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Conversazioni con James Joyce
È dal fondo dei primi anni Venti che riemerge l'immagine di Parigi in cui s'imbatte, per prima cosa, il lettore di questo libro di Arthur Power - scrive Riccardo Campi nell'Introduzione -. Nulla vi manca: l'incontro con la metropoli del giovane straniero (irlandese) con aspirazioni artistiche che vi giunge solo e sconosciuto; la sua progressiva scoperta dei diversi quartieri della città - a piedi, beninteso, «perché Parigi è troppo interessante per essere visitata in auto o in metropolitana»; Montmartre, ormai disertata dagli artisti... il nuovo quartiere degli artisti, Montparnasse, dove il giovane stringe amicizia (al caffè, naturalmente) con lo scultore Ossip Zadkine; l'ombra di Amedeo Modigliani, che la miseria sta ormai uccidendo. Non mancano neppure spogli studi di artisti, con vaste vetrate che danno su umidi giardini o, alternativamente, raggiungibili inerpicandosi su ripide scale (Parigi senza vecchie mansarde con vista sui tetti sarebbe come Roma senza Colosseo)... È la Parigi degli ambienti cosmopoliti che il lettore che conosce il VII capitolo dell'Autobiography of Alice B. Toklas si attenderebbe di ritrovare anche nelle pagine di Power - e che puntualmente ritrova... Questa cartolina seppiata della Parigi della Lost Generation è lo sfondo su cui, nelle pagine di Arthur Power, si staglia, isolata, estranea, la figura di James Joyce: «Sembrava che gli splendori e le attrazioni della vita francese attorno a lui gli fossero indifferenti e nutrissero il suo talento solo nella misura in cui egli apprezzava la propria libertà intellettuale e la propria 'convenienza'. Tutto quel che gli veniva da dire su Parigi, quando qualcuno gli chiedeva il suo parere in proposito, era: 'È una città molto conveniente', anche se io non sono mai riuscito a scoprire cosa volesse dire con questa espressione». Se non è dato sapere con certezza come si debbano interpretare queste parole di Joyce, si potrà almeno dire che Parigi fu per certo, come scrisse Borges, una di quelle «città dell'esilio / che fu per te l'odiato / ed eletto strumento, / l'arma della tua arte» - per questo, forse, Parigi appariva a Joyce «molto conveniente»: fu proprio a Parigi, infatti, che, nei mesi che seguirono l'incontro con Power, venne portato a termine e pubblicato l'Ulisse. -
Una giornata con Charlie Chaplin
Guardando Charlot muoversi nel mondo, e guardando il mondo attraverso lo sguardo di Charlot, scoppiamo a ridere, oggi come ieri, sorpresi forse dalla perfezione comica che questo cinema ancora oggi sa incarnare. Il riso, e lo stesso vale per il genere comico, è un oggetto osservato con una certa diffidenza all'interno della nostra storia culturale, spesso relegato ai margini della cultura autentica, se non apertamente biasimato e condannato. Platone, gli Stoici, i Padri della Chiesa sono unanimi nell'indicare nel riso, soprattutto se smodato, ma non solo, un comportamento che deve essere evitato da coloro che assolvono il compito di guidare e indirizzare, anche nello stile di vita, le comunità. E invece, ridere, scoppiare a ridere, morire dal ridere è un gesto che rinnova il nostro sguardo sulle cose, la nostra capacità di pensare il mondo e noi stessi. «Il riso è una sospensione, lascia in sospeso colui che ride. [...] Non afferma niente, non tranquillizza niente». A essere sospesa, seguendo l'indicazione di Bataille, è la nostra altrimenti immediata adesione alla macchina del mondo, alla sua apparenza di stabilità e fondamento, di solidità. Sospesa è la cieca confidenza nella stabilità, rassicurante e opprimente, dell'io. Le giravolte e le cadute di Charlot, le incongruenze che si spalancano di fronte al suo sguardo, lungo il suo buffo peregrinare nel mondo ci fanno ridere, forse, perché ci svelano che la trama del reale non è mai riducibile definitivamente alle concatenazioni di nessi logici e causali, di volta in volta differenti, in cui pensiamo di averla definitivamente intrappolata - così come l'io non è mai condannato a una definitiva, sterile, ossessiva ripetizione di sé. Morendo dal ridere, lasciamo morire ogni identità costrittiva, statica, dell'io e delle cose, e torniamo per un istante ad aprirci alla possibilità di pensare diversamente il mondo, di diventare altro da quello che siamo. L'epifania del fondo instabile delle cose e di noi stessi, la rivelazione dolorosa della fragilità, della infondatezza delle nostre aspettative e certezze, grazie al riso, può sottrarsi al rischio di tradursi in mero rancore e risentimento; si fa invece liberazione, apertura, premessa alla costruzione di pensare e agire inediti. (Roberto Peverelli) -
Storie africane
"Oggi che della sorte dell'Africa si occupa piuttosto la finanza sottoponendo alla sua invadenza la rara politica intenzionata al meglio, e che le difficoltà cui vanno incontro i gruppi e le organizzazioni locali e le ong più avvertite e rigorose con iniziative talora economiche e più spesso educative e formative si fanno assai grandi paese per paese, e implicano un'arte della diplomazia e del compromesso, e sono perlopiù soffocate dall'invadenza dei progetti di sfruttamento e di corruzione o loro supine; oggi che l'Africa è più che mai, con forme inedite e massicce di neocolonialismo, terra di rapina per i potenti dell'economia e della politica spinti o manovrati da Stati come gli Usa e la Cina; oggi che intere zone sono minacciate come mai in passato dalle mutazioni climatiche e appaiono condannate alla desertificazione; oggi che la fame, la guerra, le dittature, il clima spingono intere popolazioni alla fuga, perendo nel percorso o trovando in Europa cinismo e razzismo; oggi che un recente premio Nobel è stato assegnato a un blando e tranquillo scrittore inglese di origine giapponese preferito al possente nigeriano Ngugi - quali sono i modi di intervenire che Schweitzer avrebbe praticato e proposto? La domanda è superflua, perché Schweitzer, il dottor Schweitzer, aveva un suo preciso campo d'azione nella cura dei corpi prima ancora che nell'assistenza alle anime, e non farebbe che adattare quei modelli al presente, insistendo semmai sull'educazione, come tanti dei più onesti missionari dopo di lui, aiutando gli altri perché si aiutino da soli."""" (Goffredo Fofi)" -
Kafka umorista
L'analisi della comicità in Kafka di Guido Crespi ha una carica innovativa rispetto all'interpretazione che di Kafka vede solamente l'artefice di un'opera che contestava dall'interno le ragioni che rendono possibile il totalitarismo. È evidente, come scrisse Kundera nei ""Testamenti traditi"""" che lo scrittore, lungi dall'essere alienato dal suo riso, in realtà """"si diverte per noi"""" mentre inscena le sue storie condendole con crudeltà e sadismo, tanto più notevoli perché serviti freddi con una prosa al tempo stesso allusiva e trasparente (in apparenza, ma sempre con la doppia camera di compensazione del """"simbolo nascosto""""). David Foster Wallace nel 2005 scrisse che """"la comicità di Kafka dipende da una sorta di letterarizzazione radicale di verità solitamente trattate come metafore"""" dispiacendosi di non essere capace di far comprendere ai propri studenti """"che Kafka è comico"""". Il maggior studioso contemporaneo dello scrittore boemo, Reiner Stach, si è voluto concedere alla fine del monumentale lavoro biografico durato circa vent'anni, un libro propriamente """"kafkiano"""", ovvero composto con """"99 reperti"""" che ci offrono tutti insieme i tratti somatici dell'Uomo-Metamorfosi. Eccone alcuni: """"Kafka bara all'esame di maturità"""", """"Kafka s'infuria"""", """"Kafka vorrebbe essere come Voltaire"""", """"Kafka e Brod perdono al gioco i soldi della cassa comune per il viaggio"""". Il ritratto che ne esce, dove si mettono a nudo i tic di un uomo apparentemente come altri, ma che delle sue ossessioni - compresa quella sessuale, su cui il comico di Kafka si sbizzarrisce non poco (la sua Brunelda era rimasta nel cuore di Fellini, anche se non riuscì a farci il film che avrebbe desiderato, all'incrocio fra la Gradisca e la Grosse Margot) - ha saputo darci il succo più puro e per questo anche il più pericoloso, è a tutti gli effetti una maschera da Commedia dell'arte e non è da escludere che la figura longilinea di Kafka, i suoi tratti minuti e appuntiti del volto, possa trasformarsi nel burattino del ventriloquo, in perfetto abito di gala, che apre e chiude la sua bocca per pronunciare battute franche e crudeli a cui si dà ascolto come un divertimento ma che arrivano a toccare i nostri più nascosti orgogli. Come il saggio di Crespi dimostra. Prefazione di Alessandro Paci."" -
Il volo delle rondini. Conversazioni con Julio Cortázar
Le interviste a grandi scrittori - avverte Luana Salvarani nell'Introduzione - obbediscono a una tacita convenzione: il lettore non saprà mai se quello che legge costituisce lo ""sfondo"""", la radice biografica delle loro costruzioni letterarie, o se l'intervista a sua volta costituisca un'altra costruzione letteraria di diverso genere. Da qui il fascino del """"Questionario di Proust"""", dove, giocando a rispondere a una serie di domandine salottiere, il perfido Marcel ci offre per un attimo l'illusione di avere qualche strumento in più per dipanare il labirinto della Recherche. Illusione pericolosa e che tuttavia costituisce il fascino del """"gioco dell'intervista"""". Anche in queste interviste, come nel più celebre romanzo di Cortázar, Rayuela, il lettore è invitato implicitamente a prendersi le proprie responsabilità, a scegliere e gerarchizzare le preziose informazioni fornite, a capire cosa sia report, cosa appartenga al campo dell'automitologia e quando accade che l'autore entri in un proprio personaggio. Personaggi così vissuti che accade, in queste pagine, che l'autore sostenga «Oliveira pensa che», «rispondo anche a nome di questo mio personaggio». Una folla di alter ego in cui lo stesso Cortázar rifiuterebbe di identificare un vero sé. L'unicità dell'essere in ogni singola circostanza gli impedisce di tracciare un ritratto unitario dell'io """"biografico"""", """"vero"""". Che tuttavia in queste interviste a suo modo si svela, forse soprattutto attraverso due temi: la riflessione sulle strutture romanzesche e il rapporto con la politica."" -
In guerra con me stesso. Due conversazioni con Jacques Derrida
Due interviste, solo in apparenza tra loro lontane nel tempo. La prima del 1986, in tv, con Didier Cahen di ""France-Culture""""; l'altra, due mesi prima della sua morte, apparsa su """"Le Monde"""" il 19 agosto 2004 con Jean Birnbaum. In realtà vicine per i temi discussi e lo spirito con cui il lavoro filosofico di Jacques Derrida viene affrontato per il pubblico vasto e indifferenziato della tv e del maggior quotidiano francese. Nella prima il congedo, lungo e articolato, dalla tradizione filosofica metafisica si intreccia con le precisazioni, molto chiare, sul modo di intendere la """"decostruzione"""". Nella seconda, quando Derrida è in vista dell'ultimo vero congedo, quello dalla vita, un certo velo di malinconia sorregge la descrizione della fragilità e insieme della finezza di tutto il lavoro concettuale fino ad allora svolto. Emerge una visione della filosofia orgogliosa del proprio lascito e nello stesso tempo consapevole della precarietà con cui ogni tradizione, anche quella che apparentemente ne vorrebbe volentieri fare a meno, deve fare i conti, a partire dalla lingua stessa con cui cerca di esprimersi. Due testimonianze dell'intensità di un pensiero spesso frainteso."" -
Lo scrittore e lo specchio. Moralismo e letteratura
Rivière è un maestro che occorre oggi riprendere in mano, perché le sue idee e il suo stile conservano quella ""informalità"""" che lo rende autore al tempo stesso classico e moderno. Come direttore della """"Nouvelle Revue Française"""" cercò di mantenere sempre questo equilibrio, che lo portava a cogliere il nuovo senza negare ciò che lo precedeva, come invece accade in certe avanguardie. Grande cultore della musica, della poesia e delle arti visive, resta traccia di questi suoi molteplici interessi critici il libro Études dove sono raccolti i saggi su Baudelaire, Gide e Claudel, ma anche su musicisti come Rameau, Bach, Franck, Wagner, Moussorgski, Debussy e su pittori come Ingres, Cézanne, Gauguin. Rivière ha intuito presto l'importanza di poeti come Baudelaire e Rimbaud, ha sostenuto autori come Alain-Fournier (di cui sposò la sorella Isabelle), Mauriac, Aragon, Valèry, Artaud. Forse oggi si fatica a comprendere che cosa fosse in quell'epoca l'esercizio quasi quotidiano della corrispondenza fra autori e amici, ma i carteggi di Rivière con Alain-Fournier, Proust e Claudel sono vere e proprie occasioni di riflessione sui destini e sull'importanza della letteratura, e si possono leggere anche come palinsesti di saggi da scrivere. I due testi di Rivière qui raccolti sono frutto di conferenze che l'autore tenne in dialogo con Ramón Fernàndez. In esse si dipana compiutamente la poetica critica di Rivière."" -
Storie sotto il cielo e sotto il mare
Il cavallino rosso e il cavallino blu, che il pittore Franz Marc ha messo nello stesso quadro, sono diventati amici e passano il tempo raccontando graziose storie. Così il cavallino blu comincia a raccontare una storia sotto il cielo, la storia del suonatore di triangolo, e il cavallino rosso continua raccontando a sua volta una storia sotto il mare, la storia di una balena innamorata. Età di lettura: da 7 anni. -
Le lumache di bosco rosso
Le lumache di Bosco rosso sono disperate. Per non finire in pentola devono lasciare il loro tranquillo e umido bosco e trovare un nuovo luogo in cui vivere tranquille. L'impresa non è facile, ma grazie all'aiuto di Gatta Saggia e di tanti buoni amici, troveranno una meravigliosa sistemazione. Età di lettura: da 7 anni. -
La zuppa del venerdì
Ogni venerdì la mamma di Peter prepara una terrificante zuppa di verdure che Peter detesta. Con grandissimo sforzo la mangia ugualmente, terrorizzato dall'Orco che la mamma ogni volta minaccia di chiamare. Un venerdì però Peter si rifiuta categoricamente di mangiare la zuppa. Età di lettura: da 6 anni. -
Lo spettacolo dello sci. Neve, sport e personaggi nella cultura del Novecento
Il piacere di poter trasformare il peso in leggerezza, la fatica in svago: le ragioni del fascino caleidoscopico dello sci attraverso testi, documenti, testimonianze e immagini. Dal graffito preistorico all'immagine del grande schermo a cristalli liquidi che duplica l'arrivo di un garista del terzo millennio, quello dello sci è un viaggio nello Spazio e nel Tempo. Uno sport che va ben oltre il gesto atletico. -
Torino 1861-2011. Storia di una città attraverso le esposizioni. Ediz. illustrata
Forse non tutti sanno che, negli ultimi centocinquant'anni, Torino è stata protagonista di una serie di esposizioni di rilevanza internazionale che hanno segnato la vita della città. Per testimoniarne l'importanza basterebbero le cifre: 3 milioni di visitatori nel 1884 e nel 1898, addirittura 7 nel 1911, più di 6 per Italia 61, un evento rimasto profondamente impresso nell'immaginario di migliaia di torinesi. Il volume racconta per la prima volta, in maniera divulgativa ma rigorosa, l'affascinante storia delle esposizioni torinesi tra Otto e Novecento, collocandole nello spazio (urbano) e nel tempo (storico) in cui si sono svolte. Più di 300 immagini, tra fotografie d'epoca, cartoline e cartellonistica; le piante delle esposizioni ""calate"""" nella Torino di oggi; i personaggi e gli artisti coinvolti. E, fra un'expo e l'altra, i piccoli e i grandi eventi della storia della città, dall'Unità a oggi. Torino fra modernità e contemporaneità."" -
Italia, un paese speciale. Storia del Risorgimento e dell'Unità. Vol. 1: 1800-1858: Le radici.
Eventi, idee, popoli, protagonisti. Parole, immagini e fatti. Per leggere in modo nuovo il Risorgimento e l'Unità. -
Italia, un paese speciale. Storia del Risorgimento e dell'Unità. Vol. 2: 1859: l'indipendenza.
Eventi, idee, popoli, protagonisti. Parole, immagini e fatti. Per leggere in modo nuovo il Risorgimento e l'Unità. -
Italia, un paese speciale. Storia del Risorgimento e dell'Unità. Vol. 3: 1860: l'Unità.
Eventi, idee, popoli, protagonisti. Parole, immagini e fatti. Per leggere in modo nuovo il Risorgimento e l'Unità. -
Strade della collina torinese. Itinerari storici, artistici, enogastronomici
A due passi da Torino c'è un mondo. Da scoprire. Castelli, ville, chiese, musei. Storia, arte, natura. Eccellenze enogastronomiche, prodotti tipici, locali storici, sagre. 18 itinerari da fare in auto o in bicicletta. Immagini, cartine, approfondimenti. Tutto quel che c'è da sapere sulla collina torinese. Per tutti. Tutto l'anno. -
Itinerari escursionistici nelle Alpi Cozie
25 itinerari escursionistici sui sentieri più affascinanti delle Alpi Cozie, dal colle della Maddalena al Moncenisio. Laghi, cime, rifugi, parchi, fortificazioni. Per esplorare le valli Stura, Maira, Varaita, Chisone e Susa. Gli angoli più nascosti e i percorsi più classici. Descrizione dei percorsi, schede tecniche, cartine, approfondimenti storici, culturali, scientifici. Un ricco apparato iconografico realizzato ad hoc. Un modo nuovo per scoprire le Alpi occidentali. -
Piemonte. Escursioni per tutti. Vol. 2: Dalla valle di Susa all'Ossola.
Trenta escursioni sulle montagne del Nord Piemonte, dalle valli di Susa e Lanzo al Gran Paradiso, dalle valli biellesi all'Ossola, attraverso alcuni fra i più suggestivi paesaggi di tutto l'arco alpino. La caratteristica comune degli itinerari è di essere adatti agli escursionisti che cercano nella camminata non l'impresa sportiva, ma l'occasione per praticare sport in famiglia o in compagnia, fruendo pienamente dello splendido ambiente alpino: i dislivelli sono contenuti, i percorsi privi di difficoltà tecniche e di facile reperibilità. La descrizione dettagliata degli itinerari e delle loro caratteristiche rappresenta il punto di forza di una guida arricchita dalla presenza di approfondimenti su importanti aspetti storici, culturali, antropologici e naturali relativi ai territori attraversati, e da un ricco apparato iconografico e cartografico. -
L' albero della libertà. Le repubbliche giacobine in Italia. 1796-99
Nei lontani giorni del 1796, mentre i soldati di Napoleone Bonaparte, con straordinarie vittorie, respingevano gli eserciti austriaci, nelle piazze di molte città e paesi italiani si vedevano piantare alberi, tra le cui fronde si intrecciavano ghirlande di tre colori: verde, bianco e rosso. Erano gli ""alberi della libertà"""", intorno a cui ballavano e cantavano i cittadini per festeggiare la caduta dei governi assoluti dell'ancien regime e la fuga degli antichi sovrani. Una bandiera tricolore, discorsi infiammati, dibattiti, assemblee, movimenti e giornali politici, tutte cose che soltanto poco prima sarebbero costate la prigione o la forca, facevano da contorno a un mondo nuovo perché le radici di quegli alberi erano anche le radici di una società democratica, che, sia pur fragile, incerta e incompleta, inventata quasi, stava nascendo. Mentre a Parigi i frutti di una rivoluzione nata dieci anni prima cominciavano ad avvizzire, in Italia si fondavano le repubbliche giacobine - cispadana, cisalpina, ligure, romana, napoletana - odiate e combattute da tutti gli altri stati europei, dal papa e dai sovrani spodestati. Sommerse da nemici così potenti, alcune sopravvissero pochi anni, altre solo pochi mesi e tutte furono soffocate nel sangue di centinaia di uomini e donne ricchi di idealità, di coraggio e forse di illusioni, i giacobini italiani."" -
In bici in Piemonte. Itinerari cicloturistici per tutti sulle strade del Nordovest
Dalla pianura torinese all'Appennino ligure. Dal Ticino al Roero, dall'Acquese alle valli cuneesi. Strade bianche, oasi naturalistiche, tesori d'arte e architettura. Una collezione di percorsi cicloturistici inediti, adatti a tutte le età, a tutte le stagioni, a tutte le biciclette. Cartine, approfondimenti e schede tecniche: difficoltà del percorso, profili altimetrici, periodo consigliato. C'è un modo slow di scoprire il Piemonte. In bici.