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Kalvos e Solomòs. Studi e ricerche
Andreas Kalvos (1792-1869) e Dionìssios Solomòs (1798-1857) sono tra i letterati greci che scrissero la propria opera in più lingue. Da diversi decenni conosciamo una parte consistente della produzione italiana di Kalvos, e oggi abbiamo a nostra disposizione un’edizione greca completa e filologicamente perfezionata che comprende anche le opere in lingua italiana. Per quanto riguarda Solomòs, basta ricordare che la prima raccolta di poesie che pubblicò nel 1822 era scritta in italiano e che durante gli ultimi anni della sua vita tornò a scrivere una parte considerevole dei suoi versi in questa lingua.Il volume raccoglie una serie di conferenze tenute alla Sapienza Università di Roma tra il 2012 e il 2014 con l’obiettivo di presentare al pubblico italiano studi e ricerche in corso concernenti l’opera di Andreas Kalvos e di Dionìssios Solomòs.Tra i saggi qui raccolti, alcuni riguardano strettamente la cultura italiana ottocentesca e il rapporto dei due poeti greci con essa. Dall’Introduzione di Christos Bintoudis. -
Fuori di sé. Identità fluide nel cinema contemporaneo
Il cinema contemporaneo sta uscendo di sé. Non soltanto in virtù della moltiplicazione delle possibilità di visione, ma anche in ragione di un processo di fluidificazione della narrazione e dei personaggi, oggi duttili al punto da aprire i film a possibilità molteplici di lettura ed interpretazione. Il fenomeno viene perlopiù analizzato alla luce di un paradigma tecnologico in ragione del quale il cinema, uscendo di sé, nello stesso tempo parla di sé, ovvero del modo in cui il digitale ne ha stravolto la fisionomia originaria. Ma in un’epoca nella quale il concetto di identità si fa ogni giorno più problematico e complesso in ambiti che vanno aldilà del cinema e della tecnologia, è necessario pensare alla fluidità narrativa di certi film come ad un monito e ad un suggerimento rivolti allo spettatore. Per sollecitarlo – anche fuori dalla sala e lontano dagli schermi – a pensare in modo plurale, a guardare il mondo in termini di possibilità e non di necessità, a vedere nell’alterità uno stadio dell’identità, non la sua antitesi. -
Devota magnificenza. Lo spettacolo sacro a Ferrara nel XV secolo (1428-1505)
Attraverso un’ampia e approfondita ricerca documentaria il libro mette in evidenza diversi orizzonti linguistici all’interno dei quali si scandisce l’esperienza teatrale nella Ferrara quattrocentesca: l’immaginario mitologico-letterario, declinato in una variante tipicamente estense di concretezza fattiva; i riferimenti cortesi di una cultura illustre e radicata presso la casata; la devozione, duplicemente vissuta come religiosità personale e come strumento di governo. Alla luce di tale impianto interpretativo, lo spettacolo sacro viene colto nella sua ricchezza comunicativa, come lingua della contaminazione, che, attraverso una liturgia celebrata «con sanctissima pompa», dunque con ambivalente magnificenza devota, trasmette nell’identificazione col principe-sacerdote l’immagine compatta di un corpo civile trasfigurato. Un teatro che parla una lingua diversa dalle sue tante matrici eppure comprensibile da ognuno e che nell’apparente glossolalia dei suoi eventi, nella commistione continua tra sacro e profano, tra curtense e popolare, tra egemonia e subalternità, prima che divenga lingua strutturata, grammatica di un genere definito, mostra i sensi irriducibili di una dialettica sociale non composta e mai veramente pacificata. -
Dossier: ears wide open. Il paesaggio sonoro negli studi di cinema e media
"Questo dossier di «Imago» si propone di mettere in relazione studiosi di cinema, televisione, radio e altri media sul comune terreno epistemologico del suono inteso come forma di comunicazione, intrattenimento, pratica creativa e partecipativa attra-verso i vari linguaggi, dal film alla televisione, dal web al videogioco, dalla radio alle ar-ti visuali.rnDal Duemila a oggi infatti, il territorio degli studi sul suono si è popolato di pubblicazioni che incrociano le competenze di varie discipline – estetica, semiotica, sociologia, antropologia, media e cultural studies, e al loro interno in particolare i ra-dio studies – e ci offre riflessioni elaborate sulla rilevanza della dimensione sonora nelle forme espressive contemporanee e sul ruolo della sfera uditiva e delle culture di ascolto nella vita quotidiana. Di recente poi, la bibliografia sul tema ha subito una crescita tale che si può parlare di una vera e propria ‘svolta sonora’ nei media studies, un risveglio dell’attenzione verso l’audio, anticipato da un evento unico nel mondo dell’arte contemporanea: la vittoria di una installazione sonora realizzata da Susan Philipsz al Turner Prize for Contemporary Art nel 2010.rnSeguendo questa traccia, negli ultimi anni la ricerca ha prodotto il volume an-tologico di Michael Bull e Les Back (2003) The Auditory Culture Reader, tradotto da Il Saggiatore con il titolo Paesaggi Sonori, riprendendo ed estendendo le suggestioni di Murray Schafer; il lavoro di Veit Erlmann (2004) Hearing Cultures. Essays on Sound, Listening and Modernity; il libro di Brandon La Belle Acoustic Territories. Sound Culture and Everyday Life, del 2010; il lavoro di Salomé Voegelin (2010), Li-stening to Noise and Silence: Toward a Philosophy of Sound Art e i più recenti libri cu-rati da Jonathan Sterne (The Sound Studies Reader, 2012) e da Michael Bull (Sound Studies: Critical Concepts in Media and Cultural Studies, 2013), fino all’affascinante studio di David Hendy Noise. A Human History, sempre del 2013, e al contempora-neo lavoro di Kate Lacey, Listening Publics."""" (dalla nota dei curatori)" -
Omaggio a Dimitris Michailidis
Michailidis non ha scritto molto, dal punto di vista quantitativo. I suoi articoli, però, sono densi di contenuto: come profonde miniere, scavando nelle quali si possono estrarre preziose notizie e illuminanti proposte filologiche e critiche. L'arco di tempo coperto dalla sua produzione scientifica edita va dal 1966 al 1993, quasi un trentennio di attività di studio (oltre che di docenza); in questo periodo la bizantinistica, sia in Italia che in Grecia, cominciava a far convogliare la ricerca erudita, orientata verso la scoperta dell'inedito, la descrizione del documento inesplorato e la dettagliata analisi di singoli episodi talvolta marginali, in una visione più ampia e complessiva della storia letteraria del periodo a cavallo tra la fine del millennio bizantino e i primi sentori di una coscienza nuova che apre le porte alla produzione letteraria cosiddetta ""neogreca"""". Gli argomenti che Michailidis tratta riguardano essenzialmente testi in lingua demotica, appartenenti a quel delicato e ricco periodo di passaggio e di compresenza fra mondo bizantino e neogreco e agli influssi della poesia orale su quella scritta. La sua conoscenza spazia dai canti demotici a testi di epica quali il canto di Armuris (legato all'epos del Dighenìs), dai componimenti satirici conosciuti sotto il nome dello Ptochoprodromos ai testi agiografici, dalla storia della didattica a Bisanzio alla ripresa dei testi antichi nel mondo bizantino, dai per la caduta di Costantinopoli al ciclo dei romanzi del XII secolo, cosiddetti """"tardo-bizantini"""" o """"romanzi medievali in demotico""""."" -
Spettacolo della morte e «tecniche del cordoglio» nel cinema degli anni Sessanta. Con un saggio su «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino
Nel 1949 Bazin affermava senza esitazione che rappresentare la morte sullo schermo costituiva un'oscenità metafisica, una profanazione del ""solo nostro bene temporalmente inalienabile"""". Tuttavia tale rappresentazione """"del momento unico per eccellenza"""" della vita umana si fa oscenità indispensabile in certo cinema italiano, per diventare il veicolo di un messaggio di denuncia verso una società in cui insieme alla sacralità della morte è stata strappata via anche la sacralità della vita. Attraverso l'analisi del cinema di Pasolini, Rosi, Pontecorvo e Sorrentino il presente volume intende mostrare come lo """"spettacolo"""" della morte diventi di volta in volta lo strumento privilegiato attraverso cui """"spectare"""" le realtà sociali e umane ai margini della società del progresso, indagare le relazioni di potere tra i gruppi sociali e rimuovere la maschera di finte certezze e ostentata felicità in una società fatta di luci e frastuono."" -
Milano dalle Cinque Giornate all'Unità (1848-1861). Erudizione e cultura letteraria
La Classe di Italianistica è stata prevista e voluta dal nuovo Statuto dell’Accademia Ambrosiana, emanato il 20 marzo 2008 dal card. Dionigi Tettamanzi. Nel quadro di profondo rinnovamento della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e di apertura verso una dimensione ecumenica del sapere, la Classe di Italianistica, fianco a fianco delle neonate classi di studi classici, slavistici ed orientali e in spirito di dialogo e di collaborazione con esse, si è effettivamente insediata il 27 novembre 2008 con la nomina del direttore, dottore dell’Ambrosiana, e dei sette accademici fondatori, docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, della Università degli Studi e della Facoltà Teologica di Milano. Secondo gli obiettivi che la Classe di Italianistica persegue, saranno continuate e approfondite le indagini sui cospicui tesori di cui la Biblioteca Ambrosiana è depositaria; saranno studiati protagonisti e testi maggiori e minori della nostra gloriosa tradizione letteraria, in fecondo dialogo con gli esperti di tante discipline di confine (dalla storia alla erudizione, alla iconologia); saranno progressivamente coinvolti negli studi e nei convegni docenti italiani e stranieri delle più prestigiose istituzioni di ricerca per offrire un luogo di incontro e di fertile scambio di idee e promuovere lo sviluppo di una comunità attenta ai valori della tradizione e in grado di comprendere ed illuminare i cambiamenti in atto nella cultura dei nostri tempi. -
Le dimensioni del potere
Il potere costituisce uno dei temi maggiormente trattati e capaci di attirare l’interesse di prospettive disciplinari diverse. Filosofia, storia del pensiero politico, sociologia, diritto, psicologia hanno offerto nei secoli contributi che hanno consentito di indagare la molteplicità degli aspetti chiamati in causa da una nozione che risulta connaturata al processo di stratificazione sociale e alle relazioni che si stabiliscono tra i soggetti. Arte e letteratura ne hanno fatto un motivo ispiratore, che ha permesso di sondare le profondità dell’animo umano. Le società contemporanee, dominate dalla presunta neutralità della tecnica, sembrano aver accantonato il tema del potere, se non per recuperarne la sua dimensione latente, data dall’enorme capacità di controllo che i mezzi tecnologici mettono a disposizione. Il potere si de-istituzionalizza, frammentandosi in forme meno evidenti e per questo più pervasive. Nella sua multidimensionalità, il potere sfugge a una trattazione univoca e a ogni tentativo di individuare una definizione che possa coprire da sola la varietà delle sue forme. Tante sono le sfumature semantiche che esso assume nella sua capacità di adattamento ai diversi contesti e che il volume cerca di analizzare a partire dall’opera di autori classici e contemporanei, nel tentativo di delineare un percorso che mira a privilegiare la dimensione relazionale del potere. -
Roma città plurale. Le religioni, il territorio, le ricerche
Roma presenta oggi una varietà di presenze religiose senza precedenti, con le vestigia dell'antico splendore sullo sfondo, le chiese monumentali, i nuovi luoghi di aggregazione e di trasformazione dello spazio in luogo di preghiera, di culto, di meditazione. Questo libro riflette sui vecchi e nuovi pluralismi religiosi, sulle modalità di studio della complessa e ""superdiversa"""" realtà religiosa di oggi e di ieri, su Roma come laboratorio particolare per la comprensione della presenza del religioso nella società contemporanea. Nel volume sono raccolti i risultati di ricerche a diversi stadi di realizzazione, condotte secondo metodologie e prospettive variegate, con il comune obiettivo di mettere a fuoco le complessità della diversità religiosa nella storia urbana, religiosa e politica della Città eterna."" -
Il sistema schermo-mente. Cinema narrativo e coinvolgimento emozionale
Il cinema possiede una straordinaria capacità di immergerci nelle storie: elimina la distanza fisica tra noi spettatori e gli eventi sullo schermo, ci fa commuovere come se le vicende narrate ci riguardassero in prima persona, addirittura ci fa dimenticare di noi stessi per intervalli di tempo più o meno estesi. Non stupisce il fatto che, fin dall’inizio del Novecento, cineasti e intellettuali abbiano cercato di comprendere il potere del coinvolgimento cinematografico, rivolgendosi soprattutto alle conoscenze disponibili sul funzionamento della mente umana.Oggi, grazie anche agli sviluppi degli studi sul cervello, il paradossale sentimento di immersione a distanza sperimentato dagli spettatori può essere spiegato con riferimento alle nuove scienze cognitive. Questo libro esplora alcune ipotesi in linea con modelli di mente enattivi e incarnati, e si occupa delle interazioni tra le storie che prendono corpo sullo schermo e l’esperienza vissuta dello spettatore. Più in particolare, il libro si concentra sulla natura fondamentalmente emozionale di alcuni fondamentali meccanismi dell’interazione schermo-mente. Lo fa assumendo una prospettiva relazionale; il che significa soprattutto che il luogo del film e quello dello spettatore – lo schermo e la mente – non sono considerati come segregati e contrapposti: essi sono da intendere, piuttosto, come i due poli di un sistema complesso. In questa prospettiva, parafrasando una riflessione di Edgar Morin, il cinema può essere definito come un sistema che tende a integrare lo spettatore nel flusso del film; e, allo stesso tempo, come un sistema che tende a integrare il flusso del film nel flusso mentale dello spettatore. -
Abbas Kiarostami. Le forme dell'immagine
Una volta Jean-Luc Godard disse che il cinema comincia con Griffith e finisce con Kiarostami. Questo libro, dedicato all’opera del regista iraniano, si propone di fornire alcuni percorsi d’analisi dei suoi film e delle sue videoinstallazioni, evidenziando anche alcuni tratti essenziali della sua produzione fotografica. L’intento principale è quello di far risaltare la portata intermediale dell’opera di questo autore e la complessità del discorso sulla visualità che a essa soggiace.Le traiettorie proposte all’interno del libro strutturano un’indagine di tipo non lineare (sul piano cronologico) e individuano alcuni snodi fondamentali nel percorso artistico di Kiarostami, selezionando alcune delle sue opere e tornando più volte su di esse per interrogarle alla luce di prospettive d’analisi differenti. Questo metodo consente di far emergere la forte coerenza interna che caratterizza la produzione del regista – che si dipana lungo un arco di oltre quarant’anni – e, contemporaneamente, di portare alla luce l’esigenza di una continua reinvenzione formale che investe tanto lo stile quanto le modalità d’esposizione delle opere.Dai film per la sala, alle videoinstallazioni, alle fotografie, fino a una non convenzionale forma di interazione tra video e teatro: le forme dell’immagine kiarostamiana si modificano e interferiscono tra loro per dar vita a un percorso autoriale eterogeneo ma straordinariamente coerente. -
Imago. Studi di cinema e media. Ediz. italiana e inglese. Vol. 15: Dossier: nuovi approcci storiografici al cinema documentario.
Nota dei curatorirnAdriano Aprà, Fuori Norma. La via neosperimentale del cinema italianornMariano Mestman, L’ora dei forni ed il cinema politico italiano prima e dopo Pesaro ’68rnDavid Bruni, Documentare lo sguardo. El sol del membrillo (1992, Víctor Erice)rnAnton Giulio Mancino, Ombre sull’Africa: lo strano caso di Un dio nero, un dio bianco rnLeonardo De Franceschi, Il post-terzo cinema in prima persona di Peck e KaganofrnPaola Bonifazio, Il film didattico è morto, viva il film didattico: Carosello, documentario, e la cultura convergenternAlessio Palma, Humphrey Jennings e il suo tempo. Alcuni aspetti della scuola documentaristica britannicarnMartina Massarente, Un’inedita sceneggiatura per un racconto audiovisivo su Giovanni Pisano. Riflessioni sul documentario d’arte nella didattica di Giusta Nicco FasolarnDamiano Garofalo, Dalila Missero, Tra spettacolo e documento. Rotocalchi, piccola posta e inchieste di cronaca nei documentari italiani sull’amore dei primi anni SessantarnElena Marcheschi, Ritorno al reale. Per una rinascita sperimentale del documentariornHaidee Wasson, Documentary’s Exhibitionary Complex: Cinema, Industrial Design and Corporate DreamworldsrnMarco Bertozzi, Cinema documentario e arte contemporanearnrnSaggirnElio Ugenti, Rendere le immagini alla Storia. Aufschub di Harun Farocki e il lavoro critico sull’archiviornNicolas Bilchi, L’esperienza videoludica e l’immersionernrnEventirnEstetiche del cinema e dei media. Cultura, natura, tecnologia nel XXI secolo (24-25 novembre 2016, XXII Convegno Internazionale di Studi Cinematografici, Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo – Università degli Studi Roma Tre), di Valerio SbravattirnLa cultura visuale del XXI secolo. Cinema, teatro e new media (23-24 febbraio 2017, Università degli Studi di Enna “Kore”), di Giulia RacitirnVivian Maier. Una fotografa ritrovata (17 marzo-18 giugno 2017, Museo di Roma in Trastevere), di Enrico MendunirnFilmForum 2017. XV MAGIS Film Studies Spring School (29 marzo-2 aprile 2017, Gorizia), di Valeria MancinellirnBody Politics. Representing Masculinity in Media and in Performing Arts (6-7 giugno 2017, Università degli Studi di Torino), di Riccardo Fassone -
La variazione linguistica dall'infanzia alla preadolescenza. Ricerche in Puglia
Nel volume si analizzano le dichiarazioni d’uso dell’italiano e del dialetto da una parte, la variazione linguistica del parlato dall’altra, fra bambini e preadolescenti, con il riferimento a un corpus di dati pugliesi. Il quadro che ne deriva mostra, nei dati dichiarati, un crescente abbandono dei dialetti, un avanzamento di usi misti di italiano e dialetto, con la presenza di varie forme di contatto. se si considera, invece, il parlato, la situazione prevalente è quella di una continua convergenza dei due codici, con l’italiano che tende verso il sub-standard e il dialetto che ritrova una nuova vitalità fatta di ricostruzioni, di adattamenti e di pratiche di commistione con la lingua comune.Nonostante possano essere considerati parlanti dalle capacità linguistiche e metalinguistiche in via di sviluppo, i bambini e i preadolescenti partecipano alle interazioni sociali quotidiane e sono promotori di atteggiamenti e di modalità di comunicazione innovativi. Le lingue dei giovanissimi marcano i caratteri dei nuovi repertori e lasciano scorgere i possibili futuri scenari sociolinguistici. Alessandro Bitonti è ricercatore di Linguistica italiana presso l’Università Masaryk di Brno. dottore di ricerca in dialettologia italiana, Geografia linguistica e sociolinguistica, collabora all’allestimento dell’APLI (Archivio Pugliese Linguistico e Informatico) e partecipa, come docente esperto, a diversi progetti di formazione dell’àmbito linguistico per la scuola secondaria. È autore di numerosi studi riguardanti le minoranze alloglotte, i fenomeni di contatto, la variazione dei repertori linguistici, le lingue dei media. Ha pubblicato, fra gli altri, Luoghi, lingue, contatto. Italiano, dialetti e francoprovenzale in Puglia (2012), Nuovi standard per nuovi parlanti. Sincronia e diacronia di un repertorio linguistico (2015), L’email nella comunicazione. -
«Perché di te farò un canto». Pratiche ed estetiche della vocalità nel teatro di Jerzy Grotowski, Living Theatre e Peter Brook
Che cosa succede alla voce a teatro quando, nel Secondo Novecento, viene riscattata la sua componente acustica? Che rapporti instaura con le altre drammaturgie? Come si riconfigura il lavoro dell’attore che la emette?La risposta a queste domande assume quale punto di riferimento il teatro di Jerzy Grotowski, Living Theatre e Peter Brook. Punto di partenza di questo libro è lo studio, secondo una prospettiva sonora, degli spettacoli ma anche delle pratiche di allenamento degli attori e delle prove. Vocalizzazioni, gesti preverbali, imitazione degli animali, suoni che non annullano la comunicazione ma la rafforzano, rivelano un intreccio di corpo-anima che nella voce si spende attraverso un’inesausta “vocazione al canto”. «Perché di te farò un canto» approfondisce territori ancora poco indagati dalla teatrologia, restituendo una visione dei cortocircuiti estetici fra il teatro e le sperimentazioni musicali del secolo scorso. Mauro Petruzziello è attualmente docente a contratto di Storia del Teatro e dello Spettacolo presso il DISUCOM dell’Università degli Studi della Tuscia. Dottore di ricerca presso il DASS della Facoltà di Lettere e Filosofia di Sapienza-Università di Roma, si occupa delle intersezioni fra arti performative, suono e nuovi linguaggi. Ha affiancato i gruppi teatrali della scena italiana degli Anni Zero curando il primo volume di Iperscene (Editoria & Spettacolo, 2007) e Aksè.Vocabolario per una comunità teatrale (L’arboreto edizioni, 2012). Fa parte del comitato di redazione di “Sciami Ricerche” ed è curatore di alcuni focus per il progetto Nuovo Teatro Made in Italy. È membro del Gruppo Acusma, collettivo di studiosi e artisti la cui ricerca è incentrata sulle drammaturgie sonore nel teatro e nel video. Ha pubblicato saggi su libri e riviste accademiche, ha collaborato con varie testate nazionali fra cui “la Repubblica XL”, “Epolis”, “Rockstar” e tuttora collabora con “Alfabeta2” e “Artribune”. -
Roma e il cinema del dopoguerra. Neorealismo, melodramma, noir
Roma 1944. La città è stata appena liberata dal nazifascismo, e il cinema esce per le strade, per riappropriarsi degli spazi condivisi, raccontare le vicende appena trascorse e negoziare i traumi inflitti al corpo urbano dalla dittatura, dalla guerra, dall’occupazione. Intrecciando l’analisi degli stili cinematografici e l’indagine sulle trasformazioni della metropoli, il volume sottolinea il ruolo essenziale svolto dal cinema del dopoguerra nel mediare la riconfigurazione identitaria del paese e il suo tortuoso percorso verso la modernità.Riaffrontando e problematizzando la categoria di neorealismo, se ne indaga l’indiscussa importanza nell’elaborazione dei processi di memoria ed oblio del controverso passato recente. Si riflette sulle istanze più documentarie e fenomenologiche del cinema italiano dell’epoca, ma anche sull’influenza del melodramma. L’immaginazione melodrammatica, rintracciata nel cuore stesso del fenomeno neorealista, emerge come vera e propria modalità strutturante del sentimento postbellico. Le atmosfere noir si segnalano poi come modalità privilegiata per raccontare l’angoscia che sembra attraversare pervasivamente, a livello transnazionale, il cinema degli anni Quaranta e il suo racconto del paesaggio urbano.Pur segnato dalla dimensione del trauma, il cinema del dopoguerra propone però al pubblico un nuovo patto sensoriale in cui è centrale anche la dimensione del piacere visivo: da Giorni di gloria a Roma città aperta, dal cinema di Vittorio De Sica a quello di Pietro Germi, la ariosità delle riprese in esterni reali diventa una modalità essenziale per mobilitare il coinvolgimento, il desiderio e l’identificazione spettatoriale. Le borgate e i colli, il caos del centro e i monumenti antichi, le macerie e i nuovi palazzi in costruzione: questo cinema fa della Roma degli anni Quaranta uno spazio da attraversare ed in cui immergersi, allora come oggi. -
Il critico narrante. Romanze e novelle di Ugo Ojetti (1894-1922)
Figura di rilievo nel panorama culturale italiano tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del novecento, ugo Ojetti (1871-1946) è noto soprattutto per la sua poliedrica attività di critico, giornalista, studioso d’arte, nonché fondatore e direttore di importanti periodici («dedalo», «Pègaso», «Pan»). decisamente più trascurata è la sua cospicua produzione narrativa, che nel corso di un trentennio (dal 1894 al 1922) ha ottenuto notevole visibilità e ha attirato l’attenzione dei più importanti protagonisti del suo tempo: da Capuana a de roberto, dall’amico Pirandello a Bontempelli, fino a Cecchi e Pancrazi. A partire dal romanzo d’esordio (Senza Dio, 1894), passando per le raccolte di novelle e approdando, infine, a Mio figlio ferroviere (1922), questo libro propone un itinerario all’interno dell’Ojetti narratore, mostrandone il legame con la parallela riflessione critica (fin dal giovanile volume Alla scoperta dei letterati) e inquadrandolo all’interno dello scenario coevo. Osservatore attento e arguto – d’Annunzio lo definì, a proposito delle sue Cose viste, un «acuto veditore» –, prosatore sospeso tra l’ironia e lo scetticismo, l’Ojetti novelliere e romanziere si misura con alcuni problemi nevralgici del ‘secolo breve’: il superamento del naturalismo, il rapporto con la tradizione, il confronto tra arte e scienza, i profondi rivolgimenti politici e sociali della sua epoca. Valerio Camarotto è dottore di ricerca in Italianista (Sapienza università di roma) e docente nella scuola secondaria di I grado. Ha pubblicato vari saggi e due monografie di argomento leopardiano: Leopardi traduttore. La poesia (1815-1817); Leopardi traduttore. La prosa (1816-1817), Quodlibet, 2016; ha inoltre curato l’edizione delle Novelle (1930-1955) di Bruno Cicognani (Pagliai, 2012). Collabora con il Laboratorio Leopardi (Sapienza), con la «rassegna della Letteratura Italiana» e con il Dizionario Biografico degli Italiani. -
Per una critica del testo digitale. Letteratura, filologia e rete
L’incontro fra discipline umanistiche e informatica ha generato una costellazione di problemi e domande che investono i modi della produzione e trasmissione della conoscenza.Questo libro riflette sulle principali questioni teoriche e metodologiche sollevate dall’incontro fra computer e testualità, dal tema della rappresentazione digitale del documento alla natura e alle caratteristiche delle scritture digitali, dal ruolo e lo scopo dell’edizione critica al testo algoritmico.Nella seconda parte del lavoro viene presentata una esemplificazione di casi di studio che hanno l’obiettivo, fra l’altro, di mostrare la problematicità dell’incontro fra la natura stratificata, aperta e dinamica dei processi di scrittura e i modelli standard della rappresentazione digitale. La cronaca mostra ogni giorno come la trasformazione dei testi in dati, e le conseguenti manipolazioni, implichino la riscoperta della dimensione politico-culturale della critica e in particolare del ruolo strategico delle competenze umanistiche nell’analisi, ma anche nello smascheramento, delle nuove retoriche digitali. -
Critica del gusto. L'immaginazione al potere
Rileggere i testi di Edoardo Bruno, rifletterli, ripensarli e ʿrimontarliʾ in un corpo ermeneutico e teorico, è stato un modo per me di ritornare con la memoria a un percorso di formazione critica, di critica del gusto, che ha accompagnato, grazie ai suoi scritti, le mie ricerche sul cinema nell’ultima decade (dalla nota del curatore). Edoardo Bruno è stato ordinario di Storia del Cinema e dello Spettacolo presso l’Università di Firenze. È autore di diversi libri di estetica tra cui: Film come esperienza (Bulzoni, 1986) Film, altro reale (Il Formichiere, 1978), Pranzo alle otto (Il Saggiatore, 1994), Il pensiero che muove (Bulzoni, 1998), Espressione e ragione in Erich von Stroheim (Testo&Immagine, 2000), Del gusto (Bulzoni, 2001), Deserto coraggio (Bulzoni, 2008), I neri corvi di Van Gogh (Empiria, 2016), L'occhio, probabilmente (Manifestolibri, 2016). Nel 1968 ha diretto il film La sua giornata di gloria. È direttore della rivista Filmcritica da lui fondata nel 1950. -
Che cosa è la religione?
La religione è un fatto sociale e culturale, parte integrante della storia umana.Questo libro ha l’obiettivo di fornire al lettore la risposta alla domanda “che cosa è la religione?” da un punto di vista scientifico. Studiosi di diverse discipline si occupano del fatto religioso, ma che cosa fanno, come lo fanno e perché lo fanno? Tali interrogativi hanno un risvolto teorico e dunque questo libro è inteso anche come contributo alla riflessione teorica sulla religione in generale. Jeppe Sinding Jensen è professore emerito di Culture and Society nella Faculty of Arts e ricercatore associato nell’Interacting Minds Centre dell’università di Aarhus, Danimarca. Ha studiato Cultura araba e islamica, Storia delle religioni e Filosofia. Il suo ambito di ricerca si incentra su teoria e metodologia nello studio della religione. -
Ripensare il Novecento teatrale. Paesaggi e spaesamenti
Questo non è un libro per quanti ritengono che il Novecento teatrale non abbia più segreti da svelarci, che sia stato studiato fin troppo (soprattutto certi maestri: ah Grotowski, ancora lui! no, di nuovo Artaud! eccetera). Soprattutto questo non è un libro per quanti pensano che il Novecento teatrale non ci riguardi più, non abbia più niente da insegnarci, a noi studiosi e agli artisti, perché stiamo vivendo una stagione del tutto diversa, nella quale ormai il teatro (o quel che ne resta) si fa in base a riferimenti e presupposti che poco o nulla hanno a che vedere con le vicende del secolo scorso. Evidentemente io sono fra quelli che la pensano in maniera opposta e che considerano deleteria, negli studi non meno che nella pratica, quella dittatura del presente e quella vaga interdisciplinarità extraterritoriale alla quale sembra che pochi ormai sappiano resistere. Per tutti gli altri, non pochi spero, questo libro offre un’ulteriore tappa delle mie indagini sul Novecento teatrale come nostra tradizione e come archeologia dell’oggi e del futuro prossimo. Un filo abbastanza stretto lo lega a In cerca dell’attore , di quasi venti anni fa, e al più recente Il teatro dopo l’età d’oro . Al primo è accomunato dall’impegno a rivisitare alcune questioni chiave, come la regia, il processo creativo, la drammaturgia dell’attore; al secondo invece lo accosta il deciso spostamento del baricentro sulla fase postnovecentesca, soprattutto per quanto riguarda le vicende del nuovo teatro italiano lungo più di tre generazioni artistiche.