Sfoglia il Catalogo feltrinelli044
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 8121-8140 di 10000 Articoli:
-
Le prime voci dell'italofonia albanese. Elvira Dones, Ornela Vorpsi, Anilda Ibrahimi
Sotto l'etichetta della migrazione italofona di area balcanica sono state raccolte, soprattutto nel primo decennio degli anni Duemila, numerose testimonianze letterarie, autentiche e dolorose, che provenivano da un mondo in dissoluzione. I conflitti etnici e geopolitici che hanno attraversato quelle terre sul finire del secolo scorso, assieme alle depressioni tardocapitaliste successive, hanno liberato voci che erano spinte dall'urgenza di raccontare, nel tentativo di ricostruire per sé e per le generazioni future una nuova e più complessa identità. Iscritta in tali coordinate, la letteratura italofona di provenienza albanese costituisce certamente un fenomeno consistente. In due decenni si è formato un vero e proprio canone compatto di autori, tutt'ora in evoluzione, con moltissimi nomi e una bibliografia critica piuttosto estesa. La prima fase di quello che, dunque, deve essere considerato come un vero e proprio movimento letterario, è rappresentata da tre straordinarie figure femminili, scrittrici e intellettuali. Elvira Dones, Ornela Vorpsi e Anilda Ibrahimi prendono la parola dopo il crollo del regime di Enver Hoxha e delineano, di storia in storia, un universo narrativo affascinante e molteplice, sempre più lontano dai postumi di quel trauma collettivo e al contrario progressivamente inserito in una attualità globalizzata. Questo libro ne analizza le opere, in un confronto serrato con i testi, nel tentativo di distinguere la rispettiva originalità degli immaginari. -
Nekya. Resoconto di un sopravvissuto
Testimone oculare dell’Operazione Gomorrah, Hans Erich Nossack (1901-1977), “il più grande scrittore tedesco del dopoguerra” secondo Sartre, traccia in questo come in altri racconti scritti durante e dopo la guerra un confronto serrato con le possibilità di reazione esistenziale al nulla, assurto ad unica certezza ontologica dell’io. Abbozzato nel 1942, Nekyia fu pubblicato con il sottotitolo Bericht eines Überlebenden (Resoconto di un sopravvissuto) nel 1947 e rappresenta uno dei testi di Nossack di più difficile accessibilità. Visione poetica e costruzione intellettuale dal taglio surrealista, il racconto offre, nella sua intricata cornice simbolico-mitica, un viaggio regressivo nell’atemporale. La catabasi apre le porte al dialogo con i modelli della tradizione culturale occidentale, unico residuo del passato annientato dall’incursione della storia, mentre figure archetipiche (che richiamano alla saga degli Atridi) assurgono ad annunciatori di un possibile superamento del trauma, della catastrofe e, soprattutto, della colpa. Il mito di Oreste e il viaggio di Odisseo (esplicitamente evocato già dal titolo, che richiama l’XI Canto dell’Odissea) si intrecciano con visioni apocalittiche e paesaggi lemurici, funzionali alla rappresentazione di quel punto zero che Nossack destoricizza e riconduce al mito. -
Filippo Juvarra, Domenico Scarlatti e il ruolo delle donne nella promozione dell’Opera in Portogallo
Filippo Juvarra, architetto, urbanista e scenografo (1678-1736) e Domenico Scarlatti, compositore e clavicembalista (1685-1757) vissero alla corte di Lisbona alcuni dei momenti più intensi della loro carriera artistica. Eppure l'esperienza portoghese è la parte meno conosciuta delle loro biografie. In questo volume sono stati ricostruiti i tasselli mancanti, grazie ai quali è stata riportata alla luce l'importanza della politica culturale promossa dalla corte femminile portoghese e, in particolare, dalla regina Maria Anna d'Asburgo (1683-1754), consorte del re Giovanni V di Portogallo (r. 1707-1750). Nasce così uno sguardo nuovo sulla collaborazione tra Filippo Juvarra e Domenico Scarlatti, che trova nel teatro d'opera settecentesco il campo di convergenza privilegiato. L'intreccio storico, artistico e musicale tra Lisbona, Torino, Roma e Madrid si arricchisce di dati inediti, che peimettono di contestualizzare anche due enigmatici progetti di edifici teatrali di Filippo Juvarra destinati, rispettivamente, a Lisbona e a Torino. L'approccio transdisciplinare che caratterizza i saggi qui riuniti si è avvalso di specialisti in diverse aree di ricerca (architettura, musica, storia, arte, teatro, scenografia), includendo anche l'ambito delle tecnologie digitali e la collaborazione creativa con musicisti, registi e sceneggiatori (scritti di Andrea Merlotti, Concepción Lopezosa Aparicio, Cristina Fernandes, Diana Blichmann, Giuseppina Raggi, Iskrena Yordanova, Joào Neves, José Pedro Sousa, José Sasportes, Luca Alverdi, Luís Soares Carneiro, Massimiliano Ferraina, Massimo Mazzeo, Nohelia Gonzàlez, Walter Rossa). -
Acquisizioni e donazioni Museo Boncompagni Ludovisi per le arti decorative, il costume e la moda dei secoli XIX e XX. Ediz. illustrata
«Questo volume racconta un percorso, quello delle acquisizioni del Museo Boncompagni Ludovisi, che mi ha visto testimone, fin dal 1995 quando Sandra Pinto, allora Soprintendente della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, e Gianna Piantoni, prima e valente direttrice del nascente Museo dedicato alle Arti decorative, al Costume e alla Moda dei secoli XIX e XX, decisero di aprire al pubblico questo piccolo gioiello nel centro di Roma. Nacque grazie a numerose e pregevoli donazioni di oggetti d'arte decorativa e di abiti d'alta moda, allestiti con gusto e con l'attenzione dovuta a quanto ancora di suo il Villino Boncompagni conservava. Questo imprinting di Museo cresciuto soprattutto grazie alle donazioni ha continuato ad essere negli anni la caratteristica del Museo Boncompagni Ludovisi, con l'acquisizione in comodato dei materiali dell'Istituto Margherita di Savoia per esempio, o con i numerosi abiti e accessori appartenuti a Palma Bucarelli, mitica direttrice della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Istituto al quale il Museo ha fatto riferimento fino al 1915. O con l'esposizione di materiali provenienti dai depositi della Galleria Nazionale e qui finalmente valorizzati. Di queste ultime acquisizioni (la seconda a titolo di prestito a lungo termine) sono stata in qualche modo artefice, avendo avuto la direzione del Museo fino a quel momento. La storia del Museo Boncompagni è, tuttavia, la storia di una volontà di esistere dell'istituzione che ha continuato a mantenersi vigile e operativa fino ad oggi, con la direzione dedita e appassionata di Matilde Amaturo, anche lei, come tutte noi che l'abbiamo preceduta, affascinata dalla bellezza dei piccoli oggetti di ottimo artigianato, delle opere d'arte non scontate, della necessità di popolare sempre di più quel piccolo ""mondo antico"""" con esemplari che la memoria collettiva associa a tempi di grande laboriosità e creatività nel campo delle cosiddette arti applicate. Niente nelle opere presenti nel Museo è esente dalla caratteristica di """"manufatto"""" e da quella di """"invenzione"""" personale dell'artista, dell'artigiano, della stilista, della ricamatrice, ecc...» (Dall'Introduzione di Mariastella Margozzi)"" -
I Monti Parioli e il «Nuovo Campo Marzio» della cultura internazionale. Ediz. illustrata
Il sistema urbano tra Pincio e Ponte Milvio, includente i Monti Parioli e Villa Glori, si qualifica come un palinsesto di sistemazioni e progetti che dall’età antica (con l’estensione piranesiana del Campo Marzio) arriva ai progetti di passeggiate moderne e di magnificenza civile dell’età napoleonica. Dopo le memorie antiche (Annia Perenna, Catacombe di S. Valentino), a partire dal ‘500 si perviene allo spettacolare sistema di ville papali e nobiliari, da Villa Giulia a villa Borghese, e più tardi a parchi urbani come Villa Glori e il Giardino Zoologico. Villa Glori si pone come belvedere panoramico: una terrazza sul fiume che conclude il sistema di colli e terrazzi intorno al Tevere, sul lato opposto ai colli del Gianicolo e dell’Aventino (a cui sono dedicati altri due volumi di questa collana editoriale). Accanto al valore della memoria storica, i Parioli e l’area Flaminia costituiscono un tessuto diffuso di eccellenze, residuo di un sistema villereccio, di un abitare la campagna come luogo di delizia, di rappresentanza e di produzione agricola, che oggi, pur travolto dall’urbanizzazione, resta leggibile per frammenti, incastonati nel tessuto di palazzine moderne ed eleganti che ha trasformato fra le due guerre i Parioli nel colle dell’alta borghesia romana. Ruotando intorno ai grandi eventi dell’Esposizione del 1911 e delle Olimpiadi del 1960, il Novecento ha registrato il sorgere della “Valle delle Accademie” e della Cittadella dello Sport. Questo prestigioso “Quartiere delle arti, della scienza e della cultura” si avvale oggi dei nuovi poli della Moschea, dell’Auditorium di Renzo Piano e del MAXXI. E si susseguono programmi lungimiranti per realizzare a cavallo del Tevere il “Nuovo Campo Marzio della Cultura inter- nazionale”, il “Parco del miglio d’oro” e il “Distretto del Contemporaneo”. Saggi e contributi di M. Letizia Accorsi, Antonia Rita Arconti, Marco Biraghi, Daria Borghese, A. Federico Caiola, Alberta Campitelli, Anna Coliva, Alessandro Cremona, Gaia Dammacco, Giuliano De Marco, Massimo de Vico Fallani, Rudolf Dinu, Marcello Fagiolo, Simone Ferretti, Agnese Livia Fischetti, Laura Francescangeli, M. Cristina Gasperini, Andreas Gottsmann, Maria Barbara Guerrieri Borsoi, Ulf R. Hansson, Marco Impiglia, Marta Lembo, Ruggero Lenci, Claudio Listanti, Maria Vittoria Marini Clarelli, Stefania Massari, Alessandro Mazza, Ettore Mazzola, Valentino Nizzo, Harriet O’Neill, Cinzia Palombi, Paolo Portoghesi, Luigi Prestinenza Puglisi, Elisabetta Procida, Simone Quilici, Stefania Renzetti, Luca Ribichini, Denis Ribouillault, Ingrid Rowland, Bianca Maria Santese, Steven Semes, Sabine van Sprang, Ariane Varela Braga, Giorgio Zacutti, Maria Adelaide Zocchi. -
Viaggio in Italia. Roma
Quando, nel febbraio 1864, Taine arriva a Roma, si trova di fronte una città dalle tonalità contrastanti. Centro del potere spirituale, ma ancor di più di quello politico, che afferma ogni giorno il suo predominio, anche culturale, sui comportamenti e la mentalità dei suoi cittadini, la città eterna si offre, in tutte le sue sfaccettature, allo sguardo di un viaggiatore non soltanto interessato al suo indiscutibile patrimonio artistico, ma anche intenzionato a comprenderne le implicazioni ideologiche e le dinamiche sociali. Con l'acume di chi sa osservare l'uomo nel suo ambiente, Taine restituisce al lettore un resoconto critico e storico che, incentrato su un presente per lui indissociabile da una ricostruzione del passato, si focalizza, di volta in volta, sul tessuto urbano, sugli elementi architettonici, sulle opere d'arte e sul vissuto dei suoi abitanti. Ne emerge una visione nuova e moderna che, rifiutando gli stereotipi dell'immaginario romantico, si traduce nell'inconsueta raffigurazione di una Roma percepita nella sua struttura multipla e stratificata. -
Ben vivere, per ben morire. Esperienza della morte e immagini dell'Aldilà in Ch. M. Wieland
Nell'Europa del cosiddetto secolo dei Lumi, la morte non è più il meritato castigo dell'uomo peccatore, come scriveva San Paolo, come si pensa ancora spesso nel Medioevo e nel Seicento, e come ritiene Lutero. Ma se l'Illuminismo guarda principalmente alla vita terrena di cui la morte è solo necessaria conclusione, su un tema tanto complesso, che ha implicazioni in ambito religioso le posizioni variano in fretta. Si assiste a un prolificare di concezioni contraddittorie, complementari, antitetiche, che si alternano e in parte coesistono, specchio di nuove dinamiche sociali e di una pluralità di tendenze filosofiche e culturali che già dalla metà del secolo si compenetrano le une con le altre con risultati significativi. Tale pluralità emerge chiaramente anche a proposito della discussione sull'Aldilà - se esso esista o no, che cosa si deva intendere con quel termine, se si tratti di un luogo o di uno stato dell'Essere, se si possa credere in una vita dopo la morte o se tutto abbia fine, etc. Questo studio si concentra su Christoph Martin Wieland, figura di spicco del panorama culturale di quegli anni, che dopo un'iniziale fase pietista e una definita dai critici ""rococò"""", poco prima dei trent'anni assume e manterrà poi sempre posizioni illuministe."" -
Cogliam d'amor la rosa. Variazioni nella poesia spagnola e altrove
Il fascio di significati simbolici che caratterizza la rosa fa sì che essa funga da motivo chiave di una molteplicità di variazioni poetiche, colte e popolari, alte e basse, eccelse e dozzinali, sacre e profane, serie e facete, caste e oscene, antiche e moderne, di alcune delle quali questo testo intende dare contezza, con una particolare messa a fuoco delle lettere spagnole. Ecco dunque un alquanto bizzarro, policromo mazzo di rose, ove i cantori anonimi della tradizione popolare antica e moderna si affiancano a Orazio, Catullo, Ausonio, Guido Cavalcanti, Cielo D'Alcamo, Lorenzo de' Medici, Bernardo e Torquato Tasso, Pierre de Ronsard, Garcilaso de la Vega, Lope de Vega, Luis de Góngora, Juan Meléndez Valdés, Hermann Hesse, Dino Campana, Ramón Gómez de la Serna, Federico Garda Lorca, Trilussa, Umberto Saba, Jorge Luis Borges, ecc. -
Salviati a Venezia. Un artista immigrato nell'Italia del Cinquecento
Cosa significa essere un pittore migrante nell'Italia frammentata e cosmopolita del Cinquecento? Questo libro cerca di fornire una risposta a una domanda tanto insolita quanto attuale, ricostruendo le vicende biografiche e professionali di Giuseppe Porta, il pittore garfagnino meglio noto col nome di Giuseppe Salviati (1520-1575). La sua carriera riflette molte di quelle urgenze di mobilità e formazione che furono proprie di una generazione di artisti cresciuti col mito di Raffaello e Michelangelo, in incessante movimento tra i principali centri della penisola alla ricerca di occasioni di lavoro e di crescita professionale. Dalla natia Garfagnana, egli si portò prima a Roma, per poi volgersi nuovamente verso nord per raggiungere Venezia passando per Firenze e Bologna. Nella Serenissima decise di fermarsi in pianta stabile, di prender moglie e metter su famiglia, entrando nelle grazie dei committenti locali. Pittore prolifico e abile disegnatore, Salviati diede prova di sé anche nella scrittura, elaborando un originale progetto di catalogazione universale dei suoni rimasto in forma manoscritta. Attraverso un'attenta ricostruzione delle sue vicende artistiche e intellettuali, questo libro fa dunque luce su uno dei protagonisti della pittura veneziana del Cinquecento, rimasto ingiustamente fino ad oggi ai margini della storia dell'arte. -
Villa il Vascello. Ediz. a colori
La Villa ""il Vascello"""" rappresenta una delle più singolari ville romane, eccentrica per significato e per tipologia di arredi, ricercata da visitatori illustri. Sorge in un luogo privilegiato, alle porte del Vaticano, prescelto da celebri famiglie per grandi ville barocche. Elpidio Benedetti, abate al servizio della corona francese, scelse questo spazio proprio per la sua posizione dominante sul colle Vaticano e per entrare a pieno titolo in un'area in splendida ascesa. A un modesto progetto iniziale, redatto dal direttore dei lavori, l'""""architettrice"""" Plautilla Bricci, segue un'altra soluzione ben più innovativa e originale, che si ipotizza sia dovuta a Gian Lorenzo Bernini. La villa diviene scenario di episodi eroici durante i combattimenti che segnano la fine della Repubblica Romana del 1849, durante i quali il Casino, quasi distrutto, viene difeso strenamuente da Giacomo Medici e dai suoi soldati, divenendo così un emblema degli ideali di libertà e democrazia. Oggi la villa è di proprietà del Grande Oriente d'Italia. L'autrice Carla Benocci, con la ripresa degli studi su Plautilla Ricci (in autunno ci sarà una grande mostra a Roma) ha completamente aggiornato le sue ricerche storiche sul tema; il fotografo d'arte Antonello Idini ha condotto una specifica campagna fotografica."" -
I metalli islamici. La Collezione del Museo delle Civiltà Museo d'Arte Orientale «Giuseppe Tucci». Ediz. a colori
Il volume presenta la Collezione dei 260 metalli islamici del Museo delle Civiltà - Museo d'Arte Orientale ""Giuseppe Tucci"""" di Roma (MAO-MuCiv). Realizzati in rame, ottone, bronzo e argento, sono stati prodotti soprattutto nell'area medio-orientale (Iran, Afghanistan, Asia centrale, Pakistan, India), ma anche in Siria, Turchia, Yemen, Egitto, fra l'VIII e il XX secolo. La prima parte, a cura di Gabriella Di Flumeri Vatielli, è costituita dal catalogo degli oggetti, preceduto da testi sulla storia del Museo e della Collezione, e sulle tecniche di manifattura e decorazione; la seconda parte, a cura di Roberta Giunta, è dedicata alla lettura delle iscrizioni presenti su molti esemplari, generalmente in lingua araba (delle quali vengono riportate la trascrizione e la traduzione), a cui fa seguito una disamina sui principali stili di scrittura e gli aspetti peculiari dei testi. Nell'annesso sono presentati i risultati delle campagne di analisi di fluorescenza di raggi X eseguite da Anna Candida Felici e Margherita Vendittelli su 45 oggetti della Collezione."" -
Francesco da Castello (Frans van de Kasteele). Dipinti fra Italia e Spagna. Ediz. illustrata
Per il suo lungo soggiorno italiano e per il numero delle sue pale d'altare dagli inconfondibili caratteri, Francesco da Castello (Bruxelles 1540 c.?- Roma 1621) è uno dei pittori nordici più conosciuti fra quelli stabilitisi a Roma tra Cinque e Seicento. Certamente è un caso indicativo perché si integrò pienamente nell'ambiente romano e riuscì presto a guadagnare credito come pittore di immagini religiose sia nel grande che nel piccolissimo formato. Il libro approfondisce la restituzione al fiammingo di un gruppo di disegni, già raccolti da Pouncey sotto il nome convenzionale del Maestro della Deposizione Fitzwilliam, e chiarisce con lo studio di alcuni dipinti d'altare ritrovati in Aragona il successo di Castello in Spagna, già ricordato dalle fonti. L'esame d'insieme delle sue opere, distribuite in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, viene finalizzato nel libro anche a mettere in risalto la formula con cui Castello trovò spazio in un ambiente affollato e ipercompetitivo come quello romano. Il dosaggio fra la sua cauta assimilazione della pittura italiana, da Zuccari a Barocci, e la tradizionale perizia fiamminga in realistiche descrizioni e minuti dettagli appare infatti lucidamente calcolato con l'obbiettivo di una didascalica evidenza di comunicazione delle immagini. -
Il teatro delle ombre. Scritture nascoste e immagini invisibili in codici e mosaici tardoantichi
Numerosi studiosi negli ultimi anni hanno manifestato interesse per la diffusione di testi scarsamente visibili o addirittura nascosti in epigrafi, codici, dipinti. Questo genere di comunicazione nasceva dall'esigenza di mettere per iscritto un testo che aveva un valore a sé stante, indipendente dalla sua fruizione e che in ogni caso era rivolto solo a chi fosse in grado di comprenderlo. Parallelamente a questo tipo di scrittura, nello stesso tempo pubblica e riservata, troviamo spesso un'altra forma di comunicazione, apparentemente diversa dalla prima, ma in realtà spesso simile: la trasmissione di messaggi segreti, comprensibili solo per coloro che sono in grado di capirli, dissimulandoli in modo da non poter essere facilmente individuati e quindi censurati o manipolati. Un caso emblematico di simile trasmissione di messaggi è costituito dalla produzione di testi e immagini ""invisibili"""" di Eusebio, attivo a Ravenna nella prima metà del VI secolo e a Vivarium nella seconda metà. Il volume ripercorre la biografia intellettuale di Eusebio attraverso lo studio dei codici e delle immagini nei quali ritroviamo la sua impronta e le sue sottoscrizioni."" -
Il galateo dello spazio. Le buone maniere di vivere la casa
Samuele Briatore (@accademia.italiana.galateo), presidente dell'Accademia Italiana Galateo e Francesca Martinelli (@unacasaallavolta) l'home stager più seguita in Italia ci accompagnano alla scoperta della casa gentile: Lo spazio inteso come un luogo domestico, caldo, famigliare è rappresentativo di sè si trova a dover continuamente combattere tra l’utile e il bello, l’accoglienza e la funzionalità, il design contemporaneo e l’antico. Il galateo e le buone maniere possono offrire un diverso punto di vista, spostando l’attenzione dall’esibizione all’autenticità, comprendendo la rappresentanza come un concetto fondamentale per la conoscenza di noi stessi, quindi una rappresentanza come “narrazione di noi” e non come “autorizzazione di un potete”. Samuele e Francesca si stringono la mano e ci accompagnano nel loro mondo fatto di immagini, suggestioni, consigli ma soprattutto vogliono condividere con il lettore il loro sogno. -
Le case dei destini incrociati. Per una grammatica della narrativa condominiale
«Il libro di Gloria Bonaguidi [...] si impone alla nostra attenzione per molti motivi: perché [...] mette insieme un approccio seriamente interdisciplinare, fondato soprattutto su studi di architettura e di sociologia, con un problema reale di storia letteraria; perché studia la nascita e l'evoluzione di un vero e proprio genere in età moderna, cioè nell'epoca proverbiale dell'erosione dei canoni; perché ne segue gli sviluppi soprattutto nel romanzo, cioè nel più onnivoro e polimorfo dei generi; perché ne individua forme molteplici, sebbene tutte accomunate da uno stesso tema; perché spiega come da quello stesso tema si possano originare scelte narrative molteplici, sia in sincronia sia in diacronia; perché traccia il disegno di una costellazione in cui brillano astri di prima grandezza; perché l'indugio monografico per i capolavori riscatta anche libri minori, dando loro un senso nuovo; perché, mentre storicizza il suo oggetto, mostra come esso sia vitale e produttivo ancora oggi. Che del resto esistesse qualcosa come una narrativa condominiale, e più specificamente un romanzo condominiale, era una percezione diffusa, che suscitava alla mente il ricordo del Père Goriot o dell'Assommoir, o che invitava a mettere in relazione testi per altro diversissimi, come il Pastiriaccio e La Vie mode d'emploi. Ma è Bonaguidi per prima a uscire dal campo delle impressioni e delle suggestioni, per individuare con esattezza non (ed è uno dei suoi meriti) il o un romanzo condominiale, ma le forme e la storia delle narrazioni condominiali.» (Dalla Presentazione di Raffaele Donnarumma) -
La Chiesa di San Domenico a Monopoli. Ediz. illustrata
La chiesa e il convento di San Domenico a Monopoli costituiscono il risultato di interventi susseguitisi dal Cinque al Settecento che attestano il mutare dei gusti e gli incroci di culture propri della tradizione artistica pugliese; sia nella forma dello spazio architettonico sia nelle decorazioni plastiche e pittoriche, si confrontano esperienze salentine, veneziane, romane, napoletane. La costruzione dell'insediamento domenicano, avviata negli anni Trenta del Cinquecento, rappresenta anche un interessante episodio di storia urbana poiché costituì l'occasione per ripensare in chiave rinascimentale una porzione di spazio pubblico. Già dal XIII secolo la comunità domenicana aveva costituito un importante polo culturale di rilevanza regionale. Nel primo insediamento esterno alle mura urbiche (distrutto nel 1529), visse Reginaldo Pirano il celebre miniatore attivo tra Napoli e la Puglia; nella chiesa spiccava la tavola di Giovanni Bellini raffigurante San Pietro martire, oggi conservata presso la Pinacoteca Metropolitana di Bari. Frutto del lavoro di un'équipe di specialisti, alcuni impegnati ad indagare i documenti d'archivio, altri ad interrogare la fabbrica che è stata interamente rilevata, la monografia ricostruisce in maniera organica le vicende storico-artistiche di uno dei complessi architettonici più affascinanti dell'età moderna in Puglia. -
La pittura a Gaeta tra Seicento e Settecento. Ediz. a colori
Vivacizzata sin dall'epoca medievale da una classe mercantile intraprendente e da un clero tanto orgoglioso quanto ambizioso, in età moderna Gaeta continuò a giocare sempre in prima linea nelle dinamiche che animarono il Regno di Napoli, privilegiata anche da una posizione geo-politica straordinaria che la rese successivamente uno dei luoghi più emblematici del potere borbonico. Patria di astri di assoluta grandezza nel firmamento della pittura italiana come Scipione Pulzone (1544 circa-1598) e Sebastiano Conca (1680-1764), il centro litorale seppe consolidarsi come uno dei poli più attrattivi per i maestri attivi nel Viceregno e nell'Urbe, impreziosendo il proprio patrimonio artistico attraverso testimonianze pittoriche sempre al passo con i fatti più significativi andati in scena tra Roma e Napoli. Il volume ricompone le vicende della pittura gaetana con un impianto di tipo monografico, analizzando le espressioni artistiche manifestatesi in città nell'arco di due secoli, e proponendosi così come un aggiornato strumento critico. -
Montescaglioso restituzioni e nuovi studi
Il volume rappresenta un approfondito studio monografico sul patrimonio artistico di Montescaglioso in epoca moderna, e prende le mosse dalle benemerite azioni di recupero che, negli ultimi dieci anni, sono state promosse nel centro lucano da un impegnato gruppo di cittadini. Raccogliendo dunque i risultati offerti da una vera e propria campagna di restauro che nel tempo ha interessato una trentina di dipinti circa, e mettendo a frutto le novità emerse da mirate ricognizioni archivistiche e bibliografiche, il libro intende porsi come un sicuro punto di riferimento per la conoscenza della cultura figurativa dell'intera Basilicata, sia nei suoi rapporti con le vicine terre pugliesi, sia nei suoi scambi con Napoli. Oltre al catalogo delle opere restaurate (XVII-XIX secolo) e a un inedito apparato fotografico, il volume raccoglie sei saggi, dedicati, nell'ordine, alla fortuna degli studi di tipo territoriale nella più recente storiografia artistica; alla circolazione nell'antica provincia lucana delle incisioni d'Oltralpe; alle impronte lasciate da Mattia Preti e dai suoi epigoni a Montescaglioso; agli sfavillanti arredi in argento custoditi nella chiesa dell'Immacolata Concezione; ai sontuosi altari di gusto barocco che impreziosiscono i templi cittadini; ai progetti ottocenteschi realizzati per il rifacimento della chiesa madre dei Santi Pietro e Paolo. Saggi di: Mauro Vincenzo Fontana, Tania De Nile, Sandro Debono, Giovanni Boraccesi, Christian de Letteriis, Giuseppe Damone. Schede di: Christian Bonaventura, Rossana Bratta, Mariella Monteleone, Rita Padula, Mario Paolicelli, Alessia Pignatelli, Jennifer Simeone, Marta Spinelli, Maria Immacolata Tarantino. Presentazioni di: Vittorio Martinelli, Gabriele Chiruzzi, Paolo Petrozza, Gloria Asselta, Antonio Petrozza. -
Work in progress. Opere. Ediz. italiana e inglese
Due collezioni d'arte di Spoleto, quella della Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Collicola e quella della Fondazione Marignoli di Montecorona, hanno voluto mettere a confronto, creando una linea storica senza soluzione di continuità, dal XVI secolo all'epoca contemporanea, una serie particolare di opere: bozzetti, modelli, schizzi preparatori, studi. Le due collezioni offrono la possibilità di indagare in modo organico e di riflettere sul senso del work in progress e quindi sull'idea stessa di opera d'arte, di non finito, sul rapporto tra dimensioni immaginate e reali di un'opera, dipinto o scultura che sia. In sintesi, un'occasione che permette di chiarire, attraverso un tema comune a più epoche, la natura fluida, dinamica e sempre in divenire (di qui il titolo Work in progress) del processo artistico e della creazione di un'opera d'arte. L'occasione espositiva ha permesso di articolare il concetto di work in progress in un catalogo arricchito di approfondite schede delle opere in mostra e di alcuni autorevoli contributi critici che fanno il punto metodologico e storico artistico su una situazione più generale. Sono riprodotte 70 opere tra disegni, dipinti, sculture, maquette in legno, modelletti, alcune delle quali recuperate dai depositi di Palazzo Collicola o esposte per la prima volta in pubblico dalla collezione conservata a Palazzo Marignoli. Un modo per valorizzare collezioni della città che presentano opere e artisti conosciuti in tutto il mondo, come Federico Barocci, Anton Raphael Mengs, Jean-Léon Gérôme, Bernard Boutet de Monvel o Alexander Calder, Henry Moore, Domenico Gnoli, Sol LeWitt. -
L' eterno burocrate tra mito e realtà. Funzionari e impiegati nella letteratura austriaca
La figura del burocrate riflette non soltanto i cambiamenti storici e sociali dell'Austria dalla fase asburgica a quella contemporanea ma anche lo scontro tra psicologie e desideri individuali da un lato e società organizzata dall'altro. Nei ritratti di funzionari e impiegati qui presentati gli autori - Grillparzer, Musil, Roth, Kafka, Doderer, Werfel, Soyfer, Wolfgruber, Menasse, Röggla - proiettano inoltre la propria affine condizione di soggetto scrivente che si serve di carta e penna per interagire con il mondo esterno. A volte ridicoli, a volte tragici, i Beamten letterari sono sempre alla ricerca di un ordine privato e pubblico che può significare pace e sicurezza, ma anche sfociare nell'assurdo e nell'arbitrio.