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La forza dell'empatia. Una storia dei diritti dell'uomo
«I diritti umani sono difficili da definire, perché la loro definizione e addirittura la loro esistenza dipendono tanto dalle emozioni quanto dalla ragione. L'affermazione dell'ovvietà si fonda, in ultima istanza, su un richiamo emotivo: è convincente se fa risuonare qualcosa in ogni persona. Abbiamo la piena certezza che un diritto umano sia in discussione quando la sua violazione ci fa inorridire». Ma come nacquero i diritti umani e in che modo la loro storia tumultuosa ne influenza la comprensione e la nostra capacità di salvaguardarli oggi? Con questo resoconto culturale e intellettuale, che fa risalire le radici dei diritti umani al rifiuto settecentesco della tortura quale strumento di ricerca della verità, Lynn Hunt ricostruisce la loro genesi, dimostra come le idee di relazioni umane descritte nei romanzi e raffigurate nelle opere d'arte abbiano contribuito a diffondere i nuovi ideali e richiama l'attenzione su come i diritti umani continuino ad avere vita difficile. -
Figli fragili
«Una madre esce dal colloquio con gli insegnanti. Pare che la figlia di otto anni sia irrequieta, incostante, faccia continue battute e si distragga. Lei come decine d'altri nella scuola. Ma per qualche motivo le maestre hanno pensato che proprio per lei potrebbe essere indicato un consulto psicologico. Dicono che potrebbe essere iperattiva, avere 'quella cosa' che va molto adesso e che si chiama ADHD. La madre è incerta. Non saranno le maestre ad aver travisato i segnali della bambina? Non sarà solo una moda, questa dei problemi psichici? » Il mondo di bambini e adolescenti sembra essere diventato una corsa a ostacoli tra possibili malanni psicologici: ansia, depressione, attacchi di panico, iperattività... Sono i nostri figli a essere diventati più fragili o forse è il mondo degli adulti a nascondere i suoi diversi fallimenti sotto l'alibi di un'etichetta clinica? Quale è il confine tra un comportamento desiderabile e un comportamento anormale? In che modo la psichiatria aiuta a orientarci in questo campo? A partire dalla ricca esperienza clinica dell'autore e con moltissimi esempi tratti dalla vita quotidiana, il libro è un contributo prezioso sia per i genitori sia per gli educatori, spesso in difficoltà nel comprendere esigenze e paure dei ragazzi. -
Faites vos jeux! Gioco pubblico e società contemporanea: storia, implicazioni, prospettive
Negli ultimi anni è cresciuto il dibattito sul gioco pubblico in Italia, alimentato dagli studiosi, dai diversi operatori del settore e dall'avvento delle nuove tecnologie che permettono oggi inedite modalità di raccolta ed elaborazione dei dati sul consumo di giochi. Questo libro raccoglie i contributi di studiosi di più discipline - storiche, filosofiche, giuridiche, economiche, letterarie, sociali - che analizzano da diversi punti di vista il gioco pubblico, proponendo percorsi interpretativi che spaziano dalla ricerca sociale fino a giungere alle nuove frontiere del mercato. Il risultato è un quadro aggiornato e completo che fa il punto sul gioco pubblico in Italia oggi. -
Maometto papa e imperatore
Un evento epocale, la caduta di Costantinopoli del 1453rnnelle mani dei turchi. È la fine di un Impero bimillenario e dirnun potere che si riteneva universale. Ma è anche l’origine dirnsogni, aspirazioni, leggende, profezie, progetti fallimentari,rnvoci incontrollate e incontrollabili. Nel segno di un dialogorntra Islam e cristianesimo, tra Oriente e Occidente.rnrnLa caduta di Costantinopoli nel 1453 apparve ai contemporanei come un evento epocale. Mentre gli eserciti turchi sembravano ormai destinati a conquistare Roma e a instaurare un nuovo impero islamico, in tutta l'Europa dilagò un clima di terrore in cui presero a diffondersi profezie che annunciavano conseguenze terribili e perfino la fine del mondo. Con la conquista della capitale imperiale, il sultano Maometto II poteva, a buon diritto, sostenere di essere l'erede del titolo di imperatore romano, e perciò l'unico candidato a ricostituire l'antico impero. Questa volta sotto il segno dell'islam. A nulla valse la lettera di papa Pio II, in cui gli prometteva il titolo e le terre dell'impero romano d'Oriente, a patto che si battezzasse e abbracciasse il cristianesimo. Ciò non impedì, tuttavia, la circolazione della leggenda secondo la quale Maometto il profeta sarebbe stato non solo cristiano, ma papa in pectore. Segno di quanto forte fosse il desiderio di porre fine alle violenze e realizzare un dialogo interreligioso fra cristianesimo e islam. -
Storia del Mediterraneo in 20 oggetti
Finalista Premio Costa Smeralda 2019, sezione SaggisticaSeguiamo 20 oggetti e larnloro storia. Ci racconterannornl’anima di uno spaziorngeografico e culturalernricchissimo: il Mediterraneo.rnrnDove arriva il Mediterraneo? Sarebbernlimitante dire che si arresta allernsue coste. La sua influenza, i suoirncaratteri, la sua anima, come i suoi sapori e irnsuoi odori, invece, spaziano. Si spingono oltre.rnC’è Mediterraneo in Scozia e nell’Inghilterrarnpost imperiale romana. C’è Mediterraneornsulle vie della seta. C’è Mediterraneo neirngaleoni spagnoli come su quelli olandesi erninglesi che solcano nel Cinquecento l’Atlanticorne il Pacifico. C’è Mediterraneo dappertutto,rnappendice ultima dell’estrema grandezza erncomplessità del continente-mondo asiatico.rnSi può raccontare la storia di questornMediterraneo globale senza disperdersi neirnmille rivoli del racconto? Lo si può fare, arnpartire da ciò che ha reso questo Mondornglobale consueto e la sua azione civilizzatricernuniversale e costante: bisogna partire daglirnoggetti. Dei semplici oggetti – che narranornuna storia millenaria, di lungo, lunghissimornperiodo – che consentono di scandire irntratti di questo mare che si frappone fra lernciviltà, spesso legandole e mischiandole.rnL’elenco sarebbe infinito: in queste pagine cirnsoffermiamo su alcuni di essi, venti, che cirnsembravano esemplari, a partire da quello, airnnostri occhi, più antico e più rivoluzionario: ilrnremo. E poi ancora: la bussola, la moneta d’oro,rnil container, la chitarra, la paella, il corallo,rnl’abaco, gli ex voto, i vestiti di seta… -
Dante. Una vita in esilio
A partire dal racconto tragico dell'esperienza dell'esilio, riprendono vita le vicende biografiche e poetiche di uno dei più grandi autori della letteratura mondiale.rnrn""In Dante. Una vita in esilio soffia un vento forte che racconta di un intellettuale coraggioso nemico dei potentati fiorentini, che viene ingannato, infangato, esiliato. Chiara Mercuri sottrae Dante alla gabbia confortante del vate e costruisce il profilo di un uomo vitale, odiato dal potere che coraggiosamente provò a riformare. Dante si oppose alla politica fondata sulla manipolazione, sull'inganno, sull'agguato. Venne condannato dal Tribunale di Firenze per concussione, estorsione e peculato. In realtà, aveva solo provato a mutare il potere fiorentino, a sottrarlo alle lame arroganti di Corso Donati e ad affidarlo a un consiglio di competenza e talenti.rnDante come primo nemico del populismo ante litteram"""" - Roberto SavianornrnrnrnL'esilio è come il mar Rosso che si richiude dietro alle spalle, senza aprire alcuna Terra Promessa; ti lascia lì in mezzo al guado, impossibilitato ad andare avanti, impedito nel tornare indietro. Mandare qualcuno in esilio nell'Italia del Trecento, significava volergli fare terra bruciata intorno, distruggergli il nido, buttargli giù la casa pietra a pietra, sasso a sasso, trave a trave. A partire dal racconto tragico dell'esperienza dell'esilio, riprendono vita le vicende biografiche e poetiche di uno dei più grandi autori della letteratura mondiale."" -
Magistratura e società nell'Italia repubblicana
Edmondo Bruti Liberati, già procuratore della Repubblica di Milano ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, traccia un quadro ampio e non privo di ombre del difficile percorso di attuazione dei valori democratici nella magistratura e nella società.rnrnrn«La magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere»: così recita la Costituzione. E nei fatti? Edmondo Bruti Liberati, già procuratore della Repubblica di Milano ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, traccia un quadro ampio e non privo di ombre del difficile percorso di attuazione dei valori democratici nella magistratura e nella società. Dalla caduta del fascismo all’entrata in funzione della Corte Costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura; dai difficili anni del terrorismo alla stagione di Mani pulite, per arrivare ai più recenti tentativi di riforma del sistema della giustizia. -
12 dicembre 1969
Una ricostruzione serrata del ‘giorno della strage’ con uno sguardo incrociato sulle vittime, gli esecutori, i servizi segreti e i politici.rnrnMilano, Piazza Fontana, sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Alle 16,37 del 12 dicembre 1969 esplode un ordigno che provoca 17 morti e 88 feriti. È il più grave atto terroristico sino a quel momento compiuto nel nostro Paese. Un giorno che segna un’epoca e apre una fase nuova, piena di misteri che non troveranno mai piena soluzione.rnrnUna fredda giornata di dicembre, un giorno come un altro. Affari da sbrigare. Cambiali da pagare. Bancarelle. Compere da fare prima di un Natale ormai imminente. Niente di speciale. Poi, improvvisamente, una bomba. E tutto cambia. Segna un prima e un dopo, a Milano e in tutta Italia. Un prima che rigetta la violenza come strumento della lotta politica, un dopo in cui la violenza ne diventa l’arma, tanto da far temere un possibile colpo di Stato. Alcuni protagonisti di questa vicenda hanno nomi scolpiti nel nostro immaginario: il commissario Luigi Calabresi, il questore Marcello Guida, il ballerino Pietro Valpreda, il ferroviere Giuseppe Pinelli. Poi ci sono gli altri, per lungo tempo ignoti, quelli che lavorano sotto traccia manipolando le informazioni, occultando le prove e insabbiando le indagini. Senza contare i misteriosi ‘suicidi’, che come un contagio travolgeranno alcuni uomini coinvolti nella vicenda. Una ricostruzione serrata del ‘giorno della strage’ con uno sguardo incrociato sulle vittime, gli esecutori, i servizi segreti e i politici. -
L' incredibile viaggio delle piante
Se le piante potesserornparlare forse la prima cosarnche ci direbbero è: «Vegetalerna chi? Noi non vegetiamo,rnsiamo dotate di tutte lernfacoltà sensibili e, udite,rnudite, non siamo immobili,rnsolo che voi non ve nernaccorgete».rnrnAttraverso il raccontorndi storie straordinarie,rnuno scienziato di famarninternazionale ci accompagnarnnel viaggio impercettibile,rnintelligente che le pianterncompiono per conquistare ilrnmondo. Sì, perché esse sonornla maggior parte di tuttornciò che è vivo sulla Terra, glirnanimali sono una minoranzarnrisicata e gli uomini dellerntracce irrilevanti.rn«Spostarsi in lungo e in largo per il mondo, raggiungendo i posti più impraticabili: è un'attività difficile da associare a esseri viventi incapaci di muoversi, eppure le piante hanno mostrato una propensione all'esplorazione e alla conquista superiore a quella di qualsiasi giramondo umano» - Il VenerdìrnrnrnrnNel 1896 il botanico tedesco Wilhelm Pfefferrnrealizzò un filmato in time lapse perrnstudiare il comportamento e i movimentirndelle piante. Pfeffer mostrò, davanti ai volti sbigottitirndei colleghi, la fioritura di un tulipano e i movimentirnesplorativi delle radici nel suolo. Per la prima voltarnfu possibile vedere quello che sino a quel momentornsi poteva solo immaginare: a muoversi non sono solorngli animali ma anche le piante. Esse si spostano e sirnmuovono per procurarsi nutrimento, per difendersi,rnper riprodursi. Non potendosi spostare dal luogo inrncui nascono, le piante hanno bisogno di aiuto perrnricevere e inviare all’esterno… messaggi, polline ornsemi. Per questo hanno messo in piedi una specierndi sistema postale. Le piante aviatori si affidanornall’aria, le naviganti all’acqua, ma più spesso usanorncome postini gli animali, soprattutto quando sirntratta di incarichi molto delicati come la difesa o larnriproduzione. La bardana, ad esempio, produce deirnsemi dotati di uncini che si attaccano in manierarntenace al pelo degli animali. Se avete un cane e lornportate a passeggio in campagna sapete di cosarnparlo. I semi delle naviganti possono percorrerernmigliaia di chilometri e passare anni in acquarnprima di approdare in luoghi sicuri dove germinare:rnsappiamo di noci di cocco entrate nella corrente delrnGolfo e approdate sulle coste dell’Irlanda, oppure delrngiacinto d’acqua scappato da un giardino botanico dirnGiava che ormai abita quasi ogni continente. -
Piccola città. Una storia comune di eroina
Decine di migliaia di tossicodipendenti, una ‘generazione scomparsa’ su cui si è steso un velo di oblio. Un libro di storia, un memoir che squarcia un muro di silenzio e lo fa partendo dal punto di vista più difficile e doloroso: quello personale.rnrn«Guardate questa bambina. Questa bambina sono io. Ho un buffo cappello di lana colorato, lo so perché c’è un’altra foto a colori che me lo dice. Sto con M. Deve essere il 1977. Sono felice. La città per me è ancora una soltanto. Nessun muro la divide in due. Per ora. Dopo non sarà mai più così. Quando arrestano mio padre per spaccio di eroina ho 15 anni, frequento il ginnasio, nell’unico liceo classico di Grosseto. Un liceo di provincia, frequentato dai figli dei professionisti della città. Quando lo arrestano io non dico niente a scuola. Non trovo le parole per farlo, non credo di averle neanche cercate, è qualcosa che accade, e basta. Quando le cose accadono a me io non so come raccontarle. Per questo faccio la storica, racconto le cose che accadono agli altri, eppure questa di mio padre voglio raccontarla, così inizio a parlarne con gli altri, ma solo all’università, quando mi sento ormai protetta dalla distanza, ne parlo e ne parlo, e una giovane storica senza immaginazione si domanda se sono matta ad andare a dire in giro che mio padre si è fatto di eroina. Perché questa è una cosa che non si racconta. Non è neanche un fatto degno di storia. È una piccola storia ignobile.» -
Paradiso e dintorni. Il paesaggio rurale dell'antico Oriente
La nostra civiltà comincia il suo viaggio in uno spazio mitico. Un ‘giardino dell’Eden’ in cui l’uomo trovava soddisfatte tutte le sue necessità. Per secoli studiosi e ricercatori si sono interrogati sulla realtà storica di questo paesaggio primigenio. Oggi finalmente è possibile rispondere alla domanda: ma com’era fatto questo paradiso?rnrnQuando l’Europa iniziò la sua esplorazione del Vicino Oriente, le notizie riguardanti quest’area erano sommarie e spesso facevano riferimento a un passato leggendario e mitico. In particolare, due miti ne avevano simboleggiato il paesaggio: la ‘Torre di Babele’ come metafora per la città e il ‘Giardino dell’Eden’ come metafora per la campagna. Entrambi erano caratterizzati da un elemento di crisi e di collasso: la torre di Babele era rimasta incompiuta e abbandonata, il giardino dell’Eden era stato chiuso all’uomo, costretto a migrare verso ambienti meno ospitali. Invece di città, i primi viaggiatori nel Vicino Oriente trovarono rovine, e invece di giardini trovarono il deserto. Col progredire dell’indagine storica e archeologica, le informazioni sulle antiche città (da Ninive a Babilonia) crebbero, mentre le informazioni sulle campagne rimasero scarse e quasi nulle. La storia orientale antica divenne una questione di re e dinastie, di città e palazzi, di scribi e artigiani e mercanti. Si sapeva che la stragrande maggioranza della popolazione antica era costituita da contadini e pastori, ma la ricostruzione della loro vita e del loro ambiente venne a lungo esclusa dal quadro. Oggi le condizioni sono cambiate. Possiamo provare, per la prima volta, a dare un volto al ‘giardino dell’Eden’, a quel paesaggio in cui è germinata alcuni millenni fa la nostra civiltà. -
«Con la cultura non si mangia» Falso!
tLa cultura non è affatto il ""petrolio dell'Italia"""" Però è un diesel. Una battutaccia? Per niente. È la tesi di Paola Dubini, docente alla Bocconi di Economia - Corriere della Serarn«Visto che la cultura viene reputata spesso materia per anime belle, può essere utile questo saggio che sfata un po' di luoghi comuni attraverso i dati: primo fra tutti che la cultura non sia un motore di sviluppo economico. Gli idoli, se falsi, vanno abbattuti» - Robinson, La Repubblicarnrn«Se i monumenti, le opere d'arte fossero risorse come il petrolio, sarebbero innanzitutto non rinnovabili e destinate ad esaurirsi. E invece è esattamente il contrario: per il solo effetto dello scorrere del tempo, la consistenza fisica del patrimonio cresce» - Paola DubinirnrnrnrnLa cultura non serve, interessa a pochi, non rende... Non è così. Paola Dubini lo dimostra in questo saggio con cifre, fatti e argomenti, a proposito di libri e di musei, di teatro e di cinema, di musica, arte e patrimonio storico. La cultura è parte della nostra vita come l'aria che respiriamo."" -
La solitudine di Francesco. Un papa profetico, una Chiesa in tempesta
«L'autorevole vaticanista Marco Politi descrive uno spaccato drammatico della vicenda del papa e, insieme, della Chiesa. La scrittura è limpida, gradevolmente narrativa, il contenuto decisamente drammatico» - Corrado Augias, Il Venerdì«Seguiremo la strada della verità ovunque possa portarci», promette Francesco. È un combattente solitario. Sa che i nemici lo aspettano al varco, pronti ad attizzare il fuoco dell'opinione pubblica. Un viaggio negli ultimi anni del pontificato, i più difficili e tormentati, in un mondo divenuto improvvisamente ostile. Nel cattolicesimo è in corso una guerra sotterranea per mettere Francesco, il pontefice riformatore, con le spalle al muro. Preti, blogger e cardinali conducono un'opera sistematica di delegittimazione e, mese dopo mese, si va compattando un fronte conservatore con notevole forza organizzativa e mediatica. Debole, invece, è la mobilitazione dei sostenitori della linea riformatrice di Francesco: vescovi e cardinali si affacciano poco sulla scena per difendere il papa e appoggiare gli obiettivi di cambiamento. Spira un vento di forte opposizione: «Vogliono un altro conclave», dice il cardinale Kasper. Francesco ha cambiato i rapporti con ortodossi, luterani, musulmani e Cina. Su pace, ambiente, giustizia sociale è un'autorità morale mondiale. Ma anche lo scenario internazionale si è fatto più complesso: l'America di Trump respinge gli accordi su clima e migrazioni, temi non negoziabili per il pontefice; in Italia, intanto, su migranti e integrazione circola un populismo anti-papale; in Europa orientale divampa un cattolicesimo xenofobo. Altre preoccupazioni incombono. La Chiesa è travagliata dalla piaga degli abusi sessuali, dalla insoluta questione del ruolo delle donne, dal sensibile calo delle vocazioni. Confessa il gesuita Antonio Spadaro, intimo collaboratore di Francesco: «È un pontificato drammatico in cui ci sono cardinali che attaccano il papa e atei che lo sostengono». -
Napoli, Belle Époque (1885-1915)
L'immagine predominante di Napoli, tra il 1860 e i1 1915, è quella di ex-capitale di un grande regno, 'città regià' in decadenza incapace di trasformarsi in 'città borghese', metropoli tra le più popolose d'Europa, il cui fascino è compromesso dalle miserabili condizioni di vita della gran parte dei suoi abitanti. Ma Napoli, fino alla grande guerra, non è solo questo: è anche una metropoli europea moderna, una città dall'elevato livello culturale dove si realizzano esperienze di rilievo sul piano professionale, sul terreno commerciale, nel conflitto sociale tra industriali, per lo più stranieri o settentrionali, e operai organizzati sindacalmente. La Belle Époque napoletana non è solo fatta di luminosi café chantant ma di iniziative economiche e progetti politici e delle prime originali forme della cultura di massa. Le classi dirigenti hanno, per lo più, una loro dignità e si preoccupano degli interessi pubblici. Questa fase di grande fervore e di grande vitalità si interromperà con lo scoppio della prima guerra mondiale. La guerra, infatti, si sarebbe rivelata un pessimo affare per la città e per tutto il Mezzogiorno, sempre più sfavoriti dalla spesa pubblica rivolta al Nord. Fino al 1915 Napoli è ancora una capitale europea. Dopo non lo sarà più. -
La congiura. Potere e vendetta nella Firenze dei Medici
La storia dei Medici, famiglia-icona del Rinascimento italiano, è anche la storia di una successione quasi ininterrotta di congiure e complotti volti a eliminare i suoi esponenti più prestigiosi. Esiste però un momento cruciale, la 'congiura per eccellenza': quella che, nell'aprile 1478, doveva mettere fine al dominio della famiglia su Firenze e sopprimerne la guida, Lorenzo il Magnifico. Lorenzo è all'apogeo della sua fortuna. Incontrastato signore di Firenze, anche se la città ama definirsi una repubblica, ben accolto in tutte le corti italiane, ha in attivo un matrimonio prolifico e prestigioso con Clarice Orsini, erede di una delle più antiche e illustri famiglie di Roma. Alcuni errori, però, minacciano la sua stabilità: l'ostilità del nuovo papa Sisto IV, che toglie ai Medici il lucroso incarico di banchieri pontifici. L'odio di Volterra, tiranneggiata per impadronirsi delle sue risorse naturali. La vendetta della famiglia Pazzi, cresciuta in potenza e ormai temibile concorrente. L'invidia verso un uomo che sembra costantemente baciato dalla fortuna cementa il legame dei nemici e li determina all'azione. L'epilogo fu tragico. -
Viandanza. Il cammino come educazione sentimentale
Decine di migliaia di persone ogni anno percorrono a piedi la via per Santiago e la via Francigena. Nuovi pellegrini che rinnovano la secolare tradizione del viaggio nei luoghi santi per trovare risposte nuove a domande eterne. Gli antichi tracciati - che costituiscono la memoria profonda di un continente ci raccontano quello che siamo stati e come potremmo essere. Sullo sfondo dei paesaggi che incastonano le più antiche strade d'Europa, Luigi Nacci ci fa conoscere il cammino vero, quello lungo che affatica e sfianca e trasforma. Un viaggio in cui emergono con forza inaudita i sentimenti più profondi: paura, spaesamento, nostalgia, disillusione, stupore e allegria. La viandanza diventa uno straordinario modo per conoscere anche se stessi. -
Cleofonte deve morire. Teatro e politica in Aristofane
Tanta capacità di analisi, tanta erudizione, tanta curiosità intellettuale. Luciano Canfora, straordinario protagonista della cultura italiana ed europea, chiama in causa in queste pagine la struttura stessa del rapporto tra politica e intellighentzija. Franco Cardini, “Avvenire” Canfora squaderna davanti agli occhi del lettore la vita di una città in perenne fibrillazione, lacerata da scontri sempre più violenti, incapace di resistere alle passioni che la travolgono. Ad Atene, tutto è politico. Mauro Bonazzi, “la Lettura - Corriere della Sera” Il comico che fa politica ha molti privilegi. Può parlare a ruota libera, spararle grosse, insultare chi gli pare. Al massimo, messo alle strette, dirà che stava solo scherzando. È quanto faceva già il padre di tutti i comici, l’ateniese Aristofane, al quale Luciano Canfora dedica un libro che impressiona per dottrina e finezza. Giorgio Ieranò, “La Stampa” La storia di come Aristofane, con l’arma del teatro, diede man forte alla liquidazione fisica di Cleofonte, l’ultimo leader della democrazia ateniese. -
Le guerre del Barbarossa. I comuni contro l'imperatore
Paolo Grillo si sofferma con precisione da storico e con verve di romanziere su battaglie, papi, sogni bizantini, epidemie, violenze sui civili e mastri costruttori di macchine d’assedio. Bruno Ventavoli, “Tuttolibri” Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero, vuole riacquisire il controllo perduto sul Regno d’Italia per poi assoggettare il Mezzogiorno normanno. Ma durante l’assenza del potere imperiale le città italiane sono cambiate: sono città ricche, militarmente potenti, che pensano a se stesse come collettività di uomini liberi. Quando l’esercito teutonico cala sulla penisola si trova a fronteggiare i comuni italiani. Sarà uno scontro fisico ma anche ideologico tra due società agli antipodi. È la guerra, durata oltre vent’anni – dal 1154 al 1176, prima di giungere a una pace definitiva nel 1183 – che vede Federico Barbarossa tentare di piegare i comuni italiani. Una aristocratica cavalleria teutonica contro masse di fanti comunali appiedati. Un ambizioso progetto di governo universale contro l’autogoverno di città libere. Una società fortemente gerarchizzata contro comunità di uomini eguali in grado di autodeterminarsi. -
Il testamento di Alessandro. La Grecia dall'impero ai regni
L’affascinante, intricata e violenta storia di alleanze e inimicizie tra i vari dinasti che portò alla dissoluzione dell’impero universale sognato dal Macedone e alla nascita di un nuovo equilibrio multipolare nel Mediterraneo orientale. L’inizio del mondo ellenistico, politicamente diviso, ma culturalmente omogeneo. Andrea Brunelli, “Tuttolibri” Queste pagine raccontano il primo, intenso momento di osmosi tra Oriente e Occidente: gli anni, dopo la morte di Alessandro Magno, nel corso dei quali il suo immenso impero venne frazionato in regni affidati ai suoi principali generali, i diadochi. Cinquant’anni di effimere alleanze e ripetuti tradimenti che portarono al fallimento del sogno del macedone: costruire una struttura politica che fondesse e integrasse la stabilità dell’Impero achemenide e la dinamicità dell’Occidente greco. Edoardo Castagna, “Avvenire” Alessandro Magno, il Grande, il Conquistatore; i suoi due ultimi eredi; uno scacchiere politico-militare che va dalla Grecia all’Egitto, passando per l’Anatolia, la Siria e la Mesopotamia: questo lo scenario della storia che segnò l’inizio del mondo ellenistico. -
Non c'è più la Sicilia di una volta
La Sicilia di oggi non è più quella degli stereotipi incrostatisi sulla Trinacria nel corso dei secoli. E di storie e di voci nuove che la raccontano, questo libro ne contiene davvero tantissime. Giuseppe Culicchia «Non ne posso più di Verga, di Pirandello, di Tomasi di Lampedusa, di Sciascia. Non ne posso più di vinti; di uno, nessuno e centomila; di gattopardi; di uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà. E sono stanco di Godfather, prima e seconda parte, di Sedotta e abbandonata, di Divorzio all’italiana, di marescialli sudati e baroni in lino bianco. Non ne posso più della Sicilia. Non quella reale, ché ancora mi piace percorrerla con la stessa frenesia che afferrava Vincenzo Consolo ad ogni suo ritorno. Non ne posso più della Sicilia immaginaria, costruita e ricostruita dai libri, dai film, dalla fotografia in bianco e nero. Oggi c’è una Sicilia diversa. Basta solo raccontarla.» Con buona pace del Gattopardo, non è vero che in Sicilia tutto cambia perché tutto rimanga com’è: sull’isola, negli ultimi anni, quasi tutto è cambiato.