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Carlo Moretti. Vetro e design. Ediz. illustrata
Una storia che nasce a Murano, tra scambi culturali e la creazione del gusto. Rosa Chiesa presenta la storia della Carlo Moretti attraverso materiali d'archivio e numerose fotografie storiche o di nuova realizzazione, raccontando una storia aziendale di uomini e imprenditori, di progettisti e di maestranze e analizzando alcuni aspetti legati all'innovazione, al design e alla strategia d'impresa. La narrazione, che privilegia l'aspetto della cultura del progetto, è divisa in capitoli e segue il naturale corso cronologico, dalla fondazione dell'azienda fino al 2013, un anno di svolta. I saggi e gli approfondimenti tematici presentano collezioni, serie, oggetti di design e i bozzetti preparatori, la comunicazione, pubblicità e l'immagine coordinata dell'azienda. Vengono esaminati il rapporto con i designer, le strategie e il mercato e presentate le icone della Carlo Moretti, come il vaso Cartoccio e la serie di bicchieri e calici Ottagonali. Si valorizza l'""intuito di design"""" che ha portato i due fratelli Moretti ad allontanarsi dal modello a conduzione familiare per aprirsi alle collaborazioni esterne, senza mai rinunciare alla propria specifica identità, costruita pazientemente seguendo un progetto ben chiaro, ancora oggi leggibile nello stile riconoscibile della produzione aziendale."" -
Brera all'altezza dei nostri sguardi
L'immortale pittura della Pinacoteca di Brera vista e analizzata dagli occhi sensibili di un pittore contemporaneo, in un percorso cromatico volto a stimolare la curiosità dei lettori e visitatori del museo. Il volume include settantasette dettagli ""al vero"""" di capolavori esposti nella Pinacoteca, da Bellini, Piero della Francesca e Paolo Veronese all'iconico """"Bacio"""" di Hayez. Un tributo all'atto di devozione e impegno nel guardare i dipinti da vicino per coglierne i valori strutturali e il segno delle pennellate dell'artista, in cui sono presentati i particolari delle opere che si trovano all'altezza degli occhi e sguardi attenti di chi le contempla. Dopo una Prefazione del direttore James M. Bradburne, Ignazio Gadaleta ci racconta gli intenti artistico-didattici del volume, attraverso un saggio analitico sulla storia del colore dei dipinti da lui finemente fotografati."" -
30 aprile 1993. Bettino Craxi. L'ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica
Si può individuare il momento esatto in cui l'Italia cessò di credere nella democrazia dei partiti e il linciaggio divenne un atto di estetica rivoluzionaria? Il racconto, fotogramma per fotogramma, dell'evento simbolo di un decennio, emblema del passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.«Chi era senza peccato scagliò la prima monetina di infinite. Qualcosa cambiò per sempre. Ciò che venne dopo non fu più politica: furono le forme della sua assenza.»La scena dell'Hotel Raphaël e del lancio delle monetine contro Bettino Craxi è considerata tipicamente il simbolo di un'epoca, il palcoscenico del feroce «debutto» dell'antipolitica che segnerà la vita pubblica nei decenni a venire. Tuttavia, il giorno successivo, i quotidiani non pubblicarono la notizia. E neppure nei giorni seguenti. Nessuno raccontò la violenza dell'aggressione, della denigrazione, dello scherno, dell'«uccisione del nome» di un uomo. «Dovevamo sbranare Craxi, avremmo dovuto farlo fuori a pezzi, gettare le sue budella sulla porta del Raphaël e trascinarle fino al Parlamento… Io c'ero. E non ho capito che occasione avevo per le mani», scriverà a distanza di anni uno dei presenti. Testimone diretto e appassionato cronista, Filippo Facci torna sul luogo dove tutto ebbe inizio in un racconto, fotogramma per fotogramma, scandito dalle ore in cui sembrò non succedere nulla e accadde di tutto, in un crescendo teatrale di eventi puntuali che, alla luce degli anni successivi, possono essere colti come avvisaglie e tracce della rivoluzione che ha scosso la nostra democrazia. In un singolare e brillante esercizio di sintesi di memoria individuale e collettiva, memoir, saggio narrativo e romanzo della cronaca, l'autore rilegge da una prospettiva originalissima gli avvenimenti che si succedono dalle 10:00 di giovedì 29 aprile alle 23:50 di venerdì 30 aprile 1993, tra Roma e Milano. I ricordi del suo rapporto personale con Craxi svelano al lettore dettagli inediti, e la narrazione di un «prima» e di un «dopo» fornisce una mappa sulla quale orientarsi per cogliere appieno il senso di una vicenda che ha definitivamente cambiato la percezione della politica nel nostro paese. -
Verdi a Parigi
Finalista al premio Viareggio-Rèpaci 2020, sezione SaggisticaUn ritratto generale, estetico e anche politico. Una nuova immagine di Giuseppe Verdi.rnrnQuando Verdi conseguì il primo importante successo col «Nabucco», il genere di melodramma che s'era imposto era di origine francese, pur se fondato in prevalenza da italiani: il Grand-Opéra. La creazione di tale modello si deve ai sommi Cherubini, Spontini, Rossini; esso viene raccolto da Auber, Meyerbeer, Halévy, Donizetti. Ma Verdi ha una personalità di ferro. Pur influenzato dai predecessori, adotta il modello quale cornice esterna e lo riempie di contenuti stilistici, drammatici e psicologici soltanto suoi. Poi addirittura lo rovescia. Al tipico, al «caratteristico» e al diversivo sostituisce la sintesi, il nesso e la velocità drammatici. Al carattere stereotipo dei personaggi contrappone la irreproducibilità e la ricerca del Vero drammatico: non imitato bensì trasceso per mezzo dell'arte: la sua formula è «inventare il Vero». In ciò la sua creazione è coerente per decennî. Il suo successo lo fece quasi subito desiderare dall'Opéra di Parigi. Il Maestro si concesse di rado a partire dal 1847, ma in francese sono alcuni dei suoi capolavori. Questo libro parte dai rapporti di Verdi con l'Opera francese, la cultura, l'ambiente e la società francesi, per tentare di fare del compositore un ritratto generale, estetico e anche politico: e di molti capolavori in qualche modo connessi con la Francia, a partire dalla «Traviata», fa una distesa narrazione e interpretazione. -
Dispera bene. Manuale di consolazione e resistenza al declino
Con sguardo lucido e disincantato, Marcello Veneziani propone al lettore un manuale di consolazione per reagire al declino e far nascere la fiducia dalla disperazione. rnrnCome si può continuare a vivere quando con l’età, i fallimenti e le delusioni si è persa la speranza in tutto ciò che in passato dava un senso alle proprie giornate: idee politiche, relazioni umane, l’esattezza rassicurante della scienza, Dio? È venuta meno la speranza che le cose possano durare ed è venuta meno anche la speranza che le cose possano cambiare. Ma dopo la speranze finiranno anche le disperazioni. Con sguardo lucido e disincantato, Marcello Veneziani propone al lettore un manuale di consolazione per reagire al declino e far nascere la fiducia dalla disperazione. Si interroga sul mondo, sul tempo, sulla politica, sull’età che avanza, rivolge una lettera a un ragazzo del duemila e una postilla a un bambino neonato. E suggerisce un quadrifarmaco per affrontare un tempo che non ci piace, curare il pessimismo, ripararsi dal potere e finire in bellezza. Un libretto d’istruzioni per smontare e rimontare la vita, accettarla ma non subirla. Cosa mettere in salvo, prima che faccia notte, sapendo che il mondo non inizia e non finisce con noi. -
Uffa. Cartoline amare da un tempo in cui accadde di tutto
Un piccolo manuale di sanarnindignazione, una galleria di esercizirnper guardare alle sfumaturerndel reale con non comune arguziarnIl ritratto di un’«Italia Caporetta»rnin bilico tra cialtroni ed eroi, divirne bricconi. Per ridere del paesernsenza infischiarsene.rnrn«Penso che l’Italia di oggi sia un’Italiarngaudente? Non lo penso affatto.rnMa che Italia è allora?»rnrn«Cinque minuti. Cinque minuti di ragionamenti da esseri umani». È il tempo di lettura richiesto da ciascun brano in questa incursione di Giampiero Mughini nel nostro passato recente. Ma al ritmo breve della cronaca, a quindici anni dall'esperienza di commentatore quotidiano di fatti e misfatti nazionali per il «Foglio», l'autore sovrappone il tempo più lungo e profondo della Storia, rileggendosi da par suo e riuscendo nell'impresa di raccontare la società e la politica italiana da una prospettiva spiazzante. Con l'essenzialità di poche righe, consapevole che «scrivere breve breve è infinitamente più efficace, ma anche infinitamente più difficile», mette in luce aspetti inediti di un periodo cruciale che va dalla guerra in Iraq alla prima elezione di Napolitano a presidente della Repubblica, da Calciopoli alla vittoria degli azzurri ai Campionati del mondo di Berlino, rivelando connessioni insospettabili e sorprendenti analogie. A emergere è il ritratto di un Paese che oscilla tra l'orgoglio identitario urlato nei cori da stadio e l'ironia imbarazzata di fronte alle contraddizioni di un'«Italietta» fatta di soubrette, politici, calciatori e giornalisti, una galleria in cui talento e mostruosità, grandioso e patetico sono indistinguibili. Senza pregiudizi e senza bandiere, Mughini ci regala una risata liberatoria mostrando il grottesco del nostro presente, e provocandoci con una domanda finale: chi siamo, e che Paese è il nostro? -
Madri e no. Ragioni e percorsi di non maternità
Un'inchiesta appassionata e urgente sulle ragioni storiche, sociologiche, economiche, alle origini di una delle fratture più evidenti nella nostra società: quella tra chi sceglie di avere figli e chi no. A che cosa serve una contrapposizione tanto netta? Perché su questo argomento troviamo così difficile non giudicare? La meternità, e la genitorialità in generale, sono un affare di pubblico interesse?«Per fortuna non tutti diamo per scontato che il destino biologico della donna sia la procreazione, ma c'è un altro destino che diamo per scontato: l'incombenza della scelta, in un senso o in un altro, e il concretizzarsi di un peso, fosse anche solo psichico, di energie mentali profuse, nel doversi occupare di rispondere a quella che è stata definita ""la madre di tutte le domande"""".»«Non ho passato i decenni della mia maturità sessuale a chiedermi se volevo dei figli perché ho sempre saputo che no, non li volevo. L'unica domanda da farmi era quindi la successiva: perché non li volevo?». Evitando tentazioni ideologiche o posizioni preconcette, Flavia Gasperetti ci invita a cercare insieme delle risposte ai tanti interrogativi che la decisione di non avere figli solleva, indagando i percorsi e le scelte della non maternità nel nostro paese e non solo. Oltre a fornire un brillante excursus storico sulle mille rappresentazioni e incarnazioni della figura della nullipara (con una divagazione sulle «zitelle» della tradizione e dell'immaginario, tra letteratura e cinema), l'autrice approfondisce il legame tra gli allarmi sulla natalità e le dinamiche della demografia, riflette sui grandi temi dell'istinto materno e dell'orologio biologico (e connesse forme di pressione culturale), sul nostro modo di concepire l'età adulta e sul rapporto tra forme di narcisismo, riti di passaggio e genitorialità, sulla valenza sentimentale, e talvolta strumentale, del rapporto con l'infanzia, sulla realtà delle famiglie in cui si adottano «i figli delle altre», e su cosa voglia dire essere genitori oggi. «Le nostre risposte non sono quelle che avremmo dato in altre epoche, quando la contraccezione quasi non esisteva, quando credevamo in un dio che ci avrebbe condannati se la ricerca del piacere non avesse trovato un riscatto nella procreazione; quando avere dei figli poteva rappresentare un apporto all'economia familiare e non un investimento enorme fatto per ragioni soprattutto sentimentali. Le nostre risposte non sono le stesse perché noi siamo cambiati. Noi senza figli e voi che ne avete. Siamo cambiati insieme»."" -
Capi senza Stato. I presidenti della grande crisi italiana
Come si è trasformato e come è destinato a mutare ancora il ruolo del presidente della Repubblica? Quali cambiamenti hanno provocato le crisi istituzionali e le emergenze di questi anni? Da un testimone di oltre un trentennio di vicende e intrighi sul Colle, un'avvincente storia del paese attraverso delle figure chiave per la vita della nostra democrazia, dal «picconatore» Cossiga a Sergio Mattarella.«Siamo allo svuotamento della politica, alla rottura di un equilibrio storico. E non soltanto per lo spettacolo di provocazioni, trasformismi e sabotaggi che hanno rafforzato nella comunità nazionale l'idea di essere dominati da poteri tribali. Alla fine ne esce lesionato il prestigio delle istituzioni. Tutte. Arrivando a lambire perfino il Quirinale.»Accorti equilibristi o benevoli arbitri, discreti notai o decisi interventisti. Sono molti e svariati gli «stili di regia» che i presidenti hanno voluto o dovuto adottare nel corso degli ultimi decenni, stretti da più parti, tra fronti esterni e interni, ed emergenze di varia natura. Ciascuno a suo modo, si sono trovati ad affrontare la Grande Crisi italiana – istituzionale, economica, sanitaria, strutturale – e gli importanti cambiamenti che hanno coinvolto tanto la piazza quanto il Palazzo. È questo il filo conduttore con cui Marzio Breda, da oltre trent'anni acuto indagatore delle dinamiche della politica italiana, racconta e analizza le complesse trasformazioni che hanno caratterizzato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, fino a una Terza che stenta ancora a nascere, in assenza di soggetti che si facciano carico di una vasta e seria riforma costituzionale. Attraverso la ricostruzione delle ultime cinque presidenze della Repubblica, l'autore fa rivivere i momenti salienti della vita privata e pubblica degli inquilini del Colle, le battaglie che hanno combattuto e le violente polemiche che ne hanno contrassegnato l'esperienza alla guida del paese. Da Cossiga a Scalfaro, da Ciampi a Napolitano, fino a Mattarella, sfilano sotto i nostri occhi figure spesso sotto assedio, «capi senza Stato» che hanno dovuto confrontarsi con il conflitto tra un vecchio mondo arroccato e i fermenti populisti di uno nuovo. Ognuno di loro ha provato – ciascuno secondo la propria formazione, sensibilità e identità politica, cultura e temperamento – a rispondere alla crisi del modello della democrazia rappresentativa e al tramonto dei partiti che ne hanno animato la scena. Uno spaccato di storia del paese capace di illuminare la solitudine del potere e le contraddizioni mai sciolte dell'Italia e delle sue istituzioni. -
Congo blues
Morgan è un pianista, per lo più disoccupato, che non ricorda granché della sua infanzia, perché è nato in Congo ed era molto piccolo quando è arrivato a Bruxelles con un aereo. Si guadagna da vivere suonando nei locali che popolano la ricca scena jazz della capitale dalle enormi ville e dai grandi viali, costruiti con i fiumi di denaro provenienti dall'ex colonia. La mattina di Capodanno del 1988, rientrando dopo un concerto, vicino a casa trova una donna che dorme profondamente, al freddo. È giovane, indossa un vestito elegante, e Morgan decide di portarla con sé, prima che si congeli. Quando la adagia sul letto, dalla sua borsa scivola fuori una busta piena di contanti: sono moltissimi soldi. Dopo qualche giorno, così com'era apparsa, Simona, la ragazza misteriosa, scompare all'improvviso, ma la magia e l'intensità di quell'incontro non se ne vanno con lei. Morgan vuole ritrovarla. Qualcosa in quello che lei gli ha raccontato ha risvegliato memorie assopite. Davvero è successo tutto per caso? E quali sono gli affari che Simona porta avanti in Congo insieme all'uomo che, sfuggente come lei, gira al volante di una Maserati rossa? Mentre cerca di scoprire chi sia veramente la donna che ha salvato dal gelo, Morgan non si accorge che la sua indagine sull'identità altrui lo sta portando molto vicino al proprio passato, così indissolubilmente legato al dramma del colonialismo. Scrive Simone Weil che conoscere le proprie radici è forse il più importante ma meno riconosciuto bisogno dell'animo umano: ma davvero diventiamo persone più complete nel momento in cui sappiamo da dove veniamo, oppure è meglio non indagare troppo e limitarci ad andare avanti al meglio con la nostra vita? -
Il giardino e l'arsenale. Una storia della Biennale
La vicenda della Biennale rivela rnla storia di uno straordinario luogo di confronto, di un punto di riferimento per il dibattito artistico, di una fabbrica di innovazione e progettualità, uno strumento vivo che opera nel tessuto di una città viva.«Il Giardino e l’Arsenale, titolo del libro edito da Marsilio, attraversa il fascismo, che valorizzò la Biennale piegandola naturalmente ai suoi fini politici, e s’inoltra nelle contraddizioni del dopoguerra, scandite tra l’altro dalle contestazioni del Sessantotto» - Stefano Folli, RobinsonrnChe ruolo ha un’istituzione pubblica di cultura? E qual è la sua «forma»? Esiste un paradigma, un modello da emulare ed esportare?rnPaolo Baratta, grande protagonista della Biennale di Venezia per oltre vent’anni, ne scrive il racconto tra memoria culturale, cronaca personale e analisi economico-politica. Al fine di introdurre alle dinamiche di una realtà tanto complessa e affascinante, l’autore delinea le vicende e tratteggia le personalità che l’hanno guidata, restituisce i fermenti e le contraddizioni che l’hanno attraversata e il contesto di alcune opere e artisti che l’hanno segnata e caratterizzata.rnNon meno importante è l’indagine dei rapporti con la politica e dei cambiamenti istituzionali, dalle origini fino agli anni novanta. La grande riforma del 1998 infatti, che coincide con l’inizio della presidenza Baratta, trasforma la Biennale in un soggetto pubblico imprenditoriale, aprendo la strada a un’autonomia e indipendenza tanto attese dopo decenni di instabilità e incertezze. Tra intuizioni, scelte difficili, battaglie e conquiste, un percorso appassionante in cui si ricostruiscono le tappe del ridefinirsi di un’istituzione che si «riforma» dall’interno, con l’obiettivo di assicurare efficienza strutturale ed economica. Tutto ciò mantenendo nel tempo la sua vocazione: diffondere conoscenza, generare il desiderio di una nuova consapevolezza, sostenere la funzione dialettica dell’arte e della ricerca, promuovere la collaborazione e il dialogo tra i protagonisti della filiera. -
L' uccellino bianco
Un ""romanzo per adulti"""" che, come i tanti altri scritti da Barrie, ruota intorno al tema dell'incapacità di accettare la fine dell'infanzia. Un romanzo strano, ricco, originalissimo, commovente e ironico, comico e drammatico, scritto in un linguaggio innovativo fino al paradosso, in cui le voci e le storie del bambino e dell'adulto si cercano e si incontrano, si sfidano e si mescolano in una struttura narrativa anch'essa fluida ed eterogenea.rnrnAvrei voluto parlo correre dietro a un cerchio per i viali ridenti dell'infanzia, dove la memoria ci rammenta di aver corso una volta soltanto, un lungo giorno d'estate, per sbucare dall'altra parte, ormai uomini e donne, a pagare per la gioia vissuta.rnrnSe la storia di Peter Pan e della sua Neverland fa parte dell'immaginario di tutti noi, meno noto è invece il romanzo che di Peter Pan costituisce l'atto di nascita, L'uccellino bianco, un """"romanzo per adulti"""" che, come i tanti altri scritti da Barrie, ruota intorno al tema dell'incapacità di accettare la fine dell'infanzia. Raccontata in prima persona da un narratore di mezza età, nel quale è ben ravvisabile l'alter ego dell'autore, è la storia dell'amicizia – intensa, bellissima e a tratti dolorosa – tra lui e il ragazzino David: insieme inventano scherzi e giochi, ridono e piangono, e si raccontano storie. Una di queste, che occupa la parte centrale del romanzo, è la fiaba di Peter Pan nei giardini di Kensington, che in seguito volò via, come il suo piccolo protagonista di soli sette giorni, dal romanzo-casa in cui era nata, e fu sempre pubblicata da sola, godendo del successo planetario e inarrestabile dell'altro Peter Pan, il """"ragazzo che non voleva crescere"""", e delle sue magiche avventure. Mentre cadeva nell'ombra – e ancora ci resta – quell'Uccellino bianco che gli ha dato vita: un romanzo strano, ricco, originalissimo, commovente e ironico, comico e drammatico, scritto in un linguaggio innovativo fino al paradosso, in cui le voci e le storie del bambino e dell'adulto si cercano e si incontrano, si sfidano e si mescolano in una struttura narrativa anch'essa fluida ed eterogenea, che sembra voler scardinare dall'interno la forma """"adulta"""" del romanzo realistico ottocentesco per far posto alle forme e alle parole del gioco, dell'improvvisazione e della fantasia. Un """"mondo di mezzo"""", la cui cifra è quella di una doppia voce che lo attraversa e lo racconta: tra romanzo e fiaba, tra adulti e bambini, tra male e bene, riso e pianto, sogni e risvegli. E tra la vita e la morte, come i """"bambini perduti"""" che Peter Pan porterà con sé nell'Isola che non c'è."" -
Le potenze dell'anima. Vie alla riforma interiore dal disincanto al risveglio
Che cosa sono le potenze dell'anima? A questa domanda che suonò alquanto peregrina nell'atmosfera tumultuosa degli anni intorno al 1968 Elémire Zolla, allora quarantaduenne e al suo quarto libro del ciclo di critica sociale, si cimentò a rispondere per un'esigenza anzitutto personale: esplorare le falde del mondo interiore, lo si chiami anima, psiche, coscienza, sé, intelletto o spirito e lì dentro, nel groviglio di un sentire comunemente tormentato e diviso, cogliere la radice dell'infelicità, del disincanto, dell'indifferenza dell'uomo contemporaneo, anche però una via all'emancipazione, al risveglio di energie salutari esplorate nelle tradizioni del pensiero profondo in Oriente e Occidente. Nella Parte prima Zolla scruta la 'prigione' di un'esistenza del tutto esteriorizzata e appiattita, con enorme anticipo sulle avvenute dipendenze dalle tecnologie digitali; ricostruisce le antiche e dimenticate terapie della malattia psichica, dal dionisismo all'incubazione onirica, all'eros sublimato nella poesia stilnovistica. Scandaglia la topografia dell'interiorità nella raggiera di metafore che a essa alludono giacché «quando si vuole nominare una realtà invisibile bisogna obbedire alle leggi dell'analogia»: il vento, l'ombra, il custode, il soffio, il nagual. Nella Parte seconda Zolla ricostruisce la tassonomia delle facoltà dell'uomo interiore nei repertori delle antiche civiltà, dall'Egitto a Israele, al Tibet, all'India, alla Cina taoista, ai mondi greco, romano e cristiano. Un libro antesignano, come i tanti di Zolla sul contrasto insanabile tra i 'poteri' dominanti secondo la logica mondana e le 'potenze' interiori ribelli alla sottomissione. -
Nero come la notte
Finalista al Premio Giorgio Scerbanenco 2020Tullio Avoledo esordisce nel noir con un romanzo vorticosamente appassionante e di grande attualità, che non teme di calarsi nei recessi più oscuri di una società rabbiosa e corrotta.rnrn«Se la vita è un piano inclinato, sul quale la tua cadutarnsi fa sempre più veloce, dev’esserci un momento in cuirninvece di continuare a rotolare puoi fare uno sforzorne spostarti di lato per cadere dal bordo, giù nell’abissornche cancella ogni colpa»rnrnSergio Stokar era un buon poliziotto. Forse il migliore a Pista Prima, degradata ma ancora grassa città del Nord-Est. Fino al giorno in cui, senza saperlo, ha pestato i piedi alle persone sbagliate. Così qualcuno l’ha lasciato, mezzo morto, sulla porta dell’ultimo posto in cui avrebbe voluto finire: le Zattere, un complesso di edifici abbandonati dove si è insediata, dandosi proprie leggi, una comunità di immigrati irregolari. Quel rifugio dall’equilibrio fragile e precario – con la sua babele di lingue, razze e odori – normalmente sarebbe un incubo per uno col credo politico di Sergio. Ma è un incubo in cui è costretto a rimanere, adattandosi a nuove regole e a convivere con una realtà che un tempo avrebbe rifiutato. Per poter stare al sicuro, è diventato “lo sceriffo delle Zattere”: mantiene l’ordine, indaga su piccoli reati. Finché un giorno il Consiglio che governa il complesso gli affida un incarico speciale. Alcune ragazze delle Zattere sono state uccise in modo orribile, c’è un assassino in agguato, e solo un poliziotto abile come Sergio può scovarlo, con il suo fiuto e le sue conoscenze, ma soprattutto grazie a un’ostinazione che lo trasforma in un autentico rullo compressore. In un’Italia appena dietro l’angolo – l’Italia di dopodomani, che ci indica con chiarezza dove sta andando il nostro paese – Sergio Stokar deve tornare dal regno dei morti e rimettersi a indagare, frugando nel passato e negli angoli più in ombra della sua città, per scoprire, alla fine, che forse l’indagine è una sola, e che l’orrore si nasconde in luoghi e persone insospettabili. Tutto è legato da un filo. Un filo nero come la notte, rosso come il sangue. Perché in un mondo che ha fatto dell’avidità il suo credo non esistono colpevoli e innocenti, ma solo infinite sfumature di male. -
La forza della natura
Quando Anna rimane vedova di Euclide è ancora giovane, bella e, all'indomani del funerale, incredibilmente decisa a non rimettere mai più piede nel paesino della Toscana dove per anni il marito ha tenuto le redini dell'azienda di famiglia. Anna vuole restare a Roma, ai Parioli, ripensare all'uomo che ha amato, bere Martini in terrazza e dimenticare i contadini con i quali Euclide lavorava e che lei disprezza, considerandoli un inutile retaggio medievale. E quale modo migliore per dimenticare di vendere tutto, castello, terre e poderi? Tuttavia, tra Anna e la libertà si frappone la famiglia Rencinai, contadini da duecento anni su un podere del quale, morto Euclide, reclamano la proprietà. Comincia così, per una lite che finisce in tribunale, la nuova vita di Anna che, costretta alla campagna, se ne innamora tanto da prendere in mano l'azienda di famiglia e avvicinarsi ai detestati contadini. In questo percorso di riconquista delle radici (non solo metaforiche), Anna si troverà a essere oggetto del corteggiamento di diversi uomini: un vecchio amico d'infanzia, il figlio ribelle della famiglia Rencinai, un ricco aristocratico piemontese e addirittura un piccolo malvivente romano. Chi sposerà Anna? E quanto tempo impiegherà a lasciar andare il suo Euclide? Quello di Antonio Leotti è un romanzo inglese ambientato in Toscana, ma più comico che tragico. Una commedia che avanza per coincidenze ed equivoci, raccontando quanto le gioie della campagna e quelle della città - così come i disagi dell'una e dell'altra - non siano in fondo che luoghi comuni dei quali si può ridere insieme. -
Natura in posa. Capolavori dal Kunsthistorisches Museum di Vienna in dialogo con la fotografia contemporanea. Catalogo della mostra (Treviso, 30 novembre 2019-31 maggio 2020). Ediz. a colori
Frutta, fiori, crostacei, pesci e selvaggina, libri, strumenti musicali, teschi, perle, libri e altri oggetti di vario tipo tornano a prendere ""vita"""" nel racconto delle curatrici, che accompagnano il lettore lungo tutto il volume, opera per opera, invitandolo a guardare con occhi contemporanei uno dei generi più antichi della pittura europea. Natura morta come metafora di vita, simbolo del tempo che fugge, monito alla fragilità della bellezza e all'inevitabilità della morte. Attraverso la schedatura di cinquanta capolavori provenienti dalle collezioni del prestigioso Kunsthistorisches Museum di Vienna e i saggi introduttivi, il volume ci induce ad abbandonare il giudizio """"negativo"""" che ha accompagnato spesso questo genere pittorico, collocato dalle Accademie alla base di una piramide che metteva al vertice l'uomo. Un lavoro che ci permette di rileggere in chiave contemporanea composizioni che raggiunsero il loro culmine nei primi anni del XVII secolo, in vari contesti geografici. Il loro grande fascino si coglie nelle opere di artisti quali Francesco Bassano, Jan Anton van der Baren e Jan Brueghel, per citarne alcuni. Inoltre accostando al nucleo delle opere pittoriche alcune fotografie contemporanee di artisti come David LaChapelle, Martin Parr e Franco Vimercati, appare evidente come ancora oggi il nostro sguardo possa cogliere il passare del tempo attraverso la rappresentazione visiva di un impossibile equilibrio tra naturale e artificiale, a dimostrazione che questo genere sospeso tra tradizione pittorica e fotografia sia oggi più che mai vivo e capace di trasmettere emozione."" -
Tomás Saraceno. Aria. Catalogo della mostra (Firenze, 22 febbraio-19 luglio 2020). Ediz. inglese
Artista di punta della scena contemporanea, Tomás Saraceno, argentino classe 1973, oggi vive e lavora a Berlino. Quella di Saraceno è un'arte poliedrica, creativa e visionaria. L'artista realizza le sue ""installazioni aeree"""" combinando l'interesse verso l'architettura, la scienza, l'ecologia e la sociologia. L'interattività è una caratteristica fondamentale delle sue opere, che acquisiscono senso anche attraverso la relazione col pubblico, il quale diviene coautore stesso dell'opera, trasformandola attraverso i movimenti del proprio corpo. Sono famose le sue installazioni con ragni vivi che tessono le loro tele come protagonisti principali, nuove metafore di una convivenza civile, pacifica e laboriosa; opere che sorprendono sempre per la profondità dei concetti a cui alludono attraverso un approccio ludico e interattivo. Il volume documenta e approfondisce il percorso umano e professionale di Saraceno, attraverso immagini iconiche delle sue opere e allestimenti, bozzetti, appunti, studi. Per raccontare la ricerca originale e sperimentale di Saraceno è stato inoltre elaborato un glossario che isola le parole chiave della sua pratica artistica. Di queste ci dà una breve, personale, definizione l'artista stesso, aiutandoci a entrare nel suo mondo, a capire i suoi valori e i suoi metodi creativi."" -
L' ultimo respiro del drago. Le inchieste dell'ispettore Chen. Vol. 11
Chen, l'enigmatico ispettore-poeta, dovrà affrontare una nuova, pericolosa doppia indagine – letteralmente mozzafiato – dagli esiti imprevedibili, che va a toccare addirittura i vertici inarrivabili della Città Proibita.rnrn«Non c'è nulla di paragonabile a Qiu Xiaolong per spiegare la Cina di oggi» – Paris MatchrnrnTutti, a Shanghai, pensano che l'ispettore Chen sia un poliziotto ormai leggendario. Perfino qualche alto dirigente del Partito della Città Proibita, a Pechino, come il potentissimo compagno segretario Zhao, che gli ha affidato un incarico a suo dire molto semplice ma in realtà delicatissimo: sorvegliare con discrezione le mosse segrete di un gruppo di ambientalisti e poi presentargli un rapporto dettagliato. Perché, se l'inquinamento è ormai una catastrofe nazionale, il problema va tuttavia risolto tenendo conto solo ed esclusivamente degli interessi del Partito. Come se non bastasse, un'ondata di inspiegabili delitti sta colpendo Shanghai: nessun indizio, nessun movente, nessun sospettato. Chen è come un funambolo costretto a camminare su una corda tesa all'interno di un sistema per il quale i concetti di giustizia e libertà sono subordinati alle esigenze del Partito unico, e ora deve affrontare una nuova, pericolosa doppia indagine – letteralmente mozzafiato – dagli esiti imprevedibili, che va a toccare addirittura i vertici inarrivabili della Città Proibita. Per l'enigmatico ispettore-poeta il prezzo da pagare è sempre più alto, e risolvere il caso senza venir meno ai suoi principi sempre più difficile. -
Happy Nation. Le inchieste di Annika Bengtzon. Vol. 10
Ingemar Lerberg, la moglie Nora e i loro tre bambini vivono a Solsidan, una lussuosa zona residenziale alle porte di Stoccolma. Lui, ex politico in vista, è per tutti un uomo d'affari di successo; lei, molto più giovane, una donna devota a marito, figli e focolare. Eppure, in un freddo e umido mese di maggio, Ingemar Lerberg viene trovato esanime e barbaramente seviziato nel suo letto, mentre Nora è svanita nel nulla. Perché tanta ferocia contro un uomo dall'apparenza così impeccabile? E dove si nasconde Nora? L'incarico di indagare sulla vicenda per conto della ""Stampa della sera"""" viene affidato ad Annika Bengtzon che, divisa tra gli impegni calzanti in redazione e una nuova vita al fianco del sottosegretario alla Giustizia Jimmy Halenius, toccherà presto con mano vuoti e silenzi di una comunità troppo perfetta, una casa di bambola in cui ipocrisie e falsi sorrisi possono valere più di un gesto d'amore."" -
Akrash
Bravissimo a intrecciare i fili di una storia che alterna elementi da legal thriller alla suspense del giallo psicologico, Jesper Stein guida il lettore nella luce cruda dei bassifondi di Copenaghen.«Una trama perfetta, in cui s'intrecciano sospetti, azione, dramma personale e thriller» – PolitikenAxel Steen è in caduta libera. Il poliziotto di Nørrebro, il quartiere più malfamato e mal frequentato di Copenaghen, dove gli sbirri vengono chiamati con disprezzo akrash, sembra irrimediabilmente avviato sulla strada dell'autodistruzione. È uno dei migliori investigatori della squadra Omicidi della città, ma anche uno dei più discussi, a causa di una vita dedita all'abuso di alcol, droghe e sesso occasionale che lo avvicina agli ambienti della malavita più spesso di quanto i suoi superiori siano disposti a tollerare. E ora, archiviato il caso Blackbird, la sua dipendenza dalle canne e dalle piste di coca ha tutta l'aria di essere fuori controllo. Quando Jens Jessen, suo capo nonché nuovo compagno della sua ex moglie, viene a sapere che la mafia russa è riuscita a infiltrare un informatore nella polizia danese, Axel Steen, ovviamente, è tra i principali sospettati. E mentre ai piani alti della polizia rancori e rivalità personali portano a uno scontro di potere che avvelena le indagini, la sua ex moglie assume in tribunale la difesa di Moussa, celebre capobanda di Nørrebro, accusato di essere il mandante di ben tre omicidi nell'ambiente del narcotraffico. Bravissimo a intrecciare i fili di una storia che alterna elementi da legal thriller alla suspense del giallo psicologico, Jesper Stein guida il lettore nella luce cruda dei bassifondi di Copenaghen. Sullo sfondo, l'ipocrisia del welfare danese, una violenza sottotraccia ma ben presente, a un passo dal centro scintillante della capitale, e una serie di personaggi così vivi e reali come se ne trovano di rado nella letteratura di genere. -
Il ritorno del maestro di danza
Lo Härjedalen, nel nord della Svezia, è una terra di foreste sterminate, i cui lunghi inverni sono a stento rischiarati dal bagliore della neve. È qui, in un casolare sperduto, che Herbert Molin, ex poliziotto in pensione, decide di ritirarsi. E qui, un brutale assassino lo raggiunge per accompagnarlo in un ultimo, terribile ballo con la morte. Quando la polizia arriva sulla scena del delitto, trova delle impronte di sangue che sembrano tracciare i passi del tango. Il trentasettenne Stefan Lindman, ispettore della polizia di Boràs, un tempo collega della vittima, per non doversi confrontare con la malattia che lo tormenta si butta a capofitto nelle indagini e scopre ben presto l'inquietante passato nazista di Molin. Esiste un legame tra la sua morte atroce e le sue convinzioni politiche? E qual è il ruolo della rete neonazista che, sempre più nitida, viene alla luce e sembra toccare lo stesso Lindman molto da vicino? Sulle tracce dell'assassino, che dalla Svezia portano in Germania e Argentina, la sua inchiesta ripercorre un pezzo doloroso della nostra storia. Lo attende una rivelazione sconvolgente, oltre all'amara consapevolezza che la follia che per anni devastò l'Europa non è affatto sepolta.