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La figlia del boia e il re dei mendicanti
«La ricostruzione storica è accurata, l'intreccio giallo avvincente e l'atmosfera è quella da brivido» - Lara Crinò, il Venerdì di Repubblicarnrn«Un romanzo storico di magnifica inventiva, che conduce il lettore in un'altra dimensione, tra superstizioni e follie collettive» - Voguernrn«Oliver Pötzsch, nel cui albero genealogico sono presenti diversi boia, mestiere che si tramandava di padre in figlio, ci offre un avvincente romanzo storico ricco di dettagli sul tessuto sociale e la struttura del potere politico nella Baviera del XVII secolo» - Publisher WeeklyrnrnUn giorno del 1662 Jacob Kuisl, boia di Schongau, svuota la farmacia di casa, mette nella sacca oppio, arnica e iperico, e sale sulla prima zattera diretta a Ratisbona, la città imperiale dove risiede sua sorella Lisbeth, gravemente malata. Dopo mille traversie giunge a casa della sorella, ma quello in cui si imbatte è agghiacciante anche per il cuore duro di un boia. Nell'ultimo cubicolo del bagno, Lisbeth e consorte giacciono in una tinozza e sembrano immersi nel loro stesso sangue, Lisbeth con un taglio alla gola che gli sorride come una seconda bocca, Andreas, il marito, con una ferita al collo così profonda che la testa è quasi staccata dal busto. Kuisl non ha nemmeno il tempo di piangere, che si ritrova circondato da un drappello di cinque guardie comandate da un uomo che gli sguaina la spada contro, si arriccia i baffi e, indicando i due cadaveri, gli dice: «A quanto pare sei proprio nei guai, bavarese». Alla figlia del boia, Magdalena, e a Simon, il suo impavido compagno, spetterà il compito di tirare Kuisl fuori dai guai, con l'aiuto di Nathan il Saggio, il re dei mendicanti di Ratisbona, il signore del regno della notte dai denti d'oro. -
Generali. Controstoria dei vertici militari che fecero e disfecero l'Italia
La Marmore, Cavallero, Diaz, Bixio, Persano, Cadorna, Graziani, Badoglio: vizi, virtù, glorie e misfatti dei nostri generali.rnrnAttraverso alcune biografie esemplari, Domenico Quirico narra in queste pagine le avventure dei generali che, nel secolo che va dalle guerre d'Indipendenza al secondo conflitto mondiale, hanno contribuito a fare e disfare l'Italia. Con le loro divise ornate di greche e nastrini capeggiavano guerre diversissime dai conflitti moderni: campagne, come quelle del Risorgimento e dell'Italietta coloniale, dove «c'erano fronti, ritirate, medaglie, regole», le vie erano tracciate dal passo dei muli e «la truppa, che si affidava alle gambe come solo mezzo di trasporto, non era assetata di sangue». Campagne in cui talvolta affioravano tra i soldati pietà e onore, virtù sempre più rare nelle guerre contemporanee. Panciuti, goffi, spesso incapaci, i generali non esitavano a guerreggiare fra di loro. Le feroci lotte intestine venivano, però, puntualmente messe da parte allorchè si trattava di difendere gli interessi corporativi della più elevata categoria degli ufficiali. Con una prosa arguta e serrata, Domenico Quirico costruisce una storia complessiva del loro operato, dei meccanismi con cui venivano selezionati, dell'ideologia che li muoveva. Un libro disincantato che narra di un universo a parte, di un clan, di una tribù che ha determinato, in una misura nient'affatto irrilevante, le sorti del nostro paese. -
La signora Sandokan
Ida Peruzzi Salgari, Carlo Emilio Gadda, Sibilla Aleramo e Samuel Beckett: quattro personaggi in presa direttarnrn«Un finissimo gioco tra letteratura e introspezione dove la narrativa s'innerva nel teatro e il teatro nella narrativa » - la RepubblicarnNel 1911, nel Regio Manicomio di Torino, reparto indigenti, un'ospite illustre, Ida Peruzzi Salgari, la moglie del creatore di Sandokan, apprende che suo marito si è inflitto una morte orrenda a colpi di rasoio. Tra delirio e lampi di lucidità, ricorda la propria vita al fianco di Emilio, il trasloco da Verona a Torino, la giovinezza spavalda, il lavoro romanzesco che, per quanto frenetico, non è mai stato in grado di sollevare la famiglia dalla povertà. Fantasiosa e ferita, innamorata e rabbiosa, racconta, si esalta, si dispera, consapevole di dover sopravvivere inutilmente al suo capitano... ""La signora Sandokan"""" è uno dei quattro racconti che compongono questo libro apparso per la prima volta nel 2004 col titolo """"L'ultimo nastro di Beckett"""". Gli altri personaggi che lo occupano si chiamano Carlo Emilio Gadda, Sibilla Aleramo e Samuel Beckett. Tra verità e finzione, i quattro protagonisti escono dal buio e si offrono in presa diretta. Ciascuno con il proprio linguaggio, si riprendono la vita e la trasferiscono su alcuni momenti irrepetibili della storia di noi tutti: Torino, Roma, Firenze, Parigi, e la letteratura, il teatro, la guerra, gli amori mai pienamente goduti e a volte colpevolmente subiti."" -
Morire in primavera
«Due angeli con la divisa delle Waffen-SS. Due amici fraterni chiamati a recitare la parte di Caino e Abele» - la Lettura, Corriere della Serarnrn«Rothmann fa ""crescere una storia dal silenzio"""", quello di una generazione in cui non tutti furono carnefici» - Lara Crinò, il Venerdì di Repubblicarnrn«L'epica di Rothmann trova la giusta e sofferta distanza per parlare di tempi bui in cui l'innocenza si trasforma in colpa, l'amicizia in tradimento, la vita in un rituale di morte» - Luigi Forte, ttL-la StamparnrnNel tardo inverno del 1945, nella Germania del nord, Walter e Fiete, diciassette anni ciascuno, lavorano come mungitori in un podere che mostra tutti i segni della guerra. Walter pensa non lo spediranno mai al fronte. Sparava storto già nella Gioventù Hitleriana, ha gli occhi che non vanno, munge mucche, fa un lavoro che qualcuno deve pur fare. Fiete, il suo amico più caro, ha il volto scarno, le guance imberbi, le ciglia lunghe e ricce e, se chiude gli occhi pesti, pare una ragazza. Insomma, è tutto fuorché un soldatino di piombo pronto a difendere l'onore della grande Germania. A una festa, lungo il canale, tra barili di birra e un'orchestrina di otto elementi, compaiono anche le Waffen-SS, con le loro divise grigioverdi pulite, stivali lustri e un invito cui nessuno può sottrarsi, pena ritrovarsi un cappio attorno al collo: arruolarsi per sancire la fedelta al Führer, al popolo, alla patria e alla fede incrollabile nella vittoria! Walter e Fiete si ritrovano così in Ungheria. Walter a trasportare rifornimenti per le truppe e Fiete nell'orrore del fronte."" -
Bardo Thodol. Il libro tibetano dei morti
Il ""Bardo Thodol"""" fu composto dal grande maestro Padma Sambhava, nell'VIII o nel IX secolo, per i buddhisti indiani e tibetani. Venne in seguito nascosto per un'era a venire e ritrovato solo nel XIV secolo dal noto «scopritore di tesori» Karma Lingpa. Il libro interpreta le esperienze dello stato intermedio (in tibetano bardo), di solito riferito alla condizione tra la morte e la rinascita. Bardo indica la condizione intermedia (i tibetani distinguono sei stati intermedi: l'intervallo tra la morte e la rinascita, tra il sonno e la veglia, tra la veglia e «l'assorbimento profondo», e i tre stati intermedi durante il processo di morte-rinascita), mentre le parole """"thos grol"""" significano che l'insegnamento offerto da questo libro «libera» non appena lo si «apprenda» o «intenda», offrendo alla persona che affronta lo stato intermedio una comprensione così chiara e profonda da non richiedere una riflessione prolungata. Un'approfondita descrizione del processo di morte ricavata dalla vasta letteratura tibetana sullo yoga supremo, e vaste parti mai tradotte prima dell'opera più ampia (""""Il profondo insegnamento della liberazione naturale attraverso la contemplazione delle divinità di buddha miti e feroci"""") di cui il """"Bardo Thodol"""" costituisce una sezione, fanno di questa versione, curata da uno dei maggiori tibetologi viventi, l'edizione di riferimento per molti anni a venire di un grande classico del pensiero orientale."" -
Marta nella corrente
«»La storia di due solitudini e di due generazioni che si incontrano - Corriere della Serarnrn«Con uno stile sobrio che non cede mai alla tentazione del patetico e una struttura che alterna punti di vista e piani temporali, l'autrice racconta di infanzie negate, di separazioni e perdite, del peso del senso di colpa e delle infinite pieghe che i sentimenti possono prendere» - il Venerdì di RepubblicarnrnCon una scrittura impeccabile e attenta ai dettagli, e uno sguardo che spazia dal dramma della Shoah alla Milano degli anni Ottanta, Marta nella corrente svela il talento di una scrittrice capace come pochi di dar voce con grazia alle emozioni e ai moti più intensi dell’animo.rnrnI festeggiamenti per la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio impazzano ancora nel torrido pomeriggio del 1982 in cui Aldo Fantini riceve la visita della polizia. Sessant’anni appena toccati, Fantini si stava preparando il suo caffè pomeridiano con la meticolosa cura di chi è da due mesi in pensione, quando si ritrova al cospetto di un poliziotto alto e magro che, con una voce che suona lontana come in un incubo, gli annuncia che Bruna Fantini, sua figlia, è deceduta in compagnia di un amico in un incidente d’auto lungo un grande viale di Milano.rnCon lo stesso tono, il poliziotto aggiunge poi che nell’appartamento di Bruna Fantini è stata ritrovata sola, e naturalmente ignara dell’accaduto, la figlia della giovane donna, una bambina di nome Marta.rnSono dieci anni che Aldo Fantini non ha più notizie di Bruna, precisamente dal momento in cui la scomparsa della moglie ha significato anche l’allontanamento di casa della figlia. Ignorava così tutto della vita di Bruna, in primo luogo che avesse a sua volta una figlia e che lui fosse diventato nonno.rnDolore e compassione cancellano tuttavia le colpe e i torti degli anni, e così l’uomo non esita a prendersi totalmente cura della nipote. Ne chiede l’affidamento e, dopo essersi recato a casa della figlia, recupera vestiti, bambole, scatole di perline, cassette di lacca rossa per cercare di alleviare sofferenza e solitudine della bambina.rnMa è un nonno che Marta non ha mai conosciuto, un estraneo per la ragazzina. Il destino, però, si sa, tesse segretamente i suoi fili, e li svolge secondo misteriose affinità. Marta viene affidata alle cure della dottoressa Emma Donati, che non è soltanto un’esperta psicologa.rnCome Marta, un mucchietto d’ossa di sette anni che, con i muscoli tesi, non risponde a nessuno e reagisce alla morte della madre col silenzio ostinato di chi vuole negare la perdita, così Emma Donati è segnata dalla volontà di sfuggire il dolore attraverso il silenzio e la negazione. Sopravvissuta ad Auschwitz, ha nascosto per anni una ferita indelebile che le è stata inferta durante gli anni di prigionia. Una ferita che, al cospetto del senso di colpa di Marta per la tragedia di cui si sente responsabile, sanguina di nuovo e richiede una definitiva guarigione. -
Inferno. Il mondo in guerra 1939-1945
«Un affresco grandioso che ci offre l'occasione di verificare se sia possibile essere i continuatori dei nostri padri e dei nostri nonni» - Antonio Scurati, La Stamparnrn«Maestoso... Impossibile uscirne senza il senso della vastità della tragedia umana» - Daily Telegraphrnrn«Max Hastings non ci risparmia niente nel ritrarre la sanguinosa ferocia della peggiore guerra che il mondo abbia mai vissuto. Un libro magnifico e ipnotico, dalla prima all'ultima pagina» - Sunday Telegraphrnrn""Questo libro parla soprattutto dell'esperienza umana"""": avverte Max Hastings nell'introduzione a questa imponente storia della Seconda guerra mondiale. L'esperienza, innanzi tutto, di milioni di individui, soldati in prima linea o civili che fossero, schiacciati dalla necessità di sopravvivere nel mondo devastato dalla violenza e dall'orrore. Attraverso una miriade di microstorie estrapolate dai più diversi scenari del mondo in guerra, e costellate di aneddoti e testimonianze pregnanti, Hastings ricostruisce il teatro di un """"inferno"""" globale che non risparmiò alcun angolo del pianeta. Nel ripercorrere la Storia che va dall'invasione della Polonia alle atomiche su Hiroshima e Nagasaki, il libro elabora un quadro diverso, completo sul piano geografico considera per esempio i teatri di guerra di India e Cina, troppo spesso trascurati - e, per molti versi, sorprendente su quello statistico, con numeri che fanno pensare, come i circa trecentomila soldati russi uccisi dai propri comandanti - più del totale dei soldati inglesi uccisi per mano nemica durante l'intera guerra - o i quindici milioni di morti in Cina. Infine l'analisi storica propone interrogativi di non poco conto dal punto di vista storico. Quali strategie, quali fronti, quali divisioni, quali resistenze di massa hanno determinato l'esito storico del conflitto? Quale reale incisività hanno avuto gli USA e la Gran Bretagna? A chi, dati alla mano, è più giusto attribuire il merito di aver sconfitto Hitler e il nazismo?"" -
Vita di Pantasilea
Roma, 1527. Una giovane cortigiana di nome Pantasilea si avvia a pregare sulle reliquie di San Giuda Taddeo, il santo delle cause disperate, nella speranza che Benvenuto Cellini, l’artista di cui è l’amante, si decida a sposarla, evitandole così l’onta di una gravidanza disonorevole. Il caso vuole che, mentre si dirige verso la chiesa dove sono conservate le reliquie del santo, s’imbatta nella processione del cardinale Farnese, appena uscito dal suo palazzo ancora incompiuto. L’emerito cardinale rimane colpito dalle doti della cortigiana e, promettendole cento scudi d’oro, la invita a una «cena» con un giovane chierico «che avrà un grande futuro nella Chiesa». Una prospettiva allettante per Pantasilea, che deve completare rapidamente la sua dote e sposare Benvenuto. Una prospettiva che, tuttavia, deve fare i conti con l’esercito di Carlo di Borbone che si avvicina inesorabilmente alla città. Un’armata composta da mercenari spagnoli, italiani e dai lanzichenecchi luterani che qualche mese dopo metterà a ferro e a fuoco Roma, scrivendo una delle pagine più tristi della storia della Città eterna, la pagina tramandata ai posteri come il Sacco di Roma. -
Il padrone del vento. La lunga vita felice di Agostino Straulino
La lunga vita di Agostino Straulino raccontata da quelli che l'hanno conosciuto. I suoi marinai, i suoi allievi, gli amici d'infanzia parlano di un uomo che ha amato e conosciuto il mare come nessun altro. Dagli anni dell'adolescenza a Lussinpiccolo alle imprese di guerra, dall'oro olimpico di Helsinki alle vittorie nei campionati del mondo, dal primo avventuroso viaggio del Corsaro II al comando del Vespucci di cui, in questo libro, è pubblicato il diario di una crociera-scuola estiva scritto dallo stesso Straulino. Novant’anni vissuti con letizia, novant’anni spesi tutti in mare. Un ritratto privato, fatto non solo di regate. La storia dì un uomo ironico e lieve, severo e appassionato. Un uomo che ha amato fino alla fine il mare e la vita. -
La reliquia di Costantinopoli
1565, Venezia. Il sole non lambisce ancora il camposanto di San Zaccaria, quando il vecchio Giovanni si cala nella tomba del chierico Gregorio Eparco, il suo antico tutore, appena riesumata dai pissegamorti in cambio di tre ducati. Non vuole trafugare la bara di legno marcio o le ossa ricoperte di lanugine e muffa. Sta cercando un libercolo. Un diario ""avvolto in una pezza di tela cerata, sigillata da un nastro nero"""", che lui stesso, cinquant'anni prima, ha nascosto sotto la nuca del maestro, dopo aver giurato di non sfogliarlo né di farne parola con nessuno. Il giuramento, però, ora può essere infranto, poiché le annotazioni contenute in quell'involucro sono l'unico indizio in grado di condurre ad alcune preziosissime reliquie cristiane andate perdute. Il diario si apre nel 1452, quando Gregorio giunge ad Adrianopoli insieme con il suo socio d'affari, l'ebreo-veneziano Malachia Bassan. La città, strappata a Venezia dagli Ottomani un secolo prima, offre uno spettacolo raccapricciante agli occhi dei due giovani mercanti. Gregorio ha un'idea: recuperare tutti """" i frammenti di Paradiso"""" disseminati nelle chiese, nei sotterranei e dentro il Grande Palazzo imperiale di Costantinopoli, per salvare in tal modo la Cristianità. Un'idea allettante anche per Malachia Bassan, nella cui mente si affaccia il pensiero che, male che vada, quelle reliquie così preziose possono pur sempre essere vendute. Così tra imboscate, fughe ed enigmi, i due giovani mercanti si accingono all'impresa..."" -
Gli scherzi del dragone
Paul, il protagonista di «Il sussurro delle ombre», il primo romanzo della trilogia di Sendker dedicata alla Cina, sembra aver superato il lutto della morte di suo figlio e aver ritrovato la serenità perduta tra le braccia della bella Christine. I due progettano di andare a vivere insieme nella piccola isola di Lamma davanti a Hong Kong quando una rivelazione turba profondamente Christine. Un indovino le predice che il suo futuro e quello di Paul è davvero oscuro e che una grave minaccia incombe sul capo del suo uomo. I timori di Christine sembrano avverarsi quando la donna riceve un'inaspettata lettera da parte di Da Long, il fratello scomparso sin dai tempi della rivoluzione culturale, una lettera che è, nei fatti, una disperata richiesta di aiuto. Da Long vive in un piccolo villaggio vicino a Shangai dove uomini e bestie si ammalano di uno strano morbo e muoiono come mosche. Paul cerca di andare in fondo alla cosa e di scoprire cosa si cela dietro quelle morti, quale mano umana vi sia dietro quei crimini, senza rendersi conto del grave pericolo a cui sta andando incontro. -
Sissi. La solitudine di un'imperatrice
Grazie a un'accurata documentazione storica e a una prosa scorrevole Allison Pataki offre al lettore il ritratto complesso e sfaccettato dell'imperatrice Sissi, fragile e indomita protagonista di un'epoca che non seppe comprenderla, né accettarne fino in fondo l'irrequieta, moderna personalitàrn«La vasta ricerca storica di Allison Pataki è evidente dal modo in cui esplora, con grande abilità, la vita complessa di una donna amata e, insieme, odiata da coloro che aveva accanto.» - Publishers Weeklyrn«Emozionante, avvincente, impeccabile. Allison Pataki ritrae meravigliosamente l'imperatrice Sissi. Una lettura obbligata.» - Lynn CullenrnrnrnrnÈ l'estate del 1868 e l'imperatrice Elisabeth d'Austria-Ungheria, che i suoi sudditi preferiscono chiamare semplicemente Sissi, vive una vita libera dai dettami di corte a Gödöll, la sua proprietà di campagna alle porte di Budapest. Andata in sposa all'imperatore Franz Joseph a sedici anni. Sissi è stata l'artefice del compromesso in virtù del quale l'Ungheria ha scelto di restare nel regno, permettendo agli Asburgo di mantenere il controllo di gran parte dell'Europa senza dover ricorrere alle armi. Un colpo di genio con cui la giovane imperatrice si è guadagnata il diritto a regnare insieme al marito alla corte degli Asburgo. Amatissima dai suoi sudditi ma aspramente criticata dalla suocera, l'arciduchessa Sophie, Sissi si è allontanata dallo sfarzo freddo e formale del castello di Schönbrunn, la sede imperiale degli Asburgo, trovando conforto nella selvaggia bellezza del paesaggio ungherese. A Gödöll può cavalcare tutto il giorno per campi e boschi, sciogliere i suoi leggendari capelli e intrecciarli con fiori di campo e godere, per la prima volta, delle gioie della maternità grazie alla piccola Valerie, l'unica tra i suoi figli che non le è stata strappata dalle braccia per essere chiusa nella nursery imperiale. A Gòdòll può anche incontrare liberamente il conte Andrassy, ministro degli esteri dell'Austria-Ungheria, che le malelingue, a Vienna e in tutta l'Austria, sussurrano sia il vero padre di Valerie, chiamata da tutti «la piccola ungherese». Un giorno, però, una lettera giunta da Schönbrunn, vergata dalla mano della sua secondogenita Gisela, la richiama ai suoi doveri, imponendole di rientrare nella capitale. Nella Vienna della metà del XIX secolo, dove i saloni di rappresentanza e le camere da letto fanno da sfondo non solo a valzer e champagne, ma anche a tentazioni, rivalità e intrighi crudeli, l'attendono nuove congiure e nuovi, inaspettati nemici. -
Momo a Les Halles
Una scatola di biscotti con dentro centoquarantatré franchi, l'abito buono indossato per festeggiare il diploma di terza media, un paio di oggetti di scarso valore gettati alla rinfusa in una borsa: ecco tutto il patrimonio che Maurice, detto Momo, e Marie Moscowitz, rispettivamente quattordici e undici anni, riescono a portarsi via il giorno d'agosto del 1941 in cui scappano come ladri dalla loro casa di rue des Érables a Parigi, accompagnati da Monsieur Surreau, piombato in piena notte nell'appartamento per condurli in salvo. Nel 1941, in Francia, basta avere in tasca una carta d'identità barrata con la parola ""ebreo"""" per essere deportati. Dopo un controllo ai documenti, papà Moscowitz è stato arrestato mentre passeggiava per le strade della capitale. Della madre dei ragazzi, invece, non si sa nulla. Raccomandando ai ragazzi di scegliersi opportunamente """"un cognome che suoni francese"""", Monsieur Surreau li deposita nella soffitta di un palazzo nei pressi di Les Halles, il mercato di vendita all'ingrosso del primo arrondissement. In quel luogo angusto, tuttavia, Momo e Marie non sono destinati a una triste esistenza clandestina. Un mondo nuovo e affascinante si schiude davanti ai loro occhi: il regno di Bulle e delle sue amiche. Un regno la cui regina incontrastata è l'affascinante, generosa Bulle, più bella di Marlene Dietrich per Momo, con le sopracciglia che tracciano due grandi archi rossi sopra gli occhi verdi e il naso dritto e sottile."" -
Caro signor M.
Il signor M. è uno scrittore che può al massimo produrre libri non privi di meriti, come si suole dire degli autori mediocri. Ha scritto però un libro di grande successo, ""Resa dei conti"""", in cui non ha esitato a indicare i presunti colpevoli della scomparsa di Jan Landzaat, il professore più amato di tutti al liceo Spinoza. Viso sempre abbronzato e giovanile, Landzaat faceva ridere e arrossire le ragazze. Innanzi tutto Laura Domènech che gli si concesse per una breve, intensa, burrascosa storia, prima di gettarsi tra le braccia del giovane Herman, suo coetaneo. Landzaat sparì il giorno in cui si recò, col suo maggiolino color crema, a Terhofstede, dove c'era una casetta dei genitori di Laura, e dove la ragazza e Herman si erano rifugiati prima di partire per le vacanze di Natale. Tra flashback rivelatori, false piste e colpi di scena ad alta tensione, l'autore della """"Cena"""" costruisce un romanzo accattivante che non risparmia niente e nessuno. Un gioco di specchi in cui tutti i personaggi sembrano essere ad un tempo innocenti e colpevoli."" -
Hotel Calcutta
Anni Cinquanta: Calcutta si chiama ancora Calcutta e vive gli ultimi splendori del suo recente passato coloniale. Nella «striscia d'oro», il centro della vita mondana e dei grandi alberghi, si aggira Shankar, un ex babu, un giovane impiegato di un avvocato inglese dell'alta corte. L'illustre esponente del foro imperiale britannico è morto e il ragazzo si è ritrovato di colpo nel deserto di povertà e penuria da cui viene, e che credeva di essersi lasciato definitivamente alle spalle. Per i dannati della terra come Shankar, basta il minimo temporale a distruggere l'oasi. Ma per fortuna non è sempre così. Shankar trova lavoro nell'albergo più antico e prestigioso dell'Esplanade: lo Shahjahan Hotel. E nell'istante in cui oltrepassa la soglia di quell'albergo di lusso, che sembra una vera e propria opera d'arte, Shankar si sorprende a entrare in un mondo nuovo, una città nella città in cui si raccoglie un'umanità varia e disparata, con i suoi amori e le sue passioni, i sogni infranti e le gioie, le tragedie inaspettate e i trionfi. -
Lady Elizabeth
"La scrittura di Alison Weir è chiara e coinvolgente, e anche se i lettori sanno che la protagonista finirà per trionfare, la storia mantiene, intatta, la suspense. I personaggi principali sono ben disegnati e le figure storiche assolutamente riconoscibili."""" - School Library Journal rnrnIn una calda e silenziosa mattina di luglio del 1536, Lady Maria, figlia di Re Enrico VIII, giunge nel maestoso palazzo di campagna di Hatfield, dove la attende la sorella minore, la piccola Elisabetta. L'espressione compunta sul viso chiaro punteggiato di lentiggini, la bambina è stata causa di sofferenze e dolori inenarrabili per la figlia maggiore di Enrico VIII. La sua nascita, infatti, l'ha privata di tutto ciò che aveva di più caro: sua madre, la Regina Caterina, ripudiata a favore dell'intrigante Anna Bolena, il suo rango, le prospettive di salire al trono e trovare un marito e, infine, l'amore di suo padre, il re. I pericolosi rivolgimenti di un fato crudele hanno, però, ora cambiato anche la sorte di Elisabetta. La madre della bambina, Anna Bolena, è stata giustiziata nella Torre di Londra con l'accusa di tradimento, e Maria può provare soltanto dispiacere per la sorella nel comunicarle la terribile notizia. Privata del ruolo di erede legittima, chiamata dalla servitù semplicemente «lady» e non più «principessa», Elisabetta sembra soccombere al suo triste destino di «bastarda», così come prevede la legge inglese. Attraverso scandali privati e pettegolezzi pubblici, successioni legittime e contestate, si ritroverà, tuttavia, un giorno sull'ambito trono d'Inghilterra, celebrata come l'iconica Regina Vergine." -
Soli e perduti
Una meravigliosa storia universale sulla solitudine e sul bisogno di appartenenzarnrn«Sono pochi gli scrittori contemporanei in grado di raccontare la tenerezza... Nevo lo fa con la spigliatezza del fuoriclasse» – Alessandro Piperno, La Lettura-Corriere della Serarnrn«Una vicenda ricca di anime, di passati da raccontare, di presenti complicità» – La Stamparnrn«Nevo è considerato tra gli esponenti principali di quella nuova generazione della letteratura israeliana che affronta senza tabù il conflitto che divide il paese ed è anche in grado di dare voce alle vicende politiche e personali dei palestinesi» – Il ManifestornrnrnNel lontano New Jersey, dopo quarant'anni di felice vita coniugale, e dopo la dipartita della moglie, Geremia Mendelshtorm si scopre improvvisamente privo di appartenenza in un luogo come l'America. Un giorno, ecco la brillante idea: immortalare il nome dell'amata finanziando la costruzione di un nuovo 'mikveh', un bagno rituale, nella Città dei Giusti in Israele, dove aveva in animo di recarsi con sua moglie l'estate precedente. In una irresistibile commedia degli equivoci generata da eventi inaspettati, il 'mikveh' si rivela miracoloso per ragioni tutt'altro che pure e immacolate. Una inaspettata tensione erotica impregna, infatti, magicamente le sue acque e i suoi muri e si propaga a chiunque vi si immerga. Elogio del primato del desiderio e dell'amore in ogni circostanza della vita, il romanzo getta uno sguardo furtivo e ironico su alcuni aspetti paradossali e comici della vita reale in Israele, ma è anche una storia universale sulla solitudine e sul bisogno di appartenenza. -
Ritratto di un matrimonio
Un magnifico ritratto di un matrimonio d'amore con tradimentornrn«Un eccellente romanzo... con un acume anti-romantico che sembra rievocare l'amaro senso della coniugalità di John Updike» – Leonetta Bentivoglio, La Repubblicarnrn«Una lettura memorabile. La scrittura di Black è dotata di una precisione devastante» – The Sunday Timesrnrn«Robin Black è una scrittrice di grande sapienza, illumina, senza inutile enfasi, la fragile complessità delle storie personali... Questo romanzo è pervaso di inquietudine, esattamente come la vita» – The GuardianrnrnAugusta è una pittrice con un'avvenenza che suggerisce forza e potenza, Owen, suo marito, uno scrittore quarantottenne che pare ancora un ragazzo, con i capelli lunghi che gli cadono sul viso. Augusta e Owen sono sposati da così tanto tempo da essere ormai «un'unica creatura» e da poco vivono in una fattoria in campagna, solitaria e separata dal resto del mondo. La ragione vera del trasferimento della coppia, tuttavia, non ha nulla a che vedere con il coronamento del loro idillio, ma con la sua sfiorata fine, precisamente con il tradimento di Augusta. Un tradimento consumato anni prima con il padre di un'allieva, e rimasto una presenza costante nella loro vita. Da allora Owen è l'uomo che sa troppo, lo scrittore che ha in testa un opprimente pensiero fisso. A turbare lo 'status quo' sarà l'arrivo, nella casa accanto alla loro, di un'altra pittrice, Alison. Poco dopo, al piccolo gruppo si aggiunge Nora, la figlia di Alison, il corpo longilineo, i capelli biondi legati, una versione Modigliani della madre che tuttavia, diversamente dalla lei, non dipinge ma ama la letteratura e, in modo particolare, la scrittura di Owen: un genio, per lei, una fonte di ispirazione, un autore sottovalutato, destinato a elogi postumi. -
Cento strategie non ortodosse
Concepito quale testo di studio per gli aspiranti ufficiali della Cina confuciana e compilato nel XV secolo, il libro offre un compendio di cento principi strategici fondamentali ricavati da oltre due millenni di esperienze tattiche sui campi di battaglia. Il manuale è suddiviso in cento capitoletti, ciascuno dedicato a un elemento strategico basilare e illustrato con la descrizione di una battaglia ripresa dalla storia cinese. Gli esempi storici gettano nuova luce su formulazioni spesso enigmatiche degli antichi strateghi: ""potenza strategica"""", """"difesa"""", """"vuoto"""", """"spirito"""" (""""qi""""), """"vittoria""""."" -
La dama e l'unicorno
È un giorno della Quaresima del 1490 a Parigi, un giorno davvero particolare per Nicolas des Innocents, pittore di insegne e miniaturista conosciuto a corte per la sua mano ferma nel dipingere volti grandi come un'unghia, e al Coq d'Or e nelle altre taverne al di qua della Senna per la sua mano lesta con le servette di bell'aspetto. Jean Le Viste, il signore dagli occhi come lame di coltello, il gentiluomo le cui insegne sono ovunque tra i campi e gli acquitrini di Saint-Germain-des-Prés, proprio come lo sterco dei cavalli, l'ha invitato nella Grande Salle della sua casa al di là della Senna e in quella sala disadorna, nonostante il soffitto a cassettoni finemente intagliato, gli ha commissionato non stemmi imponenti o vetrate colorate o miniature delicate ma arazzi per coprire tutte le pareti. Arazzi immensi che raffigurino la battaglia di Nancy, con cavalli intrecciati a braccia e gambe umane, picche, spade, scudi e sangue a profusione. Una commissione da parte di Jean Le Viste significa cibo sulla tavola per settimane e notti di bagordi al Coq d'Or, e Nicolas, che può resistere a tutto fuorché alle delizie della vita, non ha esitato un istante ad accettare. Non ha esitato, però, nemmeno ad annuire davanti alla proposta di Geneviève de Nanterre, moglie di Jean Le Viste e signora di quella casa.