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Per un abitare mobile
Nicola Flora e il suo gruppo di studio hanno condensato in questo volume il frutto di un intenso lavoro di ricerca in collaborazione con un'impresa privata. Questo frutto ha portato alla realizzazione di alcuni prototipi sperimentali di arredamento che raggruppano un alto numero di funzioni abitative, tanto che, essendo questi trasportabili, si può parlare di un abitare mobile. Si rinnova così un vecchio sogno modernista che nel tempo ha contagiato progettisti lontanissimi fra loro, da Yona Friedman ad Alberto Rosselli, come spiega il curatore: ""Quella che definiamo MobilArchitettura vuole spingere i progettisti, e specie i più giovani e in particolar modo quelli ora in formazione, a guardare positivamente le condizioni materiali nelle quali molti di loro oggi vivono: compressione degli spazi personali in luoghi ibridi dove avvengono in maniera convulsa e sintetica tutte le attività della giornata e non solo. Riposare lì dove dormo, e contemporaneamente preparo il cibo e raduno i miei amici; oppure leggo, studio, penso, mi connetto al mondo che si presentifica improvvisamente in uno spazio piccolissimo e che, in tal modo, è contemporaneamente qui e altrove""""."" -
Sogni
Si tratta di un testo finora inedito che comprende oltre duecentocinquanta trascrizioni di sogni raccolte da Dolores Prato tra il 1928 e il 1982 (dall'avanzata maturità all'anno prima della morte): una maestosa Recherche notturna, in cui l'autrice attraverso l'esperienza onirica tenta di riconquistare ""tutti quei particolari che nel ricordo della vita non affiorano più"""". Così autobiografia e affabulazione, passato e presente, personaggi pubblici e uomini comuni s'incontrano in una specie di foro onirico, dentro il quale troviamo ad esempio la misteriosa zia Paolina uccisa da una monaca di Treia, Giuseppe Saragat incerto sulla moglie da prendere, Andrea Gaggero colpito con una nocciola da Mike Bongiorno, Stefano D'Arrigo padre di un immaginario Liuzzo. L'io che sogna si divincola dalla morsa dei corpi infetti della madrina e della superiora del collegio, discute con lo zio Domenico sulle strane geometrie dell'opera umana e della natura, dialoga con Giorgio Bassani sulla questione ebraica, valuta se metter mano al libro della sua vita o occuparsi di un imprecisato volume di poesie russe, salvo poi veder sparpagliati da una folata di vento gli appunti per l'uno e per l'altro lavoro. Potenzialmente soggetto a sempre nuovi interventi di ampliamento, riuso, correzione, Sogni risulta infine essere una serie di pagine disposte sul crinale dove vita e sogno, sogno e scrittura del sogno, sfiorandosi o cozzando tra loro si traducono in sorprendenti fatti narrativi."" -
Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina
Il testo qui pubblicato, noto anche come i ""Commentari della Cina"""", è il resoconto dell'avventurosa penetrazione, fra il 1582 e il 1610, della prima missione cristiana in Cina che abbia lasciato traccia durevole. Esso fu scritto da Matteo Ricci, il principale artefice dell'impresa, nell'ultimo scorcio della sua vita, e completato da Nicholas Trigault con alcune informazioni tratte da appunti ricciani e con la narrazione della morte dell'autore e delle trattative per la sua sepoltura in terra cinese. Dopo una descrizione sistematica e dettagliata della vita, usi, abitudini e istituzioni della Cina dell'epoca, si procede alla narrazione dell'impresa, con le sue fasi per lungo tempo alterne e il coronamento con l'ingresso e la fondazione di una missione a Pechino. Si vede bene quanti pochi mezzi materiali i missionari avessero a disposizione, ma anche lo spiegamento di forze intellettuali e culturali, l'acume diplomatico, e spesso l'astuzia, con cui essi supplirono a tale mancanza. Lasciando inizialmente a margine la dottrina, Matteo Ricci si curò principalmente della traduzione in cinese dei libri di Euclide, della stesura di opere a carattere morale-filosofico, della costruzione di strumenti per la misurazione terrestre e astronomica. Dall'altro lato, egli approfondì la conoscenza dei maggiori classici cinesi e delle diverse """"religioni"""" diffuse nel territorio, per potersi confrontare sulle questioni che gli venissero poste. Prefazione di Filippo Mignini."" -
Notizie dalla post-realtà. Caratteri e figure della narrativa italiana degli anni Zero
I sei saggi raccolti in questo volume intendono disegnare uno spaccato delle tendenze narrative più significative degli anni Zero. Anni caratterizzati dall'indubbio primato del romanzo realista tradizionale, visto dagli scrittori come lo strumento più efficace per narrare il proprio tempo e forse anche per recuperare una funzione civile ormai smarrita. Tuttavia quello attuale è un contesto in cui la realtà, anche a causa della onnipervasiva presenta dei mass media, si è trasformata - per dirla con Walter Siti - in una ""post-realtà"""", cioè in una realtà intermedia in cui la rappresentazione ha sostituito le cose, riducendo la vita a simulacro. Per questa ragione il racconto dell'oggi non può che coincidere con il racconto di un io, innalzato al ruolo di testimone e/o interprete di fatti veri o fittiziamente veri. Oppure esso viene filtrato attraverso la riscoperta di un passato riattualizzato in una chiave tendenzialmente """"politica"""": da qui la scelta del romanzo cosiddetto neostorico, fondato su una rivisitazione problematica del nesso passato-presente. Lungo questi binari si muove la ricerca degli autori i quali si sono rivelati capaci di riaffermare, anche a costo di uno spietato e crudele autodafé, le ragioni della letteratura, sottraendola a quella dimensione di entertainment ed info-tainment di massa, cui l'ha relegata l'industria culturale."" -
Operette ipotetiche
Ugo Cornia abita Modena come i filosofi greci abitavano Atene, nel senso che Modena è la sua patria, come Atene era la patria ad esempio di Diogene Cinico. E senza Modena non si sa cosa Ugo Cornia avrebbe fatto, se avrebbe mai scritto i suoi tipici e incantevoli libricini; come Diogene, che senza Atene non sarebbe stato un cinico famoso ma solo un barbone. Qui in queste ""Operette ipotetiche"""" Ugo Cornia si mette a fare dei ragionamenti partendo da una più o meno accettabile ipotesi: cosa succederebbe se Dio facesse sparire per un po' Piazza Grande di Modena; o resuscitasse la mummia di Tutankhamon con tutti i problemi connessi; se il Dio monoteista si fosse affermato sugli antichi dèi politeisti con pestaggi indiscriminati; se Giove e Mercurio esistessero davvero e interferissero col genere umano e con le donne in particolare; se coi progressi della plastica una mucca potesse diventare una signora... Come si vede sarebbe un libricino classico di filosofia, se non fosse tutto fatto di storie comiche e campate per aria, che però danno da pensare filosoficamente."" -
Morti favolose degli antichi
Il libro racconta i casi di morte più ammirevoli, impressionanti ed esemplari tratti dall'antichità greca e latina.rn«Non c’è niente di cui m’informi così volentieri come della morte degli uomini: le ultime parole, l’aspetto, il contegno tenuto in quel momento. Se fossi un editore, farei un repertorio ragionato delle varie morti. Chi insegna agli uomini a morire, insegna loro a vivere» – Montaigne, Saggi, xxrn«Un interessante saggio che raccoglie la narrazione di morti favolose, strane, buffe, tragiche, misteriose e divine» - Il salotto di Sherlock Holmes, BlogrnSono qui raccolte come in un repertorio le morti di poeti, filosofi, re, eroi, condottieri, imperatori, inventori, atleti, popoli interi e città. Perché questo interesse ai modi di morire dell'antichità? Perché gli antichi, ignari di quello sterile attaccamento alla vita che caratterizza l'epoca moderna, avevano elaborato forme classiche, canoni e modelli per morire in modo significativo: cioè in modo ambizioso, elaborato e appropriato per la vita di ciascuno. Sapevano gli antichi che la morte non è qualcosa che viene da fuori a prenderci e portarci via, ma è ancora pienamente dentro la vita, ci rappresenta e ci rappresenterà per sempre. -
La tomba del tessitore
Solo in Irlanda può venir concepito e può nascere un libro come questo, dove il cimitero sembra un altro paesello accanto a quello dei vivi, in cui ad un certo punto si fa trasloco. E non si deve sbagliare tomba, perché sarebbe come andare a vivere in casa d'altri. Quando la vedova del tessitore Mortimer Hehir, per non sbagliare, interpella le massime autorità in fatto di tombe, cioè i più vecchi abitanti del posto, sembra che però non abbiano le idee molto chiare; perché quanto più si è vicini e direttamente interessati al trasloco, tanto più la mente si fa storta, fantasticante e bislacca. -
L' appuntamento mancato. Il giovane Heidegger e i sentieri interrotti della democrazia
Si può parlare della questione filosofico-politica in Heidegger prescindendo dal suo coinvolgimento con il nazismo? Questo volume intende sostenere che ciò non soltanto è possibile ma che nei corsi universitari del primo periodo friburghese sono addirittura rinvenibili tracce importanti - e ancora inesplorate - di un pensiero della democrazia. Resta il fatto, però, che Heidegger non ne tematizza mai in modo esplicito la portata filosofica. Si tratta di una semplice svista, dovuta a una mancanza di interesse politico da parte del giovane e già brillante docente dell'Università di Friburgo? O non sarà il caso di riconoscervi i primi sintomi di un malessere più profondo del suo pensiero, incapace di reggere la coabitazione di due opposte tendenze nei confronti del politico? Prima ancora ch'egli stesso ne adotti la formulazione, si possono cogliere qui le premesse del primo ""sentiero interrotto"""" della sua opera, che renderà per l'intero filosofare di Heidegger quello con la democrazia un appuntamento mancato."" -
Kafka. Ibridismi, multilinguismo, trasposizioni, trasgressioni
L'opera di Kafka trascina il lettore in uno smarrimento inquietante. Mille voci insistono nella sua scrittura divisa tra diverse lingue, diversi discorsi, diverse culture. Per avvicinare lo scrittore praghese è indispensabile tener conto di un movimento dispersivo che segna tutto il suo scrivere, il transito culturale verso un altrove che ne costituisce il presupposto e che lo rende così attuale nell'era della globalizzazione. Questo volume avvicina Kafka partendo da diverse prospettive segnate dall'incrocio di saperi, linguaggi, sistemi simbolici differenti, per coglierne le feconde contaminazioni. Del resto proprio l'attenzione per le sovrapposizioni e le inedite miscele culturali ha portato a porre decisamente l'accento, nelle attuali scienze della cultura, sulle trasgressioni creative, le ibridazioni tra le lingue, le arti, i media, i territori culturali. A queste varie figure dello sconfinamento vogliono rivolgersi le presenti pagine, intrecciando contributi di studiosi di diverse discipline, ma anche di due rappresentanti del teatro italiano che con Kafka si sono misurati, Luigi Lo Cascio e Moni Ovadia. -
Emil Lask. Il pathos della forma
Prima monografia completa sul pensiero di Emil Lask (1875-1915), il volume assolve sia il compito di una doviziosa ricostruzione storico-filosofica sia quello di un esame attento del patrimonio concettuale in gioco nel primo scorcio del Novecento tedesco. Allievo di Windelband e Rickert, maestro di Heidegger e Lukács, di Plessner e Szilasi, interlocutore di Husserl, Weber e Jaspers, lettore di Kant e Platone, di Plotino e Nietzsche, Emil Lask rappresentò per la sua vicenda biografica interrotta dalla Grande Guerra e per l'acutezza del suo pensiero l'esempio per un'intera generazione ed il tentativo incompiuto di rimontare all'originarietà della decisione filosofica. Raccogliendo un ambito tematico delimitato dal diritto e dalla dottrina della scienza, dalla logica formale e dalla teoria trascendentale degli oggetti, dall'ontologia e dalla semiotica, questa monografia giunge ad un ripensamento profondo della storia del trascendentale moderno come ultimo brano della storia della metafisica, in cui la domanda circa la misura acquisisce un ruolo decisivo. -
Conservazione dell'avvenire. Il progetto oltre gli abusi di identità e memoria
In questo pamphlet di Luca Zevi, progettista del Museo nazionale della Shoah di Roma, si indagano itinerari di ricerca alternativi al modello di sviluppo dominante nell'habitat contemporaneo, caratterizzato da un lato dalla ""megalopolizzazione"""" del pianeta, dall'altro dalla riduzione dei compiti dell'architettura a """"performances virtuosistiche"""". Gli spunti alternativi a tali tendenze emergono da una rilettura della tradizione ebraica, dalla quale traspaiono un rapporto profondo ma non feticistico con il passato, le potenzialità di un'organizzazione policentrica del territorio e la ricchezza di un approccio progettuale fondato sulle esigenze d'uso. In questa luce vengono analizzate le politiche anti-megalopolitane del regime comunista cinese, il fallimento di alcune esperienze post e neo-coloniali nel Vicino Oriente, la Città Bianca di Tel Aviv come preziosa declinazione mediterranea del movimento moderno in architettura. Si illustra inoltre il risveglio, sulle ceneri delle grandi ideologie del Ventesimo secolo, di identità e memorie che, lungi dal tendere a una società integrata e polifonica, arricchita dalle molte vicende individuali e collettive, lascia affiorare ovunque ricostruzioni vittimistiche delle singole storie, con le conseguenti rivendicazioni di stampo fondamentalistico."" -
Norwegian talks. L'architettura di Kunt Hjeltnes, Carlo-Viggo Holmebakk e Jensen & Skodvin
Il volume presenta per la prima volta in Italia il lavoro di tre studi di architettura norvegesi: Knut Hjeltnes, Carl-Viggo Hølmebakk e Jensen&Skodvin, ancora poco noti in Italia ma tutti eredi, in modo diverso, della lezione di Sverre Fehn, il grande maestro recentemente scomparso. I tre studi di architettura, tutti con alle spalle una carriera piuttosto consolidata, sfruttano al meglio le difficili condizioni ambientali del loro paese, coperto dai ghiacci per lunghi mesi, dando vita ad architetture site specific, vale a dire accomunate dallo speciale genius loci norvegese. Ivo Pannaggi, pittore di formazione e poi architetto attivo per oltre un trentennio a Oslo, aveva già individuato molti anni or sono questo carattere peculiare nella ""luce siderale che sviluppa i solidi in una successione di superfici piane, senza ombre e senza chiaroscuro, come nel più ortodosso dei quadri cubisti""""."" -
Il controllo dell'indeterminato. Potëmkin villages e altri nonluoghi
Il controllo dell'indeterminato espone spazio e progetto alla prova del loro futuro: ne indaga il senso di fronte al divenire. Il controllo dell'indeterminato è locuzione soggettiva: la tesi del testo, racchiusa nel titolo, assegna la funzione di controllo all'indeterminato stesso. La realtà sempre più contratta in una dimensione attuale si compone di ambiti singolari ma informi, continui, indistinti, imprevedibili, celati o qualificati da maschere, custoditi o rinnovati da patine, popolati di sagome, scritti su minute. ""Potëmkin villages e altri nonluoghi"""" si specchiano come nuovi archetipi nei fatti da cui derivano. È l'indeterminato che conquista il controllo. Il progetto, in questo stallo, rivive come esperienza: la sua condizione lo riduce ad assunzione del dato fenomenico. Attraverso interpretazioni incrociate di opere tratte dal mondo dell'architettura, dell'arte, della letteratura, il testo arriva ad una decodificazione della contemporaneità, guidando il lettore alla visita di otto realtà esemplari, otto Potëmkin villages capaci di rappresentarne le infinite sfumature e assieme l'uniformità."" -
L' architettura è un gesto. Ludwig Wittgenstein architetto
Pubblicato il ""Tractatus logico-philosopbicus"""" (1921), con il quale è convinto """"d'aver definitivamente risolto nell'essenziale i problemi"""" della filosofia, Ludwig Wittgenstein si dedica all'insegnamento alle elementari e, conclusasi traumaticamente tale esperienza, lavora come giardiniere in un convento. È in questo momento - l'estate del 1926 - che la sorella Margaret lo coinvolge nella progettazione della sua casa d'abitazione a Vienna. Wittgenstein interviene per offrire una semplice consulenza all'architetto incaricato, l'amico Paul Engelmann; ben presto inizia però a imprimere la propria impronta al progetto, sino ad appropriarsene del tutto. Per due anni, Wittgenstein vi si dedicherà interamente; e solo a casa ultimata, nel 1929, farà ritorno a Cambridge e all'insegnamento della filosofia. A partire dagli anni settanta, la casa è stata oggetto di più di un'analisi. Quando non sia stata sottoposta a miopi letture disciplinari, è tuttavia stata interpretata come un puro epifenomeno della filosofia del suo autore. Si tratta dunque di evitare entrambi gli eccessi sottoponendo ad analisi la casa in primo luogo nella sua configurazione architettonica, senza tuttavia isolarla arbitrariamente dal percorso intellettuale del filosofo. Egli stesso evoca una """"somiglianza di famiglia"""" fra filosofia e architettura allorché scrive """"quando costruiamo case, parliamo e scriviamo"""", ma tale affinità non significa intercambiabilità."" -
La ricostruzione del Crystal Palace. Per un ripensamento del progetto urbano
Osservate dal punto di vista delle pratiche del progetto urbanistico, le trasformazioni della città europea degli ""anni zero"""" possono essere viste come una particolare forma dei modi di produzione capitalistica dello spazio urbano, proseguimento, decantazione e precisazione di strategie e temi individuati negli anni '90, che possono essere descritti come un urbanesimo liberale segnato da una particolare attenzione alla dimensione culturale dello spazio e dalla ricerca di strategie di controllo spaziale attraverso i valori o l'identità del territorio. A partire dal confronto con queste condizioni, che soprattutto la ricerca sociologica e filosofica è stata meglio capace di cogliere, quello che qui si propone è l'avvio di una riflessione attorno ad alcuni termini, strategie e luoghi del progetto capaci di esprimere una posizione critica verso questi atteggiamenti progettuali e al contempo capaci di dar conto, di disvelare, le particolari condizioni conflittuali che connotano la condizione urbana contemporanea."" -
Il palinsesto paesaggio e la cultura progettuale
Il volume ospita contributi di cultori dell'urbanistica, dell'architettura, dell'arte, del paesaggio e delle discipline della rappresentazione. In un connubio cementato da un sentire che si oppone alla tendenza a guardare l'architettura, la città o il territorio secondo prevalenti istanze tecniciste e categorie puramente economiche o al contrario secondo formalismi estetizzanti, il volume si orienta verso quei fondamenti teorici e di pensiero nonché a quegli aspetti umanistici e fenomenologici che portano a concepire il paesaggio come un palinsesto. Dal momento che ""l'ambigua duplicità del paesaggio, insita nel fatto di essere esterno al nostro corpo ma al tempo stesso di attivarne i sensi, ci costringe a riscoprire e sperimentare dispositivi altri rispetto a quelli della pianificazione funzionale, o della progettazione razionalista"""", il palinsesto paesaggio è continuamente soggetto a cancellature e riscritture: pertanto ci offre la possibilità di considerare il progetto in un'ottica proiettiva e trasformativa, relazionale, fuori da schemi canonici e dalla gabbia dell'oggettività, ma coinvolto nella dimensione del vissuto e del sentire individuale e collettivo."" -
Il parco dell'Ariosto e del Boiardo. Progetti di luoghi come esercizi di fantasia
Esiste un paesaggio, variamente intuibile tra il reale e l'immaginario, nei poemi quattro-cinquecenteschi di Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto, l'Orlando innamorato e l'Orlando furioso. Di questo paesaggio, avventurosamente abitato e percorso da Angelica e Orlando, si possono ancora oggi rintracciare i profili e scoprire suggestioni nelle caratteristiche delle terre natali dei due autori reggiani. La Provincia di Reggio Emilia ha così creato un progetto inserito fra le attività della Biennale del Paesaggio e ispirato da questo novero di suggestioni: il ""PAB. Parco dell'Ariosto e del Boiardo"""". Il volume ha per oggetto l'esperienza didattica e di ricerca che la Biennale del Paesaggio ha commissionato all'Università Iuav di Venezia e svolta dagli studenti del Laboratorio Integrato di Paesaggio coordinato dai professori Renato Bocchi, Paolo Burgi ed Enrico Fontanari."" -
Tra bosco e non bosco. Ragioni poetiche e gesti stilistici ne «Il galateo in bosco» di Andrea Zanzotto
Le rapide e complesse mutazioni, che per necessità si tendono a riassumere entro il fenomeno globalizzazione, hanno provocato e provocano, in ogni luogo, lo sfaldarsi di stili di vita, oltre che effetti di sradicamento, di spaesamento, di insicurezza individuale e collettiva, tali da farci diventare un po' tutti ""migranti in casa nostra"""", costringendoci, di fatto, a ripensare il senso del nostro abitare, del nostro far comunità, del nostro far lingua. Sono questioni decisive che, come tende a dimostrare questo saggio, informano le ragioni poetiche, i movimenti e i """"gesti"""" dello stile complessivo di Andrea Zanzotto, in particolare nell'""""operazione"""" che il poeta solighese produce per """"Il galateo in bosco"""". In quest'opera l'esperienza dell'attraversare e sostare in bosco si propone quale intensa e necessaria metafora di un abitare che chiede ad ognuno di noi di partecipare ad una perenne venuta al mondo dei territori. È una nascita che, in Zanzotto, ha il ritmo dell'originarsi stesso di quella parola poetica attraverso cui passa la rinascita del soggetto, così come del suo più intimo abitare le lingue, i luoghi e il mondo."" -
La bottega oscura. 124 sogni
"La bottega oscura"""" è la prima traduzione in italiano di questo libro dei sogni di Georges Perec, uscito in Francia nel 1973. Perec vi ha trascritto 124 sogni, dal maggio 1968 all'agosto 1972. Vi si ritrovano continui rimandi autobiografici, a partire dai fantasmi della sua disgraziata infanzia, poi gli amici, le fidanzate, tanti personaggi del mondo letterario parigino, le vie e le piazze di Parigi e certi luoghi a lui cari vicino a Parigi. Le note esplicative che accompagnano il testo identificano le persone, gli avvenimenti, e le cose che provengono dalla vita diurna, facendo dove è possibile un po' di luce sul lavoro di rielaborazione e sui temi ritornanti e ossessivi di Perec." -
Il grande viaggio in slitta
"Il grande viaggio in slitta2 racconta la quinta spedizione su slitte trainate da cani compiuta dal famoso viaggiatore e etnologo danese Knud Rasmussen e dai suoi compagni, attraverso i ghiacci sterminati della Groenlandia, lungo il Mar Glaciale e le coste del Canada, fino all'Alaska e alla Siberia. 18.000 chilometri. La spedizione durò più di tre anni (1921-1924); Rasmussen potè entrare in contatto con le popolazioni Inuit della regione (di cui parlava perfettamente la lingua, essendo nato e avendo trascorso l'infanzia in Groenlandia), ne trascrisse le leggende, gli usi e costumi, la dura vita quotidiana e famigliare, le loro tecniche di caccia e di pesca, che lo stesso Rasmussen dovette praticare per sopravvivere, così come l'arte di orientarsi, guidare i cani, farsi una casa di neve, usare il kayak."