subalterna e arretrata del Mezzogiorno viene finalmente esaminata alla luce di un 'analisi non solo qualitativa ma anche di precisi dati quantitativi che ne garantiscono l'attendibilità, per una più completa valutazione dì quel «dualismo» economico Nord-Sud che si è sempre più aggravato dal 1861 ad oggi. Introduzione di Gennaro De Crescenzo. Con una nota di Fabio Mangone. -
Il caffe e Napoli
È la storia affascinante del lungo viaggio compiuto dal caffè nel corso dei secoli per affermarsi e diventare la bevanda preferita da quasi tutti i popoli del mondo e in particolare dei Napoletani. L'autrice riporta leggende, testimonianze letterarie, opinioni scientifiche, dispute mediche, controversie religiose che hanno di volta in volta promosso o contrastato la diffusione del caffè nei vari periodi storici e nelle diverse civiltà. Mentre in molte città italiane, come Venezia, Firenze, Milano, Torino, la scura bevanda si affermava con successo e si aprivano locali eleganti dove consumarla, a Napoli stentava a decollare, servita sporadicamente nei ricevimenti di nobili e ricchi per ostentare raffinato esotismo. Finalmente nella seconda metà del Settecento il caffè ebbe la sua consacrazione grazie a Vincenzo Corrado, massimo gastronomo napoletano, che nel 1773 pubblicò il primo trattato napoletano sul caffè. In breve anche Napoli ebbe i suoi Caffè che sorsero come funghi, una miriade, eleganti e raffinati, dove si svolse la vita intellettuale ottocentesca della borghesia napoletana, o modesti e popolari per una clientela meno esigente. Brevi note sono dedicate nel libro ai Caffè più importanti, quasi tutti scomparsi. Il nero infuso entrò con prepotenza a far parte della realtà napoletana in tutte le classi sociali e si moltiplicarono studi e scritti sul caffè tra cui il più importante fu il lavoro di Gaetano Picardi, illustre medico a Napoli nella metà dell'Ottocento, intitolato Del Caffè - Racconto storico - medico, in cui l'argomento è analizzato sotto tutti i punti di vista ""perché, afferma Picardi la bevanda del caffè è famigliare come il pane e il riso appo le nazioni incivilite"""". Ad esso è dedicata la seconda parte del libro dove la Mancusi riporta e commenta numerosi passi del Picardi a conferma che l'arrivo del caffè produsse nella vita di tutti i popoli un'autentica rivoluzione."" -
Pausilypon e dintorni. Storie, leggende, personaggi e curiosità. Ediz. ampliata
A quasi vent'anni dalla prima, questa nuova edizione rivista e notevolmente arricchita di contenuto e immagini, è una attenta raccolta di quanto è stato tramandato sul Pausilypon, la villa imperiale che ha dato nome all'intero promontorio, che chiude da nord il golfo di Napoli. Del suo costruttore, l'iracondo Vedio Pollione, e di coloro che l'abitarono, da Ottaviano Augusto sino ai nostri giorni, l'autore traccia i profili e narra aneddoti, con riferimento ai fatti, misfatti e leggende che hanno interessato il territorio, coinvolto dal bradisisma flegreo, con particolare attenzione al patrimonio archeologico, al mare, alla fauna ed all'allora. Assieme a questi leggendari personaggi ha voluto ricordare quelli che in tempi più recenti hanno fatto ricerche archeologiche in questi luoghi: da monsignor Camillo di Pietro, artefice dei primi scavi, a Kobert T. Günther, che meglio di ogni altri ha testimoniato dei resti del Pausilypon. Senza trascurare coloro che vi hanno abitato: Norman Douglas, Guglielmo Bechi, Paul Langheim, Gianni Agnelli, Paul Getty, Ninì Grappone, e altri ancora. -
Cucina teorico-pratica
In fine: ""Quattro settimane secondo le stagioni della vera cucina casareccia in dialetto napoletano""""."" -
Il miracolo di san Gennaro della liquefazione del sangue. Nelle testimonianze dei viaggiatori stranieri del '700 e dell'Ottocento
Volume su carta patinata con 24 tavole in nero e a colori di antiche stampe e importanti dipinti. -
Spanish Naples. Ten walks in the midst of streets, buildings, monuments and churches
Dieci passeggiate tra strade palazzi monumenti e chiese: Palazzo Reale - Piazza Dante; Pizzofalcone Monteoliveto - Port'Alba; Port'Alba - Capodimonte; Montesanto - Piazza Carlo III; Chiaia - Mergellina; Teatro San Carlo - Vigliena; Santa Lucia - Palazzo Donn'Anna; Porta Nolana - San Giovanni a Carbonara: Vomero - Corso Vittorio Emanuele e Santi spagnoli patroni di Napoli Re e Viceré. -
Nápoles española. En diez paseos entre calles, palacios monumentos e iglesias
Dieci passeggiate tra strade palazzi monumenti e chiese: Palazzo Reale - Piazza Dante; Pizzofalcone Monteoliveto - Port'Alba; Port'Alba - Capodimonte; Montesanto - Piazza Carlo III; Chiaia - Mergellina; Teatro San Carlo - Vigliena; Santa Lucia - Palazzo Donn'Anna; Porta Nolana - San Giovanni a Carbonara: Vomero - Corso Vittorio Emanuele e Santi spagnoli patroni di Napoli Re e Viceré. -
Le strade di Napoli. Saggio di toponomastica storica
«Nella pur ampia produzione erudita e letteraria di Gino Doria, ""Le strade di Napoli"""" resta un imprescindibile caposaldo, se non forse il lavoro più importante; del pari, nel novero della pur vasta bibliografia sulla città di Napoli rimane un tassello insostituibile, padroneggiando un ambito di studi che nessuno dopo di lui ha percorso così in profondità. Apparentemente, con la sua organizzazione per voci, in sequenza rigorosamente ma non banalmente alfabetica, configura un testo di consultazione, un colto prontuario da interrogare di volta in volta. In realtà, e già lo lascia intendere il sottotitolo """"Saggio di toponomastica storica"""", nel suo insieme e non soltanto nella sua sagace Introduzione rappresenta un avvincente e rapsodico racconto intorno a Napoli e alla sua storia, in grado di oscillare tra l'antico e il moderno: un testo godibilissimo appieno dotato di quello speciale carattere che - come ha notato Guido Piovene - caratterizza gli scritti di Gino Doria """"nei quali, come in Anatole France, la sua cultura di bibliofilo si umanizza nell'umorismo"""". A distanza tre quarti di secolo da quando, in piena guerra, Doria pubblica per i tipi di Ricciardi la prima edizione"""", e quasi mezzo da quando nel 1971, pochi anni prima che sopraggiungesse la morte, ne cura un'edizione rivista e aggiornata, """"Le strade di Napoli"""" resta non soltanto un volume utile, ma anche godibilissimo. Al giorno d'oggi però assume però una singolare ambivalenza: per un verso configura una preziosa testimonianza di un glorioso, ma ormai trascorso, mondo intellettuale napoletano e di una maniera nobile ancorché superata di studiare la città; per l'altro invece presenta caratteri di stringente attualità. Già nell'impostazione della sequenza, il raffinato bibliofilo ha preferito mettere in sequenza alfabetica i nomi cosi come venivano scritti nelle targhe stradali. In massima parte la scelta si è risolta nella riviviscenza di un criterio tanto antico e nobile quanto già desueto all'epoca: ovvero quello dell'ordine alfabetico a partire dal nome, o talora dal titolo, come nelle antiche pandette.[...]» (Dalla Prefazione di Fabio Mangone)""