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Viaggio in Francia di un francese
"Non è difficile, aprendo a caso questo volumetto postumo di Verlaine, pubblicato per la prima volta poco più di un secolo fa, nel 1907, e in realtà composto intorno agli anni Ottanta del XIX secolo, ritrovare lo stesso clima, incandescente ed enfatico - degno più dell'apocalittico Commodiano che di un indignato Giovenale (un """"Giovenale cristiano"""", come ebbe a scrivere Jacques Borel nel volume della Plèiade) -, che aveva dato vita ai componimenti di """"Sagesse"""" (1881). Fin dall'esordio, Verlaine svela la sua unica Musa: la mistica Francia, monarchica e cattolica, la Francia di Luigi IX e di Giovanna d'Arco, alla quale si sono abbeverati tanti dei più impetuosi, e generosi, scrittori francesi del suo secolo, da Chateaubriand a Joseph de Maistre, da Barbey d'Aurevilly a Leon Bloy. Una Francia, nondimeno, che pare ai suoi occhi non esistere più, e per questo - confessa subito l'autore - ormai """"quasi impossibile da amare"""", spazzata via dai colpi di troppe Rivoluzioni, tutte fondate (non pare già di sprofondare in una pagina febbrile, frastornante, apocalittica, di un Céline?) su un unico principio: organizzare il caos e regolarizzare l'anarchia. Eccola, la Francia che Verlaine denuncia, nel capitolo iniziale di questo libro, con la prosa irruente e tumultuosa di chi ha ritrovato, dopo i traviamenti della giovinezza, enfin, una fede: empietà, scetticismo, demagogia, opportunismo."""" (Giancarlo Pontiggia)" -
Cantafavole e cantafiori da cantare su non importa che aria. Ediz. illustrata
Dopo aver riscoperto Robert Desnos come poeta e critico d'arte, ora il lettore italiano scoprirà anche la sua vena di scrittore di filastrocche e storielle per grandi e piccini. Una piccola strenna per bambini e per adulti che non hanno perduto il dono della leggerezza, per sorridere e cantare insieme ""su non importa che aria"""". Età di lettura: da 5 anni."" -
In difesa di padre Damiano
Stevenson era arrivato sull'isola hawaiana di Molokai nel 1889, qualche mese dopo la morte di Damiano de Veuster, il sacerdote cattolico, di origine belga, ""apostolo dei lebbrosi"""", fatto santo nel 2009. A spingere l'autore dell'Isola del tesoro a scrivere questa """"lettera aperta"""" per difendere l'onore di padre Damiano fu l'indignazione per la lettera che il reverendo Hyde aveva pubblicato su un giornale di Sydney con l'intento di gettare un'ombra d'immoralità sul prete cattolico già venerato come santo ancora in vita. Arrivato nel 1873 a Molokai, padre Damiano visse fino in fondo, con la sua tempra e il suo carattere non sempre accomodante e buono, la condizione dei lebbrosi, morendo anch'egli di quel morbo. Stevenson non nega i limiti dell'uomo, ma il suo cuore puro sa intuire la verità di quella testimonianza, difendendola dalla calunnia in una polemica che mette a rischio la sua stessa immagine. Una storia esemplare. Introduzione di Roberto Beretta."" -
Libertà per la storia. Inquisizioni postmoderne e altre aberrazioni
I testi presenti in questo libro che sono stati scritti e pubblicati nel 2008 dagli studiosi Pierre Nora e Françoise Chandernagor, costituivano all'epoca una sorta di risposta ufficiale dell'associazione ""Liberté pour l'histoire"""" alle azioni legislative allora in corso in Francia, divenute note come """"leggi memoriali"""", dove per legge memoriale si può definire una legge che dichiari, persino imponga, il punto di vista ufficiale dello Stato su alcuni avvenimenti storici. La storia di queste leggi particolari ha avuto inizio con la legge del 13 luglio 1990, detta Legge Gayssot, che prevedeva sanzioni per chi contestava l'esistenza di alcuni crimini contro l'umanità. Grazie all'azione dirompente esercitata da questa legge, che molti hanno considerato lesiva del """"delitto d'opinione"""", si è giunti alla decisione quadro 2008/913/GAI per gli stati membri dell'Unione Europea che ricorre nello stesso anno in cui vedeva la luce in Francia questo libro, che pubblichiamo con un'accurata riflessione dello storico Franco Cardini dal titolo più che eloquente: """"Inquisizioni postmoderne e altre aberrazioni. Il tema in discussione è attualissimo e costituisce una minaccia per la libertà di espressione di chi lavora sui documenti e sulle nuove informazioni che se ne possono trarre. La direttiva, che suggerisce sanzioni per l'apologia, la negazione o la minimizzazione dei crimini contro l'umanità, compare sulla """"Gazzetta ufficiale dell'Unione europea"""" di 23 paesi per lo più dell'Unione Europea. Il 28 febbraio 2012 il Consiglio costituzionale francese ha dichiarato la decisione quadro contraria alla Costituzione della Repubblica francese."" -
La cattedrale offesa. Moravia Ottieri Testori
Alle origini del termine ""osceno"""", gli antichi romani mettevano la pratica divinatoria degli aruspici: vivisezionare la carne consente di formulare profezie sui destini della città. Ma è compito sacerdotale al quale l'occhio profano non deve mescolarsi. Il romanzo - genere impuro - pone a se stesso sempre questa domanda: """"Che cosa è davvero osceno, dunque irrappresentabile?"""". Al centro di questo libro campeggiano tre grandi scrittori del Novecento italiano: il """"laico"""" Alberto Moravia, il """"socialista"""" Ottiero Ottieri, il """"cattolico"""" Giovanni Testori. Come dire tre funzioni del romanzo nell'epoca della sua morte e della sua paradossale resurrezione: Moravia, l'ufficialità rifiutata in quanto occhio del vero; Ottieri, la marginalità autocoatta, in quanto refrattaria alla finzione; Testori, la devianza """"sacra"""", in quanto intrasmissibile per il suo stesso eccesso. Che cosa cercano, parlando all'infinito dei propri solitari fantasmi? Ma a essere pornografica (per visione diretta, per cecità prediletta, per autocondanna allo strazio) è soprattutto la vita."" -
Una ecologia per l'uomo. La Chiesa, il creato l'ambiente
Il dono del creato e la sua custodia sarà il tema della nuova annunciata enciclica di Papa Francesco. Quello del creato e dell 'agire dell 'uomo in esso è un tema ad ampio raggio che la Chiesa, dagli anni del Concilio in poi, ha affrontato più volte con larga visione degli aspetti e dei problemi che si intersecano e interagiscono nel discorso sull 'ambiente. In questo tema ad ampio raggio, l'etica della responsabilità e della giustizia, non meno che lo slancio della carità, non potranno non essere il lievito che farà sviluppare interventi decisivi per un equilibrio generale della terra, a cominciare dall'eliminazione dello scandalo della fame, dalla distribuzione universale dei beni, dall'inclusione sociale dei poveri. Questo libro è una antologia ragionata dei testi che i Papi - da Giovanni XXIII a Francesco - hanno dedicato a questo tema e vuole offrire al lettore un percorso preparatorio alla prossima enciclica di Papa Francesco, che darà nuovo impulso alla riflessione di credenti e non credenti su una delle questioni più rilevanti del nostro tempo. -
Il settimo movimento. Conversazioni con Henri matisse
Il fil-rouge di queste conversazioni di Matisse con critici, letterati e religiosi, è il tema della danza. Dal 1909, quando dipinse il quadro oggi al MoMa di New York, che ha come pendant la tela della Musica dell'Ermitage, Matisse non ha mai sospeso la sua riflessione sulla danza, la musica e la ricerca - fino agli ultimi papiers découpés - del segno che fa danzare lo spirito dello spettatore. Il quadro di New York inscena un girotondo di cinque figure femminili e si regge su tre colori densi e profondi: blu per il cielo, rosa per i corpi delle danzatrici, verde per la terra. È una immagine dell'Eden, si chiedeva Pierre Reverdy, cogliendo in questo quadro tutta la ""felicità"""" di Matisse, la joie de vivre? L'artista era convinto che la pittura dovesse dare serenità allo spettatore gravato dalle tante fatiche di vivere. Ma, come nota Maurizio Cecchetti nell'introduzione, questo balsamo della pittura leniva anzitutto il sentimento tragico che Matisse aveva della bruttezza che l'uomo del XX secolo ha portato nel mondo: orrori e morte che hanno sconciato quell'armonia che lega tra loro gli esseri viventi nella Creazione."" -
Sull'amicizia
Nella Parigi d'inizio Settecento, mondana e raffinata, il tema tradizionale dell'amicizia che occupò i filosofi antichi (da Aristotele a Cicerone) trovò due interpreti che ne fecero l'oggetto di due brevi scritti, nei quali si respira ancora lo spirito dei moralisti del Grand Siècle e già si lascia presagire quello, non meno penetrante, dei grandi autori del Settecento francese, da Montesquieu a Diderot. Madame de Lambert, che presiedeva a uno dei più esclusivi salotti della capitale, e Louis de Sacy, che ne era uno dei più assidui frequentatori (insieme ai più bei nomi della letteratura e dell'aristocrazia), composero i due trattatelli qui tradotti per la prima volta in italiano. Per la gran dama, rimasta prematuramente vedova, e il brillante avvocato, l'amicizia non fu il mero pretesto per un esercizio retorico, ma, in primo luogo, un'esperienza vissuta: l'amicizia di cui essi illustrano i doveri e i diletti, con dovizia di frasi sentenziose, aneddoti memorabili e casi esemplari, fu, in primo luogo, la loro. Letti congiuntamente, i due scritti costituiscono essi stessi un dialogo ideale tra due amici sull amicizia. -
Praga
Questo libro si compone di tre ""opere"""". """"L'occhio di Praga"""" è un saggio poetico di Michel Butor, costruito come """"collage letterario"""" ispirandosi ai collages di Jiri Kolàr sulla Praga di Kafka. L'opera è unita, in dialogo strettissimo, a """"Risposte"""", una riflessione di Kolàr sul proprio fare artistico. Nell'""""Occhio di Praga"""" di Butor, il punto di partenza è la poesia di Baudelaire. La scelta potrebbe parere anomala, dal momento che è Kolàr stesso, in """"Risposte"""", a indicare Mallarmé (ma, con qualche limite, pure Marinetti) come iniziatore della langue poetica contemporanea; in questo fiancheggiando una lunga e autorevole tradizione critica. Ma Mallarmé è etereo, di una raffinatezza estenuata, difficile, a volte impervio; e sempre teso in una ricerca nervosa, di uno splendore metallico, tanto quanto Baudelaire è imbevuto degli umori e delle opacità, dei profumi e dello sporco del vivere. Per questo la """"materia Baudelaire"""" assomiglia così tanto alla """"materia Kolàr"""", alle vecchie banconote usurate, alle scatole di cartone con le marche e i disegni, ai libri che nessuno legge più, ma che rivivono scolpiti, bucherellati, a strisce e frange. Una materia impura, carica di batteri, di segni, di storie, che viene rimontata - come fa Butor con un mazzetto di celebri versi baudelariani a risignificare e risignificarsi."" -
Il lato oscuro della fede. Religioni, violenza e pace
Küng e Ricoeur si addentrano nella parte oscura delle religioni, anzi ne affrontano forse l'aspetto più eclatante e anche indagato: la violenza. Perché le religioni generano così spesso contrapposizione, scontro, guerre, morte? Si tratta di un fenomeno inevitabile, perché ""il pericolo della violenza è alla base di ogni convinzione forte"""" (Ricoeur)? Come fare per superarlo (Küng si diffonde qui sul """"Manifesto per un'etica planetaria"""", elaborato dal Parlamento delle religioni del mondo a Chicago nel 1993)? Domande che moltissimi altri studiosi, filosofi e teologi e capi religiosi, hanno affrontato: a testimonianza - se non altro - della realtà e dell'urgenza del problema. Se si vuole, non tanto risolvere, ma almeno affrontare il nodo della violenza """"religiosa"""" nonché degli altri mali derivati dalle fedi, bisogna anzitutto riconoscere che le religioni - tutte - sono espressioni fallibili e incomplete, ed esiste un """"oltre"""" che nessuna casta sacerdotale possiede e nessun dogma esprime appieno. Per vincere la violenza, e gli altri mali delle religioni, bisogna insomma che con uno sforzo radicale di autocritica ogni religione accetti di andare oltre se stessa. Prefazione di Roberto Beretta."" -
Mi ha dato nell'occhio. L'arte contemporanea e la sua schizofrenia
"Se è la costanza quotidiana del lavoro a fornire il nutrimento migliore all'ispirazione di un artista, al punto che Baudelaire non poneva distinzioni tra l'una e l'altra, ancora di più, tale assunto, vale per un critico d'arte. Una singolare forza inventiva sembra davvero scaturire dallo stimolo esterno e dall'applicazione giornaliera, scorrendo le pagine dense del libro di Maurizio Cecchetti, che appaiono frutto di uno sguardo allenato a cogliere, anche negli episodi del presente, gli argomenti estetici che meritano scandaglio e sedimentazione. Partendo da singoli 'prelievi istologici', come l'autore stesso li chiama, il testo riesce a dispiegare precise e illuminanti analisi intorno a quelle che possono definirsi le patologie ricorrenti nell'arte, contemporanea e non. Maurizio Cecchetti traccia il percorso dei sintomi, ne insegue le abitudini e riesce a stanare i tic nervosi del sistema artistico, senza la pretesa di impartire terapie o prescrizioni, ma offrendo un vasto corredo interpretativo del fenomeno. Un episodio di cronaca, che vede protagoniste l'installazione di un artista di grido e un'anziana signora addetta alle pulizie del museo, può costituire il termometro più semplice ed eloquente di un distacco, di una mutazione genetica in atto. Il sottotitolo parla non a caso di schizofrenie e di certo una scissione è avvenuta da tempo tra la liturgia delle arti visive e l'attuale 'Urbi et orbi'."""" (Massimo Pulini)" -
L' immagine dei milanesi nella vita quotidiana (1790-1890)
Le stampe, le illustrazioni e le caricature ci hanno tramandato un'immagine poco nota dei milanesi lungo tutto il corso dei cento anni che vanno dal 1790 al 1890. Un secolo che vide un susseguirsi di vicende storiche ed economiche che portarono la città alla sua fisionomia di centro culturale, commerciale e industriale all'alba del XX secolo. Mode e costumi dei milanesi appartenenti alle diverse classi sociali vennero rappresentati spesso mettendone in risalto gli aspetti più umoristici. Tutte le tecniche di stampa vennero utilizzate, dalle incisioni in rame alla xilografia, alla litografia, per finire negli ultimi anni dell'Ottocento alle oleografie, che ebbero a Milano il più importante centro di produzione italiano e che costituirono esse stesse una particolare forma di gusto estetico. Dalle mode venute da Parigi subito dopo la Rivoluzione francese, passando sotto il regno di Napoleone e poi la Restaurazione austriaca, la libertà di esprimere le idee politiche era strettamente sottoposta a censure e trovava unico sfogo nella moderata critica sociale o nella rappresentazione della vita quotidiana. Il '48, per quanto di brevissima durata, costituì un momento culminante del secolo, dando vita a una produzione caricaturale di dimensioni sconosciute in Italia. La vita dei milanesi, con l'unificazione della nazione fu oggetto di una satira di costume sempre più legata ai modi di vivere delle classi borghesi ed espresse i suoi risultati migliori nei decenni tra il 1860 e il 1880. -
Milano e l'Islam. Conoscenza e immagine di arabi e turchi tra primo '800 e primo '900
Il rapporto tra Milano, l'Islam e le sue popolazioni è una pagina di storia rimasta finora inesplorata. L'apertura della città ai grandi temi dell'illuminismo europeo, poi il suo progressivo coinvolgimento nelle vicende mediterranee con il Risorgimento e la politica coloniale del giovane Regno d'Italia, ebbero l'inevitabile conseguenza di metterla in contatto con i molteplici mondi dell'Islam, in precedenza qui poco o nulla conosciuti. Nel corso del libro, attraverso gli occhi di studiosi, viaggiatori, esuli, esploratori, artisti e pellegrini, ritroviamo l'Islam che essi si rappresentarono, che raffigurarono nei loro libri, nelle scenografie e nella pittura, che apprezzarono negli oggetti delle loro collezioni e vollero imitare nella decorazione e nell'architettura, che presentarono all'opinione pubblica sulla stampa e nelle grandi esposizioni. Non ne venne un'immagine coerente, come uno stile della città nel rapporto con questi mondi, piuttosto una molteplicità di giudizi, spesso tra loro contraddittori. Prevalsero le descrizioni distaccate, prive di coinvolgimento, cariche di pregiudizio, qualche volta potentemente negative; vi furono tuttavia anche donne e uomini capaci di andare oltre il muro dell'estraneità e costruire con le realtà incontrate un rapporto di reciproco scambio, ricco di possibili sviluppi. La doppia eredità di quel lungo Ottocento è ancora attiva nell'opinione pubblica e nelle istituzioni. -
La rivoluzione nera. Con una lettera di Martin Luther King dal carcere di Birmingham
Per Thomas Merton la soluzione dei problemi politici e sociali della condizione dei neri d'America implicava, necessariamente, ascoltare la voce ""pura e profetica"""" dell'uomo nero in quanto nero, in mezzo ai clamori dei falsi profeti """"scettici e ridicoli"""" della modernità capitalistica. Perché solo nell'ascolto di quelle voci, nel rispondere al loro appello, il peccato originario della civiltà occidentale, il fatto di essersi costituita grazie alle ingiustizie perpetrate su razze considerate inferiori, poteva essere espiato e superato. Questo riconoscimento della funzione quasi provvidenziale dei neri, la loro vera rivoluzione, in realtà suona come l'ennesima conferma della condizione di peccato nella quale versa la società dei bianchi. Era la stessa battaglia che combatteva Martin Luther King e che nella sua lettera dal carcere diventa epitome di una condizione universale di ingiustizia e sopraffazione. Ma il latente e mai sopito conflitto razziale negli Stati Uniti ci dice molto più di quanto la semplice storicizzazione di quegli eventi potrebbe insegnarci. Viene in mente la chiusa del libro di Alasdair MacIntyre, """"Dopo la virtù"""", nella quale viene evocato il momento in cui """"uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l''imperium' romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale 'imperium'"""". È la necessità che queste pagine indicano come un compito ancora irrealizzato, ma non irrealizzabile."" -
Più del colera la solitudine. Conversazioni con García Márquez
Due conversazioni con lo scrittore latino-americano sulla sua opera letteraria alla vigilia del Premio Nobel che riceverà nel 1982. Il romanzo che lo identifica per il grande pubblico, ""Cent'anni di solitudine"""", lo vincola anche a una responsabilità del successo ottenuto, che diventa in certi momenti persino """"ingombrante"""" e lo spinge a dire: «Ne ho piene le tasche di questo Garcia Màrquez». Da queste interviste emergono gli intrecci strettissimi con l'esperienza giornalistica come reporter in molte parti del mondo, le influenze sulla sua scrittura - dalla giovanile infatuazione per La metamorfosi di Kafka alla scoperta di Faulkner -, ma anche la sua visione politica, legata al socialismo, con la difesa di Fidel Castro e la condanna della distorsione dell'ideale di uguaglianza ed emancipazione dell'uomo da parte dell'Unione Sovietica. Tutto comincia dalla realtà, confessa Garcia Màrquez, ma è l'immaginazione che rende credibile ciò che può anche sembrare se non surreale certamente un frutto del sogno. Quel volo onirico è un balsamo al senso della propria solitudine che lo spinge a raccontare. Lo scrittore confessa che la sua ricerca consiste nel ritrovare quella verità """"orale"""" che avevano i racconti magici della nonna, e afferma che a un autore tutto è permesso a patto che il suo racconto venga creduto da chi lo legge come una realtà possibile. In queste conversazioni c'è tutto il distillato poetico della scommessa narrativa del grande scrittore. Con un saggio di Harold Bloom."" -
L' altra fine del capolavoro sconosciuto
Frenhofer è il pittore misterioso che Balzac ha posto al centro del suo celebre racconto ""Il capolavoro sconosciuto"""". Ormai anziano, Frenhofer sta dipingendo da anni il ritratto di una bellissima donna la cui immagine è così vera da apparire """"viva"""". Amico di Porbus, un pittore con cui Frenhofer discute le sue idee artistiche, lo invita a recarsi nel suo atelier per svelargli finalmente il quadro segreto. Porbus accetta e porta con sé un altro amico, Nicolas Poussin, ancor giovane ma già ambizioso e consapevole sostenitore della classicità nella pittura. Il rito magico li pone di fronte a una singolare scoperta: fra sconcerto e meraviglia la tela appare loro come una mascherata di colori, un'informe tessitura da cui fuoriesce, su un lato, il particolare stupendamente dipinto di un piede femminile. Pur ammirando il talento che Frenhofer ha profuso in quel dettaglio, Porbus e Poussin non possono fare a meno di costatare che per la maggior parte il quadro è una indistinta crosta di colore senza capo né coda. Frenhofer, ferito e umiliato dalla loro reazione, congeda bruscamente gli ospiti con un addio che suona perentorio e definitivo. Il giorno dopo, infatti, recandosi di nuovo a casa di Frenhofer, Porbus scopre che il vecchio pittore ha dato fuoco alle sue opere ed è morto. A volte il sogno può cambiare il finale di una storia e creare un gioco di specchi che porta alla luce un altro riflesso della verità."" -
Lettere a mia madre dalla Cina
"Saint-John Perse (Guadalupa 1887 - Giens 1975), pseudonimo di Marie-René Alexis Saint-Leger Leger, è il poeta degli spazi sconfinati, dei Venti e delle Nevi dei grandi poemi sulla Natura rischiarati dai bagliori di Baudelaire e di Rimbaud. La sua poesia, ricorda Manrico Murzi, """"è quella di un enciclopedico, che per immagini e metafore, attinge alle tante discipline dello scibile umano: astronomia e astrologia, botanica e zoologia, esoterismo ed ennetismo, alchimia è chimica, entomologia e mineralogia..."""". Eppure anche dopo il Nobel del 1960, """"per il volo sublime e il linguaggio evocativo della sua poesia che in modo visionario riflette gli stati del nostro tempo"""", Romeo Lucchese, suo infaticabile traduttore, si rammaricava del fatto che in Italia l'opera di Perse restasse incompresa. """"Poeta per poeti"""", """"poeta diffìcile"""", così la condanna. A oggi, purtroppo, il vento non è mutato. Perse è un esiliato dal nostro Canone. E l'esilio è una delle grandi ossessioni della sua poesia. Come per Ovidio, Dante Brodskij. Queste Lettere a mia madre dalla Cina, tradotte da Luana Salvarani, risultano cosi indispensabili per riportare la giusta attenzione sul grande Dimenticato. Sono lettere che risalgono agli anni della delicata missione diplomatica in Cina (1916-1921). Grazie a quell'esperienza, il poeta, che aveva già pubblicato Images à Cmsoé ( 1909) ed Éloges, (1911) ideò la sua fortunata Anabasi. Fuoco, terra, aria e acqua. Acqua di mare, soprattutto..."""" (Alessandro Rivali)" -
Il senso di Simenon per la fuga
La presente antologia raccoglie saggi di critici e studiosi dell'opera di Georges Simenon come Francis Lacassin (1931-2008) che a più riprese ha indagato la narrativa del papà di Maigret. Tra gli altri autori che danno vita a questo volumetto Giuseppe Bonura, scrittore e critico letterario scomparso nel 2008, Robert J. Courtine (1910-1998), scrittore e giornalista gastronomico, Ralph Messac (1924-1999), giornalista e avvocato. Il volume si completa con una breve antologia di brani degli scrittori François Mauriac, Jean Paulhan, Henry Miller e André Gide. -
La realtà vola più in alto. Dieci interviste sulla pittura
Uno dei maggiori giornalisti culturali del secolo scorso, Georges Charbonnier, incontra dieci pittori del '900 per interrogarli sul tema oggi più importante per le arti, che sembrano aver perso il contatto con il mondo e si sono trasformate in un megaspettacolo dove l'unica cosa che conta è stupire. Quale realtà ha davanti la pittura? Che senso ha il realismo, oltre le dispute ideologiche del secolo scorso? Le risposte degli artisti, tutti grandi nomi della modernità e tutti diversi per stile e poetica, concordano su un punto: se l'arte non ha più un chiaro concetto della realtà, ciò testimonia, per prima cosa, che l'uomo non ha più chiaro in quale mondo vive e vuole vivere. La finzione ha preso il comando e ha disegnato attorno all'uomo un mondo dove l'artificio è lo strumento della grande manipolazione visiva che affascina ma allontana l'arte dalla sua funzione: la ricerca della bellezza e del vero. -
Il ritorno di Tarzan
Montaggio e smontaggio di un mito che nasce sulla carta, prende immagine visiva sui fumetti e diventa protagonista del cinema, prima muto poi sonoro, dal bianco e nero al colore. Questo l'oggetto della minuziosa ricostruzione della storia di Tarzan di Francis Lacassin. Partorito, è il caso di dirlo, dalla fantasia dello statunitense Edgar Rice Burroughs (Chicago, 1875 - Encino, 1950), il personaggio abbandonato nella giungla, allevato dalle scimmie e formatosi alla dura legge darwiniana della sopravvivenza del più forte, ha alimentato, fin dall'immediato successo del primo libro del ciclo, nel 1914, la fantasia dei lettori e degli appassionati di cinema di tutto il mondo. Lacassin racconta non tanto il procedere delle sue avventure quanto il progressivo degrado del suo mito. Lacassin consegna al lettore la storia delle diverse personificazioni di Tarzan, i registi che lo hanno diretto, gli attori che lo hanno interpretato, le attrici che lo hanno baciato, gli scenografi che gli hanno inventato luoghi e panorami, i disegnatori che lo hanno ritratto con grazia, qualche volta, spesso frettolosamente. Chi togliendogli fascino chi accrescendolo, sempre alimentati da un archetipo nascosto e ben piantato nella mente di chi lo ha immaginato. Come scrive Roberto Beretta nella prefazione «il re delle scimmie è l'eremita laico che si ribella alla prepotenza della civiltà e trova il suo spazio veramente umano tra i non uomini. Ma a differenza dell'utopia assoluta del ""buon selvaggio"""" di Rousseau questo nuovo Adamo non sembra desideroso di rivoluzioni, quanto piuttosto di temperare il ritorno alla vagheggiata età dell'oro con una sana e molto americana propensione a non perdere i principali vantaggi del benessere, l'indispensabile del progresso per vivere nel suo felice paradiso». Il libro di Lacassin, e senza l'ausilio di Roland Barthes, descrive la vita del mito di Tarzan, lontano dal suo padre-autore, tra le insidie delle immagini e degli schermi che la società dello spettacolo moltiplica come le liane della giungla tra cui l'uomo-scimmia amava trascorrere il tempo dell'avventura. È lì che si perde Tarzan, nella selva oscura dell'onirismo proliferante, diviso tra immaginazione e box-office, tra inganno di cartapesta e divismo, tra pulsioni insoddisfatte di un erotismo appena accennato e adesione passiva dello spettatore, tra un popcorn e un bicchiere di cola.""