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S. Maria dell'Orto e i suoi segreti. Una storia romana dal 1492. Nuova ediz.
Il complesso architettonico di S. Maria dell'Orto è uno scrigno pieno di segreti, di tradizioni secolari, di arte e architettura, di fede e devozione confraternale. Domenico Rotella percorre e narra in modo inedito e inconsueto questa incredibile storia romana dalle sue origini, nel momento in cui ebbe luogo il miracolo mariano. Da allora, attorno all'immagine taumaturgica si riunirono non solo i fedeli trasteverini, ma soprattutto le Universitas di mestieri che si consociarono per dare vita a questo gioiello transtiberino tuttora in grado di generare stupita ammirazione non solo nel fedele, ma anche nel pubblico laico. Recenti scoperte e ulteriori curiosità arricchiscono questa nuova edizione ampliata. -
Annie Ernaux. Ritratto di una vita
Un inedito ritratto della vita di Annie Ernaux, scrittrice francese, insignita nel 2022 del Premio Nobel per la Letteratura. Sara Durantini attraverso un lavoro certosino offre al lettore un quadro biografico che culmina nell'incontro a Cergy, in Francia, per una emozionante intervista che fa parte di questo libro. Il testo, come un reportage, fissa per immagini gli avvenimenti pubblici e privati di Annie Ernaux, che ha rotto gli argini del falso perbenismo consacrandosi alla scrittura. Sara Durantini consegna un libro dove narrativa, saggistica e giornalismo si alternano e si completano restituendo istantanee del passato e del presente che si ricompongono in questo Ritratto di una vita: dall'infanzia a Lillebonne in Normandia all'adolescenza, dagli studi alla coscienza di sé, dall'aborto al matrimonio, dalla nascita dei figli al divorzio, dal tumore al nuovo amore. Quella che emerge è una donna commovente, lucida e coraggiosa che si afferma nel panorama mondiale della letteratura. ""Annie Ernaux, Premio Nobel per la Letteratura 2022. Con lei hanno vinto tutte le donne"""" (Sara Durantini)."" -
Il poeta dell'aria. Romanzo in 33 lezioni di volo
Quando il Giorno ancora non esisteva, sulla distesa del Mare e della Terra, unica e incontrastata regnava la Notte. Una Notte buia e cieca. In quell'epoca lontanissima nel Tempo, i primi esseri viventi nuotavano, strisciavano, volavano in un fitto nero. Finché la Notte sentì un sussurro, diverso da quelli fino ad allora uditi. ""Chi sussurra?"""", gridò. Nessuno rispose. Allora la Notte cieca aprì sul suo volto una miriade di occhi scintillanti. E spuntarono le Stelle. """"Chi sussurra?"""", ripetè la Notte. Nessuna risposta. Allora la Notte aprì sul suo volto un buco chiarissimo. E spuntò la Luna. La Luna è una pupilla bianca, ciò che vede lo porta giù nell'interno più segreto. Di fronte all'occhio lunare spalancato apparve un poeta. """"Sono io che sussurro"""", disse il poeta alla Notte, """"volevo farti vedere i miei versi"""". La Luna li contemplò. La Notte ebbe un brivido. E nacque il Vento."" -
Il paese dei segreti addii
Comincia con un mistero di neve il Natale di Pietrafiorita. Sullo sfondo, un borgo d'Appennino che si spopola. ""Il paese dei segreti addii"""" si fa guscio vuoto nel suo tempo lento e inesorabile. In questo microcosmo, consuma la propria esistenza una umanità di margine: profeti, disertori, mutilati, angeli, zingari, ubriaconi, ninfomani, beghine, sordomuti, sciamani, musici falliti, sbirri, preti, truffatori, cantastorie. Uomini che partono per il mondo e qualche volta ripercorrono la strada a ritroso. E qui che tornano a cercarsi i padri e i figli che si sono perduti. E qui che padri e figli imparano di nuovo a sognarsi. Pietrafiorita resta però lontananza. Sguardo d'Appennino che domanda al destino o alla fortuna se possa ancora esistere una terra di ritorno. Eppure nel villaggio, refrattario a storia e geografia, dove tutto accade come un'eco, non sono risparmiati i dolori: la disfatta del Don, l'8 settembre, l'eruzione del Vesuvio, l'occupazione delle terre, la tragedia di Marcinelle. È qui che il vecchio Geremia, morto molti anni prima (come attesta inequivocabilmente la lapide piantata nel camposanto), può conoscere l'amore. Per gli occhi d'oliva di Giuditta, il sogno negato quand'era solo un ragazzo. E poi, in una fioritura di biancospini, per Giuditta Seconda, l'abbraccio di carne che viene quando il Senzanome ha già imparato a leggere il vento."" -
Come una canzone
"È Roma la vera protagonista del romanzo di Luca Giachi. Arroventata dal sole o con la pioggia che intride le ossa, Roma, matrigna e maga, combina incontri, intreccia e scioglie legami. Un gruppo di piccoli eroi, ultratrentenni, combatte e si sbatte per vivere e amare, per suonare buona musica ed essere un attimo felice. Mattia, il protagonista di Come una canzone, con le ragazze non ci azzecca. Il mondo per lui è complesso e fare musica non proprio di consumo non è una scelta facile. E poi ci sono i personaggi intorno a lui, anoressici e bulimici, depressi e sovraeccitati, pigri e superattivi che si parlano per email pur di non doversi impegnare. In bilico tra arte e pane, urlano alla luna che non vedono e, senza romanticismo o tatticismi, attraversano il disagio in modo lucido, fino alla crudeltà. Nel romanzo c'è un sottofondo di musica della parola che è in grado di portare in cielo o di sotterrare sotto terra. Ci sono amicizie, belle; amori instabili; esistenze sparigliate, e c'è la Strabusso: una basagliana della prima ora, consigliera di Mattia; donna saggia, sagace, elegante, colta e non invadente, insomma indimenticabile. E la sete di vivere insieme alla paura del futuro ad agitare queste pagine piene di coraggio e di abilità narrativa."""" (Antonio Veneziani)" -
L' amore come le meduse
Vincenzo e Teo sanno di essere fratelli, anche se qualcosa non torna. Per loro non è un dramma: sono abituati a ignorare i bisogni, a non dare fastidio, a essere felici con poco. Finché un giorno si separano. Teo, verso una carriera di magistrato e una relazione sentimentale che sfiora il masochismo. Vincenzo a crescere una figlia che vede sua madre andarsene da casa, e che si rifugia nel suo mondo virtuale, cadendoci dentro come fosse un burrone. -
Un'imprecisa cosa felice
Quando gli oggetti a noi più cari si spezzano, si ammaccano, smettono di funzionare, di colpo diventiamo immobili e tristi. Ma cosa succede quando sono le persone a rompersi, magari in modo ridicolo, assurdo, con partenze stupide e improvvise? “Un'imprecisa cosa felice” racconta imprevedibili risvolti nelle vite strampalate di Marta, di suo zio Ernesto e di Nino. Storie di chi resta e non si arrende al dolore, di chi riesce, nonostante tutto, a farsi accecare dalla meraviglia. Specie se fuori ci sono un prato verde e un sole buono a scaldare. -
Capoversi su Kafka
"Potrebbero addirittura commuovere le parole che Franco Fortini rivolge a Kafka in un testo uscito sulla «Lettura» del 17 gennaio del 1946, forse perché pensate da un giovane che all'epoca non aveva ancora compiuto trent'anni e sentiva il peso della Storia attaccata come fango alle suole delle scarpe. «Kafka è morto nel 1924» - scrive -. «Potrebb'esser morto l'anno passato, a Auschwitz, o a Belsen, questo ebreo di Praga». [...] Posticipare di vent'anni la sua morte (nient'altro che un'ipotesi suggestiva, una chiave di lettura a posteriori) è dunque un espediente attraverso cui Fortini intende fissare una propria categoria interpretativa, l'unica a suo giudizio in grado di dare credibilità all'idea di un Kafka che travalica le porte del tempo per farsi """"angelo della Storia"""", secondo la definizione di Walter Benjamin, per avvalorare in altre parole l'immagine di un Kafka trattato alla maniera di un profeta o di un legislatore i cui passi provengono dal passato e si rivolgono all'infinito. «Egli ha saputo quello che noi abbiamo soltanto vissuto»: è sempre Fortini che scrive così. Sapere è qualcosa che precede l'azione del vivere, è la lucida epifania di chi ha già visto l'apocalisse e la vuole raccontare a un'umanità incredula."""" (Giuseppe Lupo). Note bibliografiche a cura di Elisabetta Nencini." -
Maestoso è l'abbandono
Finalista al POP, Premio Opera Prima 2018.rn«Ci sono gli amori che hanno a che fare con i percorsi, quelli che hanno a che fare con la solitudine e poi ci sono quelli che non servono a niente, gli amori altissimi.». Prendere le distanze dal mondo, e sentirsene sempre più parte. Questa è la storia di una donna, e del suo pensiero magico, che giorno dopo giorno le si attacca addosso. È la storia di quello che si nasconde tra le pieghe del reale ed è invisibile. La incontriamo, dopo troppi campari, davanti a una porta chiusa, alle prese con un addio maldestro e poetico: la decisione di abbandonare, dopo anni - secoli? - di sensi di colpa e compassione, di fallimenti e rimpianti, un uomo al quale non crede più. «Mi capita di aspettarlo ancora, azzero per un momento la vastità dei fenomeni incomprensibili ed entro di nuovo lì, dove si poteva credere a tutto e io venivo fermata, risarcita, protetta.» Alla psicoanalisi si sostituisce l'incanto, e poi alcuni incantesimi, piccoli riti magici, scintille astrali, tutto ciò che non ha ancora un nome, fa un po' di luce, non è divino, ed è per questo indicibile. E infine, al pari di un'iniziazione, l'amore incondizionato per un uomo assurdo, poetico, scostante, la cui ritrosia somiglia a una cura. -
Il mondo che so. Viaggi in Italia
Dalla Genova di De André alle Langhe di Pavese, dall'Appennino della nostra Italia verticale al muro d'acqua dell'Adriatico, guardando verso i Balcani. Questi qui raccolti sono gli scritti di viaggio di Raffaele Nigro: una mappa sentimentale, letteraria, antropologica. Una carrellata di luoghi e di nomi che nella distanza e nella dolcezza della memoria fanno fiorire squarci di dolcezza e di nostalgia di un paese, a segnare l'incanto della transumanza umana e della scoperta di quello che si lascia a terra. -
L'inarrestabile ascesa di Turi Capodicasa
Turi è un uomo di origine africana fra i trenta e i quarantanni. Cresciuto in isolamento in una villa siciliana in compagnia della sola madre adottiva, la signora Capodicasa, e dei film che fin da piccolo ha divorato, alla morte della donna esce finalmente dalla casa che l'ha ospitato per tutti quegli anni. Per caso entra in contatto con l'alta società e la classe politica siciliana, che lo scambia, per cecità e per una serie di equivoci, per quello che non è. Sebbene nulla sappia del mondo che lo circonda, se non ciò che ha appreso dalle battute degli suoi attori preferiti, in breve Turi diviene l'uomo più famoso e ricercato del paese, in un'ascesa inarrestabile e furibonda. Ironico e irriverente, ""L'inarrestabile ascesa di Turi Capodicasa"""" è un rocambolesco ritratto del nostro tempo, tra pregiudizi e apparenze ingannevoli."" -
De l'infinito, universo e mondi. Manuale di esobiologia
Nei primi anni Settanta Sebastiano Vassalli è un autore che naviga dentro il grande mare della neoavanguardia e avverte nell'architettura delle parole, nella concezione stessa del fare letteratura, le magiche sofisticazioni di uno dei suoi profeti più ispirati, Giorgio Manganelli, a quell'epoca indiscusso maestro. È uno scrittore di impianto enciclopedico e ama quei libri che sono esercizi d'intelligenza, indagini nell'ignoto, scherzi del linguaggio e dell'invenzione fantastica. Non è del tutto pronto per attraversare il confine illuminista e approdare al grande affresco del romanzo storico. ""De l'infinito, universo e mondi"""" è un esempio di questa stagione. Vassalli ne anticipa qualche brano sulla rivista «Pianeta» nel 1972, ma pensa a un'opera organica, dalla natura composita, da destinare all'editore Einaudi, che però manifesta qualche riserva. Rimasti per oltre quarant'anni inediti, i capitoli fantascientifici di questo «manuale di esobiologia», come lo definisce, si nutrono di letture filosofiche (Campanella, Galilei, Cardano, Leopardi, Giordano Bruno) e reinventano il discorso della creazione alla luce di un tema affascinante in quegli anni, come le esplorazioni spaziali e le avventure nelle galassie, sostenuto da una indimenticabile sfida tecnologica. Lo sguardo di Vassalli non ha alcuna parentela con l'incanto fiabesco di Jules Verne, piuttosto il piglio di una moderna fantasia ovidiana, sfrenata e rigogliosa, iperbolica pur nell'apparente controllo delle idee, testimonianza più affidabile dell'estro che sorrideva felice a uno degli autori più versatili e originali nel panorama italiano dell'ultimo Novecento."" -
Sonno bianco
Candidato al Premio Strega 2019Emma e Bianca sono identiche, nel viso e nel corpo. Inseparabili. Finché un terribile incidente le divide e costringe Bianca in un letto di ospedale, dentro una bolla fatta di silenzio e attesa. Emma sarà allora costretta a crescere intrappolata nel sonno della sorella: ora la sua vita è soltanto il riflesso di quegli occhi spenti, un mondo fatto di sogni monchi e intenti non realizzati. Ormai adolescente, il teatro, la storia d'amore con il suo insegnante di recitazione e un piccolo pianista virtuoso, figlio dei vicini, non bastano più a rendere normale la sua esistenza. Perché a ricordarle la colpa, ci sono sua madre, che annientata dal dolore si è rifugiata nella solitudine della sua stanza per proteggere un segreto, e un padre che a fatica prova a preservare i fragili equilibri rimasti. Solo le note di Beethoven e Chopin, portate da un ragazzo gentile e attento, sembrano riempire quel vuoto in cui Emma sta scomparendo. Ma mentre un nuovo metodo di indagine scientifica cerca di aprire un varco nel sonno di Bianca, c'è chi a quella speranza ha deciso di opporre una resa. In una sostituzione di silenzi e congedi, ognuno si troverà a dover fare i conti con i propri rimorsi, e così tentare un nuovo inizio attraverso le parole e i suoni che sarà riuscito a custodire. -
Nel nostro fuoco
Tommaso è un uomo che ha un’idea precisa di vita: si sveglia sempre alla stessa ora, compie gesti ordinati, puliti. Ha, nelle mani, la misura degli spazi e del tempo. Disprezza il caos, o meglio lo teme, come tutto ciò che non può controllare. L’amore, improvviso, arriva per una donna drago, che di notte si esibisce per strada, sputando fuoco dalle labbra. Servirà un poco di coraggio, a quest’uomo che sembra diretto da una voce venuta dal passato, per provare a vivere la sua storia di amore. Un rapporto, quello con Elena, che a poco a poco gli insegnerà una lingua nuova, in grado di nominare – per la prima volta – un’emotività dolce e generosa. Ma l’amore, talvolta, chiede un pegno. è così che arriva un inciampo, un guasto. Una figlia, Nina, che tradisce ogni loro aspettativa, che non cresce come gli altri bambini, che non parla. Nel nostro fuoco è la storia di un’incapacità ad amare, di una paternità difettosa. Di un alfabeto emotivo da costruire attraverso i segni nascosti nelle pieghe di gesti ripetuti e sguardi incantati. -
Brown sugar. Strade di polvere
«I suoi versi lo precedevano. E lui ne fu all'altezza.» (Nicola Lagioia). «La presenza di Veneziani nel mondo è una presenza discreta, talvolta rabbiosa, sempre discontinua: alla ricerca perenne di una ragione per vivere. (...) La verità leggendaria del suo procedere è lì a premiarlo di ogni sventura che potrà patire in vita. Anche essere dimenticati.» (Dario Bellezza). «I personaggi di queste poesie-racconto sono vivi, oggetto dell'amore di un poeta che vorrebbe scrutarne la profonda intimità. (...) Alla ricerca della ""vena nuda"""", con un linguaggio trasparente e letterario, il poeta si aggira tra i corpi delle latrine, sperando di incontrare il grande amore e ogni volta trovando facce da criminali. Ciò che gli resta in mano è un pugno di parole, quelle di questi versi, che parlano di un'assenza inquietante, della paura di chi crede che insieme alla Realtà se ne sia andata per sempre anche la Generazione.» (Renzo Paris)"" -
I miei maffiosi
"In questi ventiquattro articoli, cronache, riflessioni sulla mafia, scritti su vari giornali dal 1970 al 1986, La Cava (...) coglie il passaggio da un'antica, presunta """"buona mafia"""" (che in realtà aveva un volto cruento) del mondo rurale, agropastorale in dissoluzione alla mafia che si afferma con i sequestri di persona, con le rapine violente. (...) Nella narrazione entrano le voci della gente, dell'amico, della barista, delle persone che incontra, degli stessi mafiosi che inevitabilmente incrocia: la sua è un'etnografia dall'interno; il suo è un ascolto silenzioso e proficuo di chi è rimasto e conosce il linguaggio e i codici delle persone. (...) Con durezza e melanconia, con lucidità e rigore, con profondità di analisi, La Cava afferma un modo di raccontare la realtà che forse andrebbe riscoperta in un periodo in cui la mafia viene banalizzata, altre volte enfatizzata, a volte """"compresa"""", talora quasi giustificata o ridotta a colore, altre volte ridotta a luogo comune o peggio negata."""" (Vito Teti)" -
L' ora del mondo
"Ti chiudono gli occhi e ti trascinano lì, nel vuoto. Non sai dove sei. Ti dicono: 'Cammina'. Non vedi da pochi minuti e già il buio ti crolla addosso. Cammini e senti la pianta del piede appoggiarsi sul terreno, percepisci per la prima volta con attenzione le gambe in movimento. Le hai sempre mosse, hai sempre camminato, ma ora non solo te ne accorgi: lo vivi. Ti chiedi: 'I miei occhi torneranno a posarsi sulle pianure, le lande, le colline?' Eppure, cammini, sempre dritto, all'infinito, e in ogni istante senti il tuo corpo e ti chiedi 'Esiste il mondo per chi non ha un corpo?' E dunque cammini, inspiri ed espiri, verso l'ignoto, fino all'infinito, che poi finisce. Così mi sono sentito leggendo questa nuova opera di Matteo Meschiari. Il cammino, da lettore, era verso l'ignoto, il tempo era disgregato, lo spazio era denso di pericoli. Dove stavo andando? Chi erano queste creature che incontravo tra le pagine? Bevevo una tisana, e l'Uomo Salamandra bisbigliava alle mie orecchie: 'Sei come Libera. Viaggi senza saperlo. Nessuno sa da quando. Nessuno sa per dove'. Che cos'è L'ora del mondo? A quale ora si riferisce il titolo e a quale mondo? Un mondo può avere una sua ora, una soltanto? Procediamo per immagini. Libera, la bambina senza mano, finalmente raggiunge l'Uomo-Somaro, che l'attende da novecentocinquant' anni. Libera e il Mezzo Patriarca perduto. Libera e i buchi di stella. Libera e i luoghi: da Femmina Morta al Bosco della Barba. Libera e i Servitori Notturni: quando un'anima viene presa e lascia il suo corpo arrivano loro e la portano via. Libera e le visite ai giardini urbani di una Modena che non esiste: abbraccia la corteccia, sente il respiro. Ci sono testi che raccontano il mondo e testi che ti portano in un altro mondo. In questi ultimi, talvolta, lo spazio è infinito, il tempo è esploso, la luce muore. Sono, spesso, questi testi, un tuffo nell'ignoto, dove l'ignoto ci rivela un nuovo frammento di questo nostro passaggio terrestre. L'ora del mondo è una pietra lunare: esiste il mondo per chi non ha un corpo?"""" (Andrea Gentile)" -
Gli occhi vuoti dei santi
Proposto per il Premio Strega 2020 da Biancamaria Frabotta.rnDodici racconti potenti e corrosivi, che raccontano vite colpite, deluse, innamorate, perdonate. Sembra di guardare il palcoscenico di un teatro: a volte è una stanza lasciata vuota, un'altra un palazzo troppo alto, o solamente una sedia, a fare da sfondo; ma poi la scrittura ci accompagna dentro, tra i corpi, le colpe, le nostalgie, i rimpianti e i sogni. Dodici storie nelle quali l'immaginazione brucia l'esperienza: un vecchio vedovo che, come un alchimista, tenta di riportare in vita la moglie umanizzandone gli abiti per vestire l'assenza. Un ragazzino crede di essere il prescelto da Dio e fa di tutto per redimere i peccati della sua famiglia. Un viaggio in macchina dal lago di Garda verso il sud Italia e un bambino che osserva la gamba assediata della madre domandandosi quale sia la forma del male, capendo anni dopo che l'amore è un incantesimo più risalente della morte. Due donne scoprono d'avere una spia in casa, una testina di terracotta capace di ricatti, malefatte e nevrosi; marito e moglie esorcizzano la vecchiaia aprendo la coppia al giovanissimo Freddy in un itinerario amoroso tra Roma, Berlino e il Messico. Cinque adolescenti, tra iniziazioni sessuali e serate nel bar di quartiere, sognano un futuro all'altezza dei loro desideri lontano dai casermoni di cemento dove sono nati. E poi ci sono i padri, ""scarti superstiti dal mare, belli e perturbanti come le cose che non ci si aspetta"""".rnProposto per il Premio Strega 2020 da Biancamaria Frabotta: «Nato nel 1994, Giorgio Ghiotti, poeta, scrittore e saggista, ha esordito con la raccolta di racconti, """"Dio giocava a pallone"""" (Nottetempo 2013). """"Gli occhi vuoti dei santi"""" è la sua ultima raccolta di racconti, di grande valore sia dal punto di vista formale che nella sostanza del suo messaggio. L'io narrante che si esprime ora in prima persona, singolare e plurale, sia nella terza persona dei veri narratori non vuole presentarsi come un esempio di letteratura generazionale. La sua sembra un'autobiografia, ma non lo è. Ghiotti non gioca con i consueti trucchi della ibridazione tra verità e finzione. Il suo tema è la disperata coscienza del male di vivere che travaglia gli individui all'interno della famiglia, la spietata solitudine di chi ne fa parte e la diseguaglianza tra gli affetti. Attraverso una scansione frammentaria della voce che ricorda le pause e i soprassalti dei diari kafkiani, l'autore obbliga il lettore a mantenersi all'altezza del suo pensiero poetante. Ma la prosa poetica non c'entra. Piuttosto un'alternanza tra malinconia e feroce comicità trasmessa in una scrittura, acuminata e fulminea che elimina ogni ripetizione, ogni inutile vacuità. E a fronte di un Tempo che ci insegue, ogni inutile perdita di tempo di puro stile.»"" -
Il canto delle balene
Questo è il romanzo di cinque brindisi alla vita: ai grandi amori mai dichiarati, ai cercatori di Dio che han perduto sé stessi, a coloro che fermano i passanti per leggergli due righe del Vangelo, a chi va sui mari lontani per ascoltare il canto delle balene, a chi va da un santone per comprare una parola. Più uno: a chi ama vent'anni dopo la donna che non aveva amato vent'anni prima. -
La casa capovolta
«In un moderno e anonimo sobborgo residenziale, con i suoi drammi esistenziali e psicologici che covano sotto la patina della normalità, vive la piccola Eva, bambina ""difficile"""", intelligentissima e disadattata, dotata di una sorta di interruttore mentale in grado di trasportarla (e il lettore con lei) in una dimensione fantastica, che è evasione dal mondo e sua trasposizione nel linguaggio della fiaba: una dimensione in cui le bambole parlano, le figure immaginarie convivono con quelle reali su un piano di assoluta parità e la profonda solitudine di Eva, trascurata da un padre assente e da una madre malata di nervi, si trasforma in un fitto dialogo con ombre ora amiche, ora minacciose, la cui presenza sembra costituire l'unico antidoto a quel senso di vuoto che grava su di lei come su tutti gli abitanti del quartiere» (Paola Capriolo). «Se pure fosse una favola - e, come le favole, ricca di dolcezza ma tinta di corrosiva asprezza - è il più deciso attacco alla realtà da me conosciuto (in letteratura) negli ultimi tempi» (Angelo Guglielmi).""