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Il vagabondo
Mulder, colto e agiato olandese nullafacente a Parigi, vive una routine di rituali quotidiani tra il suo elegante appartamento borghese e le immutabili passeggiate serali, finché l'incontro con un cane, che gli cade ai piedi fuggendo da una casa in fiamme, non arriva a scardinare le sue abitudini e i suoi pregiudizi e a cambiare radicalmente il suo rapporto con il mondo. Lasciandosi ""portare al guinzaglio"""" da quel nuovo compagno senza nome che l'ha scelto per padrone, e che gli insegna il muto linguaggio degli affetti, Mulder vede quella realtà cui è sempre passato accanto senza notarla, estraneo e invisibile, guardando altrove nella sua compiaciuta ricerca di bellezza. La realtà degli esclusi, dei clandestini, dei mendicanti, degli uomini """"senza"""": i senza tetto, senza documenti, senza legge e senza diritti, gli inferi nascosti dietro l'angolo di ogni metropoli occidentale. Incrociando i destini di Ngolo, rifugiato nel campanile, del Chinois, che dorme in bozzoli di cartone, della bella Mme Sri, di cui si innamora, di Fanta, bambina bruciata e di père Bruno, prete scomodo e fuori dagli schemi, Mulder sente di colpo l'impulso di """"fare qualcosa"""", per quanto inutile, inadeguato e illegale possa sembrare. Col sorriso e una tenerezza priva di ogni sentimentalismo, Van Dis trasforma uno svagato vagabondare per le vie di Parigi in un viaggio iniziatico alla ricerca di un senso e di un'appartenenza per arrivare a farsi, se non fratello, almeno testimone consapevole, capace di """"vedere e sentire tutto""""."" -
Prima di domani
1860, Groenlandia nord-orientale. La vecchia Ninioq sa che presto arriverà il momento di stendersi sul ghiaccio e attendere dignitosamente la morte, secondo la tradizione del suo popolo. Ma prima ha il compito di essicare tutto il pescato dell'estate sull'isoletta di Neqe con l'aiuto del giovane nipote Manik. Terminato il rischioso viaggio verso casa, li attende un'amara sorpresa, il loro villaggio è stato sterminato. Ninioq decide di ritornare sull'isola con Manik e di affrontare da soli l'inverno. Sullo sfondo di una pagina tutta da scoprire della storia della Groenlandia, un romanzo di avventura, che ha tutto il colore e il sapore delle antiche leggende Inuit. -
Le isole degli schiavi
Le Isole Vergini, il sole e il mare dei Caraibi: nei paradisi della terra la natura sembra voler far dimenticare quello che è stato a volte l'inferno della storia. Saint Thomas, Saint Croix e Saint John, gli antichi possedimenti danesi, erano la punta del triangolo della tratta umana cui Thorkild Hansen dedica la sua ""Trilogia degli schiavi"""": è qui che si consuma l'ultimo cruento atto di quel commercio cominciato sulle Coste dell'Africa e proseguito nelle lunghe traversate dell'oceano sulle navi negriere. Ed è qui che si conclude la sua denuncia contro la falsa buona coscienza della Danimarca, convinta di essere stato il primo paese europeo ad abolire la schiavitù. È la storia di due secoli, la ricostruzione del cinico sfruttamento che si nascondeva dietro le ricchezze che affluivano con lo zucchero nell'aristocratica Copenhagen dell'Età d'Oro e nello sviluppo della sua società borghese. Con passione etica, Hansen riporta alla luce un passato rimosso, non solo per scuotere le coscienze e per restituire un po' di giustizia ai dannati della terra, ma anche per la sua costante fascinazione per quelle grandi personalità che la vita sconfigge, ma che la storia è costretta a rivalutare."" -
Un'altra vita
Questa è una storia che comincia nel 1934 in una casa verde in un villaggio nell'estremo Nord della Svezia. È una storia che rimbalza tra Uppsala, Copenaghen, Parigi, Los Angeles, Broadway, Reykjavík e Berlino, e che (non) finisce ai giorni nostri. È la storia di un bambino quasi perfetto, di un ragazzo baciato dal talento e dal successo, di un uomo devastato dall'alcolismo. È la storia di chi suo malgrado si è sempre trovato al centro della Storia, e si è sentito in dovere di osservare. È una storia sulla nascita del terrorismo alle Olimpiadi di Monaco, sul processo alla banda Baader-Meinhof, sulla Mano di Dio di Maradona, sulla caduta del Muro di Berlino vista da piazza Venceslao. E Olof Palme, Rudolf Nurejev, Ingmar Bergman hanno i loro cammei. È una storia che se è cominciata così bene come ha potuto finire così male? È una storia di solitudine e resurrezione, dove si scopre che non sono le domande a essere sbagliate, ma quasi sempre lo sono le risposte, taglienti come ghiaccio, implacabili e fondamentaliste. È una storia sulla vita, l'unica, quella che non viene restituita quando la prima è stata sprecata. È la storia di un intellettuale che non solo ha raccontato la nostra epoca come pochi hanno saputo fare, ma vi ha anche lasciato un segno profondo. È la storia più onesta, lucida e coinvolgente che Per Olov Enquist abbia mai raccontato. È la sua storia. -
Timidezza e dignità
Che cosa porta Elias Rukla, dopo venticinque anni di onorato servizio, alla grottesca crisi di nervi che gli fa ritenere conclusa la carriera d'insegnante e definitivamente compromessa la sua reputazione sociale? Mattina d'autunno, doppia ora di letteratura norvegese di fronte a una sonnolenta classe di maturandi, lezione su Ibsen: il professor Rukla si infervora parlando di un enigmatico personaggio de L'anitra selvatica ma i ragazzi non riescono a seguirne le evoluzioni e sono indignati dalla sua incapacità di trasmettere il valore di Ibsen in modo comprensibile. Dalla violenta crisi di quel giorno parte, nella coscienza di Rukla, una resa dei conti che gli fa ripercorrere gli eventi fondamentali della sua vita: dai tempi studenteschi - creativi, liberi, pieni di curiosità intellettuale nella Oslo degli anni Sessanta - alla fondamentale amicizia con il filosofo Johan Corneliussen e con la sua compagna, la bellissima Eva Linde; fino alla necessità di trovare un posto in questa società, al lavoro, al matrimonio e alla gabbia mentale che lo convince dell'impossibilità di una qualsiasi svolta. Con il suo ritmo basato su incisi, apposizioni e iterazioni, la prosa di Solstad insegue il suo oggetto attraverso un personaggio su cui sono proiettati aspetti autobiografici e generazionali. L'esibita ""norvegesità"""" dell'autore e la sua passione topografica non impediscono al racconto locale di aprirsi all'esperienza condivisa da milioni di """"ex-giovani"""" nel mondo occidentale."" -
L'uomo che morì come un salmone
Nel silenzio compatto della sua villetta di legno, il vecchio Martin Udde giace con la bocca e lo stomaco spalancati, infilzato da una fiocina per salmoni, mentre qualcosa si carbonizza sul fornello acceso. Chi ha turbato la pace della sperduta cittadina di Pajala, sospesa nel tempo e nelle foreste del selvaggio nord? Inviata da Stoccolma, la detective Therese Fossnes si ritrova straniera in un mondo arroccato sulle proprie radici, che della Svezia rifiuta non solo il progresso, ma anche la lingua. Sotto il sole implacabile dell'estate artica, tra irriducibili attivisti politici, sadici rapinatori di anziani e lo strano fascino di un uomo dei boschi come Esaias, indiziato numero uno, Therese ha una sola certezza: l'omicidio ha a che fare con il menkieli, il finlandese parlato da questa minoranza di confine in crisi d'identità, che da oltre un secolo ha l'amo svedese conficcato nella spina dorsale. Suspense nera e atmosfere alla fratelli Coen in un poliziesco crudo, lirico, irriverente, che si cala nel cuore ferito di un popolo con l'ironia e il potere visionario della grande scrittura. -
Acquavite
l pastore Olof Helmersson fa ritorno al villaggio natale nell'estremo Nord della Svezia. Ha ottantatré anni, una bicicletta pieghevole e una missione da compiere: scristianizzare tutta la regione. Nei decenni passati sulla costa, si è convinto che Dio non esiste e che la vita non ha senso, e sente il dovere di liberare dall'errore tutti quelli che in gioventù aveva convertito con il suo fervore, la sua parola tonante e la sua fisarmonica. Ma il tempo l'ha preceduto: i pochi sopravvissuti della vasta comunità dei salvati la fede l'hanno già persa da sé. Sono rimasti solo due non contagiati dalla miscredenza, e soprattutto è rimasta Gerda, che lo aspetta da tempo: ormai ridotta in fin di vita, non può morire finché lui non avrà dato una risposta ai dubbi che la assillano. È un Nord che vive nel mito, quello descritto da Lindgren con scanzonato affetto, una spaesata e spopolata Macondo in cui la buona vecchia acquavite purifica da tutti i peccati, c'è chi è accecato sulla via dell'ateismo e si rallegra di non poter più vedere ciò che non esiste, e chi sa di essere vissuto ""tra gente principesca, nel più bel posto del mondo"""". Ma nel gioco ironico dei paradossi, è del mistero della fede che si tratta, della ricchezza di ogni esistenza umana e di quel Dio che, come dice Canetti, morto o no, è esistito per così tanto tempo che non si può non continuare a parlarne."" -
Paradiso e inferno
Con una scrittura magnetica che decanta l'essenziale, Jón Kalman Stefánsson racconta con infinita tenerezza un'amicizia, la storia di due ragazzi che si innalza in una sfera magica sopra il frastuono del mondo, per ricordare che la vita umana è sempre una gara contro il buio dell'universo.«Non abbiamo bisogno di parole per sopravvivere, ne abbiamo bisogno per vivere.»È l'Islanda, dove le forze primordiali della natura rendono i destini immutabili nel tempo, il luogo di questo racconto di gente di mare persa nell'asprezza dei giorni e delle notti, di un ragazzo segnato dalla solitudine, e del suo grande amico Bárður, pescatore di merluzzo per necessità, ma in realtà poeta, sognatore, innamorato dei libri e delle parole, le uniche in grado di «consolarci e asciugare le nostre lacrime, sciogliere il ghiaccio che ci stringe il cuore». Parole che possono anche essere fatali: come per Bárður, rapito da quel verso del Paradiso perduto di Milton che ha voluto rileggere prima di imbarcarsi, al punto da dimenticare a terra la cerata, correndo il rischio di trovare una morte invisibile e silenziosa come quella dei pesci. Storia di tragedia e di ritorno alla vita all'inseguimento di un destino diverso, Paradiso e inferno è un'avventura iniziatica, un viaggio metafisico, la ricerca di un senso e di uno scopo alto nella vita, ma soprattutto un inno al potere salvifico delle parole. Con una scrittura magnetica che decanta l'essenziale, Jón Kalman Stefánsson racconta con infinita tenerezza un'amicizia, la storia di due ragazzi che si innalza in una sfera magica sopra il frastuono del mondo, per ricordare che la vita umana è sempre una gara contro il buio dell'universo, in cui «non abbiamo bisogno di parole per sopravvivere, ne abbiamo bisogno per vivere». -
La corona d'alloro
"Piove sangue dal cielo"""" nell'Islanda del 1200, terra di guerrieri e ispirati poeti. La violenza dei tempi spinge gli animi fragili a perdersi nelle nebbie della follia e travolge la madre del piccolo Guðmundur che, povero e abbandonato, sogna di trovare rifugio tra gli elfi delle rocce. Ma la sua sete di conoscenza gli apre le porte del vicino monastero, un'oasi di pace e riscatto dello spirito dove frate Sveinn lo inizia all'arte della copiatura e alle preziose opere trascritte dai confratelli. È qui che il cristianesimo incontra la mitologia delle origini per tramandare ai posteri un patrimonio di saghe, scritti eruditi e sui """"prodigi del mondo"""", in cui l'Islanda e l'Europa moderna troveranno le proprie radici. Nominato scrivano del potente Sturla Sighvatsson, Guðmundur diventa testimone diretto e cantore di un'epoca, trovando nella poesia una """"tregua"""" per """"rallentare il tempo"""" e sublimare il dolore dell'uomo attraverso """"il vento delle parole"""". """"La corona d'alloro"""" è un omaggio al valore storico e atemporale della poesia, è la Storia narrata dagli umili, è il Medioevo islandese che rivive attraverso la sua stessa voce, quella dei grandi scaldi, ma anche dei racconti tramandati oralmente da fattore a viandante, da precettore a giovane allievo, di corte in stamberga, colorando ogni volta la realtà di leggenda." -
Sotto il ghiacciaio
Un gioiello allegorico, una parabola fantascientifica, un capolavoro di ironia che ha infiniti livelli di lettura, dal comico al mistico.Dall'isola verde dei ghiacciai bollenti, la storia moderna di un mito senza tempo. A raccontarla è un anonimo studente di teologia, inviato dal vescovo d'Islanda nel lontano ovest, ai piedi del leggendario vulcano Snæfell, dove Jules Verne fece iniziare il suo viaggio al centro della terra. Cos'è successo nella parrocchia locale? Perché il pastore ha sprangato la chiesa, si rifiuta di battezzare i bambini e seppellire i morti e passa il tempo a ferrare cavalli? L'emissario vescovile avrà il suo da fare per raccapezzarsi tra uno scienziato-sciamano trapiantato negli Stati Uniti, la ""resurrezione"""" di un salmone sepolto nel ghiacciaio e una donna senza età che si dice non abbia mai mangiato, dormito e nemmeno toccato acqua. Dietro le più folli bizzarrie pare nascondersi un vero e proprio credo – futuristico o primordiale? – che fonde tutte le religioni dei tempi in un'inafferrabile teosofia. Forse la sua logica è così elementare da sfuggire al non iniziato. Forse è la stessa logica che governa le saghe e la grande poesia. Libro culto di Susan Sontag, Sotto il ghiacciaio è un gioiello allegorico, una parabola fantascientifica, un capolavoro di ironia che ha infiniti livelli di lettura, dal comico al mistico. Con la sua straordinaria capacità di abbracciare passato e presente della sua terra per indagare temi universali, Laxness si confronta con il mistero della vita e il significato della fede nel moderno Occidente. Mito e magia, cultura e natura, ingenuità e stoltezza si mescolano nella visione provocatoria di un acuto conoscitore delle utopie e delle passioni umane."" -
Lettera dal deserto
"Questo è il deserto. Qui ho bussato per tutta la notte contro la sottile parete che mi separa dal divino."""" Solo di fronte alla missione che lo attende, nel deserto in cui si ritira quaranta giorni prima di iniziare la sua predicazione, Gesù ripercorre in una lettera autobiografica tutta la sua infanzia e giovinezza, un periodo che non ha lasciato traccia nei Vangeli ma che qui trascende ogni dibattito storico-teologico per porre al centro l'uomo, il suo eterno interrogarsi sul bene e il male, sulle responsabilità individuali e collettive. Gesù è un bambino dalla capacità di sentire quel legame profondo che unisce tutto il creato, è un adolescente così aperto al mondo e innamorato della vita che il cugino Giovanni, severo predicatore, riconosce in lui il vero portatore di una nuova comunione tra gli uomini. Ma è anche un rivoluzionario che vede il suo popolo martoriato dalla dominazione romana, oppresso dal fanatismo della Legge del tempio e tradito dai sacerdoti corrotti. La ricerca di una nuova salvezza per i """"cortili della fame"""" lo porta ad avvicinarsi alla guerriglia armata degli zeloti, ai """"Messia"""" visionari che battono le strade della Palestina promettendo l'oblio dell'estasi, prima di rivelargli quel nuovo cammino di liberazione che lo condannerà alla solitudine, perché """"chi si è liberato è un abominio agli occhi dell'oppresso"""", finché l'uomo non capirà che """"siamo noi stessi il regno che deve venire"""". Un romanzo che ripercorre le tappe della formazione di Gesù, in una prospettiva umana." -
Avevo mille vite e ne ho presa una sola
Un'ammirazione spassionata che risale al primo, precoce romanzo, una profonda amicizia di anni: di qui l'idea di Safranski di selezionare dalla ricca opera di Cees Nooteboom questa raccolta di frammenti. Un'antologia che nasce come compendio delle sue pagine più evocative, rivelando i diversi volti del grande romantico e del lucido umorista, del poeta-filosofo e del testimone politicamente attento della storia, dell'acuto osservatore di luoghi geografici e dell'anima. E al tempo stesso, un ""breviario"""" dei nostri tempi, un prezioso compagno di cammino a cui tornare per aprirsi ogni volta nuovi orizzonti di pensiero. Dal significato del viaggio come esperienza esistenziale al mistero del tempo al valore assoluto della letteratura, Safranski ripropone le tematiche universali che nello scrittore olandese trovano una voce mai scontata. Perché Nooteboom non offre risposte né schemi filosofici, ma lampi di grazia poetica e folgoranti visioni, per insegnarci che la scrittura, come il viaggio, è ricerca in cui perdersi, e che solo l'inarginabile forza dell'immaginazione può aprirci gli occhi a quelle mille vite, quella """"marea"""" di possibilità inespresse verso cui tende il poeta ma che abitano in ognuno di noi."" -
La casa bianca
Elegante residenza di campagna sull'isola di Als, la casa bianca è la cornice in cui la famiglia del pastore Fritz Hvide trascorre le sue giornate di aristocratico ozio, tra gli spensierati ricevimenti in giardino e i pettegolezzi. Un paradiso perduto di innocenza nella Danimarca decadente di fine Ottocento, che sta cambiando volto sotto i colpi del progresso e delle sconfitte in guerra. Anima della casa è Stella, la moglie del pastore, donna sensibile e sentimentale innamorata della musica e della poesia, soffocata dall'austerità imposta da Fritz. È lei a irradiare grazia e dolcezza, a difendere spazi di sogno e libertà, a incantare gli ospiti e la servitù con struggenti canzoni d'amore. Ma la sua è una ""gioia dagli occhi tristi"""", un'euforia disperata, un'inguaribile malinconia per lo scarto tra desiderio e costrizione, che contamina ogni sprazzo di luce. Herman Bang dipinge con delicato intimismo il crepuscolo di un'epoca e insieme un paesaggio dell'anima, quella nostalgia dovuta alla fine di ogni illusione che trova pace solo nell'arte, o nel ricordo."" -
Ciò che credo
"Una meditazione onesta e seria, lontana da ogni desiderio di 'fare letteratura' o sfoggio di cultura, di un uomo che, arrivato a ottant'anni, decide di mettere per iscritto i punti fondamentali del suo credo, confrontandosi con la sua fede cristiana, le sue ragioni e la sua necessità, senza dar niente per scontato o acquisito, cercando le proprie risposte a domande che sono teologiche, etiche, umane, alla luce di una fede conquistata e approfondita da letture, incontri, esperienze e considerazioni... E proprio perché non è un teologo né un letterato, ma un 'uomo come tanti altri', come vuole definirsi, la sua testimonianza può forse suscitare più risonanze e offrire più spunti di riflessione per tutti noi, uomini come tanti altri, che non libri più specifici di studiosi""""." -
Pär Lagerkvist. Un ospite della realtà
Adottando un criterio di analisi cronologico, il saggio si sofferma innanzitutto sull'infanzia e l'adolescenza di Lagerkvist: il paesaggio aspro e pietroso dello Smaland, la regione natia nel sud della Svezia, l'ambiente familiare intimo e silenzioso, impregnato di una profonda fede venata di pietismo e di un conseguente disinteresse, se non disprezzo, per la letteratura, peccaminosa e rivoltante frivolezza.... La precoce vocazione letteraria va quindi almeno in parte interpretata come reazione al senso angoscioso di vuoto e di assoluta instabilità provocato dall'abbandono della cultura e delle tradizioni ataviche. -
Dal mondo delle saghe a quello di Sofia. La letteratura norvegese in traduzione italiana
Breve storia della letteratura norvegese, Dal mondo delle saghe a quello di Sofia è un agile manuale che spazia dalla produzione medioevale di saghe, attraverso i secoli di dipendenza dalla Danimarca, al risveglio nazionale con il Romanticismo e l'affermazione mondiale con il teatro di Ibsen, fino al romanzo postmoderno: una guida alla scoperta di alcune tra le più intense voci della letteratura europea. Oltre al genio innovativo di Ibsen, i romanzi di «raggelante percezione del vivere» di Knut Hamsun, il Medioevo di Sigrid Undset e i più interessanti autori contemporanei, come Herbjørg Wassmo e Tove Nilsen.Progetto realizzato da un'équipe proveniente dagli studi di scandinavistica dell'Università Statale di Milano: contributi di Massimo Ciaravolo, Ann-Margritt Sævold, Cristina Falcinella e Giovanna Paterniti. -
Karen Blixen. Un conflitto irrisolto
Ole Wivel abitava a pochi chilometri da Rungstedlund, la casa danese di Karen Blixen, e per oltre vent'anni frequentò assiduamente la scrittrice. Al di là dei rapporti professionali, ne fu sincero amico e confidente. Wivel in questo saggio indaga e approfondisce l'influenza prodotta dagli avvenimenti della vita sul pensiero e sull'opera della Blixen. Cogliendo tra le pieghe dei racconti le profonde e contrastanti realtà psicologiche, Ole Wivel ne ricerca le cause ripercorrendo l'inquieta adolescenza, le disilluse emozioni sentimentali, le gioie violente ed effimere del periodo africano, i rapporti conflittuali con la famiglia, gli anni sfolgoranti del successo tormentati dalla malattia e dalle ansie senili. -
August Strindberg. Il teatro della vita
August Strindberg non è solo il più importante scrittore svedese, ma uno dei fondatori del teatro moderno, anzi - come scriveva Eugene O'Neill - ""il più moderno dei moderni"""". La sua opera, vastissima, è caratterizzata dai più svariati interessi estetici, scientifici e occultistici, dalle tensioni filosofiche e religiose esistenzialistiche, da una sperimentale, crudele attitudine psicologica e prepsicanalitica, che viene integralmente ripercorsa in questa sintesi panoramica, che cerca di individuare i nuclei problematici di una creatività che per sé non rivendicava l'""""acutezza"""" del pensiero, """"ma il fuoco, il fuoco più grande della Svezia."" -
Dai gesta danorum alla scena del crimine
Da Sassone Grammatico ai giallisti contemporanei, passando per Hans Christian Andersen e Karen Blixen, un compendio di storia della letteratura danese dalle origini ai giorni nostri attraverso tutti i titoli pubblicati in traduzione italiana. Una guida agevole ed essenziale che riassume i tratti distintivi dei singoli periodi, dal Medioevo alla Riforma, all'illuminismo, al Romanticismo fino al variegato panorama del Novecento, seguendo l'evoluzione dei temi e dei generi letterari in base ai mutamenti storico-politici, socio-economici e culturali. Una bibliografia completa e ragionata che raccoglie tutti gli autori danesi tradotti in Italia soffermandosi sul profilo e sulle opere delle voci più significative di ogni epoca. -
La vendetta della verità
“Tutti gli uomini moderni hanno nostalgia della magia e hanno bisogno di magia per essere felici”, dice Amiane, la misteriosa vagabonda che arriva una sera di chiaro di luna in una locanda olandese, dove l’avido oste trama di uccidere un giovane ospite con la complicità della bella e cinica figlia e il forzato aiuto del cantiniere. Ed è proprio la magia che rovescia le sorti, perché sul luogo e i suoi abitanti l’enigmatica veggente getta un incantesimo: tutte le bugie che verranno dette quella notte, all’alba diventeranno vere. Non è un caso che la stessa Karen Blixen amasse indossare i panni della demiurga Amiane nelle rappresentazioni famigliari de La vendetta della verità, unica pièce teatrale che ci è rimasta della grande affabulatrice danese, scritta a diciassette anni e pubblicata, dopo varie revisioni, nel 1926. Fiaba filosofica di sapore shakespeariano, è la prima delle opere che sanciscono il suo successo, e in cui già sono anticipati molti temi a lei cari. Il continuo gioco tra finzione e verità, tra attore, narratore e spettatore, la contrapposizione tra la felicità inconsapevole delle marionette che ubbidiscono ai fili del burattinaio e il peso della coscienza e della libertà che rende impervio e oscuro il disegno del destino umano. Nella realtà, come sulla scena, si recita sempre a soggetto, ma è solo alla fine che forse riusciremo a capire se siamo stati davvero all’altezza del ruolo che ci era stato assegnato.