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Non c'è libertà senza legalità
Se il fascismo era stato il regime dell’illegalità dispiegata, una legalità repubblicana non soltanto doveva essere considerata come fondamento essenziale della libertà, ma doveva anche essere «una legalità che può modificare tutte le leggi meno quelle poste a priori come condizioni necessarie per il rispetto della libertà». «Colla legalità non vi è ancora libertà, ma senza legalità libertà non può esserci… perché solo la legalità assicura, nel modo meno imperfetto possibile, quella certezza del diritto senza la quale praticamente non può sussistere libertà politica». Di fronte allo «spaventoso caos di un mondo in rovina», nel terribile inverno tra il 1943 e il 1944, Piero Calamandrei comprese come ogni speranza di «duratura rinascita» non poteva non fare affidamento sul ripristino del principio di legalità a «metodo di governo». -
1969. Tutto in un anno
Si parla sempre del 1968 come anno chiave del cambiamento. E lo è stato. Ma il 1968 è il simbolo di qualcosa iniziata nel 1967 e proseguita nel 1969, senza soste, come si trattasse di un unico lunghissimo anno rivoluzionario.rnLo scrittore Sebastiano Vassalli disse tempo fa che il 1969 è stato il «vero ’68» italiano, e forse anche mondiale. Di certo il ’69 non è un anno sereno: lo apre tragicamente il gesto estremo di protesta di Jan Palach, lo studente praghese che si dà fuoco contro l’occupazione militare sovietica; lo chiude un evento altrettanto drammatico, la strage di piazza Fontana a Milano che dà l’avvio agli anni di piombo. Nel mezzo, accade di tutto. Febbraio vede accendersi la miccia delle contestazioni studentesche, da Milano a Roma. La Sapienza chiude i battenti per decisione del Rettore e prima che la polizia sgombri le facoltà si conta anche la prima vittima. Marzo è nero in Versilia: viene ritrovato il cadavere del tredicenne Ermanno Lavorini, scomparso dal 31 gennaio. Il caso di cronaca appassiona l’Italia e apre uno spiraglio sorprendente su una provincia bigotta, torbida, affogata dal conformismo. Ad aprile esplode la rivolta nelle carceri, dove il tempo sembra essersi fermato a un passato feroce, anacronistico quanto le divise a righe che i carcerati sono ancora costretti a indossare. Nei mesi seguenti arrivano nelle sale cinematografiche il Satyricon di Fellini, La caduta degli dei di Visconti, Un uomo da marciapiede di Schlesinger, e If di Anderson trionfa a Cannes. Gli italiani cantano insieme ad Al Bano ma si emozionano per i Beatles e a luglio guardano in TV lo sbarco sulla luna. Intanto è agosto e a Woodstock si celebra un concerto storico. L’autunno che segue è fin troppo caldo, tra tensioni sindacali e disordini in Fiat. Ottobre vede i trionfi di Samuel Beckett (che vince il Nobel) e Lalla Romano (lo Strega). Il 27 novembre la Camera italiana approva la legge sul divorzio, con l’appoggio del Pci. Poi, la bomba. -
Il crollo del noi
Una delle voci più autorevoli e rispettate della Chiesa italiana. Un’analisi lucida ma non rassegnata sulla più grave emergenza del presente: il crollo dei legami umani.rn«‘Noi’ non è soltanto una parola. È un programma che presenta molte difficoltà a realizzarsi, ma il cui valore è indiscutibile. Il libro di Vincenzo Paglia è una critica del narcisismo contemporaneo, alla scoperta di ideali condivisi. Anche dai laici.» - Eugenio Scalfari, “la Repubblica” -
Il Rinascimento europeo. Centri e periferie
Su un arco temporale amplissimo – che dal Trecento arriva sino ai primi decenni del Seicento – uno dei maggiori movimenti culturali della storia europea, in un racconto ormai classico.La storia, ampia e variegata, del Rinascimento in Europa, nella prosa brillante di uno degli studiosi più autorevoli sul tema. Peter Burke analizza in dettaglio i fenomeni di ricezione culturale e imitazione creativa che, interagendo con le diverse forme politiche e sociali dei singoli paesi, indussero la circolazione delle idee rinascimentali non solo nelle arti ma anche nella vita quotidiana del continente, contribuendo così a ‘europeizzare’ l’Europa. Un volume, ormai un classico, giudicato prezioso da Jacques Le Goff, per rispondere alle grandi domande sul futuro dell’Europa. -
Volgare eloquenza. Come le parole hanno paralizzato la politica
L'epoca in cui viviamo si definisce post-ideologica. È il tempo della post-politica e della post-verità. Ovvero (cambiando l'ordine degli addendi, la somma non cambia) politica e verità da post. Parole e slogan virali che fanno il giro della rete propagandando spesso opinioni su fatti mai esistiti. Quello a cui ci si riferisce con questa sfilza di post è, in realtà, un pensiero prepolitico. E la lingua che lo veicola, più che una neolingua, è una veterolingua che invece di mirare al progresso vorrebbe farci regredire, riportandoci agli istinti e alle pulsioni primarie. Indietro, o popolo! Dal «Votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te» si è passati al «Votami perché parlo (male) come te». Come la pubblicità, come la televisione, anche la politica alimenta il narcisismo dei destinatari, i quali - lusingati - preferiscono riflettersi che riflettere. Il meccanismo del ricalco espressivo innesca una continua corsa al ribasso. Un circolo vizioso che toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva, qualunque dinamismo. Non una risposta ai bisogni degli italiani, ma pura ecolalia: ripetizione ridondante. Così le parole stanno paralizzando la politica. -
Ogni volta che si racconta una storia
"Ogni volta che si racconta una storia, la memoria delle cose narrate si allaccia a sostanze invisibili che abitano in posti molto lontani nel tempo. Ogni volta che si racconta una storia, rivive un'antica esperienza e trova spazio dentro di noi. Torniamo nelle grotte delle origini, quando qualcuno cominciò a danzare una storia davanti al fuoco, dando così all'effimero esistere della specie umana il senso della durata in grado di sfidare il tempo del puro vivere animale. Col tempo ho capito che le storie sono proprio come la vita, non è mai come t'aspetti che sia. Anche le storie prendono scorciatoie imprevedibili, sfuggono, si slabbrano, proprio come la voce che le dice e che subito si perde nell'aria.""""" -
I naufraghi del Don. Gli italiani sul fronte russo. 1942-1943
La campagna di Russia e la disastrosa ritirata dell'Armir raccontate attraverso le vere storie di una ventina di uomini che vi hanno partecipato in unità e con gradi differenti. Seguiamo questo piccolo plotone nei mesi precedenti alla spedizione e poi durante la partenza; vediamo i protagonisti insediarsi sulle rive del Don, tra difficoltà logistiche e insensatezze strategiche. Conosciamo armi, dotazioni, uniformi dei nostri. Assistiamo alla progressiva demoralizzazione di fronte alla superiorità russa per uomini e mezzi e poi alla ritirata a piedi per centinaia di chilometri con quaranta gradi sotto zero. Il sapore è quello della verità cruda che mescola coraggio e codardia, crudeltà e umanità. Una visione capace di riassumere gli accadimenti della storia a un'altezza d'uomo che rende possibile percepirne i dettagli. -
Introduzione all'etica
Le lezioni che Husserl tiene negli annirnVenti rappresentano uno dei tentativirnpiù originali del pensiero moderno dirnfondare in maniera sistematica un’eticarnscientifica e rigorosa.rnrnLa Einleitung in die Ethik raccoglie le fortunate lezionirntenute da Edmund Husserl (1859-1938) all’Università dirnFriburgo nel 1920 e nel 1924, frutto di una lunga riflessione delrnfondatore della fenomenologia su etica e morale.rnAttraverso un confronto serrato con i maggiori filosofi dellarntradizione occidentale, dagli antichi greci a Thomas Hobbesrne ai moralisti inglesi, e mediante un’articolata analisi dei testirncentrali di David Hume e Immanuel Kant, Husserl si misura conrnuno dei tentativi più originali del pensiero moderno: fondare inrnmaniera sistematica un’etica scientifica e rigorosa.rnLa traduzione, a cura di Nicola Zippel e con una introduzione dirnFrancesco Saverio Trincia, è stata condotta sul XXXVII volumerndella Husserliana (Dordrecht 2004) e completa il quadro dellernopere di Husserl di cui il lettore italiano non può fare a menornper comprendere la complessità della ragione fenomenologica. -
Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone
Un grande classico che ha rinnovato larnnostra conoscenza della cultura greca,rnricostruendone gli effettivi canali dirntrasmissione – la tradizione orale prima,rnquella scritta dopo – nel vivo del contestornstorico e sociale in cui operarono.rnrnTra la cultura greca arcaica e della prima età classica ernquella successiva intercorre un vero abisso. Fino arnPlatone, la poesia trasmessa oralmente era stata il veicolo dirndiffusione di tutto il sapere scientifico, giuridico, storico,rnreligioso, filosofico: il ritmo armonioso dei versi e i raffinatirnallettamenti dello stile erano stati strumenti a favore di unrnrapido e durevole apprendimento di un intero patrimoniornculturale. Poesia orale e cultura erano una cosa sola. Sulrnvolgere della fine del V secolo, però, la crisi politica e spiritualernconseguente agli sconvolgimenti prodotti dalla guerra delrnPeloponneso creò le condizioni per un radicale mutamento.rnProprio da una situazione di incertezza e instabilità scaturì, perrnreazione, l’esigenza di un sapere fondato su più solide basi,rnordinato criticamente e sistematicamente, un saperernimpossibile a trasmettersi se non per il tramite della scrittura.rnPlatone ne sarà l’alfiere: non a caso proprio a lui dobbiamo ilrnceleberrimo verdetto di condanna, espresso nella Repubblica,rncontro la poesia. -
La Cappella Sistina. Racconto di un capolavoro
Antonio Forcellino ci fa vivere il prodigio del cantiere della Cappella Sistina, ricostruendo le vicende dei protagonisti che l'hanno voluta e realizzata - i pontefici e gli artisti - e la storia materiale di questo straordinario capolavoro.«Tecniche, invenzioni, compensi e rivalità Antonio Forcellino svela in un saggio i segreti degli affreschi» - RobinsonLa Cappella Sistina è uno dei luoghi più celebri al mondo. È il capolavoro che segna il passaggio dalla bottega rinascimentale al trionfo del genio creativo moderno. Quello in cui l'opera d'arte inizia a essere riconosciuta come prodotto di puro ingegno. Quello attraverso cui la politica realizza pienamente il potenziale comunicativo e propagandistico dell'arte. È qui che papa Sisto IV, per fronteggiare l'insidia alla sua guida spirituale posta da Maometto II, inaugura un'impresa artistica che sarà un manifesto della legittimità papale: la decorazione della cappella più importante della cristianità. Un vero e proprio consorzio di maestri realizza la decorazione della parte inferiore della Sistina. Il risultato è uniforme, quasi fosse l'opera di una sola mano; è la massima espressione della maestria delle botteghe toscane del Quattrocento. Anni dopo, nel 1505, papa Giulio II - nipote di Sisto IV - imprime una svolta. Sedotto dal talento prodigioso di un ragazzo fiorentino, lo chiama a Roma. È Michelangelo Buonarroti, che sarà poi scelto per decorare la volta della Sistina. Nel suo rivoluzionario lavoro, Michelangelo si stacca da ogni tradizione precedente e segna una svolta nel mondo dell'arte. -
16 marzo 1978
16 marzo 1978: un giorno sbagliato. Un giornornche, destinato a entrare nella storia italianarncome inizio di una nuova fase democratica,rndiventa improvvisamente tutt’altro: il giornorndella violenza e della ‘geometrica potenza’ dirnfuoco delle armi.rnrnLe ore che preparano alla giornata del rapimento di AldornMoro e alla strage dei cinque uomini della scortarncominciano già la sera che precede il 16 marzo, con le tramernpolitiche e gli ultimi preparativi dei brigatisti. Parte da qui ilrnracconto delle 24 ore che passeranno alla storia come ‘Il casornMoro’. Giovanni Bianconi ricostruisce e intreccia i punti di vistarndei protagonisti – le vittime come i carnefici – con gli scenarirndella vicenda: da casa Moro al covo dove il presidente della DCrnfu rinchiuso, dalle riunioni segrete nelle stanze del potere allerndiscussioni in Parlamento, dalle assemblee nelle università allernscuole. Sono ore che vedono un crescendo di azioni, reazioni erncolpi di scena.rnA fine giornata la consapevolezza di essere entrati nel momentornpiù buio della storia repubblicana raggiungerà il culmine. È giàrnallora evidente ciò che alimenterà per anni l’affaire Moro: dairnmisteri veri e presunti sull’azione dei terroristi al retroterra delrnsequestro, fino al ‘muro contro muro’ tra lo Stato e le Br chernha portato alla morte del prigioniero e – soprattutto – del suornprogetto politico. -
La coscienza e la legge
Un uomo di Stato e un uomo di Chiesa,rndue tra le voci più rispettate nel dibattitornpubblico del nostro Paese, si confrontanornsui temi più urgenti del nostro tempo.rnrnLe disuguaglianze, l’immigrazione, la sicurezza, la nostrarnvita: in queste e altre questioni nevralgiche del nostrorntempo abbiamo un atteggiamento diverso a seconda dell’idearndi giustizia che assumiamo.rnDobbiamo limitarci al rispetto delle regole o chiamare in causarnla nostra coscienza? Esiste una giustizia fuori dalla legge ornla giustizia coincide con la legge? Domande antiche che cirnriportano alla tradizione classica – dal Socrate platonico allarnfigura di Antigone – ma che in queste pagine rivivono alla lucerndelle urgenze e delle emergenze degli ultimi anni.rnIl tentativo di trovare delle risposte – forse provvisorie, marnutili a prendere posizione e a sollecitare decisioni – è affidatornal dialogo tra due protagonisti della nostra vita pubblica.rnRaffaele Cantone, magistrato di lunga esperienza e oggirnpresidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, e VincenzornPaglia, arcivescovo, presidente del Pontificio Consigliornper la Famiglia e una delle voci più autorevoli e rispettaterndella Chiesa, si confrontano senza pregiudizi o ipocrisierna partire dalle loro differenti visioni delle vicende umane.rnPunto di partenza del dialogo è una accorata definizione delrnconcetto di giustizia. Ci si confronta poi, in pagine vibrantirne ricche di esempi tratte dalle rispettive esperienze, sulrnrapporto tra repressione e perdono, sulle diverse concezionirndella punizione, sulle inefficienze del sistema (le ingiustizierndella giustizia). E ancora, il lettore è accompagnato in unarnriflessione sulle radici culturali della corruzione in un Paese arntradizione cattolica e sul rapporto complesso e contraddittoriorntra Chiesa e mafia.rnE infine, l’argomento forse di maggiore attualità: i migranti, nelrndissidio tra rispetto delle regole e degli accordi internazionali ernl’istinto di aiutare il prossimo in difficoltà.rnUn tema, quello dell’accoglienza, che esce dai confini dellarnlegge e chiama in causa ciascuno di noi. La nostra identità. Ernla nostra coscienza. -
Gomito di Sicilia
Lo scrittore e giornalista Giacomo Di Girolamornvive a Marsala e ci racconta un pezzo di Sicilia finora rimastorninesplorato, quell’angolo estremo che è la provincia di Trapani.rnrn«Cos’è lo Stagnone non so. Mare non è. Lernisole lo chiudono a tenaglia. E poi l’acquarnè troppo bassa per poterci navigare conrntranquillità. Solo i pescatori della zonarnsanno come evitare le secche, seguendorninvisibili canali. Chi si vuole avventurarernrimane impigliato. Me ne ricordo io di genternche veniva qui, forestieri, soprattutto,rnacquistavano motoscafi nuovi di zecca, lirnpiazzavano al molo, osceni rispetto allernnostre barchette, e poi venivano a cavalcarli,rnil fine settimana. Partivano roboanti. Sirnfermavano dopo poche miglia. Tra le nostrernrisate, impigliati nella prima secca. Che marernè questo, bestemmiavano, buttanalamiseria.rnNon è neanche lago, questo mare qua.»rnrnrnLa Sicilia è una sorgente inesauribile di storie che non cirnsi stanca mai di ascoltare, e non a caso i libri dedicatirnall’isola o in essa ambientati sono diventati quasi un generernletterario a sé. Lo scrittore e giornalista Giacomo Di Girolamornvive a Marsala e ci racconta un pezzo di Sicilia finora rimastorninesplorato, quell’angolo estremo che è la provincia di Trapani.rnDal vino Marsala, un tempo il liquore più famoso al mondo ernoggi usato per la carne in scatola, all’abusivismo edilizio chernsi è mangiato tutta la costa. Dal mare dello Stagnone, che orarnsi sta prosciugando, ai tentativi quasi comici di costruire unrnmonumento a Garibaldi degno della sua impresa. Dalla mafiarnche non uccide più ai turisti che si fermano in pellegrinaggiorndi fronte alla stele commemorativa della strage di Capaci. Ernancora, dagli alberi di melograno che si sostituiscono alle vitirncambiando paesaggio e abitudini, ai ragazzini in fuga dall’Africarnche riempiono le piazze con i loro giochi.rnMa Gomito di Sicilia è anche una geografia dell’assenza:rnqui come in tutto il Sud è in corso una grande fuga e sonornscomparsi i ventenni, i trentenni, i quarantenni. È sparita unarngenerazione, come se fossimo in guerra. Ma sembra sparirernanche il mare, coperto dalle case abusive. E non esiste alcunarnforma di epopea, anche se qui con i Mille si è fatta la storiarnd’Italia. D’altra parte questo estremo Occidente è una terra dirntramonti e di epiloghi. -
Contro l'ideologia del merito
Nonostante si proponga come superamento dirnogni ideologia, quella del merito è anch’essarnun’ideologia, una precisa e strutturatarnvisione del mondo. In questa visione,rnil concetto di cittadinanza muta la suarnforma e perde la sua sostanza. Il merito nonrnè costruito intorno ai cittadini, ma intornornagli utenti, ai clienti. rnrnIl merito è diventato parte integrante del discorsornpubblico. In tutti i campi della vita sociale viene evocatorncome orizzonte di cambiamento o come chiave di volta perrnqualsiasi progetto di riforma. Con la sua promessa di uguaglianza,rnl’idea di garantire opportunità lavorative, posizioni dirnresponsabilità e mobilità sociale esclusivamente ai meritevoli,rnindipendentemente dalle loro condizioni di partenza, e dirnpenalizzare i non meritevoli, esercita una comprensibilernattrazione. In Italia questa attrazione è ancora più forte, perché larnmancanza di valorizzazione del merito rappresenta una delle tarernstoriche che incancrenisce ogni articolazione della vita socialerndel paese e svilisce aspirazioni, competenze, passioni e idee.rnTuttavia, le parole non sono mai neutrali. Cosa significarnesattamente merito, e cosa significano le parole direttamenterno indirettamente riconducibili a esso? Sono davvero prive dirnambiguità e zone d’ombra? Sono in grado di mantenere ciò chernpromettono, oppure mettono in scena una falsa promessa?rnL’uso quotidiano di queste parole crea abitudine e assuefazione,rnnasconde la necessità di interrogarle per comprenderne il senso.rnMa quelle domande rinviate o rimosse riguardano questionirncruciali per comprendere il nostro tempo.rnQuesto libro prova a rispondere a queste domande indagandornl’origine e il funzionamento di concetti e strumenti chernoggi ci sembrano ‘naturali’, come – ad esempio – il ‘capitalernumano’, le ‘competenze’, la valutazione standardizzata. La lorornazione sta modificando in profondità la scuola, l’università, ilrnsistema sanitario, la pubblica amministrazione. Si tratta di unarntrasformazione che coinvolge la società nel suo complesso,rne tocca un nodo fondamentale: il rapporto tra cittadinanza ernuguaglianza sociale.rnGrattando la superficie, rompendo la crosta delle apparenze, lerncose si mostrano in modo differente, svelano un carattere diversornda quello rappresentato. La parola merito, attraente, seducente,rnincoraggiante, si rivela una parola ambigua che nasconde i suoirnsignificati reali. -
Roma, Romae. Una capitale in età moderna
Roma, tra la fine del Quattrocento e il 1870,rnè una città-laboratorio. Un luogo dove, piùrnche altrove, la storia locale diviene storiarnmondiale. Questo grazie a una specificitàrnche la differenzia da tutte le altre capitalirnmediterranee ed europee: l’essere centro dirnun ‘impero’ globale e universale, quello dellarnChiesa cattolica.rnrnCittà unica Roma. Centro universale della cristianità erndell’orbe cattolico. Capitale votata all’esaltazione dellarnpropria missione cosmopolitica anche grazie alle vestigia dirnun passato imponente per la storia umana.rnMa anche città ‘normale’. Luogo di quel reticolo di relazioni,rnculturali, politiche, economiche e antropologiche chernrende ogni spazio urbano uno spazio vivo. Ed è propriornmettendo a confronto queste due dimensioni che riusciamorna comprendere l’ineludibile singolarità di Roma.rnIl libro ripercorre così problemi e forme, eventi e dinamicherndella storia della capitale dello Stato della Chiesarnricostruendo l’evoluzione delle strutture cittadine, dellarnvita e delle consuetudini quotidiane dei Romani, dei flussirndi pellegrini e dei viaggiatori. Un panorama complessivornin cui trovano spazio le trasformazioni del tessuto urbanorne della società, i luoghi dell’aggregazione intellettuale ernle dinamiche linguistiche e dialettali, le componenti dirngender e quelle delle diverse nationi, nonché le forme dirnrappresentazione e di autorappresentazione, interne edrnestere, della città stessa.rnUn ritratto che c’interroga sulla natura e sulle identità dellerncittà mediterranee, plurali per natura, cosmopolite perrnstoria. -
Sold out
Il più famoso attore italiano togliernla maschera e si racconta, lasciandoci entrarernnella sua officina.rnrn«Sono sicuro che è il ‘tutto esaurito’,rnil sold out che mi ha fatto sopravvivere:rnl’ho sempre adorato e non mi ci sono mairnabituato completamente. Il fattornche la gente riempia una sala per venirmirna vedere l’ho sempre trovato miracoloso ernquasi esagerato. Sì, il tutto esauritornè il vero miracolo per l’attore di teatro… »rnrnI segni sui copioni, il dialogorncon i grandi registi (da Fellini a Zeffi relli,rnda Patroni Griffi a Ronconi), la complicitàrncon i colleghi (dal ‘maestro’ Romolo Vallirna Marcello Mastroianni, da Rossella Falkrna Virna Lisi, da Sylvia Cristel a CharlotternRampling), la fama televisiva (i Karamazovrnin tv, l’invenzione dei programmi sulla cucina,rnle copertine dei rotocalchi), la formazionerndi una compagnia. Mentre prepara un nuovornspettacolo di Ibsen – Il costruttore Solness –rne si avvia a compiere ottantacinque anni, Orsinirnriavvolge il nastro di una luminosa carriera marnsenza nostalgia né aria di bilancio.rn«Perché quello dell’attore – spiega –rnè un mestiere sempre precario, nemmenornalla centesima replica sei sicuro di qualcosa,rne la libertà di permettersi un clamorosorninsuccesso è una libertà che non possornprendermi nemmeno alla mia età» -
Geografia economica dell'Europa sovranista
Quali sono i costi e i benefici che l’esserernparte dell’Unione comporta? Che effettirneconomici deriverebbero da un distaccorndall’Europa e chi dovrebbe subirnernle conseguenze negative? L’Unione cirnprotegge o ci espone alla globalizzazionernin termini di concorrenza internazionalerne delocalizzazione del lavoro?rnrnIn Europa occidentale la sfiducia montante nei confronti dell'Unione Europea ha una forte componente geografica e si manifesta più intensamente nelle regioni che hanno subito maggiormente gli effetti negativi della concorrenza internazionale. In queste aree si è andato affermando un voto 'sovranista', che vede nella chiusura al mercato internazionale e nel freno al progetto europeo la risposta più efficace alle richieste di 'protezione' dell'elettorato. Ma quali reali costi e benefici comporta l'essere parte dell'Unione? Che effetti economici deriverebbero da un distacco dall'Europa e chi ne subirebbe le conseguenze negative? L'Unione ci espone alla concorrenza internazionale e alla delocalizzazione del lavoro oppure ci difende? Il protezionismo può incentivare la nostra economia? Perché crescono i divari di sviluppo tra regioni europee ricche e povere se l'integrazione avrebbe dovuto ridurli? Quali effetti reali ha l'immigrazione sulle economie di tutta Europa? Gianmarco Ottaviano, esperto di economia internazionale, fotografa la nuova geografia economica del Vecchio Continente. -
La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti 1860-1870
Il brigantaggio fu l'eroica resistenza meridionale al colonialismo sabaudo o la sfida allo Stato di bande criminali? La guerra per il Mezzogiorno concluse la crisi del Regno delle Due Sicilie, determinò il successo dell'unificazione italiana e marcò la complicata partecipazione del Mezzogiorno alla nazione risorgimentale. Iniziò nel settembre del 1860, dopo il successo della rivoluzione unitaria e garibaldina, e si protrasse per un decennio, mobilitando re e generali, politici e vescovi, soldati e briganti, intellettuali e artisti. Non fu uno scontro locale, perché coinvolse attori politici e militari di tutta la penisola e d'Europa, ma non fu neppure una guerra tradizionale: i briganti, le truppe regolari italiane, i volontari meridionali si sfidarono nelle valli e nelle montagne in una guerriglia sanguinosa, del tutto priva dei fasti risorgimentali. Si mescolarono la competizione politico-ideologica tra il movimento nazionale italiano e l'autonomismo borbonico; l'antico conflitto civile tra liberalismo costituzionale e assolutismo; la lotta intestina tra gruppi di potere, fazioni locali, interessi sociali che avevano frammentato le città e le campagne meridionali. Questo libro, per la novità di materiali e documenti usati e per la vastità delle ricerche compiute, offre una prospettiva sulla guerra di brigantaggio che innova interpretazioni fino a oggi date per acquisite. -
Aiutateci a casa nostra. Perché l'Italia ha bisogno degli immigrati
In molti pensano che l’ondata migratoria che si èrnriversata nel corso degli ultimi anni nel nostro paese abbiarnpeggiorato il benessere e l’economia nazionale. Se il flusso deirnmigranti venisse interamente bloccato, dicono in molti,rnl’economia italiana troverebbe un nuovo impulso e il benessererndei cittadini crescerebbe. In particolare, la minore competizionernnel mercato del lavoro spingerebbe in alto salari e occupazione.rnAnche le finanze pubbliche, stressate dalle ingenti risorse che irnmigranti sottraggono al sistema di welfare, godrebbero di unarnsalute migliore.rnMa è davvero così? In realtà, tutti questi effetti attesi sono falsi.rnL’obiettivo di questo libro è quello di raccontare quali siano irnreali effetti economici delle migrazioni sull’economia nazionalernpresentando in modo semplice, critico e organico i risultatirndegli studi prodotti dalla comunità scientifica internazionale.rnSi parte da alcune domande fondamentali: qual è l’effetto dellernmigrazioni su occupazione e salari? Quale impatto i migrantirnhanno sulla finanza pubblica? Come cambia in seguito alla lorornpermanenza la struttura produttiva? Possiamo davvero ‘aiutarlirna casa loro’? Quali politiche possono contribuire a renderernl’immigrazione un fattore positivo di sviluppo senza che siarnsopravvalutata la capacità di accoglienza limitata dei paesirnospitanti?rnVedremo come, nel corso della lettura, verrà gettata nuova lucernsu molte nostre convinzioni; alla fine del libro si riveleranno perrnquello che sono: e cioè, semplicemente non basate su dati reali. -
L' Europa delle banche
Un libro che spiega in modo chiarorned esauriente il ruolo delle banchernnell’economia odierna e nella crisi chernha colpito l’Italia dieci anni fa.rnrn Quest’anno ricorrono due anniversari molto impegnativirnper l’Europa: vent’anni di vita della Banca CentralernEuropea (la BCE ha cominciato a operare il 1º gennaio 1999) erndieci anni dall’inizio della crisi finanziaria (il fallimento dirnLehman Brothers avvenne nel settembre del 2008).rnBCE, banche e crisi finanziaria sono tre tasselli collegati tra lorornnella storia recente dell’Europa: la crisi, nata in gran parte comerncrisi bancaria e finanziaria, si è trasformata in crisi dell’arearndell’euro ed è stata contrastata soprattutto tramite il ruolo dellarnBCE, che ha dovuto spesso supplire a carenze istituzionali chernla crisi non ha creato ma enfatizzato.rnLo scopo del libro è aiutare il lettore a orientarsi all’internorndi un dibattito centrale e attuale, tornando alle radici dellarncrisi per spiegarne in modo semplice le cause sottostanti,rnripercorrerne le tappe principali e chiarire il ruolo crucialerngiocato in quella fase dalle banche. Inoltre, l’autore descrive ilrnnuovo contesto, istituzionale e regolamentare, che è scaturitorndurante e dopo la crisi, mettendo in luce come il legame trarnbanche e BCE sia stato decisivo negli interventi intrapresi inrnpassato e potrà esserlo nel plasmare i nuovi equilibri europei.