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Psiche
Dagli incunaboli pre-omerici al tramonto della civiltà ellenica, attraverso i misteri di Eleusi, la religione 'dionisiaca' e 'apollinea', l'orfismo, Platone e il neoplatonismo, Erwin Rohde scardina la ricorrente tesi della Grecia 'olimpica' terra di pacata razionalità e riconduce l'origine della fede greca nell'immortalità dell'anima all'estasi dionisiaca, un'esperienza religiosa antichissima, devota a potenze infere e permeata dal senso tragico dell'esistenza. -
L' età della gloria. Storia d'Europa dal 1648 al 1815
Tim Blanning racconta quegli anni dominati dalla ricerca del progresso e della gloria, personale o nazionale, da parte dell'élite europea. Una storia avvincente, a tutto campo, politica, economica e culturale.rnrn«La storia al suo meglio... Un esempio di come si dovrebbe scriverla.» - Literary Reviewrnrn«Uno splendido libro.» - New York Timesrnrnrnrnrn«Nel 1648 la credenza che la terra fosse il centro del mondo era condivisa quasi universalmente; nel 1815 era ormai screditata anche negli ambienti più conservatori. Nel 1648 per scongiurare le tempeste elettriche si recitavano preghiere e si suonavano le campane; nel 1815 venivano installati i parafulmine. Nel 1648 in tutta Europa si bruciavano ancora gli eretici e le streghe; nel 1815 erano i loro accusatori a trovarsi nella condizione di imputati.» Il prima, era la società degli ordini, della ricchezza fondiaria e del governo autoritario; il dopo, il mondo delle classi, del capitalismo, della democrazia e delle rivoluzioni. -
Le divergenze parallele. Politica, governo e società nell'Italia di oggi
I risultati delle elezioni del 4 marzo hannornportato alla formazione di una granderncoalizione populista. Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e IlvornDiamanti analizzano i risultati, le ragionirne le identità alla base dell’ultimo voto,rnfotografando una mappa inedita del nostrornpaese.rnrn«Ci sono eventi che segnano un passaggio significativo, se non una vera frattura, rispetto al passato. Recente e (più) lontano. Le elezioni del 2013 possono essere considerate tali. Quelle del 4 marzo 2018 si sono spinte oltre. Alla ricerca di ""precedenti che possano dare senso storico a quel voto, si sentono richiamare le elezioni politiche del 1976. Fino ad allora, la DC aveva governato senza alternative e senza avversari, durante il dopoguerra. Ma in quella consultazione il suo primato venne insidiato dal Pci. Che ottenne oltre il 34% dei voti: sette punti in più delle precedenti elezioni.» – Ilvo DiamantirnrnrnLe elezioni politiche del 2018 hanno sancito larncompresenza in Italia di due tipi di populismo. Da unarnparte, un populismo di destra radicale, in linea con la tradizionerneuropea, interpretato dalla Lega. Dall’altra parte, l’originalernmiscela di populismo di sinistra e di destra suggerita dal M5S.rnDue varianti che peraltro hanno dato luogo a un peculiarernfenomeno di ‘spartizione territoriale’: se la Lega è rimasta forternal Nord espandendosi al centro e addirittura nel Mezzogiorno, ilrnM5S, che nel 2013 mostrava un tratto decisamente nazionale,rnora raccoglie la maggioranza dei voti a Sud.rnMa in cosa, secondo le indagini demoscopiche, convergono e inrncosa si distinguono gli elettori dei due partiti? Qual è oggi, più inrngenerale, l’identikit degli elettori dei vari partiti italiani? Comernsi compone la geografia sociale e territoriale del voto? Perchérnnel clima politico attuale i partiti tradizionali affondano? Inrnqueste pagine, Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Ilvo Diamantirnritraggono i cambiamenti avvenuti nei partiti e nell’elettoratorndurante gli ultimi cinque anni. Emerge, in questo quadro, forsernil più interessante elemento di rottura rispetto al passato: ilrnconfigurarsi di una nuova linea di divisione, alternativa rispettorna quella tra destra e sinistra, che oppone le forze pro-sistemarne anti-sistema, pro e contro l’Europa, globalisti e nazionalisti,rnpartiti mainstream e forze populiste."" -
Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo
Un viaggio nella granderndistribuzione organizzata delrncibo (GDO) guidati da duerngiornalisti, autori delle piùrnimportanti inchieste sulle filierernagroalimentari.rnUn’inchiesta che disvela i segretirnche si nascondono dietro glirnscaffali dei supermercati.rnrn«Il grande carrello mette in guardia sulle strategie usate dalla Grande distribuzione organizzata per indurci a spendere» - Giusy Cascio, Tv Sorrisi e CanzonirnNonostante un'apparenza quasi innocua, il supermercato è il terminale ultimo di un intreccio di rapporti produttivi, sociali ed economici di cui l'acquirente finale nulla sa e nulla deve sapere. Questo libro scompone e disvela la realtà dietro gli scaffali: dai rapporti con i fornitori ai contratti con i lavoratori, dal vero costo delle offerte ai segreti del marketing. Attraverso l'indagine sul campo e le testimonianze dei principali protagonisti del settore, ci racconta un mondo che è parte integrante della vita di ognuno di noi. E che la influenza molto più di quanto pensiamo. -
5 cose che tutti dovremmo sapere sull'immigrazione (e una da fare)
• Perché ci muoviamo• Perché si muovono loro• Perché arrivano in questo modo• Perché proprio qui? E per fare cosa?• Perché la diversità ci fa paura. E ci attraeUna cosa da fare (da cui discendono tutte le altre) -
La vita quotidiana a Ostia. Nuova ediz.
Da archeologo, Carlo Pavolini fa parlare - anche grazie a un ampio corredo di immagini - le testimonianze tangibili, gli oggetti, che gli scavi di Ostia hanno riportato alia luce in quantità enormi. Strumenti della sua ricostruzione sono dunque le vestigia urbane (case, strade, luoghi di culto e di spettacolo, sedi di riunione, officine, depositi, tombe); le epigrafi, per le loro insostituibili notizie sulle istituzioni, l'economia, le associazioni professionali e la vita privata degli abitanti; gli strumenti di lavoro, le suppellettili domestiche, la ceramica, le scene di vita quotidiana riprodotte in mosaici, pitture o rilievi. -
La grande bellezza dell'italiano. Il Rinascimento
Quello che avete in mano, più che un libro, è una guida turistica per esplorare l’italiano depositato nelle opere di tre grandi protagonisti del nostro Rinascimento: Pietro Bembo, Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli.Le opere d’arte, che siano fatte di linee e di colori o che siano fatte d’inchiostro e di parole, devono produrre bellezza. Di qui il titolo La grande bellezza dell’italiano, di qui l’organizzazione del libro in sale, come accade nei musei.In ciascuna è esposto il magnifico italiano di Pietro Bembo, Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli: ascoltando il suono delle loro parole, che echeggia da una parete all’altra, rincorrendo il ritmo dei loro versi, che scivola sul marmo dei pavimenti, ammirando la forma delle loro frasi, che adorna volte, colonne e soffitti. Giuseppe Patota ha lavorato a questa guida pensando ai suoi studenti, agli insegnanti e a tutti i lettori interessati alla storia e colpiti dalla bellezza dell’italiano, oggi ferito a morte non tanto da chi sbaglia o manca un congiuntivo per ignoranza (che è una condizione socioculturale, non una colpa) quanto da chi, come i suoi progenitori linguistici di un secolo fa, lo sta progressivamente trasformando in una lingua violenta, rozza, insultante: in una parola, brutta. Nell’Italia di oggi, la cui ricchezza culturale pare improvvisamente oscurata dall’intolleranza, dal populismo e dalla volgarità, è tanto più necessario che le opere che studiano l’arte si pongano l’obiettivo di agevolare, a loro volta, la percezione della bellezza. L’ OPE RA -
Modelli criminali. Mafie di ieri e di oggi
Il capo della Procura di Roma ernil procuratore aggiunto dellarnDirezione Distrettuale Antimafiarndi Roma hanno scritto il librorndefinitivo per chi vogliarnconoscere a fondo lerncaratteristiche, le trasformazionirne l’estensione della criminalitàrnorganizzata.rn«A tre mesi dalla pensione, il procuratore Giuseppe Pignatone raccoglie quarant'anni di esperienza nella lotta alle mafie, in un volume scritto con l'aggiunto Michele Prestipino» - Gianluca Di Feo, La Repubblicarnrnrn«Un'analisi che parte da lontano e arriva ai giorni nostri, attraverso l'evoluzione delle cosche nei territori d'origine e nelle colonie dove hanno piantato radici e costruito imperi, fino a tracciare le nuove dimensioni delle bande che trafficano nella capitale d'Italia» - Giovanni Bianconi, Il Corriere della Serarnrn«Da Milano a Roma a Palermo, le cronache registrano decide di casi di multinazionali e banche in rapporti con la 'ndrangheta o di societò in contatto con Cosa Nostra; o storie di cooperative collegate all'organizzazione mafiosa romana» - Raffaella Calandra, Il Sole 24 OrernrnGiuseppe Pignatone e Michele Prestipino – oggi rispettivamente Capo della Procura di Roma e Procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma – ci svelano in questo libro le caratteristiche e le trasformazioni delle organizzazioni mafiose di cui si sono occupati nella loro lunghissima esperienza da Palermo a Reggio Calabria, fino alle più recenti inchieste che hanno coinvolto la Capitale.rnStruttura unitaria e verticistica, presenza di una guida riconosciuta e autorevole; utilizzo della ferocia più spietata e, insieme, altissima capacità di mediazione all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Queste le caratteristiche essenziali di Cosa nostra, che per decenni le hanno garantito un ruolo di grande rilievo inizialmente in Sicilia e poi – grazie al traffico degli stupefacenti – su scala mondiale.rnAnche la ’ndrangheta, storicamente nata e sviluppatasi in varie parti della provincia di Reggio Calabria, ha assunto nel tempo una strutturazione unitaria, che ha superato il tradizionale frazionamento e isolamento tra le ’ndrine. Ma una caratteristica peculiare della ’ndrangheta è il modello della ‘colonizzazione’: la tendenza a espandersi fuori dal territorio originario non solo per singole iniziative criminali, ma per radicarsi.rnIl libro analizza nella prima parte il DNA comune alla mafia siciliana e a quella calabrese: la struttura organizzativa su cui entrambe si fondano, la ‘famiglia’ di cui si entra a far parte mediante cerimonie solenni e, infine, il sistema di relazioni che le collegano a soggetti esterni (imprenditori e manager, esponenti politici, uomini della burocrazia, liberi professionisti). La seconda parte – aggiornatissima alle ultime decisioni del Tribunale di Roma – è dedicata alla presenza della mafia nel Lazio e nella Capitale. Roma non è la Palermo dei Corleonesi: come gli autori sottolineano alla luce delle loro inchieste, non c’è stata nel gruppo di criminali legati a Massimo Carminati e Salvatore Buzzi la pretesa di controllare il territorio, né la necessità di un gran numero di affiliati, né una quotidiana manifestazione di atti di violenza. E tuttavia, quell’organizzazione ha manifestato la capacità di ricorrere alla violenza per creare assoggettamento, intimidazione e omertà (e quindi di mafia si tratta).rnIl caso romano rende evidente più che mai un aspetto oggi centrale nelle pratiche mafiose: l’utilizzo sistematico dei metodi corruttivi... -
Il libro nero della Lega
La truffa milionaria ai danni degli italiani, le alleanze con personaggi impresentabili al Sud, le trame opache sullo scacchiere internazionale: tutta la verità sul partito di Matteo Salvini.rnrnChe fine hanno fatto i 49 milioni di euro della truffa sui rimborsi elettorali architettata da Umberto Bossi e Francesco Belsito? Perché Matteo Salvini mente quando dice di non aver mai visto un euro di quel tesoro? Chi sono i nuovi finanziatori del partito oggi? E ancora, come mai il ministro dell'Interno per sfondare al Sud si è circondato di personaggi equivoci, riciclati, ex fascisti, condannati, indagati e con parentele su cui pesa il sospetto di contiguità con la mafia? Quali segreti si celano dietro le alleanze strette dal leader della Lega con Vladimir Putin e Donald Trump? Un libro inchiesta svela per la prima volta le trame finanziarie e politiche del partito del ministro dell'Interno. È «Il libro nero della Lega», una coraggiosa ricostruzione basata anche su importanti documenti fin qui inediti. Giovanni Tizian e Stefano Vergine per le loro inchieste sulla Lega hanno ricevuto il Premio Franco Giustolisi ""Giustizia e Verità"""" 2018."" -
Identità perdute. Globalizzazione e nazionalismo
Un tempo, quando si parlava di globalizzazione ci si riferiva a un fenomeno unicamente economico che aumentava le possibilità di esportare i propri prodotti all’estero e di importare nei confini nazionali merce a basso costo. Non è più così.rn«Siamo davanti ad uno snodo cruciale, dove la posta in gioco non è solo l'equilibrio tra economia e società, ma il futuro stesso della nostra vita sul pianeta Terra» - Marco Bracconi, Il Venerdìrn Oggi la globalizzazione – che ha causato la graduale cancellazione di interi settori industriali e, di conseguenza, la dispersione di comunità e modi di vivere a essi legati – significa anche perdita di identità. Il profondo disagio che ne deriva è sentito ovunque: è percepito dagli operai americani che hanno perso il lavoro nelle acciaierie della rust belt; dai tedeschi, che parlano nostalgicamente di Heimat, cioè di ‘patria’; dagli agricoltori francesi, messi in crisi dalle multinazionali. A partire da questo disagio diffuso, molti partiti politici sovranisti hanno rivendicato la propria identità nazionale. Ma cosa succederebbe se si bloccasse il processo di globalizzazione? Pur riconoscendo la legittimità delle critiche provenienti dalle forze politiche di destra e di sinistra, Colin Crouch difende la globalizzazione, consapevole della regressione complessiva che il mondo affronterebbe dal punto di vista non solo economico. A una condizione: possiamo salvare la globalizzazione e i suoi benefici solo se riusciremo a trascendere la dimensione nazionale e a sottoporre i flussi economici globali alla responsabilità di una governance transazionale democratica. In altre parole, il nostro impegno in favore della globalizzazione varrà solo se saremo in grado di promuovere con riforme concrete la solidarietà sociale e di ridare orgoglio alle città, alle regioni, alle persone che ne sono state private. -
La ragione populista
Il populismo è sempre stato visto come un eccesso pericoloso, capace di mettere a repentaglio le forme politiche di una comunità razionale. Troppo semplicistico, obietta Laclau. Bisogna superare la facile condanna ed essere consapevoli che il populismo opera di fatto nella costruzione di ogni spazio comunitario, democrazia compresa.rnCon La ragione populista – ormai un vero e proprio classico – Ernesto Laclau, teorico della politica internazionalmente noto, offre al lettore una sorta di compendio del suo pensiero filosofico e politico sui rapporti tra democrazia, populismo e dinamiche di formazione delle identità collettive. Il libro si struttura in tre parti. La prima ripercorre a grandi linee la storia primonovecentesca della psicologia delle masse. Nella parte centrale Laclau elabora un modello teorico del tutto originale, che si muove a cavallo tra la teoria politica di Gramsci e quella psicanalitica di Freud e Lacan. Nella terza e ultima parte l’autore passa in rassegna una interessante casistica storica di ‘incroci’ tra democrazia e populismo: dalla vicenda italiana della Lega Nord ai regimi populistici dell’America Latina, da Perón a Vargas; dalla Francia di De Gaulle alla ex Jugoslavia di Miloševic´. Tesi portante di Laclau è che «il populismo designa una logica sociale, i cui effetti coprono una varietà di fenomeni. Il populismo è, se vogliamo dirla nel modo più semplice, un modo di costruire il politico». Dunque la politica − non solo in passato ma tutt’oggi, a dispetto di quanto si tenda a ritenere − è sopra ogni cosa una faccenda di capi, di leader, di prìncipi in grado di farsi amare dal ‘popolo’, anche nell’esercizio della loro autorità. -
Documanità. Filosofia del mondo nuovo
È giunto il tempo di smetterla di pensare al futuro come una proiezione del passato. La rivoluzione tecnologica ci ha portato dentro un nuovo ecosistema. Lasciamo l’homo faber nel capanno degli attrezzi e chiediamoci di nuovo: chi siamo noi? da dove veniamo? dove andiamo?Il web è il più grande apparato di registrazione che l'umanità abbia sinora sviluppato, e questo spiega l'importanza dei cambiamenti che ha prodotto. Basti pensare che sebbene più di un essere umano su due non possieda ancora un cellulare, il numero di dispositivi connessi è pari a 23 miliardi: più di tre volte la popolazione mondiale. Questa connessione, ogni giorno, produce un numero di oggetti socialmente rilevanti maggiore di quanto non ne producano tutte le fabbriche del mondo: una mole immane di atti, contatti, transazioni e tracce codificati in 2,5 quintilioni di byte. Il numero di segni disponibile per la manipolazione e la combinazione diviene incommensurabilmente più elevato che in qualunque cultura precedente, e questo cambia tutto. Ecco perché comprendere la vera natura del web è il primo passo verso la comprensione della rivoluzione in corso, che genera un nuovo mondo, un nuovo capitale, una nuova umanità: anzi una documanità. Alla radicale revisione e alla costruzione concettuale dei nostri modi di guardare alla tecnica, all'umanità, al capitale è dedicato il nuovo e definitivo libro di Maurizio Ferraris, uno dei più influenti e originali filosofi contemporanei. -
Carnevale. La festa del mondo
L’origine dei riti mascherati si perde nella notte dei tempi. Corrisponde al ciclico ritorno degli antenati, che all’avvio del nuovo anno si manifestano ai vivi come figure bizzarre, inquietanti, sfarzose, esagerate per portare un augurio di prosperità e di fertilità. Cacciati dalla cittadella sacra di Natale ed epifania, questi personaggi ancestrali se ne sono andati a spasso per il calendario, trovando rifugio là dove non recavano disturbo. Così, in luoghi remoti del continente europeo e nelle date più impensate del semestre invernale, vediamo tornare alla ribalta gli scampanatori paurosi dei lupercali, i bianchi salterini degli ambarvali, i burleschi birboni dei saturnali…rnrnDa rito che era, nel regime religioso cristiano la mascherata si è trasformata in farsa, in un presunto tripudio di gola e licenziosità legittimato quale necessaria antifona della successiva espiazione quaresimale. Forte di questo salvacondotto, carnevale diviene il protagonista della cultura popolare della rinascenza europea, di cui seguirà le sorti, per prendere infine il piroscafo e andare a conquistare le grandi città della sponda orientale dell’America Latina e della Louisiana, dove avrà inizio il suo inarrestabile incedere sulla scena globale in atto ancora oggi. -
Somiglianze. Una via per la convivenza
Obiettivo del nostro tempo può essere una mera coesistenza? rn«In Somiglianze, gran parte del percorso si svolge nelle foreste testuali che della filosofia e della teologia, ma le società africane che l’autore ha studiato di prima mano e molte altre gli forniscono uno strumento che agisce a lungo su tutta la trama del libro: la critica dell’identità e l’esaltazione delle somiglianze e delle partecipazioni» - Adriano Favole, La LetturarnL'identità è divisione, dicotomia. Separa 'noi' dagli 'altri', tagliando alla radice i rapporti di somiglianza. La diversità si trasforma così in alterità, con cui coesistere o (se è minaccia) da eliminare. Ma, prima di ogni divisione, gli 'altri' non sono forse simili a 'noi'? E, dopo ogni divisione, le somiglianze non rispuntano forse con la forza della loro inattesa resilienza? A partire da queste ipotesi, Francesco Remotti si inoltra in una impegnativa ricerca sui fondamenti della convivenza, ritenendo che la somiglianza sia una dimensione prioritaria e irrinunciabile. Dai filosofi dell'antichità a quelli della modernità, da momenti significativi del pensiero scientifico ai modi in cui in altre società sono concepite le persone, ciò che viene fatta emergere è una teoria delle somiglianze, che - prima di ogni divisione - induce a cogliere legami e intrecci non solo tra le cose, ma entro le cose. In questo modo, insieme all'identità, viene meno anche il concetto di individuo. Come già in biologia, al suo posto troviamo il 'condividuo', un soggetto che, oltre a condividere con altri somiglianze e differenze, è esso stesso espressione di una vera e propria simbiosi interna, a partire dalla quale dovrebbe risultare più facile pensare alla convivenza con gli altri. -
1268. La battaglia di Tagliacozzo
23 agosto 1268. In una sperduta località della Marsica, Tagliacozzo, i cavalieri si preparano alla battaglia. Da un lato troviamo schierati i soldati tedeschi e i ghibellini italiani, raccolti attorno al duca di Svevia, legittimo pretendente del Regno di Sicilia, il giovanissimo Corradino. Dall'altro le truppe francesi e i guelfi della Penisola sotto le insegne del sedicente sovrano del Mezzogiorno, lo spregiudicato e ambizioso Carlo d'Angiò. Lo scontro che ne segue è destinato a segnare il futuro dell'Italia: di fatto da questo momento il Sacro Romano Impero perderà ogni ruolo nel nostro paese e per lunghi secoli il Papato si troverà a svolgere un ruolo egemonico. Non solo, da ora il Mezzogiorno si troverà ad avere nuovi sovrani stranieri, francesi o spagnoli, che ne separeranno interessi e destini dal resto della Penisola. L'introduzione, per la prima volta in Europa, delle tattiche apprese dai saraceni nel corso delle crociate, contribuisce a rendere unica questa battaglia anche da un punto di vista militare. Il mondo cavalleresco, con i suoi riti e i suoi vincoli, viene cancellato e sostituito da forme di guerra brutali e prive di remore. -
Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia
Amante della libertà o pensatore maledetto.rnUomo di Stato, fedele alla sua patria, ornindividuo senza scrupoli alla ricerca delrnpotere. Chi è stato in effetti NiccolòrnMachiavelli? Oltre il fumo del mito, unarnnuova e originale interpretazione della vitarne delle opere del Segretario fiorentino.«Michele Ciliberto si lancia nella difficile sfida di sottrarre in via definitiva il principe del pensiero politico del Rinascimento a una storiografia che lo ha spesso disinterpretato, facendone ora il teorico di una ragion di Stato cinima e priva di scrupoli, ora il difensore dei popoli ai quali disvelare i meccanismi del potere» - Marco Bracconi, RobinsonrnrnNiccolò Machiavelli è considerato come uno dei più grandirnteorici della ragione politica. In effetti è straordinaria larncapacità con cui analizza le situazioni, i rapporti di forza, lernalternative. Ma non è solo questo: è anche un visionario capace dirnsporgersi oltre le barriere dei canoni ordinari, di vedere al di làrndelle situazioni di fatto, di proporre soluzioni ‘eccessive’,rnstraordinarie: appunto, ‘pazze’. Non per nulla gli amici glirnattribuiscono capacità profetiche, cioè di prevedere cosarnsarebbe, infine, accaduto.rnPer Machiavelli ‘pazzia’ è ovviamente mancanza di senso dellarnrealtà, stravaganza senza senso, addirittura stupidità: ma farernle cose ‘alla pazzeresca’ come dice nella Mandragola, gli èrncompletamente estraneo. La ‘pazzia’, però, può essere anchernun’altra cosa: capacità di contrapporsi alle opinioni correnti, dirnrischiare il tutto per tutto inerpicandosi sul crinale che divide larnvita dalla morte, di combattere affinché le ragioni della vita – cioèrndella politica, dello stato – possano prevalere sulle forze dellarncrisi, della degenerazione, pur sapendo che sarà infine la morte arnprevalere sulla vita, perché questo è il destino di ogni cosa.rnRealismo e ‘pazzia’: è in questa tensione mai risolta che starnil carattere non comune, anzi eccezionale, della esperienzarndi Machiavelli rispetto ai suoi contemporanei. Una pazziarntotalmente laica e mondana, senza alcun contatto con la folliarncristiana di Erasmo. -
La battaglia per la salute
Viviamo in un paese fortunato: l’Italia è da anni ai vertici delle classifiche degli indicatori sanitari mondiali, con la maggiore aspettativa di vita dopo il Giappone e tassi bassissimi di mortalità materna e infantile. Non solo: se andiamo in ospedale per un accertamento o un ricovero non ci vengono chiesti né carta di credito né certificato assicurativo. Tutto questo grazie al Servizio sanitario nazionale, un sistema universalistico che non discrimina in funzione di sesso, razza, religione, livello economico-sociale. Da tempo però la nostra sanità pubblica sta attraversando una gravissima crisi. Se non si interviene presto e bene con un radicale cambio di rotta sarà una vera e propria débâcle civile e sociale. -
Palermo è una cipolla. Remix
È fragile e crudele, questa città. È capace dirntrasformare un bacio in un morso, e semprernadoperando lo stesso paio di labbra. rnrn«Ogni libro dovrebbe avere almeno l’aspirazione di essererneterno. Almeno, l’aspirazione: ossia sapendo che nonrnpotrà mai arrivarci, a essere eterno. Nemmeno avvicinarsi, arnessere eterno. Tuttavia provarci è doveroso. E questo librornquella strada l’aveva imboccata. Ma il tempo passa, e la Cittàrncambia e del resto sarebbe strano se così non fosse, visto chernnell’arco dell’ultimo ventennio è cambiato il mondo. E siccomernla parola cambiamento non è sinonimo puro e semplice dirnmiglioramento, vale la pena di specificare: sì, in moltissimerncose la Città è cambiata in meglio. Senza cedere al trionfalismo,rnopposto correlato del disfattismo, oggi siamo messi almeno unrnpo’ meglio di come eravamo messi prima. Certo, c’è sempre darnfare i conti con l’eterna propensione all’annacamento. Ogni duernpassi avanti corrisponde sempre un passo indietro, uno a destrarne uno a sinistra, per cui il movimento solo in parte coincide colrnreale spostamento. Ma annacarsi è nella nostra natura. La storiarnstessa, e la storia siciliana in particolare, non è mai stata unarnsuperstrada a senso unico, ma semmai una trazzera tortuosa,rndove spesso s’incontrano macchine che provengono dallarndirezione opposta, allora bisogna fare marcia indietro, e sirnrischia in continuazione di finire in una scarpata. In certirnmomenti provi addirittura la sensazione di aver sbagliato strada,rnma poi no: giusto, la direzione è quella.rnStiamo parlando di una città dal carattere tutt’altro chernstabile. Il suo fascino consiste anzi proprio nella sua naturarnirrequieta e irrisolta. Inutile chiederle di somigliare ad altre larncui bellezza è consolidata, composta e appagante. Nell’orditurarndelle sue trame ci sarà sempre un errore, nell’intonazione piùrncalda si potrà riscontrare sempre almeno una sporcatura. Dirnquesto non dobbiamo compiacerci ma nemmeno deprimercirnoltre misura. Dobbiamo acquisire consapevolezza di essererncome certi formaggi che si sottraggono alle norme igienicherndettate dall’Unione Europea, e il cui sapore deriva propriorndall’ingrediente innominabile, da utilizzare solo in minimarnquantità. Un ingrediente chiamato gràscia, che significarnsporcizia nella variante untume. Inimitabile e indispensabile,rnse non si vuole snaturare la natura stessa del formaggio,rntrasformando in galbanino il sapore di ogni autentica tumazza.» -
Carteggio 1952-1956
Le lettere tra lo scrittore Corrado Alvaro e l’editore Vito Laterza raccontano – insieme ai loro scambi, alle loro idee, alle loro proposte – l’Italia degli anni Cinquanta, con le sue speranze e le sue ambizioni culturali e sociali.rn«Caro Dott. Laterza, Brancati mi informò del Suo interessamento per un mio libro di saggi che era stato annunziato. Gli dissi che il manoscritto era nelle mani di Bompiani cui mi lega un contratto di opzione. Sarei stato molto contento di poter essere ospitato nelle collezioni di Laterza che hanno rappresentato per lunghi anni una cultura senza compromessi». È con questa lettera del 2 luglio 1952 che si inaugura un intenso scambio epistolare tra Corrado Alvaro e Vito Laterza, interrotto solo quattro anni dopo per la prematura scomparsa dello scrittore calabrese; quattro anni durante i quali Laterza e Alvaro discutono con passione di numerosi progetti editoriali, nessuno dei quali mai andato in porto: da una raccolta di articoli sul Mezzogiorno a una collana dedicata alla narrazione della società contemporanea, fino a un saggio per i dieci anni dalla Liberazione. Progetti e proposte che fanno da sfondo a uno straordinario spaccato dell’Italia degli anni Cinquanta, da cui emerge un paese ancora in bilico tra i problemi del dopoguerra e le speranze per una nuova e più autentica cultura democratica. In appendice al libro alcune lettere inedite di Vitaliano Brancati, Achille Battaglia e Adolfo Battaglia. -
La battaglia di Montaperti
Lo scontro fu durissimo. La sera sul campo rimasero così tanti cadaveri di uomini e cavalli che il sangue, come scrive Dante, «fece l’Arbia colorata in rosso». Verso Siena si incamminavano le migliaia di prigionieri che erano tutto ciò che restava dell’imponente esercito messo insieme da Firenze e dalle sue alleate, sconfitto dai ghibellini e dai cavalieri di Manfredi. Per uno dei paradossi della storia, la vittoria dei senesi e degli svevi ebbe esiti opposti rispetto a quanto ci si sarebbe potuti aspettare all’indomani della battaglia. Il trionfo ghibellino, infatti, rafforzò la scelta anti-sveva dei papi. Una vittoria, quindi, che si trasformò rapidamente nell’inizio della crisi del ghibellinismo e della svolta che riportò i papi e i guelfi nuovamente al centro della vita politica italiana.