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Tornare dal bosco
Il bosco è il bosco, la montagna è la montagna, il paese è il paese e la maestra Silvia è la maestra Silvia, ma è scomparsa. In una piccola comunità agitata dal vento della Storia che investe tutta l’Italia all’inizio degli anni Settanta, Silvia, la maestra, esce di casa una mattina e invece di andare a scuola entra nel bosco. Il motivo, o forse il movente, è la morte di una sua alunna. Non la morte: il suicidio. La comunità la cerca, ma teme che sia troppo tardi, per trovarla o per salvarla, e in qualche modo che queste due morti siano una maledizione. Il paese è di montagna e le paure e i sentimenti, che pure non possono essere negati, non possono nemmeno essere nominati. Teme il paese il contagio di una violenza tutta umana e mai sopita, una violenza che dopo due guerre mondiali si è trasfusa in una guerra civile, politica. La maestra però non si trova e il paese, per continuare a vivere e convivere con il lutto e l’incertezza, si distoglie. In questa distrazione, Martino, il bambino che non è nato nel paese e nemmeno è stato accolto, tagliando per il bosco incrocia un capanno abbandonato, e nel capanno, color della muffa e dorata come il cappello di un fungo, sta la maestra. Il bambino non dice di averla trovata, e la maestra non parla. Ma il bambino torna e la maestra, in fondo, lo aspetta. A partire da fatti reali e racconti di famiglia, articoli di giornali, dicerie e mitologie, Maddalena Vaglio Tanet racconta una storia di possibilità e di fantasmi, di esseri viventi che inciampano in vicende più grandi di loro, e di bambini dei quali – come scriveva Simona Vinci, al suo esordio – non si sa niente, se non che sono gli unici a conoscere quanta realtà ci sia nelle fiabe, quanto amore stia nella paura, e quante sorprese restino acquattate nel bosco.Proposto da Lia Levi al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:rn«La storia narrata è ambientata in un paesino di montagna certo più aspro che confortevole. Un giorno la tragedia: Giovanna, una scolara di undici anni si è suicidata e Silvia, la sua maestra, è sparita senza lasciare tracce. Tutto il paese si affanna alla sua ricerca ma senza risultato. La troverà per caso Martino un bambino di città trasferito a forza, per motivi di salute, in quella zona montana. Silvia, accucciata in un capanno abbandonato nel cuore del bosco, muta, stracciata, è ridiventata creatura della terra allo stato primigenio. Sarà Martino a portarle acqua, cibo e a riuscire a farla di nuovo parlare mantenendo la promessa di non rivelare a nessuno il suo nascondiglio.rnAlla fine della vicenda tutto si scioglierà in un finale che, però, non risolverà del tutto i tratti misteriosi di certi inestricabili comportamenti umani. Ma l’elemento che per me è risultato vincente è stata la doppia sfaccettatura dello stile letterario con cui la Vaglio si rivela. Da un lato un linguaggio sfumato con punte di... -
L' uomo che amava le donne
"L'uomo che amava le donne è la sceneggiatura, scritta dal regista in forma di romanzo, del film con lo stesso titolo girato nel 1977. È la storia di Bertrand Morane, ingegnere di Montpellier ma soprattutto cacciatore di femmine. Bertrand non è uno svagato play-boy; è piuttosto un inquieto Don Giovanni nel senso che l'intensa emozione che gli procura ogni nuova donna nasce dalla promessa di un piacere che svanisce con la conquista."""" (Daniela Pasti)." -
Arianna
Arianna e la sorella Fedra, principesse di Creta e figlie del temuto re Minosse, crescono ascoltando riecheggiare il rumore degli zoccoli del fratello, il Minotauro, nel labirinto costruito sotto il palazzo. Ogni anno, quattordici giovani ateniesi vengono sacrificati per placare la fame del mostro. Quando il principe Teseo giunge a Creta per immolarsi alla creatura, Arianna si perde nei suoi occhi verdi e se ne innamora follemente.rnMa aiutarlo a scappare dal labirinto significherebbe tradire la famiglia e il regno, e la ragazza conosce fin troppo bene le implicazioni di un gesto simile. Assillata dai dubbi ma determinata a farsi valere, Arianna prenderàrnuna decisione che ribalterà tanto la sua sorte quanto il destino di Fedra. Entrambe dovranno affrontare le conseguenze di una scelta coraggiosa e sovversiva, che le spingerà a mettere in discussione il proprio ruolo inrnquanto figlie, mogli e madri in un mondo in cui le donne non sono altro che pedine su una scacchiera dominata dagli uomini e dagli dèi. -
Ci giudicheranno i bambini. Dall'azienda alla politica una via per l'Italia
«La generosità è raccontare quello che hai visto e vissuto affinché sia utile agli altri. Credo che, se hai avuto tanto, tu debba dare tanto». Avvezzo alle sfide in ogni campo, dopo una brillante carriera come imprenditore Luigi Brugnaro ha deciso di accettare la più ardua: guidare una delle città che più al mondo ha saputo interpretare un doppio ruolo, di cantiere per il futuro e depositaria di un passato maestoso ma a volte ingombrante. E proprio dal passato, in particolare dalle radici ben piantate nel suolo veneto, ha inizio il percorso che dagli studi alla facoltà di Architettura all'Iuav di Venezia lo ha condotto a creare alcune delle imprese di maggiore successo in Italia - tra cui il gruppo Umana, colosso del lavoro interinale - e a fondare un partito che fin dal nome ne rispecchia la leadership: Coraggio Italia. Stimolato dalle domande incalzanti di Stefano Lorenzetto, svela verità e retroscena della sua ascesa, racconta le difficoltà e le vette faticosamente raggiunte, come l'avventura con la Reyer, la storica squadra di basket veneziana, che ha riportato al successo trasformandola in un grande progetto civico e sociale. Apre scenari e prospettive sulle iniziative da attuare perché l'Italia «torni a fare l'Italia», propone idee e progetti perché la cultura dell'impegno e il forte spirito di servizio alla comunità che contraddistinguono le sue iniziative, e che oggi lo rendono un interlocutore fondamentale e un protagonista della vita politica del Paese, tornino a far parte del patrimonio che l'Italia trasmette ai propri figli, per superare le divisioni e offrire ai giovani un'alternativa concreta al vuoto attuale. -
Soggetti cinematografici mai realizzati
Presso l’Archivio Cesare Zavattini conservato alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia si trovano documenti relativi a circa duecentotrenta film scritti e firmati da Zavattini (anche come co-autore), tra i quali sono circa centosessanta i soggetti cinematografici mai realizzati, molti dei quali ancora inediti. Del lavoro incessante di Cesare Zavattini di stesura di soggetti e sceneggiature per il cinema (e a volte per la televisione) ci interessa mostrare l’officina delle scritture, anche nel loro divenire. Di fondo c’è una scommessa teorica: entrare nell’ecosistema Zavattini non dai testi più autorevoli, come le opere letterarie e poetiche, ma attraverso quelli più dimenticati e misteriosi, come i soggetti e i progetti per film non realizzati. Questo permette anche una rilettura della storia del cinema e della cultura attraverso i materiali d’archivio. -
Visto si stampi. I romanzi-film in Italia tra gli anni cinquanta e gli anni settanta
Tra gli anni cinquanta e gli anni settanta, veri e propri romanzi tratti da film circolano sugli scaffali delle librerie e delle edicole italiane. Il volume è dedicato a queste pubblicazioni e si interroga, in particolare, sulle tendenze industriali sottese alla diffusione di simili tipologie di novellizzazione. Basandosi su un lavoro d’archivio e adottando un approccio interdisciplinare che coniuga gli studi sull’industria cinematografica con i contributi sull’editoria, il libro offre un affondo sui “retroscena” dei romanzi-film. Rapporti, strategie e pratiche che, data l’esistenza di questi prodotti, in maniera più o meno estemporanea, prendono forma nello scenario cine-editoriale nazionale, rivelando un cinema più complesso di quanto siamo abituati a considerare. -
La natura sottomessa
Prona al volere dello spietato dominatore o grembo materno di cui l’essere umano non è che uno dei figli: qual è il vero volto della natura? E gli sconvolgimenti che stiamo vivendo rappresentano una seconda cacciata dal Paradiso o possono essere un’occasione per liberarci da ideologie e falsi miti che ci hanno condotti alla situazione attuale? Tra scienza e filosofia, Philipp Blom risale alle origini delle grandi narrazioni e creazioni artistiche che hanno modellato la nostra visione del mondo, mostrando come «ogni volta che distinguiamo tra cultura e natura, economia ed ecologia, ogni volta che la virtù sembra coincidere magicamente con il proprio tornaconto e i privilegi appaiono giustificabili è all’opera un pensiero di matrice teologica». Dalla convinzione che esistano gerarchie naturali sono scaturite infatti forme sempre nuove di sottomissione: dell’uomo sulla donna, di una nazione sulle altre, della cultura occidentale su immaginari e tradizioni differenti. Se gli illuministi hanno elevato il dominio a vocazione suprema del genere umano, tanto il capitalismo quanto il comunismo hanno dichiarato guerra alla natura, confondendo la sopraffazione con la ragion di Stato. -
Il mistero di Edwin Drood
Il mistero di Edwin Drood, l’ultimo incompiuto romanzo di Dickens, stupisce e disorienta, smentendo le aspettative di chi legge. Si alterano infatti i tratti distintivi dell’autore, e si svuotano di senso i temi esplorati nella sua lunga carriera. Londra, fin qui presenza ineludibile, perde la sua centralità; l’infanzia sopravvive solo come lontano ricordo; il Natale smarrisce lo spirito di condivisione, divenendo il tempo del disordine e del perturbamento. A Cloisterham, non più a Londra, si svolge l’azione: la città di provincia rasserenante e bonaria, e tuttavia greve di oscurità e segreti, in cui si reca Edwin Drood. Fa visita a Jasper, lo zio fine musicista e appassionato oppiomane, e incontra Rosa, in previsione del matrimonio ormai prossimo – frutto di un accordo dei padri defunti, non di una libera scelta dei due giovani. Ma Edwin scompare, senza che il romanzo incompiuto risponda alla domanda cruciale: allontanamento volontario o morte violenta? Eppure, lungi dallo scoraggiare la lettura, l’incompiutezza avvince e si carica di suggestioni, grazie alla sapienza di Dickens che dissemina indizi e stimola a indagare: a maggior ragione, di fronte a una scomparsa che snatura il Natale e infetta la benevolenza, portando il tempo della nascita sacra a coincidere con il tempo tetro del mistero. -
Memorie inutili
Le Memorie inutili ripercorrono la vita privata e pubblica dello scrittore, allora settantasettenne, dedicando molto spazio alla scena teatrale, e più in generale culturale, della Venezia settecentesca, tra le più importanti capitali europee del tempo. Il lungo resoconto autobiografico è in buona parte incentrato sulla controversa relazione amorosa dell’attrice Teodora Ricci, amica di Gozzi, con uno spregiudicato diplomatico, Pietro Antonio Gratarol, cui seguì nel 1777 uno scandalo pubblico – fuga, condanna a morte, esilio, pubblicazione di una Narrazione apologetica severa verso i suoi persecutori: istituzioni e patrizi veneziani, tra cui il “rivale in amore” – e vicissitudini varie che si prolungarono negli anni. Esso si svolge come un’accattivante ed estrosa contronarrazione letteraria, piena di personaggi e colpi di scena, sullo sfondo di una Venezia vivacissima. Sicché le Memorie inutili, scritte con stile arguto ed elegante e fine ironia, spesso velenosa, sono un libro originale e godibile anche per il lettore contemporaneo. Stesa una prima volta nel corso del 1780, ma bloccata dalla censura, l’autobiografia fu riscritta nel 1797, dopo il crollo della Serenissima e l’avvento dei francesi, quando il “caso Gratarol” tornò alla ribalta e divenne emblematico delle malefatte dell’antico regime. -
«Nei decreti di Venezia». Legge tragica e giurisprudenza comica in Shakespeare
Il titolo, traduzione di «in the decrees of Venice», proviene da Il mercante di Venezia e indica il terreno sul quale si muovono le due letture shakespeariane qui proposte, che riguardano questo testo e Otello: una commedia e una tragedia di ambientazione veneziana entrambe ispirate a novelle italiane, per le quali, nei rispettivi “lieto fine” e compimento tragico, si rivela il fondamento profondo dei due generi. Esso risiede, secondo la prospettiva di queste pagine, nel rapporto tra invenzione drammatica e sfera della legge e del diritto, ovvero nella contrapposizione di una “legge tragica” inesorabile, nel segno del destino, e di una “giurisprudenza comica”, che apre a un orizzonte di salvezza. L’autore riprende e approfondisce in rapporto a Shakespeare le tematiche del suo precedente volume L’incerto fine, liberando il testo da ipoteche di lettura tanto pesanti quanto sostanzialmente retrospettive. -
Il teatro del lusso. Tra storie, sfide e performance
Il lusso è un fenomeno antico legato alla storia delle culture e dei costumi, allo sviluppo dei sistemi economici e all’evoluzione del pensiero filosofico. Considerato a lungo fattore di corruzione e di disequilibri sociali, di instabilità politica e degrado morale, il lusso diventa, nell’età moderna, fattore decisivo e strategico del capitalismo e, nel contempo, oggetto di accese polemiche filosofiche circa l’utilità del superfluo e la sua giustificazione morale. Questo libro parte da un’analisi genealogica del concetto di lusso attraverso un dialogo con i molti autori che lo hanno analizzato per concentrarsi poi sull’esperienza del lusso nelle sue mutevoli pratiche e performance, ponendosi dal punto di vista dei grandi marchi – soprattutto della moda – che creano e maneggiano il lusso e soffermandosi in particolare sulla formazione dei “lavoratori” del lusso. -
Il cinema e l'oggetto perduto
L’oggetto perduto, concetto arcano e inafferrabile – causa e non oggetto del desiderio –, è presente in ognuno di noi sotto il segno della pura mancanza, una mancanza inconscia e inconsapevole per “non si sa cosa”, ed è originato dal rapporto del lattante con il seno materno e con il sorgere del «primo mitico godimento», da sempre perduto e mai ritrovato. Da Freud a Lacan, è l’oggetto centrale della teoria e della clinica psicoanalitica. Lucilla Albano ne ha qui percorso la raffigurazione in una ventina di film, in forme sempre originali e sorprendenti. In particolare, tale enigmatico concetto è evocato in queste opere per mezzo di grandi e a volte impossibili storie d’amore. L’oggetto perduto richiama a sé infiniti sostituti e quindi può essere rappresentato o suggerito mediante innumerevoli immagini e racconti, ispirando emozioni che commuovono spettatori e spettatrici, ma che non si è sempre in grado di definire o interpretare. Tra le opere analizzate: All’Ovest niente di nuovo, Il ponte di Waterloo, Prigionieri del passato, Duello a Berlino, Il posto delle fragole, Hiroshima mon amour, L’anno scorso a Marienbad, Persona, La donna del tenente francese, Il filo nascosto, Dolor y Gloria. -
Poesie
Enzo Mandruzzato (1924-2012) è stato un illustre traduttore di classici greci e latini (tra i quali Catullo, Marziale, Orazio, Pindaro, Fedro ed Esopo) e di Hölderlin. Insieme è stato un apprezzato divulgatore con opere fortunate sul piacere e i segreti della lingua latina e Omero. Nel 1990 ha pubblicato il suo primo romanzo, Quinto non ammazzare. Meno conosciuta è la sua produzione poetica, valorizzata da recensori come Mario Luzi e Andrea Zanzotto. Questo volume raccoglie tutte le sue poesie edite e una parte di quelle inedite a testimonianza di una vita dedicata alla parola poetica anche come autore. -
Carlo Kechler e il Friuli. Tra Risorgimento, Stato unitario e Italia liberale
Carlo Kechler nasce a Trieste e si trasferisce da giovane in Friuli, entrando a lavorare nel saponificio della famiglia Chiozza a Scodovacca. Viene notato dall’industriale Pietro Antivari, che lo porta con sé a Udine e lo impiega nella sua azienda tessile. Inizia così una carriera straordinaria. Diviene in breve tempo il procuratore e braccio destro di Antivari sino a rilevarne la filanda di Venzone; crea poi altri due opifici per la trattura della seta a San Martino di Codroipo e a Palmanova, e costruisce un filatoio a Ospedaletto: il suo conglomerato industriale diventa ben presto il più importante della provincia, con seta quotata sul mercato di Lione (unica seta friulana a ottenere questo risultato). Attraverso le sue iniziative in campo economico, politico e finanziario è possibile seguire la nascita e lo sviluppo del Friuli contemporaneo, cui Kechler ha conferito l’impronta e la fisionomia che ancora oggi lo connotano. -
Il diritto della regione (2023). Vol. 1
La rivista, nata nel 1983, ospita saggi di diritto costituzionale, regionale ed amministrativo, analisi economica del diritto, valutazione delle politiche pubbliche, con particolare attenzione ai temi del federalismo, dell’autonomia e del diritto amministrativo speciale; note sulla giurisprudenza, in particolare costituzionale, amministrativa e contabile, d’interesse regionale. Ha una specifica attenzione per l’ordinamento veneto e le prassi, in una dimensione di libertà attiva del cittadino. La rivista si rivolge precipuamente a funzionari della pubblica amministrazione regionale, locale e statale, studiosi e operatori in materie giuspubblicistiche (giudici, avvocati ecc.), cittadini interessati ai temi del regionalismo, delle autonomie e della pubblica amministrazione. -
Rivolti al monte. Studi sul «Purgatorio» dantesco
Venuto fuori dall’Inferno «a riveder le stelle», Dante s’incammina su per il monte del Purgatorio: ed è qui che deve congedarsi da Virgilio, ma ritrova Beatrice e accompagna alcuni amici e poeti durante il loro percorso di pentimento e di salvezza. Tra i regni dell’aldilà proprio questo sembra essere quello più caro al pellegrino, tanto che De Sanctis, con mirabile finezza critica, lo intese come «un cantuccio chiuso al mondo». Eppure, per quanto ricca di temi appassionanti, di personaggi seducenti, di caratteristiche strutturali, stilistiche e narrative di assoluta originalità, questa cantica rimane, nella pur smisurata bibliografia dantesca, quella che riceve minore attenzione. I saggi raccolti in questo volume affrontano perciò, con diversi approcci teorici e metodologici, questioni – letterarie, artistiche, teologiche, di ricezione estetica – irrisolte o che necessitavano di essere aggiornate. -
Il piede destro di Byron
Lontano dall’assedio dei turisti, in una soleggiata laguna di Venezia, Alessandro Nicoli durante una gita in barca con la sua morosa trova un’antica moneta d’oro vicino all’isola abbandonata di San Giacomo in Paludo. Per Nicoli, veneziano da sempre, ex giornalista e investigatore per caso, è l’inizio di un’indagine intricata che, tra fatti di cronaca e antichi enigmi, lo porterà a addentrarsi nelle calli e i canali più nascosti della Serenissima nel tentativo di capire cosa accomuni due omicidi senza un legame apparente, un frate esorcista che sostiene di avere inventato il Cronovisore – una macchina capace di superare le barriere del tempo –, l’Hypnerotomachia – un libro vecchio di secoli che racchiude i segreti dei sogni – e Lord Byron, il celebre poeta che abitò a lungo a Venezia fra licenze e scandali, la cui ombra inquieta aleggia sull’intera vicenda. -
I venti mesi che hanno cambiato l'Italia. Il mio diario di governo
L’esperienza del governo Draghi, da febbraio 2021 a ottobre 2022, è stata come un’opera di Frank Capra: un film del possibile, un inno al pragmatismo visionario, uno schiaffo alle miopie e agli egoismi, un sogno diventato realtà. In poco più di un anno e mezzo è stata scritta una nuova sceneggiatura per il Paese e per le prossime generazioni, uno spartito dal quale nessuno in futuro potrà prescindere.rnPerché l’esecutivo formato da Mario Draghi ha rappresentato una “rifondazione”, di metodo e di merito. Questo volume è la storia, personale ma anche collettiva, di questa rifondazione, raccontata attraverso le sue tappe principali: dallo “stato nascente” alla fine anticipata. Una storia inimmaginabile senza la convergenza con l’Europa, vero game changer di questa stagione di riforme e di investimenti. Al termine del suo mandato, il governo Draghi consegna al mondo, in un frangente difficilissimo segnato dalla guerra in Ucraina e dalla crisi dell’energia, un Paese che ha rispettato tutti gli impegni del Pnrr, e che è cresciuto del 6,7% nel 2021 e anche nel 2022 sarà tra i primi della classe per aumento del Pil e produzione industriale. Un Paese che sta attuando le riforme attese da decenni e che non ha mai fatto mancare il suo sostegno a cittadini e imprese, emergenza dopo emergenza. Un Paese più serio e più giusto. -
La modernità malintesa. Una controstoria dell’industria italiana
«Secolo breve», «epoca di speranze e tragedie», «età della fine delle ideologie». Sono tante le definizioni del Novecento nel terzo millennio, in quella geografia enigmatica e indecifrabile che è il postmoderno. Demonizzato o santificato, incolpato o assolto, ha impresso una svolta epocale a economia e politica, ha inciso nel tessuto culturale e sociale del nostro paese, infrangendo equilibri secolari, mandando in frantumi la linea di continuità tra passato e futuro. Fino al salto decisivo: il tramonto della civiltà contadina e l’avvento dell’industrializzazione. Attraverso snodi e fenomeni della storia italiana Giuseppe Lupo, appassionato studioso della stagione del boom economico, ripercorre il «paradigma interpretativo del moderno», dando voce alle sue figure più rappresentative, da Vittorini a Testori, da Fortini a Mastronardi, da Calvino a Pasolini. Facendo luce sul controverso rapporto fra umanesimo e scienza nella narrativa di fabbrica e nei periodici aziendali del secondo dopoguerra – da Donnarumma all’assalto di Ottiero Ottieri a Memoriale di Paolo Volponi, dalla rivista «Pirelli» a «Civiltà delle Macchine» –, approda al «realismo liquido» odierno, dominato dalla fine di quel proletariato che un tempo pareva marciare compatto e oggi sembra invece fragile e desueto. Se persone comuni ed élite intellettuali hanno reagito spesso con disagio e diffidenza a oscillazioni e problematiche che il vento del progresso ha portato con sé, forse è arrivato il momento di invertire la rotta. Di far riemergere dal sottosuolo in cui è rimasta nascosta una controlettura della modernità, originale, alternativa, progettuale, che aspiri a modificare il mondo, a «recidere il cordone ombelicale con il secolo terribile e maestoso di cui ci sentiamo ancora figli». -
Grigio. Il colore della contemporaneità
Traccia luminosa di molte situazioni quotidiane, il grigio è il simbolo di una sana indifferenza che esorta a deporre le armi della lotta continua, a scegliere una «medietà attiva, al servizio di un evento più grande». Seguendo il filo di questo «non colore» dalla Genesi alla fotografia, dai fenomeni atmosferici alle avanguardie di Piero Manzoni e Marcel Duchamp, Peter Sloterdijk, autore di opere controverse e divisive, ripercorre la storia dell’umanità alla luce dei significati allegorici di questa tinta fluida e ambigua. Si afferma così una nuova teoria estetica e filosofica del compromesso fra chiaro e scuro, che abbraccia letteratura, arte, religione e politica, dal mito platonico della caverna, dove i prigionieri non vedono altro che le ombre grigie delle cose, a Hegel, secondo il quale la filosofia dipinge il suo grigio su grigio. Da Heidegger, convinto che sia la tonalità emotiva quotidiana del nostro essere-nel-mondo, a Nietzsche, che celebra il grigio argenteo come la chiave del passaggio tra umano e oltreumano, tra idilliaco e terrificante. Dal Purgatorio dantesco ai corridoi kafkiani, da Cézanne, per il quale non è un pittore chi non ha dipinto il grigio, a Andy Warhol, il pioniere dell’indifferenziazione. Dal tramonto del rosso del Terrore giacobino, della Rivoluzione d’ottobre, del nazifascismo e delle dittature del proletariato alle «eminenze grigie» della Ddr e al grigiore dell’era di Angela Merkel. «Una volta risvegliata dalla latenza, la parola “grigio” perseguita il pensiero del sé e del mondo fino alle cose ultime e meglio nascoste. Non c’è essere umano che non sia immerso nel crepuscolo della propria situazione, circondato dagli altri, i pochi vicini e gli innumerevoli lontani, ciascuno nel proprio campo.»