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Il Caos... tra DJ e producer
Quella del dj è una delle professioni che più attraggono i giovani: ma cosa significa essere davvero un dj? Passione, studio e una buona dose di gavetta sembrano essere ancora gli ingredienti necessari per fare un buon lavoro, anche in tempi di ""influencer"""" e profili Instagram che trasformano persone comuni in star. Gary Caos ha iniziato la sua avventura negli anni '90 e si è affermato come dj e producer in tutto il mondo: la sua è una storia a cavallo tra analogico e digitale che si svolge tra la provincia romagnola e le capitali internazionali della musica dance. In questa autobiografia il dj italiano racconta le proprie fragilità e i successi con la stessa dose di passione e lucidità: dalla vita agiata alla campagna, dal rapporto con il padre e la madre, ai primi passi mossi nel mondo della musica. Come si mixava prima del digitale? In che modo il web ha cambiato le logiche di produzione e promozione di un brano? Che differenza c'è tra dj e producer? In questo libro, in cui l'autore ha voluto raccontare la propria storia personale e professionale, ricca di piccoli aneddoti in cui in tanti possiamo ritrovarci ma che hanno – tutti – come sfondo la musica, Gary Caos ci racconta com'è arrivato al felice momento professionale che sta vivendo ma anche come il percorso sia ancora in progress e condivide con gli aspiranti dj consigli e suggerimenti per farcela """"bene"""", grazie allo studio e alla capacità di mettersi in gioco."" -
Girotondo sotto il faro
Primavera del 1953, Rina, una giovane donna di 22 anni, e la figlia Anna Luce, di 5 anni, stanno percorrendo la strada in filobus dal centro di Bari a San Cataldo, nell'assolata periferia barese. La destinazione è La Madonnina del Faro, un collegio-orfanotrofio gestito da suore, che ospita bambine e bambini orfani o le cui famiglie sono impossibilitate all'accudimento per questioni economiche. Anna Luce verrà lasciata lì, poco tempo dopo anche il fratello Carlo, di soli due anni. Passa il tempo e i due fratelli impareranno la vita tra tante disavventure e momenti difficili, sopportando con tanta forza ogni tipo di vessazione e ingiustizia da parte di un severo codice comportamentale che nasconde ambiguità e segreti. Passano gli anni, Anna Luce e Carlo sono ritornati in famiglia, tante cose sono cambiate in meglio, ma il pensiero torna spesso lì, nell'oscuro orfanotrofio della loro infanzia, fino all'arrivo di una notizia inaspettata che riporta giustizia a tutti i piccoli ospiti che nel tempo sono passati dalla Madonnina del Faro. -
Malox for breakfast
Stephan Corradi non è un musicista famoso. Stephan Corradi non è neanche un fotografo di grido. Stephan Corradi non si chiama Stefano. E, soprattutto, non è Paolo Masi. Qualcuno, però, è convinto che lui lo sia e lo sta cercando. Per capire chi è che lo cerca per piantargli due pallottole nelle rotule, Stephan ha soltanto tre giorni di tempo. La sua quotidiana routine milanese fatta di un lavoro che odia, antiacidi e interazioni sociali sempre uguali sta per avere un brusco cambiamento. Ma chi è davvero Paolo Masi? -
Il Navile. Immaginario di città
Una cosa è osservare la pelle delle cose, un'altra è andare in cerca del fantasma che quella pelle nasconde e anima. Fra l'una e l'altro ci siamo noi, con lo sguardo e il corpo: sulla pelle delle cose posiamo le nostre emozioni, il nostro sentire, illusi di ritrarre un'oggettività che si sposta continuamente oltre – possiamo solo alludere al ritratto, e accettarlo nella sua parzialità, se siamo consapevoli delle nostre proiezioni; il fantasma possiamo accoglierlo, facendo di noi stessi la casa per le parole e le narrazioni, uno strumento perché l'immaginazione si riveli. Nel primo libro sul Navile siamo andati a trovare il famoso Quartiere cercando di rappresentare la sua ricca complessità e di comporre la guida a quella che è una parte importante della Bologna contemporanea. In questo secondo libro è il Quartiere – la Città – che esce dai suoi confini materiali e viene a incontrare i lettori: per citare – in omaggio ideale – Ceserani e De Federicis, nel primo libro abbiamo de-scritto l'aspetto materiale della città, in questo secondo siamo andati a raffigurare l'immaginario della città, dissennatamente convinti che il ritratto narrativo – i racconti che i luoghi hanno suscitato – restituirà un'immagine ugualmente fedele, se non di più, della città contemporanea. Una città multiculturale, venata di solitudini senili e infelicità giovanili, di nevrosi, paure e inquietudini, di rabbia, ma anche di impreviste solidarietà, di persone in cerca di amore, ancora capaci di memoria e piene di speranze ecologiche. Anche se questo volume, dunque, è più autonomo e più dichiaratamente letterario, idealmente i due libri si integrano e si compenetrano nell'intento che ci riconosce Franco Farinelli e che sempre ci anima: quello di tenere di nuovo insieme la città materiale – l'urbs – e lo spirito della città – la civitas – componenti che il Settecento separò e che oggi dobbiamo tentare di riunire se vogliamo avere un futuro. -
Non ci resta che scappare
Andrea è un laureato in Medicina a caccia di un posto fisso. Per mantenersi svolge saltuari lavoretti in un fast food. Però i soldi non bastano. Così, in attesa di vincere un concorso pubblico, ha architettato un sordido stratagemma: conservare il cadavere di suo padre dentro un congelatore in cantina per continuare a riscuoterne la pensione. Ma neanche in questo modo riesce a tamponare le spese mensili quindi è costretto a subaffittare una stanza a un coinquilino che percepisce un assegno di disoccupazione e che gli crea numerosi fastidi sia pratici che esistenziali. La vita di Andrea scorre ripetitiva e insoddisfatta finché incontra Alice che, oltre a infondergli una notevole dose di autostima, lo aiuterà a tagliare il nastro del suo traguardo professionale. Tuttavia, il lavoro che ha sempre sognato di poter fare si trasforma in una delusione e Alice non è la persona che appare. Sarà lei a trascinarlo nelle viscere di un mondo depravato e violento, specchio di una società egoista e crudele. -
La misura
Prefazione di Marilù Oliva. -
Bologna va in campagna. Foto e parole. Ediz. illustrata
"La campagna è l'anima della città. Non il suo opposto mal la sua essenza. Eppure senza l'una non esisterebbe l'altra. Almeno dalle nostre parti. E dunque per capire la città bisogna andare in campagna. Venite con noi. Questo è un diario di viaggio fatto di foto e parole. L'obiettivo di Paolo Miccoli scandaglia i luoghi, dà la caccia paesaggi, dettagli, gesti, cerca l'inedito a Massumatico, Muffa, Selva Malvezzi ma anche a Casalecchio e San Lazzaro e in altre conosciute località: nulla è meno noto di ciò che è sempre sotto i nostri occhi. Le mie parole accompagnano le immagini e prendono via via la forma di poesie, brevi racconti e, in un paio di casi, favole in miniatura..."""" (Gianluigi Schiavon)" -
Pensaci tu... Poesie inedite 2016-2018 e scelte
Poesie autobiografiche arricchite da immagini. Momenti intimi, unici, lontani e vicini, memorie di vita, ricordi cristallizzati in parole evocative, dense di rimandi a sensazioni, colori, profumi, stagioni. Nella seconda parte una selezione di poesie tratte da Le terrazze della luna. Nel sogno un abbraccio smisurato, fluenti le parole sulle labbra; ricordi vivi appesi al blu del cielo. Pensaci tu… a trattenere l'aurora e l'aprirsi del giorno. -
Un pacchetto di ore. Prime poesie
La poesia di Mina Zavadini sintetizza gli argomenti trattati: l’amore, la capacità di grandi sentimenti, la consapevolezza del passare del tempo, il “culto dei ricordi”, che si devono conservare gelosamente, raccogliere con cura perché non vadano perduti. Inoltre è significativa per lo stile che caratterizza tutta la raccolta: con poco dice tanto… Di lui mi porto appresso, sempre, un pacchetto di ore legato con nastri ricciuti di passione. -
Affetti collaterali
Nero ha avuto un’infanzia difficile, ora è un ingegnere e ha raggiunto una posizione sociale ed economica invidiabile. Ha sposato Scura, affascinante e complicata, indipendente e totalmente assorbita dal suo lavoro nel mondo dell’alta moda. Blanca è una ragazza madre peruviana, lavora duramente e non le rimane molto tempo per seguire il figlio Manuel, adolescente inquieto, animato da una grande voglia di riscatto. In una delle rare mattinate di sole milanesi, Blanca incontra Nero, e l’alchimia tra i due porterà Nero ad allontanarsi da casa e dalla famiglia. Grigio, musicista fallito e insegnante frustrato, è un amore giovanile di Scura, e quando i due si ritrovano, dopo tanti anni, scoprono quanto le loro vite siano distanti dai sogni spavaldi di gioventù. Lui non ha mai smesso di amarla, e sogna una possibilità di riscatto accanto a lei. Ricola, figlia di Nero e di Scura, è un’adolescente autolesionista e web-dipendente, che cerca disperatamente di salvare la sua famiglia dal naufragio, trovando conforto nell'amore virtuale per un misterioso sconosciuto, con cui chatta di poesia tutte le notti in rete. Sei personaggi in cerca di ascolto, che vanno alla deriva tra incomunicabilità e solitudine esistenziale. Un racconto contemporaneo a sei voci, ambientato in una Milano a tratti tenera madre, a tratti algida matrigna, palcoscenico ideale di una vicenda intricata, in cui nessuno è totalmente vittima o carnefice. Nemmeno colui o colei che, con il suo gesto estremo, cambierà il destino di tutti. -
Et in Arcadia ego
Et in Arcadia ego era il motto reso famoso in Europa dai dipinti di Guercino e Poussin. La frase latina significa ambiguamente “Anche io (sono) in Arcadia”: infatti ricorda la vanitas della gloria e dei piaceri umani, che saranno polverizzati dalla morte; ma anche, indicandone l’illusione, invita l’uomo a una vita fatta di cose semplici, ritirata dal mondo, come quella che conducevano i pastori nella selvaggia natura della regione greca, l’Arcadia appunto. A questo secondo significato alludevano le opere dei due grandi artisti del Seicento, il secolo del Barocco, poiché era una dichiarazione morale e politica. In un mondo votato all'apparenza, alla retorica e alle logiche del potere, i due artisti mandavano un pacifico messaggio di resistenza che si ispirava al neostoicismo antico: dissentire con una vita sobria, in armonia con la natura. Quanto il pensiero dominante e la fame di apparire di quel secolo richiamino la nostra epoca e quanto sia attuale quel messaggio è sotto gli occhi di tutti. Banchéro ha scritto un romanzo barocco in cui seguiamo le storie intrecciate di alcune coppie. Le vicende dei protagonisti si riflettono le une nelle altre, in un continuo gioco di doppi determinato da uno specchio magico e dalle abili suggestioni di un manipolatore mediatico. Tutti comunque sono alla ricerca di un’identità sofferta. Alla fine in questo “gran teatro del mondo”, dove Banchéro dispiega al meglio i suoi temi forti – identità, apparenza e inganno, sterilità e poiesis –, spetterà al lettore decidere cosa è vero e cosa è falso, e quale vita merita davvero di essere vissuta. a cura di Gianni Cascone -
Io sono Bianca
Ad una proposta di matrimonio si può rispondere con un semplice “sì” o con un semplice “no”, ma per Bianca non è così semplice. Riccardo, l’uomo con il quale convive da sette anni, le ha chiesto di sposarlo. «Per fare le cose sul serio e per davvero» ha aggiunto. Questa frasetta, buttata lì quasi per caso, mette in crisi Bianca che, per decidere cosa fare, si rivolge ad uno psicologo. E ripercorre tutta la sua vita. Bianca non è sempre stata Bianca: «Il mio nome di prima» dice, «deriva dall'aramaico. In aramaico si dice aqab, che significa soppiantare. E soppiantare è stretto parente di usurpare. Ed io ero usurpata ancor prima che nel nome nel mio corpo e nella mia anima». «Volevo un nome che fosse mio, tutto mio, e così sono diventata Bianca. Bianca come la luna, Bianca l’innocente, Bianca la candida. Bianca la splendente». -
La brughiera
Due tormentate storie d’amore, l’intervento misterioso del destino, gli inserti onirici, i bagliori visionari, le cavalcate a ritroso nel tempo, l’eco di antiche leggende. Sono questi gli elementi che fanno del romanzo La Brughiera una lettura particolarmente avvincente: “La notte raccolse tutti i sogni, di ogni uomo, quando li riprese dal ventaglio grande della vita sembrarono segni di nebbia”. Il tessuto del romanzo, primo elemento della Trilogia dell’Umano, rimanda, come le precedenti opere di Agnoli, al tema del dolore, dell’ingiustizia nelle relazioni umane distorte dall'uso del potere, dell’incertezza esistenziale: la Brughiera è il luogo dello smarrimento psicologico e spirituale, dove l’Io rischia di sprofondare nelle sabbie mobili dell’inerzia psichica, della confusione e dell’angoscia autodistruttiva: “Come fui sulla terra smarrito, in attesa di un segno che fosse oltre il nulla”. Tre le parole cardine: potere, dubbio, aspettativa, ed un’unica parola di chiusura: Amore. L’autore sviluppa infatti il suo pensiero filosofico, poetico e sociale con continuo riferimento alla speranza trascendente: “Vi sono altre stelle oltre le prime stelle e così sino all'ultima stella”, ma anche al potere salvifico del sentimento: “L’amore è la chiave d’ingresso dell’anima nella casa del benessere”. L’intera opera è inoltre sottilmente pervasa dal riferimento religioso: “L’esercizio errato della libertà allontana l’uomo da Dio. L’uomo rimane fermo nel suo punto: nell'ambito misterioso dello spazio, così vicino al nulla da sembrare una polvere siderale”. -
I quadri raccontano
“La passione per la pittura mi accompagna sin dalla nascita e pur comprando tele e colori non riuscirò mai a diventare una artista. Così durante gli anni dell’Università raccolgo stampe di vari pittori, in seguito visito musei e poi scopro che anche su Facebook si possono ammirare quadri e dipinti. Comincio a postarli e condividerli con gli amici, quando all'improvviso spunta la amica Anna, sì proprio quella conosciuta nella casa delle studentesse dell’Azienda Universitaria di Ferrara. Da un semplice like, Anna comincia a commentare i dipinti fino a stilare lunghi racconti che mi ispirano un’idea: raccogliere dipinti postati e racconti in un libretto da proporre a chi come noi ama ascoltare le parole che la magia delle opere riesce a trasmettere. Ogni tocco di colore evoca un’emozione che attraverso il racconto fissa pensieri e sensazioni in un unico scorcio di vita, vissuta o immaginata, non importa, comunque potente e profonda, senza segreti e senza pudore. Perché come dice Federico García Lorca: Così come non mi sono preoccupato di nascere, non mi preoccupo di morire.” Prefazione a cura di Camilla Ghedini -
L'italico ciclismo. Dai pionieri ad oggi
Dopo il terzo libro di ciclismo dissi a me stesso: “Tre e non oltre”. Ho infranto la regola visto che questo è il quarto che scrivo. Solitamente mantengo la parola, l’eccezione è dipesa dal fatto che durante la presentazione del terzo volume vari appassionati di questo sport mi hanno esortato a proseguire. “Dai, vai avanti, fanne un altro. C’è ancora tanto da aggiungere. Noi ti promettiamo che ti aiuteremo a reperire altro materiale interessante e perciò degno di essere pubblicato”. Potevo restare indifferente a tanta amichevole insistenza? No davvero. E così mi sono fatto violenza e ho ripreso da dove mi ero interrotto. Stavolta le numerose segnalazioni pervenutemi e la mia paziente ricerca (anche su Internet) mi hanno portato fuori dai confini locali (cosa per la verità accaduta anche per il terzo volume, ma limitatamente), facendomi prendere in esame corridori di altre regioni, in gran parte dimenticati, che in un passato più o meno lontano hanno ottenuto risultati interessanti. Le grandi imprese compiute da mostri sacri che portano nomi illustri passati alla storia o ancora in circolazione (da Costante Girardengo a Vincenzo Nibali passando per Alfredo Binda, Learco Guerra, Gino Bartali, Fausto Coppi, Fiorenzo Magni, Gastone Nencini, Ercole Baldini, Felice Gimondi, Vittorio Adorni, Francesco Moser, Gianni Bugno, Marco Pantani, Ivan Basso eccetera) tutti le conoscono; quindi non è certo di queste figure eccellenti che ci siamo occupati. Bensì di tanti altri campioni non di primo piano che hanno dato tanto al ciclismo, salendo alla ribalta in varie occasioni, sui quali però è sceso l’oblio. E, nel contesto di passione amatoriale che ci ha sempre animato, hanno trovato una meritata citazione ragazzi che stanno emergendo oggi e, perché no, anche giovanissime promesse per il futuro. Maschi e femmine. -
In un altro dove
Nella nostra cultura tanatofobica, la morte viene rimossa per rifiuto e paura, oppure vista con curiosità morbosa in uno schermo piatto e asettico, che garantisce da essa la giusta distanza. In questi racconti la morte è sentita dall'autrice come un’esperienza vera, ironica, diversa, forte, improvvisa o annunciata; una realtà intima e personale che si trasforma nel sentimento del vivere e nell'urgenza espressiva del comunicare. Il tema della morte diventa “inno alla vita” e piacere di raccontarsi grazie a una prosa fluente e ammaliante. -
Pietre che parlano. Raccontare Pistoia
Il filosofo e geografo Franco Farinelli ci ricorda oggi due cose importanti: la prima è che la modernità illuminista ha separato la città materiale (le pietre e i muri della urbs) dallo spirito che anima quella città (la civitas dei cittadini); la seconda è che S. Agostino chiamava gli abitanti della città “pietre vive”. Ci è sembrato importante, in occasione di Pistoia “Capitale della Cultura 2017”, tornare a osservare questa città discreta, appartata, conosciuta e apprezzata soprattutto dagli appassionati di arte, meno dalla grande comunicazione mediatica. Anziché descriverla nel suo aspetto esteriore, abbiamo pensato di ritrarla attraverso l’immaginario che le sue pietre nascondono, grazie ai racconti che lei ispira: appunto per stanarla, per scoprire quali idee e quali sentimenti si celino dietro questa posizione defilata. Il ritratto compiuto dai due autori collettivi, nati dai laboratori di scrittura che tengo al Centro Culturale ""Il Funaro"""", credo sia molto interessante: è quello di una città sensibile al passato, per la quale la memoria ha un peso notevole – sia essa medioevale, dell’800, del primo ’900 o della Resistenza –; una città sensibile alle differenze e agli emarginati – i portatori di handicap, i barboni, i nomadi, gli omosessuali –; una città sensibile alle piccole cose della vita quotidiana – quella che Georges Perec chiamava """"l'infraordinario"""", ritratta magistralmente da Eric Rohmer in tanti film –; una città sensibile, come è noto, all'arte antica e contemporanea, e al teatro; una città sensibile all'amore, ai suoi incanti e ai suoi fallimenti; una città, infine, sensibile anche al soprannaturale e al miracolo. Una città, Pistoia, tutta da scoprire! a cura di Gianni Cascone"" -
Più di così si muore
Ambientato sull'Appennino emiliano, il romanzo raccoglie un intreccio di storie legate dal filo di una scomparsa. Le storie sono quelle dei componenti di una famiglia di origine bolognese, i Pascali, sullo sfondo di un bellissimo casale ristrutturato che nelle sue pietre e nei suoi prati conserva ancora il mistero delle anime che ci sono passate. La scomparsa è quella di uno dei tre fratelli, Donato, che dopo un’ultima ambigua telefonata dal Sudamerica non dà più notizie di sé. Quando un giorno la moglie in lacrime ne annuncia la morte, per Lieta e Severino inizia un periodo doloroso, di ripensamenti e accuse reciproche, ma anche di riflessione sulla vita di ciascuno e sui loro rapporti reciproci. L’instabilità e la tensione che covavano sotto il piano delle relazioni formalmente affettuose esplodono e richiedono di venirne a patti. Il discorso di “successo” e soddisfazione che ciascuno si è costruito appare in realtà una struttura barcollante che puntella difficoltà reali: nei rapporti interpersonali e nelle personali reazioni a ciò che il mondo pretende da noi. È anche un racconto delle stranezze e dei paradossi del nostro carattere, con episodi divertenti e personaggi comici e dell’ironia che, com'è proprio della sua natura, sembra sempre fuori posto. Infine, è il racconto di un mondo naturale silenzioso testimone delle difficoltà umane. Gli animali, i boschi e i monti che non sono addomesticati e sempre ci sfuggono, si rintanano e fanno paura. Ogni tanto li intravediamo, li intra-sentiamo per come sono veramente e non per come ce li fa vedere l’immaginazione romantica. Allora rimane lo stupore e la dolcezza di avere incrociato il miracolo. Ma occorre saperlo vedere. -
Albe e tramonti
«La poesia di Teresa Negro Vivona può definirsi senz'altro lirica, canto dell’anima. Nel racconto sereno e amaro di un tempo, emerge la memoria amica, complice e dolce, carica di affetti lontani. Si evidenzia la presenza della percezione del tempo che inesorabilmente si accorcia, vissuta serenamente nel ricordo di immagini piacevoli: nonni, trilli festosi di bimbi, nuvole giocose, natura amica. Ricchezze spesso ignorate. Si gustano parole e aggettivi semplici ma penetranti. È etica la profondità del pensiero quando l’autrice scrive che il nuovo giorno da affrontare è speranza e futuro “regalo di vita”». Trascorro le ore in Attesa del domani, Il tempo Destinato Inesorabilmente si accorcia Vorrei fermare Momenti felici. La memoria amica Mi ricarica Di affetti lontani. Affronto il nuovo Giorno Regalo di vita. Dietro i vetri Appannati Un brulicare festoso di Bimbi esce da scuola Correndo verso Propri orizzonti. -
Nel castello di Atlante
Carmine Colella è un venticinquenne di Caserta che giunge a Roma per partecipare a un programma televisivo pomeridiano; ma le sue ambizioni sono altre: studia alla facoltà di Lettere per poter entrare un giorno a far parte del mondo accademico, e vorrebbe anche fare l’artista e l’attore. Si tratta però di vaghe velleità, sogni che in un angolo riposto della sua mente sa che con tutta probabilità non riuscirà mai a realizzare. Un giorno riceve la telefonata di un produttore cinematografico che lo colma di speranze, salvo poi scoprire di non essere riuscito ad attirare, grazie alle sue doti artistiche, le attenzioni proprio dell’uomo. La forte delusione e l’esplosione di frustrazioni stratificate lo porteranno a meditare propositi di vendetta. Con l’aiuto di improbabili cospiratori cercherà di mettere in pratica un’azione punitiva nella residenza del produttore, ma anche questa gli si ritorcerà contro. Attorno al ragazzo ruotano una serie di personaggi: giovani, inesperti, velleitari come lui, incapaci di realizzare i propri propositi, un po’ per la loro inettitudine, un po’ per l’opposizione di altri personaggi più anziani, che, più o meno involontariamente, costituiscono un ostacolo, più che un aiuto o una guida. Questa giostra di personaggi, spesso contraddittori e incoerenti, si muove in circolo aspirando a esperienze significative che però spesso si rivelano incolori e deludenti, così come la città che la ospita, Roma: vuota, indifferente e distante. Ogni cosa in questo romanzo, ogni luogo, ha l’aspetto del castello incantato del Mago Atlante, in cui Orlando e gli altri cavalieri di Carlo Magno si aggirano alla ricerca di qualcosa che non troveranno mai; i loro desideri si materializzano davanti agli occhi solo per sparire poco dopo, rivelandosi solo illusioni.