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Poesia ininterrotta
‘Poesia ininterrotta – scriveva Franco Fortini nella sua introduzione a questa versione – appare un culmine della poesia di Eluard (1895-1952). Pubblicata per la prima volta nel 1946, gli anni che ce ne separano non hanno toccato la vitalità di questo inno alla luce amorosa, dove – con una agilità e velocità di movimenti che strappano al lettore il proprio ritmo e lo investono di un altro – Eluard ripete la vicenda che porta dall’orizzonte di uno alla coppia e da questa all’orizzonte di tutti’. -
Casa di bambola
Per curare il marito, Nora in passato si è indebitata con un certo Krogstad. Per anni ha lavorato per pagare il debito, senza riuscire a liberarsene. Krogstad, che lavora nella banca di cui il marito di Nora è direttore, ricatta la donna perché gli ottenga una promozione. Quando il marito, che per altri motivi lo vorrebbe licenziare, viene a sapere tutto, si preoccupa solo della sua reputazione e rimprovera aspramente la moglie. La meschinità dell'uomo porta Nora a decidere di allontanarsi, per riflettere da sola su se stessa. -
La cantatrice calva
Il ritratto dell’umanità che Ionesco ci offre non si presenta, se non in minima parte, come pittura e critica di costume, come ricostruzione grottesca e paradossale di caratteri e di situazioni. La sostanza è molto più impegnativa e tormentosa, di una natura che tende in qualche modo all’assoluto: la ricerca del senso e del perché della vita. Un tentativo, implicito o esplicito, che si rinnova in tutte le opere e che regolarmente fallisce, poiché nell’autore non c’è risposta. Ma è un’ansia genuina, per quanto sapientemente controllata, che costituisce la forza, o forse il presupposto della forza drammatica e poetica di questo teatro, il quale certamente per questa via, favorito dal tramite della forma comica, ha stabilito il suo tenace e fecondo contatto con il pubblico. -
Il re muore
Al suo apparire sulle scene parigine nel dicembre 1962, Il Re muore (Le Roi se meurt) fu salutato da una larga parte della critica come il vertice più alto raggiunto dalla creazione drammatica di Ionesco; taluni, anzi, non hanno esitato a inserire l’opera tra quelle più significative del teatro contemporaneo. A proposito di questo testo, il critico e studioso inglese Martin Esslin ha scritto: “La commedia di Ionesco non è un’allegoria; come la maggior parte delle commedie del Teatro dell’Assurdo, è un’immagine poetica della condizione umana, forse più semplice, più avanzata delle prime opere dello scrittore, ma anche più potente, più controllata, più classica nella forma. Si direbbe che Ionesco abbia assorbito alcune linearità formali di Beckett e alcune ritualità di Genet. Una commedia profonda e bellissima… Un capolavoro della letteratura drammatica moderna”. -
Il Rinoceronte
‘Quest’opera è valida per le dimensioni di teatro che, una volta di più, lo straordinario talento inventivo di Ionesco. La metamorfosi a vista del personaggio Jean, dentro e fuori la stanza da bagno, ogni volta sempre meno uomo e sempre più rinoceronte, sotto gli occhi atterriti di Berenger, è un modello di teatro antipsicologico, ridotto a puro gesto, che la parola accompagna con una semplice funzione indicativa. E’il ritorno alla pantomima, ai valori didascalici e parodistici della pantomima e qui Ionesco – sembra impossibile – si incontra con Brecht’. Dalla Prefazione di Roberto De Monticelli -
Morte di un commesso viaggiatore
Andato in scena a New York nel febbraio del ’49 per la regia di Elia Kazan, Morte di un commesso viaggiatore costituisce forse il più clamoroso successo teatrale del dopoguerra – un successo che, dagli Stati Uniti, dilaga in tutto il mondo. Partendo dall’idea di descrivere, in chiave quasi comica, quanto si agita all’interno della testa di un uomo, Miller lavorò sin dall’inizio sull’ipotesi di restituire – non solo letterariamente, ma anche e soprattutto sul piano della scrittura scenica – il coesistere di presente e passato nella vita di un essere umano. Willy Loman, l’esausto commesso viaggiatore vittima di un sistema fondato sulle leggi inesorabili della produttività, è stato ed è non solo il rappresentante di un’America già percorsa dai primi brividi del maccarthismo, ma anche un eroe tragico di straordinaria efficacia. -
Nozze di sangue
«Il teatro – diceva Garcìa Lorca nel gennaio 1935, nel corso di una conversazione tenuta al Teatro Espanol di Madrid – è uno degli strumenti più efficaci, più utili per l’edificazione di un paese, un barometro che ne registra la grandezza o il declino. Un teatro avvertito e ben orientato a tutti i livelli, dalla tragedia al vaudeville, può trasformare in pochi anni la sensibilità del popolo». E aggiungeva:«Il teatro è una scuola di lacrime e di risa, una tribuna libera dalla quale si possono difendere morali vecchie o equivoche, così come si possono portare alla luce, mediante esempi viventi, le leggi eterne del cuore e dei sentimenti umani». In questo spirito e in questa convinzione Garcìa Lorca, nel 1932, aveva dato vita a «La Barraca», cioè al suo famoso teatro popolare ambulante. In questo medesimo clima ideale,sia pure con quell’inevitabile e imponderabile margine che in un poeta separa sempre l’attività creatrice e dell’attività critica, sono note le tre grandi tragedie lorchiane, di cui appunto Nozze di sangue è la prima; le altre due, sempre edite da Einaudi nella «Collezione di teatro», sono Yerma e La casa di Bernarda Alba . -
Yerma
“Yerma”, in ordine cronologico, è la seconda delle tre grandi tragedie di Garcìa Lorca, collocandosi tra “Nozze di sangue” (1933) e “La casa di Bèrnarda Alba” (1936). Terminata dal poeta nel settembre del 1933, fu rappresentata la prima volta il 20 dicembre 1934 al Teatro Espanol di Madrid dalla compagnia di Margarita Xirgu, una delle più illustri attrici spagnole di quegli anni. Il successo fu clamoroso, aiutato anche dalla fama che a Lorca aveva procurato il precedente trionfo di “Nozze di sangue”. -
Mandragola
L'anziano Messer Nicia e la bella e giovane moglie Lucrezia non riescono ad avere figli. Di ciò e della stupidità di Nicia approfitta Callimaco, innamorato di Lucrezia. Si finge un dottore e assicura a Nicia che Lucrezia avrà un bambino se berrà una pozione di mandragola, ma che il primo uomo che, dopo, giacerà con lei, morirà subito. Lo convince che è necessario trovare un poveraccio che si presti a tale opera per quella notte. A convincere Lucrezia si adoperano la sua sciocca madre Sostrata e lo spregiudicato fra Timoteo. Naturalmente è Callimaco travestito che passerà la notte nel letto di Lucrezia che, conosciuta la leggerezza del marito, eleggerà Callimaco suo amante. -
Il crogiuolo
Il crogiuolo è la terza opera teatrale di Arthur Miller e si differenzia in modo piuttosto netto dalle due precedenti, Erano tutti miei figli e Morte di un commesso viaggiatore. The Crucible ci trasporta infatti in un’epoca remota, nel XVII secolo, e ci fa assistere a una folle esplosione di fanatismo religioso in seno a una minuscola comunità del Massachuttes, Salem, isolata dal resto del mondo e tenacemente attestata sul “confine della foresta” a sfida delle tribù indiane ancora selvagge. Ma al contempo è anche un’allegoria polemica al clima di “caccia alle streghe” messo in atto dal maccartismo che imperava negli Stati Uniti negli anni Cinquanta. Scritto in sedici mesi e poi messo subito in scena, il 22 gennaio 1953, al Martin Beck Theatre di New York, Il crogiuolo è dunque un dramma in cui accanto alla polemica politica si intreccia quella sensiblità morale e fantastica caratteristica di Miller, che all’epoca scrisse: “Non fu soltanto la nascita del maccartismo a provocarmi, ma qualcosa che appariva molto più fatale e misterioso. Era il fatto che una campagna politica fosse in grado di creare non soltanto terrore, ma una nuova realtà soggettiva, una vera mistica che stava a poco a poco assumendo addirittura una colorazione sacra…Vedevo uomini consegnare la propria coscienza ad altri uomini e ringraziarli della possibilità che essi gli davano di farlo”. -
Don Giovanni o il convitato di pietra
“Dato che il primo diritto dell’uomo – eterno e inalienabile – è la libertà di pensiero e di parola, e che d’altra parte il modo più corrente di esercitarlo sta nel pensare e dire sciocchezze a proprio rischio e agio, sotto questo largo usbergo si potrebbe azzardare l’ipotesi che la nota-pedale del Don Giovanni di Molière non sia tanto il libertinaggio o la cattiveria o la generosità o l’empietà o il coraggio o l’improntitudine, quanto una prepotente esigenza di affermare la propria personalità sulla più vasta scala possibile. Il tardo ripiegamento sull’ipocrisia a cui giunge Don Giovanni sarebbe in tal caso l’estrema difesa di questo senso di preponderanza, e nello stesso tempo una confessione di sconfitta”. Dalla Prefazione di Cesare Vico Lodovici -
L' annaspo
In una grande città, ai giorni nostri. Casamento popolare. “Nel casamento, una abitazione e una stanza in particolare. E’ la vecchia sartoria del padre di lei, pazzo, ricoverato in manicomio. Sono rimasti lì, Lino (Randaccio) e Ada Mariglia, marito e moglie. Vivono evidentemente in indigenza, appena controllata dall’accortezza di lei. Che cosa fanno? Lui, Lino, allo stato presente, è associato a una zecca clandestina, spaccia biglietti di banca falsi, ne cava “provvigioni”… In un certo senso è uno che “guarda in su”. Non ha una levatura, di nessun genere; si compiace di una generica ambizione, trattata, nell’intimo angusto del suo cervello e del suo animo, alla stregua di una molla morale e, in parte, di un diritto; confusamente, ma caparbiamente, riguardo a certi aspetti del suo rapporto con la vita degli altri, si sente “fuori posto”. Lei, Ada, si è sempre rifiutata di “fare la sarta”. Odia il padre (orfana di madre), con cui ha vissuto sordidamente, aiutandolo, fin che ha potuto, a smaltire le sue umiliazioni. Il padre, Vincenzo Mariglia, un uomo piccolo, magro, nervoso, categorico…Adoperandosi in libertà, Ada ha amato e ama il Randaccio. Gli ha scaricato addosso il suo diritto di essere. Ne ha capito subito i limiti e il rischio. Questo non le è importato. La sua coscienza non chiede contropartite amorose o coordinamenti o equilibri di nessun genere nel rapporto con lui. Ci si è ostinata subito e difende la sua ostinazione, soprattutto con se stessa…” -
Ricorda con rabbia
«Era la prima volta che in Inghilterra si scriveva una commedia che presentasse la vita nel paese come in realtà era» Tony Richardson«Era la prima volta – ha detto Tony Richardson, uno dei maggiori animatori del rinnovamento teatrale d’oltremanica, a proposito di Look Back in Anger , apparso sulle scene del Royal Court Theatre di Londra l’8 maggio 1956 – che in Inghilterra si scriveva una commedia che presentasse la vita nel paese come in realtà era, con i sentimenti, gli umori e le aspirazioni della gente al di sotto dei trent’anni. Questo non accadeva da generazioni. Il teatro inglese era stato sino allora un passatempo passatista, uno specchio delle idee della società d’anteguerra, e non aveva neppur cominciato ad occuparsi dei vasti movimenti economici e sociali che si erano verificati all’interno della società inglese… Quando Osborne ebbe successo, da un giorno all’altro una quantità di gente di ogni tipo si mise a scrivere per il teatro». -
L'istruttoria. Oratorio in undici canti
"L'inferno del maggiore Lager, del Lager per antonomasia è disegnato nella sua estensione e profondità, le sue istallazioni descritte con rigore catastale, l'iter del detenuto minuziosamente tracciato, dalla sosta sulla banchina ferroviaria al forno crematorio. Ma il passato è solo una delle dimensioni dell'oratorio di Weiss: l'altra, meno avvertibile per la sua stessa mobilità e ambiguità, è quella del presente, del modo in cui quel passato è rivissuto, atteggiato. All'evocazione dei fatti compiuta dagli scampati, corrispondono le interpretazioni, le prese di posizione degli imputati e di molti «testimoni», che depongono a piede libero. Questo aspetto dell'Istruttoria, se anche meno emozionante, ha una forza di rivelazione, anzi di denuncia, stupefacente""""." -
I blues
I personaggi e, ancora più spesso, le protagoniste di Tennesee Williams, sono individui costretti a “compensare alle crudeli deficienze della realtà con l’esercizio di un po’ di immaginazione”. La necessità di un’illusione, cioè la follia, nasce negli insoddisfatti, nei delusi, in coloro che la vita ha privato di un unico bene e, travolgendo l’equilibrio morale, stabilisce una nuova tensione di desiderio, istintivo, animale, febbrile. La poetica di Williams si propone di riprodurre e, quando si può, rivelare la verità misteriosa, resuscitandola con cechoviana minuzia allusiva di particolari e contrappunti di musiche. La sua atmosfera teatrale carica di rumori, suoni, echi lontani, è già in sé un tentativo di fare concerto, di far rimbalzare ogni parola contro un muro sonoro. -
Don Chisciotte della Mancia
«La piú gran satira umana contro l'umano entusiasmo» Giosuè CarducciLa traduzione del Don Chisciotte che Vittorio Bodini, appassionato ispanista e poeta, realizzò per i Millenni Einaudi nel 1957 è considerata un modello di limpidezza, per la linearità con cui restituisce il lucido smalto alla prosa di Cervantes, e al tempo stesso di arguzia, per la resa esemplare di bisticci, battute e proverbi. -
Fiabe del focolare
Pubblicate per la prima volta tra il 1812 e il 1822, le fiabe dei Grimm, filologi e studiosi di folclore, sono rapidamente diventate un autentico classico della letteratura e della cultura. Il monumento che i Grimm volevano dedicare con la loro opera alla poesia popolare, ad una tradizione nazionale che aveva le sue radici nel Medioevo, non era inizialmente destinato ad essere un libro per ragazzi. Ma già Goethe scriveva alla Stein che era fatto “per rendere felici i fanciulli”: e così è stato, per generazioni e generazioni, sino ai nostri giorni.Questo volume, che ha costituito la prima edizione italiana completa delle celebri fiabe, ne offre una traduzione che serba intatta la fresca vena popolare e la semplicità primitiva del testo originale. Accanto a Biancaneve, Cenerentola, Pollicino, Cappuccetto Rosso, Barbablù, ecco nuovi personaggi, nuovi incantesimi ed eroiche imprese. A chiunque, in un qualsiasi bosco o villaggio, può succedere di incontrare una strega o una fata, e subire strane metamorfosi, o vivere una grande avventura. Ogni rivo, ogni filo d’erba, uccello o albero può giocare un tiro bizzarro, mutare corso al destino. Sono miracoli che scaturiscono senza meraviglia da una realtà quotidiana concreta e terrestre. Un così schietto amore per le semplici cose della terra trova riscontro nelle illustrazioni tratte da quadri di Bruegel: figure, scene di villaggio, dorati paesaggi, tutto un mondo che è appunto fantastico e terrestre al tempo stesso. -
Introduzione a Cattaneo
Proposta con acritiche esaltazioni o liquidata con cenni precipitosi, la figura di Cattaneo è rimasta per molti anni un «oggetto misterioso», inafferrabile per una sua presunta «proteiformità». Il dibattito del dopoguerra e la stessa ridiscussione della precedente storiografìa idealistica non hanno impedito la diffusione e il consolidamento dell’immagine di Cattaneo «poligrafo». Con questa raccolta di articoli Puccio intende invertire la tendenza e cogliere l’aspetto unitario del pensiero e dell’attività di Cattaneo, sfrondando un gioco intricato di interpretazioni in cui la stessa «attualità» del personaggio è spesso argomento strumentale. Inserendosi fra il vecchio mito che ha voluto Cattaneo «ponte proteso verso la palude» e il nuovo che intende proporcelo come il simbolo dell’efficientismo tecnocratico-borghese, Puccio ci riconsegna le costanti dell’indagine cattaneana mettendo in valore le organiche corrispondenze tra il piano teorico e quello pratico, tra quello normativo e quello operativo. L’espansione mondiale del capitalismo inglese, la storia della borghesia europea, le origini e le peculiarità di quella italiana e il modello di società capitalistica e borghese ipotizzato per l’Italia sono il terreno di ricerca su cui Cattaneo ci ricompare storico, geografo, etnologo ed economista, ma anche e sostanzialmente ideologo: allorché i dati storici e scientifici, e gli stessi strumenti dell’indagine, vengono ricondotti a quell’unico valore, «l’incivilimento», a quel modello culturale di società in cui tutto confluisce acquisendo senso e significato unitari. -
Enciclopedia Einaudi. Vol. 2: Ateo-Ciclo.
Quale significato può avere nel quadro generale della cultura oggi una nuova Enciclopedia? In generale le enciclopedie riflettono un momento o l’altro della vita culturale: quello della perfetta stabilità del sapere, della certezza intellettuale, della convinzione che una vetta è stata raggiunta – e questo è il caso, per esempio, del contesto in cui nasce l’Enciclopedia Treccani: attorno a un gruppo di studiosi convinti che l’idealismo consenta non una ma l’organizzazione del sapere, oppure, sebbene lungo linee differenti, è il caso di altre enciclopedie, come la Britannica o la Sovietica -, e l’altro momento di un sapere mutante, in crisi, come suol dirsi comunemente, di una cultura che si cerca, di una società che vede emergere nuovi valori. È questo il caso del quadro generale in cui nasce l’enciclopedia settecentesca. Ciò premesso, sarà piú facile indicare il senso di questa nostra impresa. L’ultimo mezzo secolo, e con particolare accelerazione gli ultimi venticinque anni, hanno mostrato una notevole tendenza nel panorama della cultura mondiale a rivedere, rimuovere, cambiare. Hanno modificato sostanzialmente le categorie interpretative, il contesto esplicativo, il valore delle interpretazioni, il ruolo dei «fatti». E, ancora, hanno aumentato la divaricazione delle specializzazioni, approfondendo le analisi nei singoli campi dello scibile, ma perdendo di vista le connessioni concettuali, la rete dei legami che rende complesso e vitale il tessuto del sapere. A noi è sembrato che un’enciclopedia debba costituire, oggi, il punto di convergenza di questo vasto sommovimento ed esprimere non già una summa del sapere ma l’intreccio delle strade che la ricerca contemporanea sta seguendo, le strutture organizzative, e – soprattutto – le possibilità del domani. Non una summa , dunque, ma neppure un digest del sapere. Piuttosto, forse non è velleitario mirare a una sorta di individuazione critica dei momenti di incrocio delle diverse problematiche, ritenendo questi momenti capaci di costituire un discorso coerente -non definitivo – in sviluppo, animatore del sapere attuale. Tuttavia, il perché, i perché, della nostra Enciclopedia appariranno ancora nel trattare il come dell’Enciclopedia. Un’enciclopedia che lasci cadere deliberatamente – e senza nessuna concessione di nessuna sorta e per nessuna ragione – tutto quanto vi è di nozionistico nel sapere, e che invece concentri la sua attenzione sugli elementi portanti e importanti del discorso culturale quale si è venuto organizzando nell’ultimo mezzo secolo, comporta, in breve, la scelta di due tipi di voci. Il primo tipo comprende quelle che designano concetti in grado di organizzare il sapere ed il vivere dell’uomo nella sua globalità e che, pur nelle successive definizioni, continuano a focalizzare problemi di grande ampiezza (per esempio: sistema ). Il secondo tipo è costituito, per un verso, da voci che, pur emergendo da una singola disciplina, abbiano influito profondamente sulle strutture delle altre discipline, e in generale sulla struttura della comprensione della realtà (per esempio: relatività ); per l’altro verso, da voci che, sulla base di una valutazione consapevole, siano in grado di incidere radicalmente sullo stesso approccio globale alla disciplina, e quindi di riverberarsi su altre sfere della conoscenza (per esempio: approssimazione... -
Enciclopedia Einaudi. Vol. 3: Città-Cosmologie.
Quale significato può avere nel quadro generale della cultura oggi una nuova Enciclopedia? In generale le enciclopedie riflettono un momento o l’altro della vita culturale: quello della perfetta stabilità del sapere, della certezza intellettuale, della convinzione che una vetta è stata raggiunta – e questo è il caso, per esempio, del contesto in cui nasce l’Enciclopedia Treccani: attorno a un gruppo di studiosi convinti che l’idealismo consenta non una ma l’organizzazione del sapere, oppure, sebbene lungo linee differenti, è il caso di altre enciclopedie, come la Britannica o la Sovietica -, e l’altro momento di un sapere mutante, in crisi, come suol dirsi comunemente, di una cultura che si cerca, di una società che vede emergere nuovi valori. È questo il caso del quadro generale in cui nasce l’enciclopedia settecentesca. Ciò premesso, sarà piú facile indicare il senso di questa nostra impresa. L’ultimo mezzo secolo, e con particolare accelerazione gli ultimi venticinque anni, hanno mostrato una notevole tendenza nel panorama della cultura mondiale a rivedere, rimuovere, cambiare. Hanno modificato sostanzialmente le categorie interpretative, il contesto esplicativo, il valore delle interpretazioni, il ruolo dei «fatti». E, ancora, hanno aumentato la divaricazione delle specializzazioni, approfondendo le analisi nei singoli campi dello scibile, ma perdendo di vista le connessioni concettuali, la rete dei legami che rende complesso e vitale il tessuto del sapere. A noi è sembrato che un’enciclopedia debba costituire, oggi, il punto di convergenza di questo vasto sommovimento ed esprimere non già una summa del sapere ma l’intreccio delle strade che la ricerca contemporanea sta seguendo, le strutture organizzative, e – soprattutto – le possibilità del domani. Non una summa , dunque, ma neppure un digest del sapere. Piuttosto, forse non è velleitario mirare a una sorta di individuazione critica dei momenti di incrocio delle diverse problematiche, ritenendo questi momenti capaci di costituire un discorso coerente -non definitivo – in sviluppo, animatore del sapere attuale. Tuttavia, il perché, i perché, della nostra Enciclopedia appariranno ancora nel trattare il come dell’Enciclopedia. Un’enciclopedia che lasci cadere deliberatamente – e senza nessuna concessione di nessuna sorta e per nessuna ragione – tutto quanto vi è di nozionistico nel sapere, e che invece concentri la sua attenzione sugli elementi portanti e importanti del discorso culturale quale si è venuto organizzando nell’ultimo mezzo secolo, comporta, in breve, la scelta di due tipi di voci. Il primo tipo comprende quelle che designano concetti in grado di organizzare il sapere ed il vivere dell’uomo nella sua globalità e che, pur nelle successive definizioni, continuano a focalizzare problemi di grande ampiezza (per esempio: sistema ). Il secondo tipo è costituito, per un verso, da voci che, pur emergendo da una singola disciplina, abbiano influito profondamente sulle strutture delle altre discipline, e in generale sulla struttura della comprensione della realtà (per esempio: relatività ); per l’altro verso, da voci che, sulla base di una valutazione consapevole, siano in grado di incidere radicalmente sullo stesso approccio globale alla disciplina, e quindi di riverberarsi su altre sfere della conoscenza (per esempio: approssimazione...