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Teneri carnivori. Cacciatori e selvaggina sacra
In questo libro visionario e profondamente ispirato, Paul Shepard offre al lettore un’immagine diversa della nostra specie e del suo lungo cammino ecologico, dal Paleolitico dei cacciatoriraccoglitori alla crisi della modernità. La sua idea è che “siamo chi eravamo”, le nostre strutture biologiche, cognitive e comportamentali si sono evolute per rispondere a un ambiente naturale che oggi non esiste più. Cacciare animali, seguirne le tracce è ciò che ha modellato il nostro cervello durante milioni di anni di evoluzione, non solo a livello genetico ma anche culturale. A un certo punto della nostra storia siamo diventati carnivori, ma senza perdere mai quella “tenerezza” che contraddistingue i primati antropomorfi. Questa dolcezza negli affetti e nelle relazioni sociali è il vero passato latente della nostra specie, anche se poi l’alienazione contemporanea ci ha portati a esercitare dominio e violenza. Con sguardo radicale, anticipando discorsi poi ripresi dall’attivismo ecologico e dal primitivismo, Paul Shepard sviluppa in queste pagine un’analisi provocatoria e penetrante del nostro tempo. -
Tintin in Tibet. Un esercizio di semiotica del fumetto
Le avventure di Tintin in Tibet raccontano di come il giovane reporter sia riuscito a salvare Ciang, questa volta tenuto prigioniero dal terribile Yeti tra le montagne dell’Himalaya. Non si tratta, però, solo di una storia di salvataggio, ma anche del confronto tra due modi di vedere le cose, di stare al mondo e di interpretarlo, esemplificati da Tintin e dal Capitano Haddock. Il volume di Jean-Marie Floch offre una lettura continua dell’album. Dopo aver riconosciuto l’economia generale del racconto, mostra che è proprio il confronto tra le due differenti visioni che permette di apprezzare il senso e il valore di molti dettagli o episodi apparentemente gratuiti o inutili, che sembrano essere lì solo per preparare una gag o per istruire il lettore su terre lontane. Per esempio, lo scalo a Nuova Delhi è solo un episodio turistico? E perché Tintin si ritrova un pezzo di frutta marcia sulla faccia mentre attraversa una foresta? Tintin in Tibet risponde a questi e altri interrogativi, servendosi della semiotica per stabilire una figuratività profonda in grado di garantire l’omogeneità del discorso e di creare quelle condizioni di ponte tra testo e immagine che fanno del fumetto una delle maggiori forme di semiotica sincretica. -
Né coloni né nativi. Lo Stato-nazione e le sue minoranze permanenti
In questa genealogia della modernità, Mahmood Mamdani sostiene che lo Stato-nazione e lo Stato coloniale si sono creati vicendevolmente. Dal Nuovo Mondo al Sudafrica, dalla Germania a Israele, fino al Sudan, gli Stati coloniali e gli Stati-nazione si sono costituiti sulla politicizzazione di una maggioranza religiosa o etnica e a spese delle minoranze. Il modello è emerso in Nord America, dove il genocidio e l’internamento nelle riserve hanno creato sia una sottoclasse permanente di nativi sia gli spazi fisici e ideologici in cui le nuove identità di immigrati si sono cristallizzate come nazione di coloni. In Europa, questo modello sarebbe stato utilizzato dai nazisti per affrontare la questione ebraica e, dopo la caduta del Terzo Reich, dagli Alleati per ridisegnare i confini degli Stati nazionali dell’Europa orientale, ripulendoli dalle loro minoranze. Attraverso la marginalizzazione degli arabi palestinesi, i coloni sionisti hanno seguito l’esempio nordamericano: il risultato è stato un altro ciclo di violenza che ancora non ha fine. In Né coloni né nativi Mamdani rigetta il modello affermato a Norimberga, che individua i singoli responsabili senza mettere in questione il nazismo come progetto politico e quindi la violenza stessa dello Stato-nazione. Non una giustizia penale per i colpevoli ma un ripensamento della comunità politica per tutti i sopravvissuti: vittime, colpevoli, spettatori, beneficiari. A partire dal progetto incompiuto della lotta anti-apartheid in Sudafrica, l’autore ci invita a immaginare uno Stato senza nazione. -
Cronaca di una tribù
In questo primo lavoro sul campo di Pierre Clastres, uno dei più stimati antropologi del nostro tempo, incontriamo i guayaki, una piccola tribù di cacciatori nomadi del Paraguay. Riportando ogni dettaglio della loro storia, dei loro rituali, dei loro miti e della loro cultura, Clastres ci restituisce la vita di questa comunità in un saggio appassionante. L’autore pone qui le basi di quello che diventerà il cuore della sua speculazione antropologica: l’assenza di Stato nelle società cosiddette primitive non è un segno di arretratezza o incompletezza, ma l’esempio di un sofisticato modello di corpo sociale in cui “il potere non è separato dalla società”. Quest’opera, che ha già radicalmente modificato le convenzioni accademiche occidentali, è destinata a diventare un classico imprescindibile dell’antropologia, nonché una preziosa “arma” contro il pregiudizio etnocentrico che impedisce di prendere sul serio le forme politiche delle società altre da noi, non coercitive e prive di Stato come quella dei guayaki. -
Studi femministi dei media. Il campo e le pratiche
In Studi femministi dei media, Alison Harvey elabora una visione completa, situata e critica delle pratiche di genere in e attraverso i media: servendosi di un approccio intersezionale, l’autrice rileva il carattere interconnesso delle oppressioni in relazione a genere, razza, classe, abilità e altre costruzioni identitarie. Per la prima volta in italiano, il volume introduce le teorie, i metodi e gli approcci fondamentali che consentono di muoversi in questo ambito. Grazie a un linguaggio piano ma dettagliato, offre una panoramica chiara e accessibile delle questioni cruciali legate alla cultura dei media, sondando passato, presente e futuro del campo, in un’ottica che tiene conto anche di tecnologie, istituzioni e pratiche emergenti. Studi femministi dei media è un utile strumento ma anche un appassionato invito all’azione dentro e fuori l’accademia. -
Terra bruciata. Oltre l'era digitale verso un mondo postcapitalista
In un saggio di eccezionale radicalità, Jonathan Crary mette in relazione alcuni dei fondamentali problemi della società odierna, quali le disuguaglianze e il dissesto ambientale, con la forma impressa dal capitalismo digitale al modello di sviluppo planetario. Si tratta di una realtà a tutti evidente, ma che non può essere pronunciata: la nostra celebrata “era digitale” non è altro che la disastrosa fase terminale del capitalismo globale, in cui a regnare sono la finanziarizzazione dell’esistenza sociale, l’impoverimento di massa, l’ecocidio e il terrore militare. Con questo scritto critico, che prosegue il lavoro iniziato con ""24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno"""", l’autore smonta il pregiudizio secondo cui i social media possono essere uno strumento di cambiamento radicale e ci svela invece come le reti e le piattaforme delle multinazionali siano intrinsecamente incompatibili con una Terra abitabile e con le relazioni umane necessarie a costruire forme di esistenza egualitarie. In altre parole, """"Terra bruciata"""" mostra i differenti modi in cui Internet sta devastando la vita sul nostro pianeta e ci incoraggia a immaginare un mondo nel quale la dimensione sociale torni a ricoprire il ruolo essenziale che le spetta, cessando di essere una mera appendice dell’attività online."" -
Guerre di confine. Autorità epistemiche e società in transizione
Questo libro muove dal riconoscimento epistemologico dell’incertezza come tratto endemico macroscopico di ogni società umana: l’instabilità quale condizione di una rinnovata “normalità”, che la pandemia di Covid-19 ha esasperato ma non generato. L’opera è concepita tenendo a mente due finalità complementari e almeno in parte sovrapposte: una culturale, l’altra politica. Per quanto attiene al primo aspetto, il lavoro intende esporre il dibattito – non di rado conflittuale – tra scienza, politica, media e società a un pubblico più ampio e articolato di quello composto da chi se ne occupa per contingente necessità o per mestiere. Ciascuno dei cinque capitoli contiene un “classico” del pensiero dei Science Technology and Society Studies ed è preceduto da un’introduzione di registro divulgativo allo scopo di facilitare la metabolizzazione dei contenuti e, per quanto possibile, attualizzarli nel contesto storico e culturale che oggi viviamo. Il secondo dei due fini, quello politico, si manifesta nella scelta di tenere fede alla lezione weberiana circa lo sguardo della sociologia sui fatti del mondo: mantenersi laici e avalutativi sui problemi tra scienza, politica, media e società. Non si tratta però di un’azione facile, né popolare, considerando che siamo nell’era del consenso guadagnato sulle polarizzazioni e le gogne online. Eppure, pare l’unico modo sensato di collocare in prospettiva i temi discussi. -
Base, altezza e profondità. Fondamenti scientifici e popolari di manageralità diffusa e di patriottismo sociale
Il libro raccoglie e mette a sistema gli scritti di Gianluca Budano pubblicati su varie testate e blog, sfumati e declinati da autorevoli rappresentanti del mondo della cultura, dei corpi intermedi e delle professioni. Tema conduttore è la trasversalità della componente sociale: alla base dell’essere umano, quest’ultima si innalza e attraversa in profondità altri settori risultando essenziale per ogni politica e servizio che intenda rispondere con efficacia alle esigenze e ai bisogni degli uomini e delle donne. Come la cura ha bisogno di una specifica etica, allo stesso modo l’impegno sociale e politico ha bisogno di una specifica cura. Tale assunto fonda una nuova idea di antropologia dell’uomo e dell’organizzazione e introduce il concetto riformista di patriottismo sociale, che spiazza le parti politiche e culturali oggi in scena. Prefazione di Al Bano Carrisi. -
I greci in noi. Dalle origini della nostra cultura alla deriva transumanista
I Greci in noi vuole essere un meditato grido di allarme rivolto a tutti coloro che abitano il pianeta Terra in quest’epoca di trasformazione, nonché una proposta di rigenerazione individuale e collettiva alla luce della sapienza greca e degli insegnamenti contenuti nei miti. Un ritorno alla fonte per trarne linfa spirituale che consenta di acquisire uno sguardo libero sulla crisi dell’adesso e sulla possibilità di un’evoluzione antropologica positiva. Le nostre radici culturali affondano in quella grandiosa stagione della Grecia, e soprattutto della Magna Grecia, in cui fiorì la sapienza ellenica. I cosiddetti “filosofi sovrumani”, quali Pitagora, Parmenide, Empedocle ed Eraclito, associavano alla coltivazione dell’interiorità l’impegno nella vita consociata: il sapiente era anche politico, il misticismo si coniugava con l’azione civile. Venuto meno questo modello, l’odierna vicenda collettiva degli umani viene agita da forze economiche e politiche insane, che vorrebbero spingere in direzione di una forma di governance mondialista fondata sull’espansione della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale al fine di un progressivo e crescente controllo sui viventi. Angelo Tonelli sottolinea l’urgenza di un recupero del modello ellenico: l’unità, l’integrità e la consapevolezza promossi dalla sapienza greca possono fornire uno sguardo non contaminato sulla vita individuale e collettiva rispetto ai temi della paura, della tecnica, della morte, della conoscenza e della politica. -
Uno sguardo che salva. Weil, Florenskij, Corbin
Quando siamo colpiti da un'idea filosofica profonda, quando ci affascina qualche tipo di spiritualità o proposta etica, raramente ciò avviene perché siamo di fronte a una serrata concatenazione logica o alla prova ostinata dei fatti. Più spesso è il loro farci vedere le cose in altra maniera a modificare il nostro modo di pensare e di porci nei riguardi dei problemi importanti della vita. Quello che di un pensatore sovente ci colpisce è la sua tessitura morale di fondo, ed è essa a entrare in sintonia e risuonare con la nostra trama. ""Siamo diversi non solo perché selezioniamo oggetti differenti dallo stesso mondo, ma perché vediamo mondi differenti"""", diceva Iris Murdoch. I tre autori trattati nel volume - S. Weil, P.A. Florenskij, H. Corbin - sono accomunati da questa tensione a far emergere prima di tutto una visione etica. Per loro, la filosofia, esplicitamente, consiste nell'educare a guardare le cose altrimenti. A prescindere dalle specifiche sensibilità e dai riferimenti spirituali (o di fede), si dà allora la possibilità di leggere questi pensatori anche in una chiave laica e di interpretare ed elaborare il loro lascito come un dono per guardare al mondo diversamente. Si tratterebbe pertanto di immaginazioni etiche utili ad affinare quello sguardo di cui parla Italo Calvino ne Le città invisibili: """"Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio"""". Ci sono dunque due modi per non soffrire l'inferno di tutti i giorni: assuefarsi a esso o aguzzare l'attenzione della visione."" -
Venetica. Annuario di storia delle Venezie in età contemporanea (2019). Vol. 1: Articolo nove. Esperienze di medicina del lavoro a Nordest.
L'articolo nove dello Statuto dei lavoratori sancisce il diritto di chi lavora a controllare e intervenire in prima persona sul proprio ambiente quotidiano, a tutela di salute e sicurezza. Quella norma raccoglieva e rilanciava esperienze di medicina del lavoro partecipata tra operai, medici e sindacalisti, nate dal basso e praticate tra conflitti durissimi con le direzioni aziendali. La parte monografica di questo numero di «Venetica» riunisce testimonianze dirette e interviste ad alcune delle persone che diedero corpo a questo nuovo diritto in Veneto e Friuli Venezia Giulia, tra grandi e piccole fabbriche e nelle istituzioni locali. -
VeneziAsola. I ritratti asolani dei rettori veneti e un'occasione mancata per Giambattista Tiepolo. Ediz. a colori
Sopravvissuti al furore iconoclasta che si accanì contro i simboli della Repubblica di Venezia dopo la sua caduta nel 1797 e rimasti a lungo nell'oblio, i ritratti dei dogi e dei provveditori veneti costituiscono una preziosa testimonianza della devozione di Asola verso la Serenissima. I dipinti restituiscono i sembianti dei provveditori Giovanni Marco Michiel (1686), Alberto Gozzi (1687) e Gasparo Luca (1688); a questi si aggiungono le effigi dei dogi Alvise Pisani (1735-1741) e Francesco Loredan (1752-1762). Un caso singolare è costituito dal ritratto del ""protettore"""" della comunità di Asola Marcantonio Dolfin (1755). Un'opera nella quale avrebbe dovuto cimentarsi Giambattista Tiepolo ma che alla fine fu assegnata all'amico Fortunato Pasquetti, uno dei più quotati ritrattisti sulla piazza veneziana dell'epoca. Lo studio diretto delle opere, corroborato da un'approfondita ricerca bibliografica e da un'escavo negli archivi Comunale e Parrocchiale di Asola, di Stato e del Patriarcato di Venezia, ha consentito di confermare la paternità dei ritratti di Michiel e Gozzi al pittore bresciano Francesco Paglia e di assegnare a Fortunato Pasquetti quelli di Loredan e di Dolfin."" -
Memoria della casa. Un racconto del lago di Garda
A sedici anni le estati sul Garda possono essere incantate. Il lago scintilla, la pelle si abbronza, ci si tuffa a bomba dal pontile turandosi il naso. E se non si sta in spiaggia, si parte tutt'insieme su motorini rombanti per gite nell'entroterra di ulivi e cipressi. Più difficile far durare gli amori nel tempo, ma quello tra la protagonista e la grande casa sulla collina, non bella ma solida e accogliente, si spalma sull'arco di quasi una vita. La voce della casa si alterna a quella della ragazza prima, della donna poi, a narrare estati, vicende, amori di un tempo e di ora, ma anche i cambiamenti di un paese e un paesaggio che rimangono struggentemente belli pure se il cemento si smangia il verde, le strade vengono asfaltate, le piccole botteghe sostituite da grandi supermarket globalizzati. E se folle cosmopolite di turisti costringono a sovvertire abitudini millenarie. Quanto ai destini personali, basta un attimo perché svoltino. Le case possono essere vendute e comprate, ma restano sulla collina a testimoniare i mutamenti presenti e ancora a venire. -
L' Apocalisse in tre cicli di affreschi dell'anno Mille. Bardolino, Sommacampagna, San Giorgio di Valpolicella
Una lettura di tre splendide pievi della provincia veronese, sorte su più antichi edifici preromani (San Giorgio di Valpolicella), romani (Sant'Andrea di Sommacampagna), longobardi (San Severo di Bardolino), proposta dopo un'attenta analisi degli affreschi, delle strutture e delle lapidi che vi si trovano. Le tre pievi vengono identificate dall'autore come testimonianza dei caratteri longobardi della religiosità di un popolo che, entrato nella Penisola nel 567-568, nel giro di circa un secolo l'ha sentita come patria, costruendo monasteri, fortificando città, edificando nuove pievi e dedicandole ai santi cui era più affezionato. E rivolgendosi per la loro realizzazione ad artisti bizantini fuggiti dai territori costantinopolitani, nel secolo e mezzo dell'Iconoclastia (726-843), quando era vietato dipingere immagini di santi o scolpirne corpi. L'autore racconta in un testo storico i contenuti di questi preziosi affreschi: preghiere di un popolo che in tali rappresentazioni cercava di carpire le vie della salvezza e del perdono. A corredo del testo, un ricco repertorio fotografico appositamente realizzato per questo volume. -
Fiori delle Dolomiti
Le Dolomiti offrono scenari paesaggistici grandiosi: non a caso sono state definite ""le montagne più belle del mondo"""". Ma cosa sarebbero le Dolomiti senza i loro fiori? Forse una cornice vuota, anche se spettacolare. Il presente volume, occupandosi della vita vegetale e, in particolare, degli splendidi fiori che decorano i mille recessi di queste montagne, coniuga gli scenari dolomitici con i loro colori e le loro affascinanti forme. """"Fiori delle Dolomiti"""", in quest'opera, non significa soltanto una sequenza di belle immagini e di nomi scientifici più o meno complicati, ma una guida alla lettura dello stesso ambiente dolomitico. Dei suoi habitat floreali e dei suoi biotopi, in modo tale che la loro osservazione risulti frutto di una ricerca consapevole. E questo anche attraverso una ricca proposta di escursioni botaniche, alla ricerca degli stessi gioielli floreali che decorano i paesaggi di queste montagne. Un approccio sistemico, dunque; anzi, eco-sistemico, per coniugare la conoscenza dei fiori con quella del complesso e stupefacente ecosistema dolomitico."" -
Oggi è tempo di imparare qualcosa. Omaggio a Tina Merlin
A trentanni dalla sua scomparsa, abbiamo voluto ricordare Tina Merlin con alcuni saggi su eventi e temi che l'hanno segnata nel profondo, dalla Resistenza, alla tragedia del Vajont, al deleterio intreccio economia-politica-scienza che ignora le vite umane e produce disuguaglianze. Seguono i ricordi di quanti condivisero con lei le tante battaglie per i diritti civili e la professione di giornalista, esercitata col rigore di chi la considera un impegno per la verità, e infine le testimonianze dei registi e degli attori che, portando nel teatro e nel cinema l'impegno e la passione civile che hanno contraddistinto l'intera sua esistenza, l'hanno saputa rendere vera e viva. Con scritti di: Marco Paolini, Renzo Martinelli, Toni Sirena, Dario Venegoni, Patricia Zanco. -
Lupi a Nordest. Antiche paure, nuovi conflitti
Dopo l'Appennino e le Alpi occidentali, i lupi hanno ricolonizzato il Nordest. Erano scomparsi da un secolo, dopo una caccia ininterrotta iniziata nel medioevo. L'ultimo lupo fu immortalato in Comelico superiore, nel 1929. Quasi cent'anni dopo, nel 2012 in Lessinia, ricompare una coppia. Il maschio di origine dinarica è Slavc, ha percorso oltre mille chilometri per incontrare Giulietta, lupa della specie italica. Saranno i loro cuccioli, disperdendosi nei boschi e nelle valli, a popolare l'intero Nordest. In poco tempo il grande predatore ha conquistato il vertice della catena alimentare dal monte Baldo al Cansiglio, dall'Altopiano di Asiago a Tarvisio, da Folgaria all'alta Val di Non, alle vette Feltrine. Un ritorno di grande importanza per la biodiversità. Ma insieme agli ungulati selvatici ogni anno sono predati centinaia di pecore e bovini in alpeggio. Nelle malghe monta la rabbia degli allevatori, che si sentono abbandonati. Conservazione del lupo e protezione del bestiame sono i due poli della ricerca di una coesistenza difficile da realizzare, che ha tanti nemici ma altrettante ragioni. Abbiamo cercato di raccontarla nel nostro viaggio. -
San Zeno. Ediz. italiana e inglese
Il complesso di San Zeno, situato in prossimità della riva destra dell’Adige, lievemente discosto dall’antico centro urbano di epoca romana, rappresenta, fin dai secoli più alti del medioevo, uno dei principali fulcri della vita culturale, religiosa e artistica della città di Verona. Le progressive fortune di questo insediamento, che accolse una delle realtà benedettine più rilevanti del Nord della penisola italiana, si riverberano nella straordinaria quantità di opere d’arte e nelle complicate stratificazioni architettoniche occorse in ben oltre un millennio di vita. Attraverso un appassionante percorso per immagini, il volume narra la storia e mostra le ricchezze artistiche del complesso abbaziale di San Zeno alternando inquadrature d’insieme e sguardi ravvicinati, che consentono di vedere dettagli spesso inaccessibili, e restituendo un ritratto inedito della basilica dedicata al santo patrono, simbolo di Verona. I testi di Tiziana Franco e Fabio Coden, docenti di Storia dell’Arte medievale presso l’Università di Verona, danno conto dello stato attuale delle conoscenze e degli studi affiancando le magistrali fotografie di Basilio e di Matteo Rodella (BAMSphoto). -
Terra e storia. Vol. 17-18
Questo numero di «Terra e storia» raccoglie testimonianze perlopiù inedite di soldati della Bassa padovana sulla prima guerra mondiale. Almeno da una quarantina d'anni sono nati archivi che conservano un patrimonio costituto da diari, memorie, lettere che le famiglie cedono dopo averli custoditi - talvolta gelosamente - per decenni. Qui è la Bassa padovana a regalarci una documentazione costituita da cinque tra diari - talvolta con evidenti rielaborazioni posteriori - memorie e un limitato ma prezioso carteggio di ventiquattro lettere. I loro estensori sono originari di Este, Sant'Urbano, Santa Margherita d'Adige, Cinto Euganeo, Battaglia Terme, Carceri d'Este e rappresentano, all'atto della chiamata alle armi, la generazione dei venti-trentenni, con l'eccezione del non ancora diciottenne Rodolfo Cesaro, il ragazzo del '99 che prolunga la sua esperienza bellica nell'avventura dannunziana di Fiume. Sono tutti soldati e graduati di truppa, provenienti dal mondo contadino o dalla piccola borghesia urbana; tutti sono incorporati in reparti di Fanteria, tranne l'artigliere Antonio Cerchiari, un droghiere estense autore di pagine di lancinante bellezza sulla ritirata di Caporetto. -
Guardarsi da chi non si guarda. La Repubblica di Venezia e il controllo delle pandemie
Perché la peste dopo il 1630 non entrò più in laguna? Eppure continuò a imperversare negli Stati Europei e nei porti mediterranei con cui Venezia intratteneva scambi commerciali! All'inizio del Settecento le potenze che avevano avviato il declino politico della Repubblica cominciarono a chiedersi se non fosse opportuno imitare il suo modello di organizzazione sanitaria. Le linee guida della politica internazionale veneziana nei confronti delle pandemie si possono sintetizzare nel monito: ""guardarsi da chi non si guarda"""", che indicava la necessità di assumere misure preventive nei confronti di chi non ne adottava per fede o per ignoranza. La Repubblica di Venezia attuò, così, sul lungo periodo, un sistema sanitario volto ad abbattere i rischi epidemici, difendendo la sostenibilità del proprio sviluppo mercantile.""