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Andar di notte. Viaggio nella movida delle città medie
Negli anni Ottanta del Novecento l'Europa si connota per un particolare incremento della vita notturna delle città, ben presto definita movida, con il termine che in Spagna aveva salutato la fine della dittatura franchista. Un fenomeno collettivo che rinnova il clima di effervescenza e vivacità sociale, estendendolo alle ore notturne. Un tempo specifico, proprio della società del benessere, libero dagli impegni quotidiani e dedicato, in primis dai giovani, agli incontri con amici. Un tempo che, ben presto, ha assunto i caratteri della festa, fatta di uno stare-insieme-per-stare-insieme, accompagnata da grandi calici, che invade il cuore dei centri storici, animandoli di una socialità particolare, trasformata in inedito rito collettivo. Un fenomeno individuale, collettivo e territoriale per i processi di rigenerazione urbana innescati nei centri storici, rinforzando la configurazione delle città come luogo pubblico per eccellenza. Aperto a tutti, predisposto agli incontri, premessa e palestra a cielo aperto di democrazia ma insieme anche luogo di una complicata, nuova governance dell'uso della città. Il lavoro è il prodotto di una lunga attività di riflessione e ricerca sul campo, condotta da sociologi, psicologi, urbanisti che hanno cercato di raccontare le opportunità, le criticità e i conflitti che l'andar di notte ha recentemente innescato. -
Women's life
In this book, Isabella Ducrot evokes and gives voice to threefundamental issues: what it is to be a woman, childhood,and – most important of all – what she terms “ignorance”.These three experiences of alienation, so often intertwinedin our culture, are questioned here from a personal perspective. Blending together thoughts, short stories and autobiographical recollections, Isabella Ducrot reveals howthe not-knowing of childhood and the age-old exclusionof women from all kinds of cultural or social discourse arenot only experiences of estrangement and forms of suffering at being deprived of a voice, they may also offeran unprecedented and privileged gateway to reconqueringthat voice. The author seems to suggest that if one wishes to understand the intricacies of theological dogma, onemust be able to chant it out as if it were a nursery rhyme,savouring its very meaninglessness.“There is no tomorrow, there is no tomorrow,” runs the whispering refrain at the end of her reflections; her awareness ofthis fact seems to open the path to irresistible happiness. -
Eresie
Come nascono le eresie? I casi e le questioni di cui si parla nei saggi qui raccolti appartengono per lo più alla storia della cultura e della vita religiosa italiana nella prima età moderna, segnata dalla Riforma protestante e dalla reazione cattolica.«Adriano Prosperi ha scelto una sola parola per riunire in un unico, ponderoso volume, trentasette saggi e articoli pubblicati nelle sedi più varie, che partono dal 1975, cioè quasi dall'inizio della sua nutrita produzione storiografica e arrivano fino ad oggi, inclusi alcuni scritti finora inediti.» – Guido Dall'Olio, Tuttolibri - La Stampa«Per chi studia la storia religiosa del Cinquecento, questi greatest hits sono un ritorno ai fondamentali. Chi invece non ha fatto della ricostruzione della storia religiosa del Cinquecento italiano un mestiere, ma guarda a essa come un problema aperto che segna ancora il nostro presente, troverà in questo libro una geografia e storia della religione italiana, dove i centri maggiori e più noti del dissenso religioso vengono messi a contatto con realtà meno familiari.» – Lucio Biasiori, Alias - Il Manifesto«Leggere il libro di Prosperi ricuce e restaura una vecchia foto di famiglia, quella degli italiani, nel ricordare i nomi e il pensiero di quelli che al momento furono sconfitti, gli eretici, ma che forse — piace crederlo — alla distanza seminarono di più.» – Michela Valente, la Lettura - Corriere della SeraSi è discusso in passato se eretico sia colui che è giudicato tale dalla Chiesa (Benedetto Croce), o se invece non sia chi sceglie di esserlo ribellandosi a ogni e qualunque comunione ecclesiastica (Delio Cantimori). In questo libro si incontrano eretici tanto dell'uno quanto dell'altro tipo, ma non solo: ci fu anche chi criticò la Chiesa senza per questo incorrere in condanne, anzi provocando un chiarimento positivo. Del resto, l'eresia (etimologicamente, ""scelta"""") era stata giudicata dall'apostolo Paolo, nella cristianità allo stato nascente, un contributo utile alla ricerca della verità. Ma la parola, insieme con i fenomeni che designava, doveva attraversare secoli di storia e della storia non poteva sfuggire alla legge fondamentale: il mutamento. Così, man mano che i confini dell'ortodossia della Chiesa venivano fissati, ci fu sempre meno spazio per l'eretico, il che non impedì alla pianta del dissenso religioso di mettere radici e moltiplicare le sue forme. La frattura dell'unità religiosa europea e i nuovi legami formatisi tra poteri statali e confessioni religiose dovevano esportare i confronti e i conflitti oltre i confini del vecchio mondo. Al contempo, è in quest'epoca che nasce lo studio moderno della religione quando, con Machiavelli, """"religione"""" diventa un termine neutro, valido per indicare e confrontare religioni diverse, e si accantona la distinzione tra l'unica vera e le false."" -
Inquisizioni
Eresia, magia e stregoneria, ma anche vicende di minoranze ebraiche nell’Italia della prima età moderna sono i temi dei saggi raccolti in questo volume. L’opera si apre con una ricognizione storica dell’idea cristiana di coscienza e affronta poi casi di interventi dei tribunali dell’Inquisizione e della confessione sacramentale per snidare e colpire la diffusione di dottrine e letture proibite.rnLe ricerche sono state svolte prima e dopo la cesura del 1998, quando l’allora prefetto della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger, annunziò l’apertura a tutti gli studiosi della consultazione dei documenti, fino ad allora inaccessibili, conservati negli archivi dell’antica Congregazione del Sant’Uffizio dell’Inquisizione, nata nel 1542, e della Congregazione dell’Indice, istituita nel 1571. Questa decisione epocale, presa dalla Chiesa in vista del solenne passaggio di millennio, ha offerto la possibilità di conoscere importanti fonti vaticane sull’opera del tribunale supremo della fede preposto al governo della rete di vicari attivi in area italiana e alla soluzione dei dubbi via via emergenti nell’opera dei missionari dentro e fuori d’Europa. -
Disegni letterari
Il libro raccoglie per la prima volta in una serie organica tutti i «disegni letterari» di Giacomo Leopardi: sono progetti di opere che Leopardi accumulò, con ardimento visionario, per tutta la vita, pur nella consapevolezza dolorosa delle scarse possibilità di portarli a compimento.rn I quasi duecento titoli di opere trasmessi da questi documenti - titoli spesso corredati da un'esposizione più o meno dettagliata di temi, modelli o spunti relativi ai vari progetti - costituiscono forse la migliore testimonianza dell'inesauribile impulso vitale e ideativo di un autore che trova nel non-finito la sua dimensione più profonda, oltre che la ragione della sua sorprendente attualità. I diciassette disegni letterari, annotati su carte sparse e minuscoli fogliettini che Leopardi ha sempre gelosamente custodito, sono pubblicati con criteri filologici rigorosi a partire da una nuova disanima dei manoscritti, e accompagnati da un ricco commento che discute nel dettaglio le tracce offerte, mettendole in relazione con l'intera opera leopardiana e con le voci degli altri protagonisti della modernità europea. -
Lezioni su Kant
Con un buon margine di approssimazione, possiamo datare le Lezioni su Kant agli anni d’insegnamento di Solmi presso il Liceo scientifico Cattaneo di Torino. È dunque ai primi anni Ottanta del Novecento che i testi delle lezioni, presto convertiti in dispense distribuite agli studenti, prendono respiro. La destinazione didattica e la conseguente articolazione dei contenuti non è tuttavia il dato più evidente: il lettore troverà in questo libro un’ideale introduzione a Kant, ma anche il tentativo d’interrogare le linee fondamentali del suo pensiero attraverso il rimando palese alla storia coeva e, sottotraccia, alla contemporaneità. E vi troverà una lezione di stile: la capacità rara di riconsegnare al lettore – con un rispetto che nasce dall’incessante verifica testuale e logica dei contenuti – le pieghe profonde di una riflessione ampia e complessa, agendo da reale mediatore di quel pensiero, e quindi celandosi per spirito di servizio nelle pagine altrui, per poi riemergere sul piano dello stile argomentativo e della nettezza espositiva. Da questo punto di vista, lette insieme agli altri suoi contributi filosofici, le lezioni per la scuola di Solmi rafforzano l’immagine di uno dei rari maestri di dialettica del nostro Novecento, di un intellettuale capace di mantenere in una feconda relazione la filosofia e la politica, il sapere e la sua trasmissione. -
Il prezzo del messianesimo. Una revisione critica delle tesi di Jacob Taubes a Gershom Scholem e altri scritti
Il volume raccoglie tutti i saggi che Jacob Taubes ha dedicato a Gershom Scholem o a temi strettamente affini al suo ambito di studio, nonché quanto resta della corrispondenza tra i due, cioè le lettere che Taubes scrisse a Scholem dal 1947 al 1979 e le risposte di Scholem, che segnano la loro drammatica e irrevocabile rottura.Taubes fu uno studioso di inclinazione polemica e anticonformista, estremo in tutte le sue prese di posizione. Di qui l’esito spesso imprevedibile del suo confronto diretto con gli interlocutori per lui più significativi. Ne è un esempio l’intima e scandalosa affinità di fondo con il «nemico», ovvero il «divergente accordo» che emerge faticosamente dal suo rapporto con Carl Schmitt. Nel caso di Scholem, invece, va in scena un copione esattamente opposto. Inizialmente, infatti, Taubes e Scholem (il fondatore degli studi novecenteschi sulla religione ebraica e in particolare sulla mistica ebraica e sulla cabala) si collocano sullo stesso fronte, tanto che il primo contatta il secondo, cercando in lui un maestro ma anche sperando di entrare a far parte della cerchia dei suoi collaboratori. Ben presto, tuttavia, fra i due si apre una voragine, molto più profonda della pur significativa differenza caratteriale. Al cuore della frattura troviamo infatti la questione del messianesimo e la diversa interpretazione di figure come Paolo di Tarso e Walter Benjamin. Sono dunque in gioco le tematiche più controverse e dibattute del pensiero teologico e filosofico ebraico, che toccano peraltro il cuore di ogni filosofia della storia di matrice escatologica. Nell’inattesa violenza del confronto prende forma così un’immagine del tutto inedita della figura e del pensiero di Scholem e, con essa, un’ulteriore prova del singolare approccio dialettico di Jacob Taubes, che non trova il suo precipitato nell’«opera», bensì nell’impietoso annullamento di ogni distanza con l’interlocutore, in un abbraccio che mette in discussione la vita intellettuale di entrambi. -
Senza trauma. Scrittura dell'estremo e narrativa del nuovo millennio
C'è stato un tempo in cui il trauma comportava silenzio, fuga, oblio, dolore e rimozione. Oggi accade il contrario: senza trauma non sappiamo più parlare. Mai la possibilità di subire un trauma nella vita reale è stata tanto messa ai margini come nella nostra epoca. Eppure mai come adesso il trauma viene evocato, desiderato, rivendicato come fattore identitario. Un trauma senza trauma, dunque, o meglio ancora un trauma dell'assenza di trauma: figura di un'impotenza, autodenuncia di una malafede, sintomo di una crisi delle forme e dei linguaggi in cui si riflette e si modella l'esperienza del vivere associato. Qualcosa, in quell'esperienza, fa difetto, e di quel difetto il trauma viene di continuo chiamato a fungere da supplemento, spiegazione, riparazione, motivo non più di vergogna ma di orgoglio. Il saggio di Daniele Giglioli muove dall'ipotesi che molta letteratura del nuovo millennio viva all'insegna di questa situazione: una scrittura dell'estremo che ha nel trauma immaginario la sua prima scaturigine, il suo centro di risonanza più segreto, il suo seme di verità più prezioso. Dei testi convocati a testimoni viene offerta un'analisi puntigliosamente sintomatica, nella convinzione che in una società tutta dedita all'adorazione del feticcio (tra cui quello del trauma senza trauma) e in cui il rapporto con la realtà è interamente requisito dall'immaginario, il sintomo sia già di per sé una critica, un'istanza di verità irriducibile cui bisogna in tutti i modi dare voce. -
La terribile lingua tedesca
«In fondo, anche il tedesco è meglio della morte». – «Beh non saprei, dipende dal genere di morte.»rn«Leggendo questo libro si potrà ammirare per l'ennesima volta la totale versatilità del genio di Twain, dove qualsiasi cosa può diventare una cosa da ridere. E sempre in modo non banale» - TuttolibriPer tutta la vita Mark Twain ebbe un rapporto complicato con la lingua tedesca. Provò più volte a impararla, ma non riuscì mai a ottenere un livello di padronanza tale da soddisfare le sue raffinate esigenze espressive. Alla fine si convinse che il problema non era suo, ma del tedesco: «i miei studi filologici mi hanno dimostrato che una persona dotata è in grado di imparare l'inglese in trenta ore, il francese in trenta giorni e il tedesco in trent'anni: è dunque evidente che si tratta di una lingua che ha bisogno di essere semplificata e rimessa in sesto. Se dovesse rimanere così com'è, converrà archiviarla rispettosamente fra le lingue morte, perché solo i morti avranno il tempo di impararla». Qui si propone, per la prima volta in traduzione italiana, una raccolta dei testi scritti da Twain sul tedesco, o nei quali il tedesco ha larga parte: le radicali proposte di riforma linguistica, i discorsi pubblici in uno straordinario grammelot anglo-germanico, una commedia e un racconto con la descrizione delle disavventure alle quali vanno incontro quanti improvvidamente fanno uso, senza ben conoscerla, di questa lingua infernale, «inventata da un pazzo con il mal di denti». -
I cosacchi. Racconto del Caucaso
Nel romanzo I cosacchi, Tolstoj racconta la giovinezza, in parte autobiografica, del giovane Olènin, che lascia Mosca e la depressiva vita mondana per andare come allievo ufficiale in un villaggio cosacco di confine, sul fiume Tèrek, di là dal quale sorgono come meraviglie le alte cime innevate del Caucaso, tra le quali abitano le bellicose e antiche popolazioni nemiche circasse e cecene. Avventure di guerra e di caccia, il fascino altero delle giovani donne cosacche, ma soprattutto l'ammirazione e la nostalgia per la vita semplice e schietta dei villaggi cosacchi, leggermente primitiva ma anche pulita e fondata su tradizioni e costumi più dignitosi e nobili della oziosa nobiltà di Mosca. Il romanzo è stato ideato quando a 24 anni Tolstoj viveva nel Caucaso come ufficiale d'artiglieria; prima doveva essere un trattato etnografico (come si legge nei Diari, il 21 ottobre 1852); poi un poema, di cui è rimasto un frammento; poi un racconto dal titolo Il fuggiasco. La narrazione prende la forma attuale con la pubblicazione nella rivista «Russkij vestnik» nel 1863. Traduzione di Agostino Villa. -
Dalla Via Emilia a San Pietroburgo
«Parto per non sentirli più i vostri discorsi».Viaggio verso la Russia coi mezzi più avventurosi che ci sono oggi, i pullman pieni di badanti che tornano e altra mista umanità in fuga. Traversata di Varsavia, delle repubbliche baltiche, per i luoghi segnati dalla storia lontana e recente; arrivo alla città di San Pietroburgo dove ci si mescola alla vita locale, le amicizie nei pericolosi bar malfamati, le ragazze, le curiose idee sugli italiani, i luoghi leggendari, le tracce di Stalin, di Puškin, di Rasputin, degli architetti italiani, degli oligarchi d’oggi; e l’incanto insidioso della città.rnLibro vissuto, pieno di energia e entusiasmo, di amore per la grande letteratura russa, per questo mondo lontano, l’altra metà dell’Occidente, con tutti gli orrori che hanno insanguinato queste terre. -
Mani anarchiche, mani nostalgiche, manicuore. La sfida d'inizio Novecento fra il corpo integro e le sue parti
Il testo intende esaminare lo stato di “frammentazione” dell’Io nell’Europa dei primi del Novecento, in particolare nella Vienna fin de siècle, allargando il discorso anche a un autore di maggior respiro per l’ampiezza dei suoi spostamenti come Rainer Maria Rilke. Come simbolo della “parte” che sostituisce l’armoniosa integrità, è stata scelta la mano che compare in modo vistoso in alcune opere di Leo Perutz, autore trascurato ma molto significativo di Vienna e di Praga, il già citato Rilke e, facendo una necessaria incursione – a mio giudizio imprescindibile – nell’ambito delle arti, i due allievi di Klimt: Kokoschka e Schiele, che, non casualmente, porranno in primo piano proprio “mani parlanti”, raccontando con il segno e il colore la fine della figura tradizionale e lo stravolgimento di un corpo “smascherato”. In ognuno di questi autori ed artisti, la mano, autonoma, ribelle, a volte però pervasa da un’insopprimibile nostalgia dell’intero, sembra esprimere, quasi “gridare”, la frattura dolorosa dell’epoca: la fine del “tutto” e la deflagrazione delle parti – immagine non a caso evocata anche per la fine dell’Impero austro-ungarico e quindi per lo scoppio delle guerre mondiali. -
Umanesimo e tecnologia. Il laboratorio Olivetti
Il nuovo volume dell'«Ospite ingrato» è dedicato allo studio del rapporto fra cultura umanistica e sviluppo tecnologico. Il tema è tanto complesso quanto urgente; abbiamo deciso di affrontarlo facendo un passo indietro di quasi un secolo, provando cioè a ripercorrere la storia di uno dei primi laboratori mondiali di questo incontro fra umanesimo, scienza industriale e civiltà del lavoro: l'Olivetti di Ivrea. Partendo come sempre dal lavoro di Franco Fortini - al cui Archivio e Centro di ricerca questa pubblicazione è legata - che per molti anni è stato parte del mondo Olivetti come traduttore, copywriter, saggista, pubblicitario. Pochi sanno, infatti, che è stato proprio Fortini a dare il nome ad alcune delle macchine più famose prodotte ad Ivrea; su tutte la celebre Lettera 22 (suo è anche lo slogan: «leggera come una sillaba, completa come una frase»). Il volume è diviso in due sezioni; nella prima undici saggi (Erica Beila, René Capovin, Barbara Carnevali, Francesco Ciafaloni, Alessandra Criconia, Enzo Ferrara, Tommaso Morawsky, Michele Pacifico, Fulvio Perini, Cesara Pomarici, Carlo Tombola, Zinato Emanuele) analizzano il caso Olivetti con uno sguardo multi-prospettico (letteratura, sociologia, estetica, psicoanalisi, informatica, urbanistica, architettura, design), cercando di proiettare la relazione fra umanesimo e tecnologia. La seconda è la sezione Archivio (a cura di Emanuela Carbé, Luca Lenzini e Elisabetta Nencini) in cui è proposto un cospicuo materiale, per lo più inedito, relativo al lavoro di Fortini all'Olivetti: testi poetici, lettere, pubblicità, cataloghi, note da traduzioni, materiali di lavoro, studi sulla grafica e sul logotipo. Accompagnano la pubblicazione di questi materiali, un saggio generale di Daniele Balicco, un testo autobiografico di Sergio Bologna e uno studio di Giuseppe Alessi su due documentari di fabbrica, scritti da Fortini su commissione di Olivetti. Prefazione di Alberto Saibene. Introduzione di Daniele Balicco. -
Peregrinazione. Ediz. integrale
L’opera, costantemente tradotta dal Seicento al Novecento nelle principali lingue europee, è qui presentata per la prima volta in versione italiana integrale.rnMendes Pinto, un marinaio di umili origini e scarsa cultura, vi ripercorre le sue lunghe peregrinazioni in Africa, Medio ed Estremo Oriente, Oceania (1537-1558), a contatto con gli abitanti di luoghi allora poco o niente affatto conosciuti. Con spirito di comparatista ante litteram, descrive con rigore le realtà via via incontrate, soffermandosi meticolosamente su leggi, istituzioni, religioni, usi e costumi dei popoli più «diversi»; ciò non gli impedisce, d’altro canto, di stabilire relazioni empatiche con queste genti lontane, anche al prezzo di confrontarsi con le contraddizioni e le ipocrisie della politica coloniale europea.rnIn questo resoconto concitato, nell’incalzante susseguirsi delle picaresche avventure e disavventure di un uomo senza smanie di protagonismo e con lo sguardo sempre rivolto al fuori di sé, si riconosce quella straordinaria testimonianza che mise in contatto generazioni di lettori occidentali – non solo i compatrioti, né i contemporanei dell’autore – con una nuova, più ampia e frastagliata, mappa del mondo. Una mappa non soltanto geografica.rnIl volume è completato da un’ampia introduzione storico-critica, un’appendice con tre documenti epistolari di Mendes Pinto relativi ai suoi viaggi e un dettagliato Indice ragionato nel quale si danno puntuali chiarimenti sui toponimi, i nomi propri e i realia presenti nella narrazione. -
Prospettive sull'ermeneutica dell'immagine
La discussione sul potere delle immagini nelle società contemporanee attraversa da più di mezzo secolo discipline differenti: dalla storia dell’arte alla teoria dei media, dalle scienze sociali alla filosofia. Fin dalla sua origine, però, la riflessione del secondo Novecento sul fenomeno ha rischiato di tradursi in una contrapposizione tra interpretazioni trionfalistiche e previsioni catastrofiche: da una parte, le profezie di un esaltante mondo dell’immediatezza e della pura visibilità; dall’altra, le fobie e i timori destati da una realtà che sembra destinata a liquefarsi o a trasformarsi in apparenza. Questo volume propone un bilancio della questione e, spostandosi dai luoghi comuni all’indagine filosofica, ne individua alcuni temi-chiave: la fine dell’arte; la vicenda dell’ermeneutica contemporanea; la nascita della cultura visuale; le discussioni classiche e moderne sul rapporto tra l’immagine e la parola. -
Primitivismo e architettura
La ricerca dell’originario, dell’autentico, dell’essenziale nell’aspirazione a oltrepassare la relatività indotta dal tempo e dalla storia caratterizza il Primitivismo. Una corrente di pensiero e una tendenza artistica che permea di sé molte espressioni artistiche delle diverse arti della fine dell’Ottocento e del primo Novecento con le Avanguardie storiche, continua nel secolo scorso e si ripropone anche oggi. Ma se l’arte “primitiva” è stata fonte di ispirazione delle diverse forme delle arti visive, molto meno se ne è parlato per l’architettura, sebbene anche in questo campo non manchino riferimenti espliciti. Per questa ragione nel saggio, oltre che una parte teorica, vi è una parte antologica, una selezione di opere, e non di autori, la quale tenta di individuare architetture che portino i segni delle problematiche indagate.rnNella convinzione che ogni buona ricerca inizi con la formulazione di una domanda cui si è chiamati ad articolare una risposta, a sua volta foriera di altre questioni, il testo è stato posto all’esame di un gruppo di studiosi da cui sono scaturite delle interrogazioni che possono proiettare verso temi ancora per nulla o poco dibattuti. -
L' intimo e l'estraneo. Scrittura e composizione del sé
Per quali esigenze si è costituito un discorso, o meglio: un'ampia serie di discorsi, intorno a ciò che si definisce ""spazio interiore"""", e per quali forme? La sua genesi è legata alla consapevolezza del non coincidere integralmente con ciò che facciamo e diciamo, con i nostri modi d'essere in relazione agli altri. C'è uno scarto, un residuo in cui risiederebbe la nostra identità più profonda - qualcosa che resta sempre indietro, per così dire, rispetto a ciò che di noi si mostra nel quotidiano. Solo collocandosi in questo più proprio ci si emanciperebbe dalla scena in cui si atteggia e gesticola invano la maschera sociale. Per questo, sin dagli inizi della cultura occidentale, sorge la difficile pratica del volgere le spalle al mondo alla ricerca del proprio intimo, del ritrarsi in esso. Ma come individuarlo? Quando si prova a tradurlo in linguaggio, si finisce col tradirlo in un universale in cui si smarrisce. Tale ricerca sembra piuttosto una costruzione del sé. Radicata per secoli nell'idea di un esercizio del libero arbitrio come fulcro dell'anima individuale, è riemersa poi nel più ampio orizzonte del soggettivismo moderno, del suo """"umanismo"""". Pur pensandosi spesso come una sorta di contro-movimento rispetto ad esso, ha finito col situarsi, seppure in una tensione mai risolta, nel suo grande alveo. Questo libro non è una storia dell'idea di interiorità. Pure, individua una delle sue genesi nella tragedia greca. E tenta di cogliere le sue linee essenziali in una serie di figure (filosofi, artisti, scrittori) e di punti di svolta storici in cui essa di volta in volta riaffiora, da Montaigne a Sade, da Dürer a Messerschmidt, da Nietzsche a Rilke."" -
Patrimonio e progetto di architettura
Questo volume propone una ulteriore e necessaria riflessione, prodotta a valle, e dopo un certo tempo, dell’VIII Forum della Società Scientifica ProArch, tenutosi a Napoli nel novembre 2019 e dedicato al rapporto tra il progetto di architettura e il patrimonio per la costruzione di una nozione rinnovata di quest’ultimo. Riflettere, all’interno del campo delle “discipline del progetto”, su una nozione rinnovata di patrimonio significa dunque, come si leggeva nella call del Forum, ri-affermare che la diacrisi tra legacy e projectus va posta «come incipit di ogni procedura rivolta alla trasformazione» e presuppone «il riconoscimento del valore degli ordini formali e delle relazioni preesistenti, rinvenibili nei territori, nelle città, nei paesaggi e nei manufatti, nelle tracce dell’antico e nelle testimonianze del passato lontano e recente».rnIl patrimonio, in questo modo, assume un valore non soltanto legato alla memoria e al suo ruolo di testimonianza, ma anche associato alle potenzialità connesse al suo eventuale rinnovamento e alla sua risignificazione, derivanti dal suo essere, prima di tutto, “forma”. Una forma che non è sufficiente che sia solo “tutelata”, per essere “conservata”, ma che deve essere “trasformata” per essere così “riconfigurata” rinnovando le sue relazioni con il contesto e diventando nuovamente riconoscibile come risorsa per il modus hodiernus. -
Sopra e sotto la linea di terra. L'architettura come racconto topografico
Lo studio raccolto nelle pagine di questo libro guarda al fenomeno architettonico come atto costruttivo delle forme del suolo, primo e ineludibile effetto di qualunque trasformazione antropica del mondo che abitiamo. Ogni azione elementare impartita sullo spessore del suolo produce esiti, genera forme; la forma architettonica essenziale deriva, dunque, dall'impatto prodotto sulla linea di terra. Ma quali ragioni, quali necessità inducono verso determinate alterazioni topografiche? E che tipo di progettualità si sviluppa a partire da tali processi? Il percorso che prende avvio da queste domande, non può che cominciare da una lettura dello spazio geografico, tesa a ricucire i nessi che da sempre legano le forme, le tecniche e i linguaggi architettonici alle materie, le morfologie e le storie proprie di un territorio. Attraverso una focale denominata ""lente topografica"""", gradualmente definita nei metodi e negli strumenti, il libro traccia un altro racconto, che ha per oggetto il patrimonio antropico disseminato a terra, quello che il suolo lascia emergere e quello che seppellisce. È del resto nel medio di queste tracce che trova espressione la forma costruita. Quale allora il potenziale narrativo del progetto di suolo? Quale storia raccontare e attraverso quali espedienti? Attorno a questi interrogativi prendono avvio considerazioni di carattere teorico e analitico. In particolare, la ricerca si concentra su due casi emblematici: il Sacro Bosco di Bomarzo e il giardino funerario Östra Kyrkogarden di Malmö, entrambi inquadrati nell'estensione ampia della scala geografica e nella visione sincronica del paesaggio storico."" -
La rivoluzione in esilio. Scritti su Mario Tronti
Il volume è costituito da una raccolta di scritti di autori di diversa formazione che esplorano il lungo e variegato percorso teorico di Mario Tronti. A ciò si aggiunge un ricco, elaborato e intenso saggio-intervista dello stesso Tronti.rnMario Tronti non è semplicemente il fondatore dell’operaismo politico italiano, bensì – e ciò lo si ricava in modo chiaro dalla ricostruzione presentata in questo volume – è all’origine, spesso al di là delle sue stesse intenzioni, di tutti i più radicali movimenti teorico-politici degli ultimi 50 anni in Italia: dall’autonomia al postoperaismo, sino ai più interessanti esperimenti di matrice anarchica. Al contempo, egli non ha mai smesso il proprio impegno all’interno delle forze politiche istituzionali, da qui l’ambiguità e anche il fascino della sua postazione: pensare estremo e agire accorto, dentro e fuori dal sistema, in una sorta di “azione parallela” che si dispiega su due linee, che, pur separate, continuano a riflettersi una nell’altra.rnNegli ultimi anni, le sue opere sono state pubblicate in Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Francia e nel continente sudamericano. La ragione primaria di questo interesse, evidenziata nelle pur diverse prospettive degli scritti che compongono la raccolta, risiede nella radicalità e carica conflittuale del suo pensiero che vuole tenere insieme critica del progresso e istanza trasformatrice. In definitiva, il libro è rivolto a chi non vuole arrendersi al sempre-uguale di un triste eterno presente.