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Le radici ebraiche nel pensiero di Franz Kafka
Il problema della memoria, delle origini, delle radici è eminentemente moderno, e la percezione di questa drammaticità è particolarmente acuta nell'intellighenzia ebraica europea, che nella perdita della memoria ha imparato a vedere il rischio più grave non solo per il popolo d'Israele, quanto per l'intera civiltà. Per il popolo ebraico l'identità, le radici e la memoria sono temi fondamentali della propria storia e rappresentano un nucleo di specificità nel seno di una data comunità nazionale. Con la modernizzazione - haskalah - e l'emancipazione gli ebrei ottengono il riconoscimento dell'uguaglianza, e con esso il pericolo della perdita della loro identità. Il caso Kafka nasce dall'intreccio di Sekuritaet e sradicatezza che caratterizza l'ebraismo borghese mitteleuropeo. -
«Iniquitas Lutheri» ovvero Le radici gnostiche del protestantesimo
Chi fu Martin Lutero? Da dove deriva la sua ribellione? Fu davvero un assertore della ""povertà evangelica""""? Sono tutti interrogativi che a cinquecento anni dall'affissione delle """"Tesi"""" di Wittenberg riemergono con prepotenza nel dibattito storico e teologico mondiale, nella convinzione che, almeno nell'orbe cattolico, tale dibattito si sia eccessivamente appiattito su un'idea romantica e irreale di Lutero e del protestantesimo. Ed è proprio da questa convinzione che è sorta la necessità di riscoprire il vero volto del monaco tedesco e della sua opera, proponendo al pubblico una lettura che al tempo stesso sia fedele alle fonti e illumini il lettore sul legame profondo e inscindibile tra l'eresia gnostica e quella protestante: un filo rosso che soggiace in tutto l'imperio anticattolico, da Simon Mago alla moderna massoneria, passando per quei movimenti che, in nome di un presunto rigore morale, hanno cercato di distruggere l'autorità della Santa Sede, al fine di imporre la propria dottrina come verità assoluta. Per l'appunto, nuove versioni di gnosi."" -
Europa o «Eurabia»? I fatti, i fenomeni e le responsabilità delle inerti democrazie europee di fronte alle tragiche e ininterrotte migrazioni di popoli
La prima grande rivoluzione del terzo millennio è cominciata con l'esodo di milioni di profughi dai paesi islamici in Europa. Con quali conseguenze per un continente ormai spento nei valori, immemore delle sue tradizioni, alle prese con un'inarrestabile crisi economica? Perché l'Europa non riesce a trovare soluzioni? Oppure la posta in gioco è ancora più alta: un ""nuovo ordine"""" mondiale? Siamo forse arrivati all'apocalittica profezia dell'anticristo in rivolta contro Dio, in un brulicare di falsi profeti che insegnano il pensiero unico e relativistico, ingannano e nascondono la verità?"" -
La vocazione del Mediterraneo
Con una punta di orgoglio, gli antichi Romani lo chiamavano mare nostrum. Orgoglio giustificato, soprattutto dopo la sconfitta e la distruzione di Cartagine, pericolosa dirimpettaia sulla costa africana del Mediterraneo. In realtà, più che mare nostrum in senso esclusivo, il Mediterraneo è stato, storicamente, il ""mare fra le terre"""". Ancora prima di Roma, congiunge l'antico Egitto e il """"miracolo greco"""", che in una criptica osservazione di Platone nella sua """"lettera settima"""", essenzialmente autobiografica, non sarebbe comprensibile senza l'apporto egiziano. Ancor più precisamente, il Mediterraneo è il ponte per l'impressionante abbraccio da Samarcanda a Cordova e Siviglia e per il fecondo incontro, in Sicilia, fra i Normanni e la cultura araba. Oggi, questo mare può far pensare a un cimitero a cielo aperto. Spetta all'Europa ritrovare i termini, economico-culturali e storici, per una immigrazione che non sia caotica estraneità, ma ancora una volta, occasione di arricchimento interculturale e progresso civile. Le difficoltà sono evidenti."" -
Profezie e previsioni per il XXI secolo. Dal Papa Nero all'espansione islamica
La bandiera nera dell'ISIS sventola sul Colosseo in un video di propaganda dell'effimero Califfato: in che modo i fondamentalisti riprendono una profezia attribuita a Maometto sulla conquista di Roma? E perché in piena guerra mondiale Pio XII consentì di girare in Vaticano un film celebrativo sulla sua persona intitolato, come un motto della profezia sui papi di Malachia, ""Pastor Angelicus""""? Da sempre il potere utilizza le profezie come strumenti di affermazione politica: l'America protestante ha combattuto le sue ultime guerre sfogliando le pagine dell'Apocalisse. E se da un lato si allineano profezie comicamente smentite – come i ripetuti annunci di fine del mondo da parte di qualche sette della domenica – d'altro lato stupisce come la previsione, citata dall'autore latino Censorino, sulla durata dell'Impero Romano si sia verificata con serissima puntualità. Studiare le profezie e le previsioni può diventare oggi un esercizio di razionalità, laica e per nulla credula, per comprendere quali ansie agitino il presente e (perché no) quali premonizioni emergano dall'inconscio collettivo."" -
I fiori del male e il sublime
Nel cuore del Novecento, superando ogni remora e obiezione, Erich Auerbach segna un passaggio obbligato nella critica baudelairiana. Egli vede nell'autore dei ""Fiori del male"""" il primo poeta che dà espressione stilistica a soggetti di per sé bassi e foschi. Il significato storico della sua raccolta lirica è per lui incontestabile perché la figura umana che in essa affiora non è meno indicativa del trasformarsi della tradizione europea di quanto lo sia il personaggio di Karamazov. Nello storico saggio su Baudelaire del 1951, che presentiamo qui come libro a sé con la presentazione di Francesco Muzzioli, il filologo tedesco mostra che il grande poeta, partendo da elementi """"realistici"""", crea un nuovo tipo di sublime dal valore """"simbolico"""". Nella sua analisi egli mette in valore due idee antitetiche: da un lato, l'opposizione fra il realismo e il simbolismo; dall'altro, l'opposizione fra il sublime dello stile e l'abiezione dell'argomento trattato. Fedele al metodo della campionatura, già sperimentato in Mimesis, Auerbach inizia subito, senza preamboli, con un testo campione."" -
Il posto più freddo del mondo
Angela Martinez ama immortalare discariche, sfasciacarrozze e cimiteri. Si è guadagnata la fama di fotografa del dopo, quella che capita nei bar dopo l'happy hour e sui luoghi degli incidenti quando il sangue è già stato ripulito. Ha un socio che va ai matrimoni al posto suo, un'amica vietnamita con la quale divide birre e guai, un amante che non riesce a coinvolgerla. E la sua Nikon. E un gatto con un nome giapponese. Suo padre ascoltava gli Abba e suonava il violino. Sua madre l'ha messa al mondo a diciotto anni e non è mai cresciuta. Più dissacrante che sensibile, Angela Martinez ha troppi dubbi che non si sforza di risolvere. Finché dovrà scontrarsi duramente con l'ignoto e con la paura. Un romanzo giallo ambientato in una Udine invernale e piovosa, dove ogni personaggio nasconde più di quello che mostra. -
La società ipocrita
Tutte le società, per restare coese, hanno bisogno di un certa quota di conformismo. Nel conformismo di confondono tutti valori medi della società e ogni forma di qualunquismo. Le società riescono a rimanere unite, coese al loro interno, perché gli innovatori e i rivoluzionari sono sempre piccole minoranze. La stessa democrazia si avvale di un consenso politico che si basa sul conformismo e non sull'innovazione. Ciò produce una certa dialettica tra i trasformatori sociali, gli innovatori, e il resto della popolazione che resta subalterna alle mode e ai luoghi comuni. È proprio in questa dialettica che l'ipocrisia sociale trova, all'infinito, una molteplicità di modi per camuffare la realtà, per corromperla, facendola apparire diversa da quella che è. La democrazia italiana, che si basa su un disegno costituzionale alto e degno, su una Carta Costituzionale rivolta all'umanità intera piuttosto che a una sola etnia. rifacendosi direttamente alla Carta per i Diritti umani, più di altre è incline a sviluppare sentimenti ipocriti e atteggiamenti formalistici. -
Piero Gobetti. Critico letterario e teatrale. Un percorso estetico «a ritroso», da Croce a De Sanctis
La figura e l'opera di Piero Gobetti, dopo un tentativo di deformazione compiuto negli anni novanta del secolo scorso, in una fase contrassegnata dal ""revisionismo storico"""", sono cadute nell'oblio quasi assoluto, in conseguenza del distacco che si è venuto a determinare in Italia tra politica e cultura. Il presente volume, dopo aver offerto una chiave interpretativa del pensiero del giovane intellettuale torinese (morto prematuramente nel 1926, esule a Parigi, in seguito a una malattia aggravata dalle percosse ricevute in un'aggressione squadristica) che rifugge dai facili schematismi e che ne evidenzia i tratti di originalità, nell'ambito del liberalismo, intende approfondire l'attività di critico letterario e teatrale svolta da Gobetti sulle proprie riviste, su «L'Ordine Nuovo», quotidiano comunista, e su altri giornali, che è stata sinora considerata superficialmente poco più di un'esercitazione scolastica. Dall'analisi emerge come il giovane studioso, muovendo da coordinate estetiche di stampo crociano, se ne sia progressivamente allontanato, conquistando la dimensione storica e accostandosi al metodo critico desanctisiano."" -
La vita a pezzi
I protagonisti di questi sette racconti sono molto diversi: un prete che accoglie due clandestine scontrandosi con la grettezza dei fedeli; un pusher che la malattia stronca nei suoi sogni di carriera criminale; una coppia di coniugi tormentati da un'antica infedeltà e dalla vecchiaia; una donna che insegue l'amore e forse lo trova con un ragazzo molto più giovane; due sorelle alle prese con la rivelazione di una violenza subita nell'infanzia; la moglie di un carcerato che dopo molte incertezze è disposta ad accoglierlo di nuovo; un generale in pensione che ripercorre amaramente la sua vita. Ciascuno di loro condivide con gli altri il sentimento della solitudine e al tempo stesso il desiderio di uscirne e, in alcuni casi, lo strazio per non essere riuscito a farlo. Sette storie comuni, sette destini in cerca di ascolto. -
La conquista della «mela d'oro». Islam ottomano e cristianità tra guerra di religione, politica e interessi commerciali (1299-1739)
Il libro presenta 440 anni di storia religiosa, politica, diplomatica, sociale eovviamente militare. Il quadro che ne esce è impressionante, tra Papi e Sultani, Imperatori e re, santi e visir, battaglie di terra e di mare, condottieri e avventurieri, diplomatici e corsari, e la grande massa delle popolazioni massacrate ma anche ribelli. Vengono narrati i più decisivi assedi (da Costantinopoli a Vienna), descritte le più grandi battaglie (da Nicopoli a Lepanto fino a Zenta) e le più efferate tragedie (da Otranto e Famagosta); e viene esaminato l'operato dei grandi protagonisti militari (da Hunyadi e Scanderbeg ai Barbarossa, da La Valette a don Giovanni d'Austria, dal Montecuccoli e dal Morosini a Eugenio di Savoia), politici (dai primi sultani a Maometto II e Solimano il Magnifico, dai Re Cattolici a Carlo V e Filippo II, da Francesco I al Re Sole, da Leopoldo I a Sobieski, senza tralasciare quello degli Stati balcanici e italiani, Serenissima in primis), religiosi, da Giovanni da Capistrano a padre Marco d'Aviano. -
I 100 anni del PCI: la castrazione. Dalla Bolognina alla rottamazione: un universo umano che non c'è più
La città di Bologna, protagonista di storiche battaglie della Resistenza, ha avuto anche la ventura di diventare la sede, nel quartiere della Bolognina, della ""svolta"""", da cui si produsse la incredibile parabola da cupio dissolvi dei comunisti italiani. Il titolo del libro fa riferimento alla mossa di Achille Occhetto che, nel 1989, dette il via ad una sorta di """"castrazione"""" (nome, simbolo, e non solo) del partito fondato a Livorno nel 1921. Ciò avveniva proprio alla Bolognina, dove, per singolare coincidenza, nel settecento era vissuto e vi morì il più famoso cantante lirico castrato della storia, Carlo Broschi. Anch'egli subì, per volontà paterna, la traumatica mutilazione, pure con il cambiamento del nome: da Broschi a Farinelli. Con il dissolvimento del Pci e con la personalizzazione dei partiti, trasformati in comitati elettorali, senza idealità, identità né programmi, la politica si è andata sempre più scolorando, in una società in cui prevale la solitudine degli individui. Al posto dell'esperienza sociale vissuta, quella virtuale; al posto della democrazia, il predominio incontrastato del virtuale e del massmediologico. Così la politica diventa il male. Eppure l'Italia ne ha ancora bisogno, ma praticata come impegno e ideale, del tipo di quella raccontata in queste pagine, con episodi anche minimi della vicenda della """"grande famiglia"""" dei comunisti italiani."" -
Rumorosi pentagrammi. Introduzione al futurismo musicale
Non supera qualche manciata di righe lo spazio che la manualistica tradizionale riserva al futurismo musicale. Peggio ancora sul versante della cultura di massa: quasi nulla è stato assimilato, a parte il ""rumorismo"""" e ben poco altro. Eppure, come sostenne il compositore italiano Alfredo Casella, il futurismo musicale fu """"la prima manifestazione di uno spirito temerario, ribelle e svecchiatore che provenisse dall'Italia"""". Cosa rappresentò, dunque, la declinazione sui pentagrammi della rivoluzione di Marinetti? Solamente qualche bizzarra trovata di Luigi Russolo e dei suoi strampalati macchinari per riprodurre il rumore? Soltanto una sterile meteora insignificante e minoritaria per le avanguardie europee successive? Oppure, come scrisse sempre Casella, """"l'unico movimento artistico italiano che abbia avuto risonanza mondiale ed anche una universale influenza""""? E quale esito pratico e compositivo ebbe tale ventata di nuovi principi? Presentazione di Emanuele Ricucci."" -
Sull'essenza del riso e in generale sul comico nelle arti plastiche
Sull'essenza del riso, qui presentato da Alfredo Civita e Giuseppe Grasso, è un saggio ricco di spunti che sembra scritto 45 anni dopo, cioè quando esce il famoso libro di Bergson ""Il riso"""". Apparso nel 1855, era stato rimaneggiato più volte da Baudelaire, al punto da diventare un'ossessione. Nessuno si era spinto prima di lui a indagare le ragioni del comico con un esame così minuto e coscienzioso, sostenuto da una scrittura chiara e dimostrativa, anche se venata qua e là da un tono ironicamente cerimonioso. Baudelaire inizia la sua dimostrazione con la massima """"Il saggio ride solo tremando"""", riconducibile alla tradizione biblica e cattolica, in cui tende a declinare l'idea che il verbo incarnato non ha mai riso. Ridere per il saggio è sconveniente e anti-divino, significa cedere a una tentazione impura che va a ledere quella serenità contemplativa che è il suo ideale. Il comico ha un'origine diabolica e dannata, nasce dall'avvertimento della propria superiorità, idea luciferina per eccellenza. Una volta indicata l'origine contraddittoria del riso, che nasce da uno """"scontro"""", Baudelaire distingue il """"comico ordinario"""" (o """"significativo"""")..."" -
Kennedy, Lincoln e il mito progressista
Le presidenze di John Fitzgerald Kennedy e di Abraham Lincoln sono ricordate per i grandi cambiamenti storici che esse introdussero nella società americana. Ma è davvero possibile considerare questi leader come rivoluzionari sovvertitori della tradizione degli Stati Uniti? L'analisi concreta della politica dei due grandi presidenti rivela aspetti sorprendenti e per certi versi mai indagati, che permettono di stabilire fino a che punto il mito che accompagna le loro figure sia davvero giustificato dalla concreta politica che essi seguirono. Il testo concilia profonda scorrevolezza e facilità di lettura con precisione storica e attenzione alle figure che accompagnarono la vita prematuramente interrotta di Lincoln e Kennedy, due protagonisti uniti da un filo che, attraverso un secolo di storia, segna il coraggio delle loro azioni e la drammaticità della loro fine, proiettandone il carisma fino ai nostri tempi. La storia può talvolta essere ripercorsa con le forme di un racconto senza rinunciare a conclusioni documentate, serie e innovative. -
Scuola ed educazione alla democrazia
Il libro di Piero Di Giorgi, dopo avere rilevato la grave crisi che attraversa la scuola, anche a causa del non adeguamento ai cambiamenti verificatisi nell'epoca della complessità, palesa che non ci può essere più posto per una scuola nozionistica, verbalistica e trasmissiva e che occorre un cambio di paradigma che capovolga la prassi educativa attuale. L'autore presenta delle proposte innovative per rendere la scuola meno noiosa e più coinvolgente per i ragazzi, facendoli diventare protagonisti attivi del loro apprendimento, attraverso un sapere basato sulle domande e sul dubbio metodico. Serve una scuola che superi l'individualismo competitivo e i rituali della spiegazione, dell'interrogazione, dei voti e dei compiti a casa, della lezione frontale, tutti fattori che generano disuguaglianze e dropout. Una scuola attenta ai bisogni di ciascuno, perché dal modo in cui educhiamo, possiamo creare persone sane o malate, dogmatiche e conformiste o creative e critiche. Una scuola educante deve funzionare come un grande centro di cultura e di ricerca ed essere una palestra di confronto, di dibattito e di democrazia, una scuola-laboratorio dove nulla è dato per scontato, una scuola non a compartimenti stagno ma che contestualizza il sapere e collega le diverse discipline all'interno di un sapere unitario facendo cogliere la totalità del reale nelle sue interconnessioni. La migliore riforma della scuola fallisce senza la qualità degli insegnanti. A tal uopo, occorre investire sulla loro formazione, esaltandone la funzione e il prestigio con retribuzioni adeguate all'importanza del ruolo rivestito. Una scuola rinnovata, stimolante, che rende piacevole lo stare bene insieme, che educa al pensiero divergente e forma persone critiche e consapevoli, che educa alla cittadinanza attiva, alla cultura democratica, pluralistica e solidaristica può costruire una cultura cosmopolita, può essere un volano di sviluppo e di cambiamento in direzione di una società più democratica e più giusta, può davvero cambiare il mondo. -
La Spagna dei legionari
A ottant'anni dalla fine della Cruzada viene riproposto il diario di guerra del capitano Tullio Rispoli, avvocato penalista e volontario del CTV (Corpo Truppe Volontarie), che nella battaglia di Guadalajara (8-23 marzo 1937) meritò una medaglia di bronzo al valor militare. Uomo di raffinata cultura, Rispoli non descrive semplicemente gli aspetti bellici, ma si sofferma sullo spirito della popolazione che incontra nelle città liberate. Conosce, tra le altre, S. Sebastiano, Bilbao, Santander, Siviglia, Malaga, Saragozza, Pamplona: parla con militari e borghesi, con semplici popolani e noti professionisti, incontra ufficiali spagnoli e conosce addirittura i generali Moscardó, l'eroe dell'Alcazar, e Queipo de Llano, capo dell'Esercito del Sud, con il quale si trattiene a lungo. -
Idea dell'ispanità
«In che consiste l'Hispanidad? Cos'è questa Spagna, identica e diversa lungo i secoli? In che consiste questo ""essere"""" dell'ispanico, a cui la storia della Spagna si subordina da un capo all'altro del suo lungo viaggio? In questo scritto ci siamo proposti appunto di rispondere - con maggiore o minore esattezza - a queste domande. È il tentativo di catturare in parole e concetti, qualcosa, almeno, di questa essenza impalpabile che chiamiamo Hispanidad». Cos'è la nazione? Essa non è (in senso materiale) il semplice retaggio di un passato comune, né (in senso spirituale) l'astratto progetto di vita condiviso, bensì uno """"stile"""", realmente incarnato in una popolazione e da essa vissuto. Nella sua lucidissima disamina, il cattolicesimo tradizionale dell'Autore individua nella Hispanidad, estesa a tutti i popoli che vissero sotto le Spagne anche al di fuori della Penisola iberica, dal Regno di Napoli al Ducato di Milano, dalla Sardegna alla Sicilia, uno stile che si identifica con quello del Cavaliere cristiano. E che può appartenere a tutti gli uomini."" -
Come è cambiato il rito romano antico
Il decreto del sommo pontefice Benedetto XVI, pubblicato nel luglio 2007 per liberalizzare il rito romano antico, ha suscitato una varietà di reazioni: alcuni lo hanno accolto con gioia, nella speranza che sarebbe stato applicato il più largamente possibile; mentre altri lo hanno etichettato come «qualcosa per i nostalgici». In questo contesto, tale saggio si propone di valutare i due riti in maniera scientifica: più precisamente, di paragonarli alla luce delle loro rispettive teologie sacramentali. Il testo vuole offrire al lettore una visione sintetica dell'argomento, sia concernente l'ordinario (o ""comune"""") della messa, cioè quelle parti che sono comuni a tutte le messe, sia concernente i propri, cioè quelle parti che sono proprie a una messa o a un'altra. La prima parte del saggio analizza il comune della messa, la seconda parte analizza inter alia i propri della messa. Il paragone dei due riti ci permetterà do valutarli in modo giusto."" -
Dialoghi traduttologici. Il testo letterario e la lingua inglese
Sulla traduzione molto si è scritto e molto si scriverà in futuro. Il tema è molto vasto e altrettanto vasto è il dibattito suscitato dai vari aspetti del problema. L'atto traduttivo è strettamente collegato alla necessità umana di comunicare, di trasmettere conoscenza ma anche di allargare il proprio orizzonte conoscitivo. Si traduce la propria lingua in un'altra per intessere rapporti e stabilire legami, per descrivere modi di essere e di pensare. Il presente lavoro è una riflessione sulla fenomenologia del tradurre con una particolare attenzione al versante letterario (Jane Austen, Sarah Austin, George Eliot e James Joyce). Tradurre i classici significa innanzitutto dialogare con modelli letterari che, oltre a essere una sfida per il traduttore, si offrono al lettore sempre con nuove idee e nuovi mondi, continuando a rappresentare – anche in traduzione – la suggestività e il potere straordinario della parola.