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Lettere a Hans Rosenkrantz-Briefe an Hans Rosenkrantz
Vengono qui pubblicate, con il testo originale tedesco, le ventiquattro lettere e sei cartoline che Stefan Zweig (1881-1942) inviò al giovane Hans Rosenkranz (1905-1956) tra il 1921 e il 1933. Il carteggio documenta un'amicizia inconsueta, che si esprime tramite la partecipazione di Zweig alla vita e alla carriera dell'altro, attraverso una solerte e affettuosa attività di mentorato. Accomunati dalle loro radici ebraiche, dal loro talento e da progetti editoriali, fitto è nell'epistolario lo scambio di opinioni su questioni letterarie, politiche, identitarie e sioniste, in costante riferimento alle coeve pubblicazioni di Zweig. Chi ha dimestichezza con la pagina dello scrittore austriaco riconoscerà, in queste lettere, una personalità che, di fronte all'imminente nazionalsocialismo, vi contrappone i propri ideali cosmopoliti ed europeisti. Al lettore del carteggio si offre, pertanto, un ampio panorama della società e della cultura nei concitati anni della Repubblica di Weimar attraverso una serie di testimonianze vergate in prima persona, di rara sincerità e di stringente attualità. Introduzione di Susan Baumert. Trascrizione di Susan Baumert e Francesco Ferrari. -
Moralità. Ristabilire il bene comune in tempi di divisioni
«Una società libera è una conquista morale. Negli ultimi cinquant'anni, in Occidente, questa verità è stata dimenticata, ignorata o negata. Ecco perché oggi la democrazia liberale è in pericolo. La libertà della società non può essere sostenuta soltanto dall'economia di mercato e dalla politica democratica liberale. Ha necessità di un terzo elemento: la moralità, un interesse per il benessere degli altri, un impegno attivo nei confronti della giustizia e della compassione, una volontà di chiedere non soltanto ciò che è bene per me ma ciò che è bene per tutti-noi-assieme». Jonathan Sacks, tra i più amati Maestri contemporanei, ci guida in un viaggio salvifico, dalle misere sponde dell'«Io» agli spazi nobili del «Noi», verso una società più prospera e retta. In ""Moralità"""", l'autore si misura con le sfide più ardue del mondo contemporaneo: l'individualismo, l'alienazione dovuta ai social, la crisi della famiglia e della comunità, la mancanza di princìpi nell'economia e nella politica, le minacce alla libertà di espressione. Sacks completa così la lezione iniziata con """"Non nel nome di Dio"""" e ci consegna il suo testamento spirituale. Un messaggio carico di lucidità e speranza, un'esortazione a ripristinare la nostra umanità e a usare il bene comune come bussola per ogni scelta futura."" -
Resta ancora un po'
Quando nonna Giuditta capisce che è ormai vicino il tempo di morire, coinvolge il nipote Jonathan, la fidanzata Noga e il coinquilino Ittai in un viaggio alla ricerca del cimitero perfetto. Lungo la strada affiorano i ricordi e si fanno largo tutte le verità taciute a Jonathan dalla famiglia. A partire dal suo nome, Jonathan, lo stesso del primo amore di sua madre Ahuva, un giovane soldato morto nella Guerra del Kippur, e mai dimenticato. Nonna Giuditta non ha peli sulla lingua e con un sarcasmo irresistibile prende per mano l'amato nipote per liberarlo di tutti i fardelli invisibili della propria storia famigliare, un ultimo gesto d'amore prima di concludere il suo ""grande viaggio"""". """"Resta ancora un po'"""" è un romanzo divertente e leggero che raccontandoci l'Israele di oggi riesce ad affrontare temi complessi, come la difficoltà di liberarsi del passato, le verità nascoste che ci cambiano la vita, le scelte che compiamo inconsapevolmente."" -
Forse mio padre
Un percorso di guarigione scandito da parole scelte con precisione chirurgica, parole che scavano nella memoria e non hanno timore di costruirne una nuova«Animato da una ricerca di identità che rappresenta il solo fondamento per poter aprirsi al futuro» - LiberoPoco prima di morire, una madre rivela alla figlia che l'uomo che l'ha cresciuta non è il suo padre biologico. Come uno sparo improvviso, una verità fino ad allora solo sospettata diviene certezza dolorosa. Un giovane conosciuto durante l'occupazione nazista e abbandonato subito dopo la guerra, è lui il padre. È lui quella presenza impalpabile con la quale la madre è sempre rimasta segretamente in contatto e che ha lasciato dietro di sé poche, labili tracce. È lui il forse padre. Inizia allora il tentativo di ricomporre, attraverso la letteratura, una storia familiare che non è solo biografia di un fantasma, ma un viaggio tra frammenti affilati, una corsa a perdifiato tra le ombre e le luci del passato. Cercando un padre mai conosciuto, una donna riacquista così la sua dimensione identitaria e profonda, trovando finalmente la forza di colmare il vuoto e di aprirsi al futuro. Il coraggio di guardare la vita dritto negli occhi, catturarla e ammansirla, fa di questo libro un romanzo dalla lucidità disarmante, un percorso di guarigione scandito da parole scelte con precisione chirurgica, parole che scavano nella memoria e non hanno timore di costruirne una nuova. Del resto, conclude la voce narrante di Forse mio padre, «quando la memoria non c'è, non basta o resta muta, dobbiamo costruircene una nostra. Dobbiamo avere fede nella fantasia ». -
L' ebreo inventato. Luoghi comuni, pregiudizi, stereotipi
«Il volume prende il problema di petto, affidando ad autori competenti, ciascuno nel proprio campo, il compito di smontare gli stereotipi, mostrandone inganni e contraddizioni. Un lavoro utile anche per la documentazione che fornisce al lettore» - la LetturarnPer contrastare in modo intelligente pregiudizi e stereotipi, non è sempre sufficiente rispondere con logica e cortesia. È necessario un metodo. L'ebreo inventato propone una raccolta di saggi che compongono l'ossatura di questa strategia. Le affermazioni che nei secoli sono state rivolte agli ebrei vengono analizzate con competenza da studiosi e studiose di diverse discipline. Siete diversi, avari, chiusi. Avete ucciso Gesù. Il vostro è un Dio della vendetta. Vi considerate superiori. Per rivelare i ragionamenti capziosi che sorreggono ogni falsa rappresentazione del mondo ebraico, è fondamentale ricostruire la genesi e il contesto storico di ogni singolo pregiudizio, chiarirne i meccanismi, mostrarne le contraddizioni. Ma L'ebreo inventato non è solo uno strumento utile per riflettere sull'antisemitismo. È anche un modo per costruire e promuovere, nel nostro Paese, percorsi interessanti e necessari di educazione civica. Il caso della minoranza ebraica ha infatti un valore emblematico che può contribuire alla conoscenza, al riconoscimento e al rispetto delle pluralità che compongono il laboratorio di convivenza di ogni democrazia. Con i contributi di David Bidussa, Roberto Della Rocca, Raffaella Di Castro, Riccardo Di Segni, Fiona Diwan, Daniele Garrone, Davide Jona Falco, Gadi Luzzato Voghera, Saul Meghnagi, Livia Ottolenghi, Claudio Vercelli. -
Dalla parte di Giona (e del ricino)
"So bene che è più che temerario se non disdicevole (spero non blasfemo) che, postremo, anch'io, che non so l'ebraico e che non sono certo un biblista, mi confronti con il Libro di Giona con alcune riflessioni personali e una 'traduzione'. Il fatto è che Giona, secondo me, è stato sempre e ingiustamente troppo denigrato, per cui ho sentito il bisogno di dedicargli questo breve scritto.""""" -
Il cimitero ebraico di Gradisca d'Isonzo
Questo libro, dedicato al cimitero ebraico di Gradisca d'Isonzo, costituisce il nono volume della collana del Corpus Epitaphiorum Hebraicorum Italiae (CEHI). La prima parte, dopo alcune presentazioni e ringraziamenti, propone una premessa di Mauro Perani in cui si traccia una breve storia e i motivi della fondazione della collana CEHI e dell'importanza dello studio delle epigrafi sepolcrali dei cimiteri ebraici italiani come fonte storica, costituendo i testi degli epitaffi una vera e propria anagrafe su pietra, oltre che una raccolta di poemi, composti in rima e metro per i defunti più importanti, rabbini, intellettuali e ricchi ebrei. Segue un'introduzione di Pier Cesare Ioly Zorattini sulla storia del terreno sepolcrale gradiscano, inserendolo nel contesto geografico di appartenenza e contestualizzandolo con gli altri cimiteri ebraici del Friuli. Alla sezione introduttiva seguono tre contributi storici: il primo è quello di Lucia Pillon, che analizza la storia della città di Gradisca dal 1479 al 1914; il secondo si deve a Maddalena Del Bianco che ricostruisce le vicende storiche dell'insediamento israelitico nella fortezza friulana ed elenca le principali famiglie che ne hanno fatto parte; per concludere, Livio Vasieri esamina lo sviluppo urbanistico e l'evoluzione delle sepolture del cimitero ebraico di Gradisca. Nell'ultima parte del volume Antonio Spagnuolo, coadiuvato da Mauro Perani, ha curato l'edizione delle 88 lapidi, integre e frammentarie, tuttora conservate all'interno del recinto del terreno di inumazione israelitico. Degli epitaffi, compresi in un arco temporale che va dal 1805 al 2012, è stato trascritto e tradotto il testo ebraico e quello in italiano, evidenziando inoltre le citazioni bibliche, gli schemi metrici e le annotazioni storico-artistiche sulla forma architettonica e lo stato attuale della stele. Per meglio illustrare il corpus degli epitaffi gradiscani, è presente un apparato fotografico in bianco e nero di tutte le stele sepolcrali, oltre agli indici dei nomi, sia in italiano che in ebraico, di tutti i defunti e di tutte le persone citate all'interno dei testi funebri. Con il presente volume, come per i precedenti otto della collana CEHI, si rinnova l'intenzione di salvaguardare le lapidi dei cimiteri ebraici italiani attraverso la loro pubblicazione e si realizza il desiderio di considerare gli epitaffi israelitici incisi sulla pietra come un prezioso bene storico, letterario e poetico da tutelare prima che l'ingiuria del tempo lo cancelli per sempre. -
Il testamento di Mosè. Antologia del «Sifrè Devarim» (Deuteronomio)
"Parole"""" (Devarim) è il titolo ebraico dell'ultimo libro della Torà, il Deuteronomio. Questo libro, ambientato nelle steppe di Moab, alle soglie della Terra Promessa, si presenta come l'ultimo discorso di Mosè, tenuto nello stesso giorno, alla vigilia della sua morte, come il suo testamento spirituale. """"Libri"""" (Sifré de-be-Rav) è il nome del più antico commento rabbinico alla Torà, in questo caso al Deuteronomio. Si tratta di un midràsh di halakhà, dal momento che il suo contenuto è legale, ma che comporta non pochi sviluppi anche di aggadà, ossia teologici, a cominciare dall'unità di Dio proclamata dallo Shema' Jisra'el. Questa antologia ne raccoglie i più significativi: dalla giustizia alla preghiera, dall'idolatria all'imitatio Dei, dalla Terra d'Israele alla benedizione di Abramo." -
L' amore nell'ebraismo. Filosofia e spiritualità ebraiche
"Un'antica infamia e la sua persistenza, spesso tanto perentoria quanto frutto di ignoranza, ha consolidato una profonda diffidenza riguardo alla possibilità dell'ebraismo di aprirsi all'amore, a quello di Dio e a quello di tutti gli esseri"""" - iniziano così le lezioni di Catherine Chalier sull'amore nell'ebraismo. Teologi e filosofi cristiani hanno spesso minimizzato, perfino occultato, la dimensione dell'amore nell'ebraismo assimilandolo a un puro legalismo. Questa tesi impregna ancora le mentalità moderne, anche quelle ormai scisse dal cristianesimo. Questo libro tuttavia non è apologetico, ma si propone di analizzare il peso dell'amore nella filosofia e nella spiritualità ebraiche senza adattarsi al quadro teorico cristiano. I pensatori ebrei hanno infatti meditato autonomamente la complessità teologica, spirituale ed emozionale dell'amore. La scelta delle questioni affrontate deriva dal loro carattere imperioso di fronte alle estreme semplificazioni dei nostri giorni in materia di religione. I riferimenti a filosofi di periodi diversi e a grandi commentatori spirituali permette di proseguire il dialogo con loro e non chiuderlo. Non si tratta di elaborare una tesi definitiva sull'amore di Dio e del prossimo nell'ebraismo, ma di chiedersi cosa significa il suo incidere, il suo centro, per coloro che desiderano darne testimonianza." -
Le corone della Torà. Logica e Midrash nell'ermeneutica ebraica
L'interpretazione dei testi è il cuore del giudaismo e lo studio in ebraico della Torà scritta e orale è uno dei suoi precetti fondamentali. Ma interpretare è un'arte sviluppatasi sulla base di regole precise che fissano dei limiti logici e insieme potenziano la fantasia dei maestri di Israele. In questi dodici capitoli si esplorano tali middot o norme ermeneutiche, la dialettica tra senso letterale e approccio midrashico, gli sviluppi dell'esegesi rabbinica soprattutto in età medievale, i dibattiti sul valore delle aggadot nella prima modernità e, infine, i diverbi tra ortodossia e riforma sul posto da assegnare al metodo storico-critico nella lettura dei testi sacri: Torà, Talmud, Zohar... Ma idee e prassi dell'interpretazione si applicano anche al mondo dei sogni, all'elaborazione della memoria e alla vasta produzione poetica e letteraria, rifiorita in ebraico nel corso del Novecento, in particolare nella società israeliana. Questo percorso mostra come, da sempre e mai come oggi, il giudaismo sia una interpreting tradition nel solco di una lunga storia che combina rigore e innovazione. Secondo il Midrash, Dio stesso, tracciando corone sulle lettere della Torà, ha cominciato questa storia. -
Il cortile del mondo. Nuove storie dal Ghetto di Venezia
Tutti i ghetti del mondo prendono il nome dal Ghetto di Venezia, che dopo la sua creazione nel 1516 divenne luogo di segregazione ma anche vivacissimo centro culturale ebraico e interculturale. Dopo l'abbattimento delle sue porte a fine '700, questo piccolo angolo della città lagunare venne trascurato dai grandi scrittori, da Proust a Brodskij, da Mann a James, che forgiarono il mito letterario di Venezia. Mezzo millennio dopo la fondazione, diciotto scrittori di diversi paesi, lingue, identità, religioni giungono a Venezia per rivisitare il Ghetto originario e confrontarlo, in saggi e racconti che rappresentano sorprendenti prospettive su questo «cortile» veneziano aperto sul mondo. Con i contributi di: Marjorie Agosín, David Albahari, Molly Antopol, Shaul Bassi, Murray Baumgarten, Sara Civai, Lucio De Capitani, Anita Desai, Edmund de Waal, Laura Forti, Stanley Gazemba, Howard Jacobson, Motti Lerner, Daniel Mendelsohn, Andrea Most, Caryl Phillips, Doron Rabinovici, Igiaba Scego, Ronnie Scharfman, Clive Sinclair, Agata Tuszynska, Arnold Zable. -
Un cuore da campione. Storia di Ludwig Guttmann, inventore delle Paralimpiadi
Ludwig Guttmann voleva essere un neurologo, curare le lesioni spinali, aiutare gli altri. Ma nel 1938, dopo la Notte dei cristalli, capì che la situazione degli ebrei in Germania stava rapidamente precipitando: essere uno dei medici più stimati del paese non avrebbe salvato lui e la sua famiglia dalla deportazione. Raggiunse così l'Inghilterra, e qui avviò una rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre l'approccio alla paraplegia. A Stoke Mandeville, l'ospedale che iniziò a dirigere nel 1944 nel Berkshire, i feriti di guerra non avrebbero incontrato né avversione né commiserazione. Questi giovani - perlopiù piloti della RAF impegnati a difendere l'Europa dalla minaccia nazista - erano «il meglio degli uomini» e non meritavano di marcire in un letto. Alla disperazione e ai sedativi, Guttmann preferì l'attività sportiva, l'aria fresca, la gioia dei rapporti umani. Ragazzi che la guerra aveva drammaticamente segnato tornavano alla vita grazie all'entusiasmo di una sana competizione. L'anno della svolta fu il 1960, quando grazie al medico italiano Antonio Maglio i «Giochi di Stoke Mandeville» approdarono a Roma, in occasione della XVII Olimpiade. Nacquero così le gare paralimpiche. Un cuore da campione non racconta solo la vita di un personaggio straordinario fortunosamente scampato alla Shoah, celebra anche un'avventura coraggiosa che ha cambiato in profondità il nostro modo di intendere lo sport, il corpo e i rapporti umani. Una rivoluzione che oggi sopravvive nella determinazione di tutti gli atleti paralimpici, nel grido di gioia di Bebe Vio e nella forza indomita di Alex Zanardi. Una rivoluzione iniziata con una palla medica lanciata da un letto all'altro, in un ospedale sperduto nella campagna inglese, e giunta infine sul podio olimpico con un oro al collo. -
Fedeltà e tradimento
«Il dilemma tra fede e umanesimo, tradizione e modernità, le domande su Dio e Shoah, Chaim Grade, il più autentico scrittore yiddish» – Susanna Nirenstein, RobinsonFedeltà e tradimento comprende due racconti accomunati dallo stesso tema e percorsi dalla medesima tensione: il conflitto tra sacro e profano, tra tradizione e modernità, tra visione religiosa e visione laica del mondo. Nel ""Giuramento"""" la devozione di rabbi Avraham Abba Zelikman e la rettitudine di Bat Sheva - figura femminile indimenticabile - si scontrano con la voglia di ribellione di Gavriel e Asne Rapoport, due giovani irrequieti che il padre avrebbe voluto, in punto di morte, legare saldamente all'ebraismo più ortodosso.In """"La mia contesa con Hersh Rasseyner"""", la stessa intensità lacerante torna, più intima e profonda, ad animare l'incontro tra un intellettuale ebreo, conquistato dalla cultura europea e divenuto scrittore di «testi da miscredente in rima», e l'amiconemico di una vita, reb Hersh, pio e intransigente studioso di Torà. Proprio in questo contrasto tra due diversi tipi di conoscenza, tra due diversi modi di vivere l'ebraismo, sta tutta la ricchezza e la dinamicità dei racconti di Grade. Che sia in uno shtetl lituano, dove è ambientato """"Il giuramento"""", o nella cosmopolita Parigi del dopoguerra, come nel secondo racconto, le domande sembrano essere sempre le stesse: bisogna essere rispettosi custodi della Legge, del sapere che giunge a noi dal passato, o possiamo permetterci il lusso di trasgredire e riscrivere così il nostro destino? E, alla fine, quale decisione avrà il prezzo più alto? La fedeltà o il tradimento?"" -
La parola a loro. Dialoghi e testi teatrali su razzismo, deportazioni e Shoah
«Leggere queste pagine, o magari recitarle, parlo da attrice, aiuta a far rivivere situazioni e volti. La parola a loro è una specie di vaccino (termine di cui abbiamo di nuovo imparato a comprendere l'insostituibilità) contro le discriminazioni e le intolleranze ancora purtroppo presenti nel nostro mondo» (dalla prefazione di Ottavia Piccolo). L'epoca dei testimoni diretti della Shoah volge al termine, con essa non si conclude però il tempo della memoria. Come scrive Gadi Luzzatto Voghera nella postfazione, la Shoah rimane un passaggio fondamentale perché ha messo a nudo la natura umana. La sua memoria riguarda, quindi, il nostro presente e il nostro futuro e non solo il nostro passato. Il libro, corredato da ricche note didattiche, affronta un ampio ventaglio di argomenti: si va da grandi temi di natura etica e politica al ruolo svolto da alcune indimenticabili figure femminili, dalle vicende di bambini e ragazzi ebrei e non ebrei alla testimonianza di armeni e rom; si prendono in considerazione altre forme di deportazione, ivi compresa quella che vide protagonisti gli Internati Militari Italiani (Imi). Si ripropongono storie di solidarietà e altre di segno opposto, si sviluppano prospettive legate all'educazione, al racconto e all'arte. Sono tutte vie per far «rivivere situazioni e volti». -
La mia Torah. Devarìm. Deuteronomio
Anche in questo volume, come nei precedenti quattro (Bereshit, Shemot, Vaiqrà, Bemidbar) il libro propone a bambini e ragazzi, la lettura del testo biblico, con un riadattamento rigorosamente fedele all’originale, affiancata da note, chiarimenti e glosse, nonché testi di letteratura midrashica e commenti dei saggi, per offrire chiavi di lettura variegate, strumenti di approfondimento e di comprensione. Al termine di ogni parashàh sono proposti giochi, quiz, attività perché i giovani lettori si sentano protagonisti della materia.Quinto ed ultimo libro della Toràh, chiamato anche Mishnè Toràh, ripetizione della Legge. È un libro diverso dagli altri poiché è il grande profeta Moshè a rivolgersi al popolo in prima persona. Dopo i quaranta lunghi anni di peregrinazione nel deserto, quasi tutti gli ebrei usciti dalla schiavitù d’Egitto non ci sono più e Moshè stesso, come preannunciato dall’Eterno, non arriverà alla Terra Promessa, lasciando la guida a Yehoshua’. Prima di accomiatarsi dal suo popolo, ribadisce e raccomanda ai figli d’Israele tutte le leggi da rispettare ed i comportamenti corretti da condurre, con l’attenzione, la cura ed il soccorso ai più deboli, l’equità da parte dei giudici, il rifiuto totale dalle pratiche di idolatria. Il libro si conclude con l’ordine dell’Eterno a Moshè di insegnare ai figli di Israele una cantica, bellissima, da ricordare di generazione in generazione. Terminata la recitazione di questa cantica e salito sul Monte «Avarim, Moshè, secondo l’ordine dell’Eterno, vedrà dall’alto la magnificenza della Terra d’Israele, benedirà nuovamente il popolo e, all’età di 120 anni, morirà lasciando il comando a Yehoshua». «Ma non sorse mai profeta come Moshè, col quale l’Eterno aveva parlato faccia a faccia, per tutti i prodigi e i miracoli che l’Eterno lo incaricò di compiere in Egitto e al Faraone… e per tutte le cose grandi e terribili che Moshè operò di fronte a tutto Israele». (Devarìm 34, 10-12). Età di lettura: da 9 anni. -
Un grido vero. Riflessioni su Primo Levi
"De Angelis non si appaga di ricostruzioni di maniera, di biografie stereotipate, contesta i giudizi correnti, propone visioni alternative a tesi consolidatesi nel tempo. Di qui il fascino dei saggi qui raccolti, che partono proprio dalla rivisitazione del luogo comune sullo scrittore illuminista e loico, insensibile ai richiami dell'irrazionale. Molte di queste certezze si sono negli ultimi tempi incrinate, le pagine di De Angelis contribuiranno a insinuare dubbi a coloro che inseguono il mito della chiarezza, della reticenza, della moderazione, dell'equilibrio... Il ritratto che emerge dalla lettura di questo studio è un ritratto sfumato, che riporta in superficie le inquietudini, le incertezze, finanche la fragilità di uno scrittore che sfidava il silenzio, osava tentare, a dispetto delle autodichiarazioni pubbliche, la strada del grido, dell'urlo."""" (dalla Prefazione di A. Cavaglion)" -
L' ebreo in bilico. I conti con la memoria fra Shoah e antisemitismo
«Si può scrivere per la fama, e si può scrivere per l'Arte. Si può scrivere per la scienza o per dar voce allo spirito. Si scrive per affermare di esistere o per un bisogno istintivo di comunicare. Ogni scrittura ha un suo motivo, e in ogni scrittura c'è dell'autobiografia, di contenuti o di stile. Ma si può scrivere anche a nome di qualcun altro, per rispondere all'aspettativa di chi mai ha avuto l'ardire di esprimersi, per appagare un bisogno da anni represso, per rispondere con imperdonabile ritardo alla frustrazione di coloro ai quali la storia non ha dato una voce. O hanno scelto loro sponte di non avere una voce, per pudore, per codardia, per non rinnovare il dolore, o per semplice umana vergogna. Si può scrivere, allora, per giustificarsi, a sé e agli altri, e per saldare un debito con la propria storia, con la propria ascendenza, con la memoria dei propri cari, e con la propria coscienza». -
Alla fine lui muore
C'è qualcosa che non va, in Duccio Contini. È così giovane e già passa le serate chiuso in casa a mangiare semolino e sorseggiare tisane con un plaid sulle ginocchia. E pensare che fino a poco tempo fa era un promettente scrittore di successo. Allora perché adesso se ne va in giro per Roma con un carrellino per la spesa? Perché trascorre intere giornate davanti alle transenne di un cantiere o tra gli scaffali della farmacia su viale Trastevere? È forse possibile diventare vecchi a trent'anni?! Dopo il dissacrante ""Olocaustico"""", Alberto Caviglia torna a giocare con la realtà in un nuovo romanzo dall'ironia spiazzante. """"Alla fine lui muore"""" è una favola metropolitana, comica e amara, che manda in cortocircuito aspettative e stereotipi dei nostri tempi per trasformarsi in una satira surreale che punge e diverte."" -
Fra storia e memoria. Una famiglia ebraica triestina dal 1938 al secondo dopoguerra
Una storia familiare originata da un carteggio, da appunti ritrovati, da memorie, da ricerche. Gli eventi accaduti nelle terre del confine orientale, così poco conosciuti, le tappe della discriminazione e della persecuzione scatenate contro gli ebrei, con picchi di estrema violenza, costituiscono il punto di partenza per il racconto delle vite dei membri della famiglia Levi, genitori e sei figli, nel periodo più buio che va dalla promulgazione delle leggi razziali al secondo dopoguerra. Le storie individuali nel loro dipanarsi divengono tasselli importanti per approfondire la comprensione di un passato non ancora del tutto analizzato. Dall'evento tragico che ha per protagonista il padre, Alberto Levi, deportato e ucciso ad Auschwitz, alle incessanti ricerche della madre, alle storie diverse e avventurose dei vari figli. Due di loro compiono la dolorosa scelta di lasciare Trieste e l'Italia stessa. I loro orizzonti si apriranno su fronti più ampi, seppur sofferti. Il prezioso carteggio fra i due fratelli tocca un dilemma che ha coinvolto tutta quella generazione: restare e combattere nella terra natale, per realizzare un mondo libero e giusto, o partire per dare vita a una nuova patria in Palestina, dove nessuno avrebbe più potuto perseguitarli. Mario, giovanissimo, diverrà uno dei fondatori del kibbutz di Sde Elyauh, in Palestina. Renato diverrà agente alleato per combattere il nemico nazista. A Firenze per cinque mesi sarà il radiotelegrafista di Radio CO.RA., emittente clandestina che manteneva i contatti fra la Resistenza e gli Alleati. Proprio sul ruolo di Renato, il ""Pomero"""", si riesce a fare luce, riabilitandone la memoria talvolta ingiustamente offuscata."" -
Jewish Lives Matter. Diritti umani e antisemitismo
Fiamma Nirenstein, da anni studiosa attenta dell'antisemitismo ed esperta della realtà mediorientale, svela i meccanismi più subdoli che sorreggono molti ragionamenti di chi, mentre per le strade invoca pace e giustizia, accusa Israele - e più in generale gli ebrei - di colonialismo, di violenza gratuita, di apartheid, e difende un'organizzazione fondamentalista come Hamas. Jewish Lives Matter è una sfida coraggiosa a quelle roccaforti ideologiche strenuamente sorvegliate da chi ""non farebbe male a una mosca"""" e usa le parole più belle: diritti umani, uguaglianza, libertà. Perché l'antisemitismo non è un oscuro monolite venerato da pochi idioti in camicia nera, ma una polvere sottile, impalpabile, che si insinua in tante riflessioni, in troppe conclusioni. Una polvere nociva che non risparmia il pensiero di nessuno, nemmeno quello di chi crede di essere dalla parte giusta della Storia.""