Sfoglia il Catalogo ibs019
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 701-720 di 10000 Articoli:
-
Il pensiero di Rol
Come nelle sue precedenti pubblicazioni su Gustavo Rol, Maria Luisa Giordano prende per mano le persone curiose e attente e le rende partecipi delle sue meravigliose esperienze. Ma se nei suoi testi precedenti l'autrice ha narrato episodi e condiviso le sensazioni intense e ineffabili provate in quel salotto in cui accadevano cose al tempo stesso vicenda concreta e avventura mirabolante, in questo libro la tessitura dei ricordi prende una tonalità che in precedenza aveva solo sfiorato: quella delle parole che lo stesso Rol ha pronunciato per lei o in sua presenza, e dei pensieri che quell'uomo non comune ha voluto distillare ai privilegiati frequentatori della sua casa. Un'introduzione mai tentata a un corpus di riflessioni inclassificabile, prezioso, unico. Un'angolazione insolita per avvicinarsi ancora di un passo, per quanto possibile, a una figura così enigmatica e inafferrabile. Prefazione di Bruno Quaranta. -
Storie sospese. Sei scrittori contemporanei raccontano Nizza Monferrato
Durante la guerra, a Nizza Monferrato fu sfollato Umberto Eco dodicenne: lo possiamo immaginare seduto al «Bricco» che sogna leggendo Salgari. Sfollata a Nizza negli stessi anni era anche l'intera squadra di calcio del Torino, il futuro «Grande Torino», che lì si allenava lontana - ma mai abbastanza - dai bombardamenti. Spostandoci di qualche anno addietro e di pochissimo da Nizza Monferrato, a Incisa Scapaccino, ecco il monumento ai Caduti, e forse non molti sanno che lo scolpì la nicese Claudia Formica, scultrice di fama, e in tempi in cui non era affatto normale che una donna lavorasse di scalpello e martello. Ma, prima ancora, all'ombra del Campanòn, nacque anche certo Francesco, che vendeva verdure al mercato e pensava a un modo per conservarle: di cognome faceva Cirio, e in queste pagine scopriamo che aveva ascendenze molto alte... Le leggende intorno a Nizza Monferrato si mescolano con i fatti di quasi mille anni di storia. In ""Storie sospese"""", sei fra i maggiori e più originali scrittori contemporanei rendono omaggio con un loro racconto a questa piccola grande città, contraddistinta da una liaison tutta particolare con i libri: Nizza ha davvero pochi abitanti per la quantità di librerie che ospita. I racconti: Eleonora Sottili, La formica e la vittoria; Gianni Farinetti, Un misterioso triangolo; Laura Pariani, Al Bricco; Stefania Bertola, Francesco Cirio e gli dei dell'Olimpo; Giuseppe Culicchia, Il grande Torino a Nizza Monferrato; Nadia Terranova, Giusi e io - Una storia di libri."" -
L' amor a l'e nen polenta. Detti e proverbi sulla vita quotidiana nella tradizione popolare piemontese
Con ij barbis a-i na nass gnun, Dòp dél brut temp a-i ven él bel, Quand a nasso tuti bej, quand a meuiro tuti brav, Se ij giovo a sa-vèjsso e ij vej a podèjsso...: quasi sempre ironici e sentenziosi, a volte ovvi al limite della desolazione, ma veri, spietati e amari, i detti, i modi di dire, gli epiteti della tradizione piemontese aprono scorci su un mondo perduto. È un mondo pieno di sapere e di saperi, di storia, di perle di umorismo al limite del nonsense, (Mòrtuus est, mai pì birbotavit), spesso scorretto (Et ses pì fòl che la guèra 'd Libia) e in più direzioni (Tre fije e na mare, quatr diav per un pare). Questo mondo vive ancora in noi, è un bagaglio che - volenti o nolenti - ci segue: ecco perché è utile e soprattutto divertente aprirlo, esplorarlo, scoprire l'origine degli oggetti che contiene e anche, in un certo senso, con questi oggetti farci i conti. D'altronde, A-i é gnun autar sensa cros. Dopo il fortunato Scapa travaj che mi i rivo, Gian Vittorio Avon-do e Carlo «Carlin» Porta ci guidano alla scoperta dei detti e modi di dire piemontesi dedicati alla vita quotidiana. Lo fanno con la competenza degli storici e la leggerezza di chi parla a un amico di una cosa loro, e con il sentimento di chi ti risponderebbe, dopo le tue scuse, perché per sbadataggine o per fretta gli hai dato la mano guantata: «L'amor a passa N guant...». -
La tentazione di uccidere
La raffinata Ottilia viene a sapere per vie traverse che la sua amica Alma vuol stupire il bel mondo torinese assumendo un ritrattista di famiglia, come i nobili dell’Ottocento. Ottilia, allora, decide di anticipare Alma, corre all’Accademia di Belle Arti e affida l’incarico di ritrarre lei e i suoi famigliari al talentuoso Carlo Boeris, allievo del celebre incisore Publio Ghezzi. Trasforma per lui parte della serra del suo parco in atelier. L’artista si troverà ben presto al centro di una guerra giocata su più fronti tra Ottilia, suo marito Giorgio, le figlie Demetra e Ofelia e le blasonate guerriere dell’élite cittadina, impegnate in battaglie velenose per primati di scintillante mondanità. E sarà proprio lui, il funambolico Carlo Boeris, la prima vittima del conflitto totale, ucciso davanti alla tela, nella serra, con un colpo di martello. Lo strazio di Albino, il fratello gesuita di Carlo, e la rabbia di Ghezzi, il professore, innescheranno un finale d’inaspettata, turbinosa violenza. -
Il tango dei morti senza nome
Strano incarico quello che una signora dell’alta borghesia torinese affida a Perazzo: rintracciare le spoglie del padre, manager industriale sequestrato e ucciso più di quarant’anni prima a Buenos Aires da un gruppo terroristico. Un lavoro in apparenza privo di rischi: a chi può interessare una vecchia vicenda dei sanguinosi anni Settanta? Invece Perazzo si accorge che qualcuno, pur di fermarlo, non esita a scatenargli contro una banda di narcos colombiani. Perché? Per quale motivo uno spezzone corrotto della polizia federale vuole impedirgli d’investigare su un vecchio delitto politico? Per scoprirlo e salvare la pelle, Hector chiede aiuto a un ex agente coinvolto nelle violenze della dittatura militare, a un flemmatico intellettuale che si è lasciato alle spalle la guerriglia marxista, a un’ambiziosa giornalista di «nera» e a una sensuale ballerina di tango. Capirà a sue spese che in Argentina, come nella Torino in cui ormai ha scelto di vivere, le ferite degli anni di piombo non si sono ancora del tutto rimarginate... -
Il profeta. Testo inglese a fronte
L'opera è una riflessione sulla vita e sull'umanità, sulla sacralità dei gesti quotidiani e degli eventi che fanno parte dell'esperienza di ognuno, sulla crescita spirituale dell'essere umano. La sua struttura narrativa è molto semplice: si tratta di una serie di sermoni lirici e solenni ispirati alla Bibbia e alle tradizioni spirituali del Vicino Oriente. -
Questo non è una pipa
Suggestiva e amabilmente bizzarra, irrazionale e un po' accademica, tutto sommato facile e tradizionale: così è apparsa il più sovente l'opera di Magritte a gran parte del pubblico e della critica. Per dissipare questi equivoci occorreva un estimatore d'eccezione come Michel Foucault, che in questo studio penetrante e articolato mette in luce con puntualità e chiarezza tutte le implicazioni figurative e filosofiche di una ricerca artistica tra le più importanti del secolo. Dopo avere mostrato le forti analogie che legano l'opera magrittiana a quelle, solo in apparenza lontane e più radicali, di Klee e di Kandinskij, l'autore di ""Le parole e le cose"""" ci rivela la rottura decisiva compiuta dal pittore belga nei confronti di una tradizione plurisecolare. Il principio cardinale della pittura classica stabiliva un legame indissolubile tra verosimiglianza e rappresentazione, tra segno e cosa, secondo il dogma assoluto che """" dipingere è affermare """"; tutta l'opera di Magritte - di cui """"Questo non è una pipa"""", qui analizzato in dettaglio, è un esempio tra i più probanti - costituisce un ribaltamento di quel principio, una sorta di liberazione della pittura dalla dittatura del verosimile e di una supposta realtà oggettiva di cui l'opera sarebbe supina imitazione."" -
L'occhio e lo spirito
"'L'Occhio e lo Spirito' è l'ultimo scritto che Merleau-Ponty poté portare a termine. André Chastel gli aveva chiesto un contributo per il primo numero di """"Art de France"""". Egli ne fece un saggio, al quale consacrò la gran parte dell'estate nell'anno (1960) che doveva essere quello delle sue ultime vacanze. Stabilitosi, per due o tre mesi, nella campagna provenzale, Merleau-Ponty reinterroga la visione, e al tempo stesso la pittura. O piuttosto, egli la interroga quasi fosse la prima volta, come se tutte le sue opere precedenti non pesassero sul suo pensiero, ovvero pesassero troppo, in modo tale che egli dovette dimenticarle per riconquistare la pienezza dell'incantamento."""" (dalla prefazione di Claude Lefort)" -
La mia fanciullezza con Gurdjieff
"Ecco un libro assolutamente delizioso. Non solo rievoca aneddoti pieni di spirito, ma è anche colmo di saggezza, la saggezza della vita. Il libro è egualmente ammirabile per la singolarità dell'incontro fra un ragazzino, Fritz Peters, e un essere straordinario. Si deve infatti tener sempre presente che, quando la madre lo affidò a Gurdjieff, che dirigeva allora l'Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo, a Fontainebleau, il bambino ignorava tutto della personalità del suo interlocutore e di quello che egli poteva rappresentare. Ad apertura di libro, si viene immediatamente sedotti da queste due nature così profondamente diverse, e si avverte come tutto, qui, sia molto lontano dalla banalità dei ricordi d'infanzia."""" (Henry Miller)" -
Lezioni spirituali per giovani samurai e altri scritti
Sono qui riuniti, per la prima volta in un libro, cinque testi non narrativi che Mishima scrisse tra il 1968 e il 1970: anni decisivi non soltanto per il grande scrittore, ma per la nuova generazione giapponese dell'epoca. Attraverso questi scritti di eccezionale importanza testimoniale, il lettore ha dunque modo di conoscere il senso profondo delle trasformazioni sociali avvenute in quegli anni in Giappone, e anche il significato simbolico e sacrificale del suicidio con cui Mishima chiuse la propria vita. Due temi maggiori percorrono e legano gli scritti qui raccolti: quello della sfiducia nell'attività artistica e quello, contrapposto, dell'azione. Ma se ""Lezioni spirituali per giovani samurai"""", il testo del '68 che apre il volume, è ancora una proposta pedagogica, dunque discretamente ottimistica, fondata su una tradizione di valori plurisecolari, """"I miei ultimi venticinque anni"""", scritto nel '70 (il cui tono ricorda da vicino l'ultimo Pasolini), ne è l'abiura finale."" -
Lo spirituale nell'arte
"Nell'agosto del 1910, a Murnau in Baviera, Wassily Kandinsky termina uno degli scritti più singolari del secolo. Si intitola """"Lo spirituale nell'arte"""". Non è una dichiarazione di poetica, non è un trattato di estetica, non è un manuale di tecnica pittorica. È un libro di profezie laiche, in cui misticismo e filosofia dell'arte, meditazioni metafisiche e segreti artigianali si sovrappongono e si confondono, nel presentimento di un'arte nuova. L'aurora della pittura, che Kandinsky crede di annunciare, si riverbera anche sulle sue pagine, che ci appaiono insieme incerte e perentorie, divise tra ombra e chiarore."""" (Dalla postfazione di Elena Pontiggia)" -
Le due fonti della morale e della religione
Nella prefazione all'opera, Bergson scrive: ""Il ricordo del frutto proibito è quello che c'è di più antico nella memoria di ciascuno di noi, come in quella dell'intera umanità. Noi ce ne accorgeremmo, se questo ricordo non fosse ricoperto da altri, ai quali preferiamo riportarci. Gioiosa sarebbe in realtà una vita senza divieti, diffusa nel mondo da un'intuizione mistica; gioiosa anche quella che portasse a una visione dell'aldilà in virtù di un'esperienza scientifica che assumerebbe allora i caratteri di una nuova religione. In mancanza di una riforma morale così completa bisognerà ricorrere a espedienti. Ma una decisione si impone""""."" -
Memorie
"Nel febbraio del '46 ebbi un attacco di cuore. Per alcuni mesi, per la prima volta, fui bruscamente imbrigliato. Inchiodato a un letto e a un regime da infermo. La circolazione del sangue batteva fiacca. I pensieri procedevano a rilento. Dinanzi a me, vari mesi di un ambiente irrimediabilmente uguale. Mi sentivo perfino contento. Pensavo che finalmente mi sarei guardato attorno, avrei meditato e cambiato le mie idee. E avrei capito tutto su me stesso. Sulla vita. Sui quarantotto anni vissuti. Dirò subito che non capii nulla. Né sulla vita. Né su me stesso. Né sui quarantotto anni vissuti. Nulla, tranne forse una cosa. Che la vita l'avevo percorsa al galoppo. Senza voltarmi a guardare indietro. Come una serie di trasbordi da un treno all'altro. Come una corsa per prendere un treno, dopo essere sceso dall'altro. Con l'attenzione incessantemente rivolta alla lancetta dei secondi. Arrivare a tempo in un posto. Non arrivare troppo tardi in un altro. Far presto qui. Riuscire a svignarsela di là. Come dal finestrino di un treno, sfrecciano via brandelli d'infanzia, scampoli di gioventù, momenti di maturità. Vividi, rutilanti, vorticosi, policromi. E d'un tratto una sensazione orribile. Che non si è afferrato niente. Lo si è solo sfigurato. Mai bevuto sino in fondo. Di rado s'è inghiottito qualcosa, ma senza gustarlo """"." -
Diario di un genio
"Dalla Rivoluzione francese si è sviluppata la viziosa tendenza rincretinente a pensare che i geni (a parte la loro opera) siano degli esseri umani più o meno simili in tutto al resto dei comuni mortali. Ciò è falso. E se ciò è falso per me che sono, nella nostra epoca, il genio dalla spiritualità più vasta, un vero genio moderno, è ancora più falso per i geni che incarnarono l'apogeo del Rinascimento, come Raffaello genio quasi divino. Questo libro testimonierà che la vita quotidiana di un genio, il suo sonno, la sua digestione, le sue estasi, le sue unghie, i suoi raffreddori, il suo sangue, la sua vita e la sua morte sono essenzialmente differenti da quelli della restante umanità."""" (Salvador Dalì)" -
Il libro di Giobbe. Testo latino a fronte
"Rispondendo a Dio, disse Giobbe: """"So che puoi tutto, e che nessun pensiero ti è nascosto. Chi v'è, che privo di sapienza trascura il tuo consiglio? E certo io ho parlato malamente, e di cose troppo più grandi del mio sapere. Ascoltami, e parlerò; ti interrogherò, rispondimi. Ti udii già con l'orecchio, ora ti ho visto con gli occhi; per questo mi riprendo, e fo penitenza sulla brace e sulla cenere""""""""." -
Una stanza chiusa a chiave
"Il mondo di Kazuo crollava, i significati si disperdevano. Rimaneva soltanto la carne"""". Lacerare, possedere la tenera carne di una bambina di nove anni in una camera chiusa a chiave, silenziosa e segreta come la tomba in cui si estenuavano nelle voluttà gli incestuosi fratelli di """"Le mille e una notte"""": è l'estrema trasgressione che il caotico, edonistico Giappone del dopoguerra pareva consentire al giovane protagonista del racconto. Figura che, nella feroce analisi della società moderna, nell'orrore per la vecchiaia e nell'attrazione per la morte, rispecchia nitidamente l'animo di Mishima, come egli stesso accenna: """"Ho tratto spunto dal mio diario scritto quando, appena uscito dall'università, lavoravo al ministero degli affari interni. Basandomi su tali appunti ho introdotto nel racconto accenni alla situazione politica ed economica di quei tempi, ma, ovviamente, la vicenda narrata è immaginaria e il prospettato progredire di un'inflazione catastrofica è metafora dello sviluppo di un'analoga catastrofe spirituale""""." -
Della seduzione
La seduzione è sempre all'erta, pronta a distruggere ogni ordine divino, foss'anche quello della produzione o del desiderio. Per tutte le ortodossie la seduzione continua a rappresentare il maleficio e l'artificio, una magia nera che perverte tutte le verità, una congiura di segni, un'esaltazione dei segni nella loro utilizzazione malefica. Ogni discorso è minacciato da questa improvvisa reversibilità o assorbimento nei propri segni, senza traccia di senso. È per questo che tutte le discipline, il cui assioma sia costituito dalla coerenza e dalla finalità del proprio discorso, non possono che esorcizzarla. Ed è qui che seduzione e femminilità si confondono, si sono sempre confuse. -
La voce degli spiriti eroici
La voce degli spiriti eroici, pubblicato nel giugno del 1966 come opera conclusiva di una trilogia (comprendente inoltre il racconto Patriottismo e il dramma Crisantemi del decimo giorno), è il resoconto di un drammatico rito a cui Mishima partecipò e in cui vennero evocati gli spiriti irati dei protagonisti di due degli eventi della recente storia giapponese che più profondamente impressionarono e influenzarono la vita e le opere di Mishima: la fallita rivolta dei giovani ufficiali che il 26 febbraio 1936 tentarono un colpo di stato per restaurare il potere assoluto dell'imperatore e l'epopea dei piloti kamikaze nella Seconda guerra mondiale. ""L'assoluta purezza, l'ardimento, il sacrificio di questi giovani,"""" scrisse Mishima """"tutto corrispondeva al modello leggendario dell'eroe, e il loro fallimento e la loro morte li trasformavano in autentici eroi"""". """"La voce degli spiriti eroici"""" è un racconto sconvolgente, che contribuisce in modo decisivo a illuminare il senso del tragico gesto con cui Mishima si tolse arditamente la vita il 25 novembre 1970."" -
Corso di filosofia in sei ore e un quarto
Non è una leggenda. Sembra proprio che la passione per la filosofia e il ""Corso di filosofia in sei ore e un quarto"""" abbiano salvato Witold Gombrowicz dal suicidio. Nel 1969. a Vence-en-Provence, devastato da una malattia ai polmoni che lo tormentava fin dall'adolescenza, lo scrittore polacco chiedeva con insistenza agli amici Konstanty A. Jeleriski e Dominique de Roux di procurargli una pistola o del veleno. Queste lezioni furono tenute nei mesi di aprile e maggio 1969 alla moglie Rita Labrousse e allo stesso Dominique de Roux, che """"aveva capito"""" conferma la moglie dello scrittore """"che soltanto la filosofia, in quel momento di decadenza fisica, aveva il potere di mobilitare il suo spirito"""". Il """"Corso di filosofia in sei ore e un quarto"""" risulta così una rivisitazione personalissima dei pensatori che hanno dato vita alla filosofia del nostro secolo, ed è la chiave per rileggere l'intera opera narrativa, teatrale, diaristica di Gombrowicz. La filosofia infatti fu la sua passione dominante: """"realmente amava parlare soltanto di filosofia"""" ricorda il poeta Czeslaw Milosz. Quello di Gombrowicz è uno stile di pensiero non sistematico, fatto di fulminee illuminazioni, di intuizioni appena tematizzate, sempre legate alla concretezza della vita, alla condizione disperante dell'uomo. Lo scrittore polacco rivendica un sapere specifico: il sapere del molteplice, e del contraddittorio, irriducibile a una dimensione filosofica in senso accademico, a un sistema compiuto."" -
Quaderno d'appunti
Pensieri, folgoranti aforismi, abbozzi di racconti mai più elaborati sono raccolti in questo ""Quaderno di appunti"""", pubblicato postumo, e limpidamente tradotto da Elsa Morante. La breve vita di Katherine Mansfield vi si illumina di tonalità nuove, in particolare per i suoi ultimi anni, quando la sua ricerca di una verità oltre la letteratura la porta a mettersi in discussione, a confrontarsi drammaticamente con la vita. Il paragone con la sua grande contemporanea, Virginia Woolf, è obbligato: """"Strane le sorti di queste due grandi scrittrici"""" scrive Emilio Cecchi. """"E la sorte più buia, indecifrabile, non è quella della Woolf, piena d'immagini e di sogni, benché minacciata e visitata dalla demenza; ma della Mansfield, tesa e vibrante come acciaio, nella spietata ricerca della realtà, della verità, che la induceva a cieca crudeltà verso se stessa"""".""