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The Beautiful Prince. Un uomo incredibile raccontato dalle sue stesse parole
“The Baeautiful Prince” racconta la storia del genio di Minneapolis attraverso l’analisi delle sue interviste, da quelle rilasciate alla fine degli anni Settanta a quelle del primo decennio del Duemila. Prince ha sempre avuto un rapporto complicato con la stampa. Essendo una persona molto timida, si sentiva inerme davanti allo sguardo degli altri, in preda al timore di risultare inadeguato, di non essere all’altezza della sua fama. Sembra impossibile da credere, ma Prince, l’uomo che sul palco si scatenava, era seduttivo, ammaliava tutti, uomini e donne, quando si trovava davanti a un giornalista o nel corso di una conferenza stampa, temeva di dire la cosa sbagliata, di rendersi ridicolo (era convinto di avere un tono di voce sgradevole, ad esempio). Tuttavia gli occhi di quei giornalisti – gli occhi che nel corso degli anni lo osservano, lo scrutano, lo giudicano – risultano importantissimi per noi. A volte quegli sguardi sono più importanti delle dichiarazioni e delle parole stesse che Prince pronuncia davanti a loro. Quegli occhi attenti (e spesso malevoli) riescono a cogliere un tic, una smorfia, un gesto di disappunto, che sfuggono al maniacale controllo che Prince esercitava costantemente su se stesso e ci permettono anche di capire qualcosa. Illuminano una circostanza, consentono di inquadrare un momento della sua vita. Nel corso della sua carriera, Prince si è barricato dietro un muro pressoché impenetrabile, per proteggere se stesso e la sua creatività. Molte delle fonti presenti in questo libro concordano sul fatto che quel muro impenetrabile aveva lo scopo di consentirgli di lavorare e di creare spazio all’interno di una bolla che lo faceva sentire sicuro. -
Un glorioso fallimento. L'eterno presente della Factory Records
Nel 1992, dopo più di settanta artisti e quasi trecento dischi pubblicati, la Factory Records dichiarava bancarotta. I suoi quattordici anni di vita, caratterizzati dalla gestione passionale ed economicamente scellerata dei suoi soci, hanno scandito una storia in cui convivono gli estremi dell’esperienza umana: il fallimento, l’estasi, la morte, l’edonismo. I suoi album hanno fatto storia, le sue grafiche sono finite nei musei e in passerella; è riuscita a trasformare una cupa città industriale dell’Inghilterra settentrionale in un florido centro culturale che aveva il suo cuore nel club Haçienda. “Un glorioso fallimento” racconta l’epopea e i protagonisti della Factory spulciando il suo catalogo e immergendosi nella sua estetica, camminando per le strade di quella Manchester che ha influenzato l’etichetta ed è cambiata al suo ritmo. La fenomenologia dei Joy Division, gli spot in cui risuona “Blue Monday”, Kanye West che campiona i Section 25, James Murphy degli Lcd Soundsystem che adora gli Esg, i Biting Tongues che preludevano all’elettronica di Aphex Twin: in queste pagine viene analizzata l’influenza pulsante della Factory nel nostro presente, la genesi del factorysmo, la fascinazione di Virgil Abloh e Raf Simons per la sua musica e le sue copertine. Con una nota di Peter Hook e interviste a Simon Reynolds, David Stubbs, Dave Simpson (“Guardian”), John Robb (“Louder Than War”), Toby L (“Transgressive”), Tim Putnam (“Partisan”), Simon Raymonde (“Bella Union”), James Nice (“Ltm”) e Kevin Cole (“Kexp”). -
Your attention, please. Storia e musica degli Afghan Whigs
“John e Rick mi dicevano cose tipo: ‘Non puoi farlo’. E io: ‘Perché? Chi lo dice?’. Non ci sono regole nel rock’n’roll. È illegalità. Siamo qui per questo, per infrangere le regole. È questo il divertimento”. Così il frontman Greg Dulli giustifica e insieme descrive perfettamente la musica degli Afghan Whigs: che è libertà totale di approccio e soprattutto di scelta e rilettura di influenze diametralmente opposte tra loro. Dall’esordio autoprodotto all’approdo in Sub Pop, dai capolavori degli anni Novanta fino all’inaspettata reunion, questo libro vuole raccontare la storia di un gruppo difficilmente definibile, anacronistico perché fuori dal tempo, troppo spesso pigramente definito dalla critica come una sorta di cortocircuito tra soul e grunge, ma che in realtà è tanto di più. Guidata da un frontman anomalo e straordinario come Dulli, la band di Cincinnati, senza riuscire a raggiungere le vendite e la popolarità delle grandi formazioni alternative del periodo, si è però ritagliata lo status di formazione di culto, un’immagine che da inizio anni Novanta dura ancora oggi. Una parabola straordinaria che ha riletto il motto “sesso, droga e rock’n’roll” in una chiave inedita fatta di malinconia, senso di colpa e rabbia, e permeata dalla fondamentale influenza della black music, che rende gli Afghan Whigs se non un unicum, quantomeno una rara e affascinante scheggia impazzita nel panorama rock a stelle e strisce degli ultimi trent’anni. -
La maledizione del Dakota. Rosemary's Baby, Cielo Drive, John Lennon e altri fatti oscuri
La maledizione del Dakota: dall’omicidio di Sharon Tate da parte della setta di Charles Manson all’assassinio di John Lennon, tutti i misteri e le coincidenze che legano morti violente e sospette di nomi della musica, del cinema e dello spettacolo al celebre palazzo di New York, quello in cui fu girato il film “Rosemary’s Baby” di Roman Polanski, marito di Sharon Tate, e davanti al quale fu ucciso John Lennon. Il Dakota pare sia stato teatro di riti satanici, legato al celebre esoterista Aleister Crowley (fondatore del moderno occultismo nonché fonte di ispirazione per il satanismo, la cui faccia compare inoltre sulla copertina di sgt. pepper’s lonely hearts club band dei Beatles). Crowley negli anni Cinquanta ispirò Anton LaVey, fondatore della Chiesa di Satana (di cui poi sarà nominato reverendo Marilyn Manson). E Anton LaVey collaborò con Polanski (che è sempre stato un grande fan di LaVey) per rendere credibili i rituali satanici presenti nel film “Rosemary’s Baby”. Questo avvincente saggio spiega in maniera ben documentata ma anche assai accattivante che – per quanto sia stato il “White Album” dei Beatles a entrare nel processo dell’omicidio della moglie di Roman Polanski (l’attrice massacrata all’ottavo mese e mezzo di gravidanza dai seguaci della setta di Manson) – in realtà forse non è stato quel disco a ispirare il delirio omicida ma un altro famoso “monumento” dello spettacolo: il Dakota. -
Frank Zappa. Il padrino del rock
Ottobre 1987, Los Angeles, California. Un giovane fotografo italiano viene ingaggiato per documentare le prove e le prime date di “Broadway The Hard Way”, il nuovo tour di Frank Zappa, uno dei personaggi più eccentrici, inventivi e controversi della storia del rock. Per l’occasione Zappa mette su una band di dodici elementi, scelti fra i migliori in circolazione negli Stati Uniti, e concepisce lo spettacolo prevedendo quattro differenti programmi da presentare nelle diverse serate: ogni musicista dovrà imparare alla perfezione circa 300 brani del suo repertorio. Un’impresa titanica, anche per quella che molti non esitarono a definire la migliore band mai avuta dal compositore e musicista italoamericano. I primi concerti confermarono la pertinenza della definizione, ma ben presto quello che sarebbe stato l’ultimo tour di Zappa prima della sua scomparsa nel 1993, si trasformò inaspettatamente in una storia dal sapore quasi shakespeariano, fra incomprensioni e scontri di personalità. “Il Padrino del Rock” racconta il dietro le quinte di quel tour, offrendo un ritratto molto inconsueto di Zappa, del suo modo di lavorare e di essere, della sua lotta per la libertà di espressione e contro le regole imposte dalle major. Sullo sfondo, quasi in controluce, Los Angeles e la Hollywood di quegli anni, con i sogni e le ambizioni, ma anche le cadute, le contraddizioni e le innumerevoli fragilità e altri incontri di ordinaria follia o straordinaria normalità, anch’essi reali, con altri grandi artisti quali Jaco Pastorius, Joe Zawinul, Miles Davis, Russ Meyer, Mark Mothersbaugh. -
Nothing is real. Breve storia della musica psichedelica inglese
“Nothing Is Real” è una storia della musica psichedelica inglese divisa in due parti. La prima segue cronologicamente le fasi salienti che hanno dato vita a una tendenza musicale influenzata da quelle che il poeta Allen Ginsberg chiama Droghe Benevole, in quanto non danno assuefazione (hashish, marijuana ma, soprattutto, Lsd) e si rivelano strumenti di conoscenza dell’Io Profondo o mezzi per accedere to the other side. A partire dal biennio 1966-1967, infatti, la psichedelia inglese, a differenza di quella americana, più politicizzata e legata alla stretta attualità (la dirty war del Vietnam), tende a evadere dal presente per rifugiarsi in un idillico yesterday nel quale convivono la fiaba e il ritorno all’infanzia, l’Età Vittoriana di Sgt. Pepper e il Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. La seconda parte del volume presenta tutti i gruppi e i solisti, che declinano il verbo lisergico secondo varie accezioni: si va da quello indiano dei Beatles a quello cosmico dei Pink Floyd, da quello soft di Donovan a quello hard dei Deviants, da quello pop dei Nirvana a quello folk della Incredible String Band, da quello blues di Arthur Brown a quello californiano di Eric Burdon & The New Animals, da quello proto-prog di Tomorrow, Pretty Things, Twink, Traffic a quello concept di Mark Wirtz e di Billy Nicholls. Prova che la musica psichedelica inglese rifiuta etichette troppo stringenti e, puntando sull’espansione di una mente caleidoscopica ottenuta tramite l’assunzione di sostanze chimiche, fa delle infinite variazioni su un unico tema la sua più autentica cifra stilistica. -
Zero, nessuno e centomila. Lo specifico teatrale nell’arte di Renato Zero
La musica di Renato Zero non è solo musica. Un concerto di Renato Zero non è solo un concerto. Parte da questi due semplici assunti l’idea di Zero, nessuno e centomila, viaggio nella carriera di uno degli artisti più eccentrici e longevi della storia della canzone italiana alla ricerca di quell’elemento tutto teatrale che è alla base dell’unicità, dell’originalità della sua produzione. Seguendo l’evoluzione della proposta artistica di Renato Zero, dalla sua formazione fino alle pubblicazioni più recenti, avvalendosi anche della testimonianza di alcuni collaboratori, il libro mette in luce le modalità, i meccanismi scenici e drammaturgici grazie ai quali la sua musica diventa a tutti gli effetti teatro. Individuati i punti di riferimento teatrali che avrebbero indirizzato il giovane Zero (Petrolini, Poli, Bene…), il volume accompagna il lettore a scoprire i primi tentativi dell’artista alle prese col palcoscenico in opere come Orfeo 9 di Tito Schipa jr e Anconitana di Gianfranco De Bosio, per poi entrare nel vivo del laboratorio creativo, e dunque della scena, di Renato Zero, andando a studiare da vicino la sua tecnica compositiva e performativa. Conclude il volume una puntuale disamina dei concerti-spettacolo più significativi di Zero come cantattore e vero e proprio regista. Metà saggio e metà racconto, ora analitico ora narrativo, un po’ pop e un po’ letterario, Zero, nessuno e centomila si propone così come uno studio alternativo ma indispensabile per chi voglia approfondire o scoprire il “fenomeno Zero”. -
The Who. Long live rock. Ediz. italiana
Gli Who sono una delle più importanti band nella storia del rock: innovativi, creativi, devastanti e distruttivi, ma allo stesso tempo profondi e intensi. Il cantante Roger Daltrey ha dato voce e immagine al modello del rock singer. La follia creativa del batterista Keith Moon, le schitarrate e gli esperimenti ai synth di Pete Townshend, nonché il virtuosismo del bassista John Entwistle hanno contribuito a costruire un’entità rock di rara potenza. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, The Who, grazie alle qualità compositive e alla profondità come autore di Townshend, agli arrangiamenti e alle esecuzioni vocali e musicali, hanno pubblicato quattro album – tommy, who’s next, live at leeds e quadrophenia – che sono diventati pietre miliari nella storia della musica. I filmati delle performance al Monterey Pop Festival, a Woodstock, e all’Isle of Wight Festival hanno contribuito a immortalarli per sempre nel ruolo di dèi della musica. Questo libro, intitolato come una canzone della band, celebra il mito inossidabile degli Who con uno sguardo al contesto sociale e musicale. Il volume è arricchito dalle testimonianze dei fan italiani e da alcuni contenuti esclusivi: una chiacchierata informale con Kenney Jones (ex componente degli Who), una testimonianza di John Dalton (bassista dei Kinks) e un’intervista a Simon Townshend (fratello di Pete e membro della Who Touring Band). -
Parole & musica. I luoghi della canzone d'autore italiana
Spesso sentiamo parlare di “scuole di cantautori”, una definizione popolare, ma a ben vedere non proprio corretta. Meglio allora “scene cantautoriali”, che si differenziano l’una dall’altra per una serie di fattori. E ogni “scena” è inevitabilmente collegata anche ai “luoghi” della canzone d’autore. Nel suddividere l’Italia in aree geografiche e nel tracciare il profilo artistico di singoli personaggi di successo, “Parole & Musica” intende definire quali ispirazioni, quali fonti di riferimento, tradizioni popolari passate ma profondamente radicate, quali temi e suggestioni personali di vita o artistiche, e ancora quali ambienti e sollecitazioni culturali ci siano o ci siano state in passato alla base di una canzone d’autore proveniente da una città o un territorio. A cosa pensano gli autori quando scrivono il loro primo o seguente successo? Quali luoghi li ispirano? Ogni ambientazione geografica significa genti diverse e quelle genti sono state a loro volta influenzate da chi c’era prima e ha lasciato in loro un segno indelebile. Così, scopriamo che a Genova ci sono riferimenti diversi da quelli esistenti a Milano, che Bologna ha radici differenti da quelle di Napoli, e che la canzone che nasce sotto il Vesuvio non è come quella nata sotto l’Etna o intorno all’Isola delle Femmine a Palermo. Una geografia della canzone dove non esistono confini né linee di demarcazione e dove spesso per “locale” si finisce per intendere un’intera regione. -
Canzoni per un mondo senza Beatles. Dai Santana ai Coldplay, il meglio dopo l’indispensabile
Nella musica pop c’è un ponte fra la storia e l’impossibile e i Beatles ci hanno camminato sopra insieme a pochi altri, mettendo in mostra concezioni liriche e strutture melodiche diventate poi un punto di partenza per generazioni di musicisti. Nel giro di dieci anni il quartetto di Liverpool ha riscritto l’intera vicenda della musica popolare moderna, cambiandone le regole in sala di incisione, creando nuovi standard sia nell’arrangiamento sia nella produzione. Da lì in avanti niente è stato come prima e ancora oggi la loro opera resta un modello di riferimento che riesce a mettere d’accordo generazioni altrimenti inconciliabili. Partendo dall’ultimo presupposto, questo libro vuole offrire una selezione di canzoni che hanno ridisegnato la storia dal punto in cui l’hanno lasciata i Beatles, ovvero dal fatidico 1970, anno del loro scioglimento ufficiale. Canzoni raccontate attraverso l’analisi musicale, il significato del testo, gli aneddoti e tanti altri argomenti collegati. Riconoscendo che la perfezione discernente è soggettiva, il criterio adottato per la scelta ha tenuto conto di determinati parametri: l’indiscutibile valore artistico, la qualità dell’esecuzione, le innovazioni stilistiche introdotte, l’impatto emotivo esercitato sul pubblico e soprattutto la capacità di resistere al tempo e alle mode a prescindere dal successo commerciale riscosso. Sono canzoni speciali, di cui non si può fare a meno, quelle metabolizzate a tal punto che diventa difficile collocarle nella giusta prospettiva storico-esistenziale. Come ci fossero sempre state. -
Ali e nomi. Flavio Giurato si racconta
Flavio Giurato si racconta. Racconta la genesi delle sue canzoni, dei suoi testi, le disavventure discografiche, l’orgogliosa fuga dalle major, il rifugio in una dimensione artigianale, dalla quale è nata una – altrettanto orgogliosa – seconda vita artistica. Sette album incisi tra il 1978 e il 2020, un altro paio, anzi, tre, in arrivo, a testimoniare una vena che non si è mai esaurita, nonostante le tante pause prese tra un lavoro e l’altro. Oltre otto ore di dialogo serrato, un dialogo vivo, divertito e divertente: Flavio Giurato non si è risparmiato, fornendo a questo libro-intervista spunti, aneddoti, opinioni, racconti, tra passato, presente e futuro. All’interno di queste pagine si inserisce l’intero, e affollato, universo giuratiano: Roma, Londra, l’anima del busker che entra in contatto con la discografia ufficiale, i personaggi da leggenda, Mr. Fantasy e Carlo Massarini, Orbetello, il successo di massa che non arriva. Ma che non impedisce a Giurato di trasformarsi in un cantautore di culto, amatissimo da una ristretta ma combattiva schiera di fan. Non solo domande e risposte: in appendice a questo volume ecco Entryleaks, un testo curato dallo stesso Giurato con la collaborazione del poeta Guido Celli, nient’altro che la declinazione di una discografia visionaria, con forte tinte psichedeliche. La discografia dei sogni giuratiani. -
Freewheelin' in Rome. La vera storia della prima volta di Bob Dylan in Italia
Bob Dylan in Italia ha suonato spesso e volentieri a partire dal 1984, quando al termine della stagione delle contestazioni e delle molotov ai concerti scese nell’Arena di Verona per due date. All’epoca, però, i “dylanologi” fecero notare che quella di Verona non doveva essere considerata la sua prima trasferta italiana, bensì la seconda: Dylan, secondo una storia che da tempo circolava negli ambienti del folk (ma di cui qualcuno dubitava) era venuto a Roma all’inizio degli anni Sessanta, una sera si era presentato al Folkstudio e (forse) aveva pure suonato qualche canzone. Qualcuno si diceva certo che era stato anche a Perugia, dove studiava la sua fidanzata dell’epoca Suze Rotolo, per un rendez-vous romantico che era il vero motivo del suo viaggio in Italia. Qual è la realtà e quale invece la leggenda? Questo volume si propone di mettere la parola fine – per sempre – a tutte le speculazioni, servendosi di interviste e ricerche documentali condotte con lo zelo di uno storico. Nel contempo mette in fila anche le circostanze e gli eventi che ispirarono il futuro Nobel durante la realizzazione del suo secondo Lp the freewheelin’ bob dylan: la contrastata vicenda sentimentale con la Rotolo, la crisi dei missili di Cuba e le sue prime trasferte al di fuori degli Usa, prima in Inghilterra e poi in Italia. Senza quei tormenti, quegli incontri e quelle suggestioni the freewheelin’ – con in copertina Bob e Suze abbracciati nel gelo di un inverno newyorkese – sarebbe stato un disco molto diverso. Ugualmente importante probabilmente, ma forse non uno dei massimi capolavori musicali del XX secolo. -
Piccola enciclopedia del rock'n'roll. La storia da colorare ad alto volume
Lo hanno dato per spacciato, passato di moda, spento. Ridotto a materiale per collezionisti, arginato, recluso nei vinili. “Il rock è roba da vecchi”. Eppure generazione dopo generazione, di padre in figlio, di concerto in concerto, il rock ha vissuto centinaia di primavere e tante ne vivrà ancora. Nelle storie dei ragazzi, nella voglia di ribellarsi a quello che altri hanno deciso per loro, nelle urla e nei graffi sul muro, negli adesivi sui muri dei locali e nelle spille sui giubbotti di pelle, il rock è da sempre il genere musicale che più ha influenzato le persone, le ha convinte a provarci, a buttare il cuore oltre l’ostacolo. È la voce dei giovani, dei giovanissimi e di quelli che ancora non hanno voce. La Piccola Enciclopedia del Rock’n’Roll è il riassunto di sessant’anni di storie riscritte per i piccoli che ancora non le conoscono e per le mamme e i papà che le hanno vissute in prima persona. Tanti artisti e tante canzoni accompagnate dalle illustrazioni di Giulia Ianniello, tutte da colorare per far rivivere la musica. Lo stile ricalca quello a tratti psichedelico degli anni Sessanta ma anche degli inizio Novanta, quando i libri da colorare per bambini erano composti dalle silhouette delle star divise in bande da pitturare a piacere per creare un effetto ottico unico e personale. -
Musica di carta. 50 anni di riviste musicali in Italia
Sono passati più di cinquant’anni dalla nascita delle prime riviste musicali. In principio erano pubblicazioni legate alla musica leggera e al mondo Beat, ma in poco tempo è il rock nelle sue varie forme a trovare spazio su riviste quali «Ciao 2001», «Gong» e «Muzak». In parallelo, a cavallo tra gli anni Sessanta e i Settanta e grazie all’affermazione delle controculture, nascono interessanti fogli di informazione musicale che non passano per le edicole, ma vengono distribuiti tramite canali alternativi che trovano terreno fertile nei primi spazi occupati. Con gli anni Ottanta/Novanta, grazie alla maggiore diffusione delle riviste estere e ai continui viaggi oltreconfine di alcuni giornalisti, si affermano quelle riviste che hanno fatto la storia dell’editoria musicale italiana: «Rockerilla», «Il Mucchio Selvaggio», «Rockstar», «Rumore», tra le tante. Con l’inizio del nuovo secolo arrivano le prime crisi editoriali: «la Repubblica» dopo «Musica!» passa a «XL», prima settimanale cartaceo poi solo online, e si distingue il lavoro dal basso di un magazine quale «Blow Up». Intanto continuano a proliferare giornali autoprodotti e free press. In questo panorama si inserisce Internet, mezzo che condiziona, nel bene e nel male, l’editoria musicale fino a modificarla nel profondo e tenendo a battesimo la nascita di webzine e blog più o meno interessanti nei contenuti. In “Musica di carta” si ripercorrono le vicende editoriali delle testate più rappresentative e si dà spazio alle testimonianze di numerosi giornalisti, messi a confronto col presente, pieno di incognite e di possibilità ancora tutte da scoprire. -
Post-prog moderno. L'alba di una nuova era
La musica rappresenta da sempre la società in cui viviamo al momento, ma c’è un genere in particolare che non si piega alle mode: il Progressive Rock. Artisti pionieri vanno alla ricerca di nuove sonorità e soluzioni tanto da divenire nei decenni veri e propri punti di riferimento per la musica del futuro. Il Progressive Rock con il tempo si distanzia fisiologicamente da se stesso e necessita quindi di una nuova collocazione. Gli anni Sessanta e Settanta sono stati fondamentali, ma la tecnologia evolve, e così inevitabilmente la nostra vita. Questo viaggio fra passato, presente e futuro narra di una nuova era e fissa un paletto necessario per non confondere più il significato di Progressive Rock: Post Prog Moderno. Nel libro segue uno sguardo ai pionieri, a chi ha influenzato i tempi moderni e al mondo sperimentale, quello che osa e muta l’evoluzione del Rock. Prefazione di Fabio Zuffanti. -
Un palco tutto per lei. Storia delle donne che scrivono canzoni
Il cantautorato femminile transnazionale ha da sempre dialogato con il clima culturale femminista, contribuendo a portare al grande pubblico la lotta per l’emancipazione femminile. La musica è stata ed è il palcoscenico da cui le artiste esercitano il diritto alla disobbedienza: una donna che scrive è una donna che pensa e una donna che canta, amplifica – a volte distorce, manipola, elabora – il proprio pensiero attraverso la voce. Questo volume si propone di indagare la relazione tra il cantautorato femminile e la storia delle donne, ovvero di compilare una storia delle donne che scrivono canzoni, ricostruendo i passaggi chiave dell’emersione del talento femminile nell’industria discografica italiana, in connessione con le tappe più importanti della conquista della parità di genere. Non semplicemente dunque un resoconto delle circostanze e una lista di nomi, bensì un’illustrazione delle connessioni implicite agli eventi, da cui emerge la condizione di opportunità storica che accomuna l’opera delle cantautrici nella direzione di un sovvertimento dell’immaginario etico ed estetico del femminile. All’interno dell’eterogeneità delle sensibilità musicali dei diversi progetti discografici delle cantautrici italiane è possibile individuare degli atteggiamenti comunicativi comuni e delle affinità tematiche, che sono legate alla condizione della donna nella storia e nell’industria culturale in Italia. Oggi non solo è cambiato ciò che una donna può essere ma anche ciò che può essere donna. -
Rock keyboard (r)evolution. Breve storia del tastierismo rock, della sua evoluzione e dei suoi protagonisti in Italia e all’estero
Il 29 agosto del 1970, Emerson Lake & Palmer si presentano sul palco del festival dell’Isola di Wight per la loro seconda esibizione pubblica. Per Keith Emerson è l’occasione perfetta per sfoggiare il suo nuovo sintetizzatore modulare prodotto da Bob Moog, reso celebre da Walter Carlos ma mai visto dal vivo in un contesto rock. È ingombrante, pesante, difficile da usare e spesso stonato, ma il tastierista vince la scommessa, conquistando i numerosi presenti accorsi a vedere il trio con una prestazione incendiaria. È l’apice di un percorso iniziato con Jerry Lee Lewis e proseguito nei decenni successivi con tanti altri artisti – da Gary Numan a Jordan Rudess, ma non solo – che vede i tastieristi tornare protagonisti della scena a discapito dei più blasonati colleghi chitarristi. Se ne accorgono anche i produttori di strumenti musicali elettronici, che da quel giorno d’estate del 1970 inonderanno il mercato di tastiere sempre più appariscenti e futuristiche, sviluppate molte volte con il supporto fondamentale dei musicisti stessi. “Rock Keyboard (R)evolution” è una breve storia di questi artisti leggendari e di questi strumenti, dalle origini a oggi, con un occhio di riguardo per la scena italiana, mai sufficientemente valorizzata. Prefazione di Donato Zoppo. -
Racconti e schegge di Acqua fragile. L'intensa vita di Gino Campanini
Il libro prende forma partendo da una complessa e avventurosa storia di vita – quella di Gino Campanini, primo chitarrista del gruppo rock progressive degli Acqua Fragile – che fornisce l’occasione per rivivere percorsi musicali variegati, intrecciati a vicende personali significative. Uno spaccato di un mondo antico, sicuramente non facile da comprendere per i più giovani. Sullo sfondo una band unica, all’epoca controcorrente, capace di creare perle musicali diventate must all’interno del mondo del rock progressivo internazionale, con in evidenza una figura di spicco, l’eclettico e visionario Bernardo Lanzetti, anima del gruppo e presente sulla scena musicale sin dalla fine degli anni Sessanta, senza soluzione di continuità, spaziando in differenti ambiti artistici. E la storia di Acqua Fragile continua, con un nuovo disco in arrivo che, cosa inusuale, potrà contare su tre musicisti appartenenti al nucleo originale (Bernardo Lanzetti, Franz Dondi e Pieremilio Canavera). Un libro così particolare, ricco di fotografie inedite, appare agli autori il modo migliore per celebrare la musica degli Acqua Fragile, attuale nonostante sia passato mezzo secolo dal modello originale. Gino Campanini, svelando al mondo il suo percorso di vita, spinge a comparare ere e culture lontane tra loro, diventando il collante per un’ideale reunion tra amici musicisti, azzerando quindi le coordinate spaziali che, nel corso della lettura, si annullano in modo naturale. -
Il jazz e l'Europa. Nuovi ritmi e vecchio continente 1850-2022
Dopo i viaggi nelle Americhe e in Asia, Africa, Oceania, l’esplorazione di Guido Michelone approda sul Vecchio Continente dove i “nuovi ritmi” afroamericani sbarcano oltre un secolo fa: durante e dopo la Grande Guerra al seguito delle truppe statunitensi, il “jass” trova subito entusiasmo, consenso, apprezzamento da giovani musicisti, pubblico trasversale, élite artistiche. Ragtime, hot, dixieland, swing vengono presto assimilati, per essere quindi rielaborati in maniere autonome, singolari, originalissime. Il jazz e l’Europa, nel corso del Novecento, diventano un unicum, sia pur differenziato nelle tante patrie di un vasto territorio, propenso a declinare via via il bebop, il cool, il free, la fusion, il mainstream secondo peculiarità sia indigene sia sovranazionali. L’Europa del jazz o, se si vuole, il jazz in Europa significa dunque una realtà consolidatasi dapprima in Francia e Inghilterra, quindi in Olanda, Belgio, Germania, Italia e paesi scandinavi, per allargarsi ovunque, alla fine del “secolo breve”, con il crollo del muro di Berlino. In questo XXI secolo l’Europa in jazz è allargata a tutti i paesi dell’Est e a quelli delle ex dittature fasciste, persino ai minuscoli staterelli di formazione più o meno recente. Nel libro vengono perciò narrate, in singoli capitoli, le vicende del jazz di una quarantina fra stati, regioni, metropoli, servendosi di documenti storici, interviste ai protagonisti e soprattutto ascolto di dischi, questi ultimi fondamentali quali riferimento assoluto per conoscere di volta in volta l’Albania o la Svezia, la Cecoslovacchia o la Jugoslavia, Parigi o Barcellona… -
Lo spleen di Lucio. Guida all’ascolto dei dischi bianchi di Lucio Battisti e Pasquale Panella
Quando uscì Hegel (1994), il quinto e ultimo lavoro della coppia Battisti-Panella, un giornalista chiese un parere ai maggiori esponenti della filosofia italiana e la risposta fu un’unanime stroncatura, non era materia da mescolare con la musica leggera (la filosofia-pop era ancora lontana) e nessuno degnò di un ascolto approfondito il disco, altrimenti almeno uno di questi studiosi avrebbe notato, con la competenza che mancava ai critici musicali (non ce ne vogliano), che non parlava tanto di Hegel, quanto di Hölderlin; per di più, gravava il pregiudizio, duro a morire, che il cantante in questione era più adatto ai falò estivi sulla spiaggia. Era un’etichetta che Battisti si trascinava dietro e che aveva provato a cancellare negli otto anni con Pasquale Panella. I cinque dischi contrassegnati dalla copertina bianca non sono solo album di canzoni, andrebbero visti come i capitoli di una riflessione critica. I testi di Pasquale Panella non sono semplici giochi di parole, ma celano intriganti esperimenti poetici: don giovanni è una riscrittura de I fiori del male di Baudelaire cucita sull’icona di Battisti, l’apparenza è una meditazione fenomenologica sulla scrittura, la sposa occidentale una variazione a tema sulla figura femminile nell’opera di Baudelaire, cosa succederà alla ragazza un raffinato spin off di Ulisse di James Joyce, hegel un pastiche che intreccia Finnegans Wake di Joyce, Iperione di Hölderlin e l’etica di Lévinas... Forse non aveva torto quel giornalista a interpellare più che un critico musicale, un docente di filosofia.