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Le ville di Ludwig Mies van der Rohe
Questo volume ha per oggetto il ri-disegno su base cronologica delle ville progettate da Ludwig Mies van der Rohe (Aquisgrana, 1886 - Chicago, 1969). Secondo una linea ormai consolidata, sia nella critica sia nell’opinione comune, il nucleo problematico dell’opera miesiana risiede specificamente nell’abitare. Il ri-disegno critico-analitico di questi edifici, alla stessa scala (1:400) e secondo le medesime condizioni grafiche, vuole manifestare così il proprio carattere di “costruzione logica” e dunque di replicabilità di un processo progettuale. Da questo punto di vista, l’architettura delle ville dell’architetto tedesco è esemplare: un unico principio spaziale, associato alla forma della vita domestica, viene messo in opera attraverso l’iterazione di elementi architettonici coincidenti con quelli della costruzione (pilastri, setti, muri liberi, pareti vetrate, pavimenti e solai) e sperimentato attraverso la produzione di un gran numero di variazioni di questo tema. Come afferma acutamente Dietrich Neumann nella Prefazione, attraverso il ri-disegno gli autori «dimostrano con sicurezza che gli strumenti dell’architetto possono rivelare intuizioni diverse rispetto a quelli dell’archivista o dello storico».rnMettere in sequenza le tappe di una fra le più straordinarie esperienze artistiche del Novecento significa non solo creare una tassonomia miesiana, ma anche disvelare le linee di continuità e quelle di faglia di una ricerca paziente fino al limite dell’ossessione, e soprattutto mettere in luce alcune tecniche compositive, a essa sottese, che sondano e incrociano princìpi antichissimi (assialità, proporzioni auree, rapporti tra pieni e vuoti, tra parti coperte e scoperte dell’edificio) con quelli enunciati dalla “nuova tradizione” del Moderno (slittamenti, smaterializzazione, essenzialità, trasparenze, riflessioni e velature). In definitiva, secondo gli autori, siamo di fronte a una ricerca della relazione tra forma e vita che si sviluppa in una dimensione assolutamente autonoma: per usare le parole di Peter Eisenman, l’opera di Mies van der Rohe «manifesta certamente delle tendenze che si possono descrivere soltanto come interne al lavoro dell’architettura». -
Anni settanta. Aspetti dell'arte contemporanea in Italia-The seventies. Aspects of contemporary art of Italy
Il volume propone per la prima volta la trascrizione di quattro lezioni tenute da Enrico Crispolti nei primi mesi del 1994 per gli studenti della Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università degli Studi di Siena. In questi incontri, lo studioso e critico militante propose una lettura dei fatti artistici avvenuti negli anni Settanta in Italia e nel mondo secondo un’angolazione molto personale, estranea alle mode culturali e al mainstream internazionale. Partendo dall’eredità eversiva dell’Informale come punto cruciale del rinnovamento dei linguaggi artistici, Crispolti ripercorre le vie della figurazione e propone una lettura alternativa, una vera e propria storia «altra» di un decennio centrale del Novecento, in tempi in cui non era ancora una moda storiografica. Il volume contiene la trascrizione delle lezioni, un apparato iconografico e un QR code mediante cui accedere alle registrazioni audio originali.This volume for the first time ever presents a transcription of four lessons held by Enrico Crispolti in the early months of 1994 for the students of the Graduate School of Art History at the University of Siena. During those encounters, the scholar and militant critic offered a very personal interpretation of the events that had taken place in the art world in the 1970s both in Italy and abroad, taking a stance that was far-removed from the cultural trends and the international mainstream. Starting from the subversive legacy of Informel as a crucial point in the renewal of artistic languages, Crispolti retraced the paths of figuration and suggested an alternative interpretation, a full-fledged ""other"""" history of a decade that was fundamental to the twentieth century, in times when this had not yet become a historiographic trend. In addition to the text and the images, the book contains a QR code to access the original audio recordings."" -
Le roman de la faim: du «Hungerkünstler» au «schizoflâneur»
FR. Les œuvres examinées dans cet ouvrage considèrent la privation alimentaire, qu’elle soit forcée ou volontaire, comme le lieu paradoxal de la souffrance et de l’extase, du pouvoir et de l’émancipation, du silence et de l’expression de soi. Ce court essai permet de dégager quelques traits récurrents du récit de la faim, parmi lesquelles se dégagent deux figures dominantes : celle de l’écrivain famélique, d’une part, et celle de l’employé de bureau miséreux, d’autre part. La première est le plus souvent associée à une sorte de double obscur et abject du flâneur évoluant au sein d’une variation grotesque et désespérée du roman d’artiste. Quant à la seconde, elle nous ramène à ce qui, au sein de l’expérience et de l’écriture de la faim, constitue un angle d’approche privilégié d’un désordre social et psychologique propre aux copistes de bas étage du roman de la bureaucratie.rnrnEN. The works examined in this book consider food deprivation, whether forced or self-imposed, as the paradoxical site of suffering andecstasy, power and emancipation, silence and self-expression. This short essay discusses some salient features of hunger narratives. Among these the figures of the starving writer and of the miserable office worker stand out. The former is most often associated with a sort of dark and abject double of the flâneur set against a grotesque and desperate variation of the artist’s novel. The second brings us back to what the experience and the writing of hunger can teach us about a social and psychological disorder peculiar to the low-level copyists of the fiction of bureaucracy. -
Hanno caldo al cubo-They are hot in their cube. Ediz. bilingue. Con QR code
Attraverso una serie di conversazioni inedite tra Enrico Crispolti e Luca Maria Patella, il volume ripercorre l'intera ricerca dell'artista dagli esordi alla fine degli anni Cinquanta del Novecento fino al 2000, anno in cui è avvenuto questo dialogo. Illustrato da cinquantaquattro immagini, annotato e introdotto storiograficamente da Raffaele Bedarida e Antonio Petrone, il libro è uno strumento fondamentale per approfondire il lavoro di Patella e per uno sguardo non ortodosso sui molti ambienti artistici in cui è intervenuto liberamente e senza lasciarsi incasellare: dal cinema d'artista all'arte concettuale, dall'arte povera all'installazione, dalla poesia visiva al libro d'artista. Si tratta di idee complesse e di un percorso non lineare, presentati con il linguaggio diretto e informale di una chiacchierata. Il volume contiene la trascrizione delle conversazioni, un apparato iconografico e un QR code mediante cui accedere alle registrazioni audio originali.In a series of never before published conversations between Enrico Crispolti and Luca Maria Patella, the book traces the artist's work from the beginnings in the late 1950s to 2000, the year when these conversations took place. Illustrated by fifty-four images, annotated and introduced historiographically by Raffaele Bedarida and Antonio Petrone, this book is an important tool with which to delve into Patella's world and take an unorthodox look at many of the artistic milieus in which he acted freely, without ever being rigidly classified: from artist's cinema to Conceptual art, from Arte Povera to the installation, from visual poetry to artist's books. Complex ideas and a trajectory that are never linear, presented in the direct and informal language of a chat. In addition to the text and the images, the book contains a QR code to access the original audio recordings. -
L'infra-ordinario
Un libricino pieno di semplici genialità, come riesce di norma a Perec, parlando dell’ordinario quotidiano. Ad esempio del quotidiano cibarsi, e fa l’inventario, comico e indigesto nella sua riassuntiva catalogazione, di tutto ciò che ha ingurgitato nel corso di un anno, il 1974: sette galline bollite con riso, settantacinque formaggi, sette zampini di maiale ecc. Poi come scrivere automaticamente duecentoquarantatré cartoline, tutte diverse, di ordinari saluti estivi usando solo cinque frasi elementari in tre varianti. E l’osservazione di una via di Parigi in sei date diverse, i negozi, le insegne, le scritte occasionali, le facciate, un gatto che passa, cioè tutto ciò che è sotto gli occhi, così ovvio che non lo si nota, ma esiste per un attimo poi sarà perduto per sempre. Questi scritti pubblicati tra il 1973 e il 1981 sono stati raccolti in libro nel 1989. -
Amate l'architettura. L'architettura è un cristallo
«Non un libro per gli architetti, ma per gli incantati dall'architettura». ""Amate l'architettura"""" è il libro della piena maturità di Gio Ponti. È una collezione di idee, leggera e audace, dove confluiscono, spesso in forma aforistica, i risultati delle sue esperienze: in cantiere, nelle redazioni di «Domus» e di «Stile», nelle botteghe artigiane, negli studi di artisti, in giro per le città italiane e nelle metropoli di tutto il mondo. Un classico dell'architettura qui presentato nella riproduzione fotografica integrale della prima edizione del 1957, pensata e progettata dallo stesso Ponti come una «piccola architettura da tasca»."" -
Il signore di buona famiglia
Le straordinarie e satiriche tavole disegnate di Novello, che hanno avuto a suo tempo enorme successo, sono ancora fresche, acute e divertenti, perché toccano le abitudini, i difetti e le stupidaggini della vita pubblica e famigliare, che continua imperterrita ad esistere. Pubblicate a partire dal 1930 nella sezione umoristica della «Gazzetta del Popolo», erano state raccolte in libro col titolo Il signore di buona famiglia nel 1934, cui seguì nel 1937 Che cosa dirà la gente? Nel dopoguerra dal 1948 ha continuato a disegnare vignette per «La Stampa» di Torino, fino al 1965, dedicandosi poi principalmente alla pittura. Il giornalista e amico Paolo Monelli scrive giustamente che per Novello «i drammi della vita hanno tutti lo stesso peso, sia la mancata eredità o la negata gloria o il budino che non stava in piedi», la sua è «la poesia della bruttezza, della scalogna, dell’invecchiare, dell’aver pochi quattrini, delle gioie goffe, poesia di parenti poveri, di bimbi brutti, di zitelle rinsecchite [...] eppure queste miserie sono avvolte da un’ilarità che non è cinica, non è amara, non è ironica, è semplicemente ilarità, spontanea risata». -
Corpomatto
Marta è una studentessa svogliata e ritardataria. Ha lasciato Taranto per iscriversi all'università di Messina, ma la vita studentesca, velleitaria e alcolica, si rivela molto più interessante delle Lettere classiche. Dopo pochi anni e un solo esame è di nuovo a casa, sorta di carcere domestico dove l'aspettano una madre problematica e una nonna arcigna. Nella «maledetta città» che tutto avvelena, l'esistenza di ognuno è improduttiva, sospesa, anche quella di Marta, ben attenta a nascondersi dalla madre quando telefona al suo innamorato, perché altrimenti la «sentirebbe vivere». Eterna figlia ferma sulla soglia di un cambiamento che non vuole compiere, Marta non può più uscire da questo piccolo mondo asfittico, non prima di aver ricostruito la famiglia perduta, rimesso insieme i pezzi di entrambi i genitori, ricreato un impossibile e commovente focolare casalingo. L'unica salvezza sarà raccontare tutto, con l'oggettività di una deposizione ufficiale, con una scrittura sorprendente: comica quando dovrebbe essere luttuosa, tenera dove ti aspetti sarcasmo, elusiva quando speri in una confessione. In questo suo primo romanzo Cristina Venneri offre il ritratto di una generazione bloccata tra disastri familiari e possibilità negate, incapace di trovare il proprio soffio vitale. -
Mito. Nuova ediz.
Scritto di getto in poche settimane nell’estate del 1973, quando Jesi aveva appena ideato il suo più noto modello conoscitivo, la «macchina mitologica», Mito è la sintesi della sua ricerca e della sua altrettanto originale formazione. Dalla sopravvivenza delle antiche mitologie nell’umanesimo all’allegoresi di Vico, dal volto duplice e «oscuro» dell’illuminismo a Creuzer e Bachofen, da Wilamowitz fino a Cassirer, Kerényi e Jung, da Malinowski ed Eliade a Dumézil e Lévi-Strauss, passando per Benjamin, la scienza mitologica è colta nella sua rischiosa propensione a farsi «scienza di ciò che non c’è». Ogni mitologia rimanda infatti a un’origine remota, narra di un precedente per definizione inverificabile e proprio per questo dotato di una forza ipnotica che, alimento di tutte le tecnicizzazioni politiche, sarà impiegata nel modo più eclatante dagli apparati totalitari. All’inganno e al fascino delle manipolazioni Jesi non oppone tuttavia una ripulsa umanistica nei confronti dell’ideologia, attitudine che fu propria del suo maestro Kerényi e che «può anche tradursi nell’ovvio sostegno di una respublica humanistarum, cuore puro della società borghese». Egli sposta piuttosto lo sguardo dalla «sostanza-mito» al meccanismo che produce concretamente le mitologie, per coglierne il funzionamento «in flagranti»: ci invita cioè a «indagare innanzitutto come la macchina mitologica funziona, e non l’esistenza o la non esistenza del suo presunto contenuto enigmatico». -
Verba volant. Brevi lezioni di architettura non scritte
«Insegno sempre il metodo per primo, anzi le mie lezioni sono in prevalenza di carattere metodologico. Prima il metodo, assolutamente. Consegnando gli strumenti a chi mi ascolta, mi sento subito in pace con me stessa. ""Il metodo non può essere separato dal suo oggetto"""" diceva Werner Karl Heisenberg. Ma che il metodo non è regola, lo sanno e lo dicono tutti.rnIn architettura occorre inalare a fondo la realtà, metabolizzare ciò di cui si compone, estrarne la sostanza. L'esprit de géométrie e la création poétique nell'opera di Le Corbusier è di lezione.Bruno Munari criticamente scrive: """"Ci sono persone che di fronte al fatto di dover osservare delle regole per fare un progetto, si sentono bloccate nella loro creatività"""". Edgard Morin invece ci insegna che """"i progressi maggiori delle scienze contemporanee si sono verificati reintegrando l'osservatore nell'osservazione"""". Oggettivo e soggettivo, pertanto, ben stretti a braccetto, con il primo che nulla conta in assenza del secondo. Prima si impugna bene il manico e poi si tira di fioretto. Il Modulor di Le Corbusier tende l'insidia: ecco il segreto del ben progettare! Ma è lui stesso a metterci in guardia: attenzione, Messieurs les Architectes, il Modulor è come un pianoforte ben accordato: a voi suonarlo.»"" -
Luigi Presicce. Le Storie della Vera Croce. Ediz. italiana e inglese
Il progetto raccoglie un ciclo di dieci episodi, iniziato nel 2012 e intitolato Le Storie della Vera Croce, che compone un'unica grande opera esposta per la prima volta nella sua totalità. Luigi Presicce attraverso queste dieci tappe ripercorre e affronta su piani paralleli episodi della storia del Sacro Legno miscelati ad avvenimenti e personaggi storici e contemporanei di rilevanza sociopolitica, simbologie alchemiche e di natura esoterica, senza risparmiare neanche il tema delle guerre scatenate dagli scontri tra religioni che hanno attraversato la storia. -
Dora Garcia. Conosco un labirinto che è una linea retta. Ediz. italiana e inglese
Il progetto Conosco un labirinto che è una linea retta, sviluppato dall'artista per i Padiglioni del Mattatoio, si concentra sull'idea di evento, durata e ripetizione. I due padiglioni si specchiano, sdoppiandosi attraverso la psicoanalisi e la narrativa labirintica, e si articolano in un allestimento binario, come due sentieri che si biforcano e che si congiungono solo attraverso un'osservazione attiva che invita il visitatore a non considerare l'indifferenza come un'opzione praticabile e a decidere coscientemente se entrare in una situazione o sottrarsi a essa. Con testi di Angel Moya Garcia, David Dorenbaum, Antonio Di Ciaccia, John McCourt, Piersandra Di Matteo, Michelangelo Miccolis, Biancamaria Frabotta, Carmelo Princiotta. -
Prinz Gholam. While being other. Ediz. illustrata
Il volume documenta la mostra del duo Prinz Gholam, composto da Wolfgang Prinz e Michel Gholam, tenutasi al Mattatoio di Roma, nell'ambito del programma Dispositivi sensibili, ideato da Angel Moya Garcia e incentrato sulla convergenza fra metodi, estetiche e pratiche delle arti visive e delle arti performative. Nel progetto While Being Other gli artisti espandono la loro ricerca sulla percezione del sé e del corpo come assunti culturali attraverso performance, oggetti e disegni di grandi dimensioni. L'articolazione del progetto si configura come una coreografia in continuo divenire in cui una sequenza di lavori, presenze, spostamenti, gesti e intervalli di movimenti sono concepiti a partire da riferimenti culturali specifici e intrecciati tra di loro attraverso una molteplicità di maschere che invadono lo spazio espositivo. Con testi di Angel Moya Garcia e Daniel Blanga Gubbay. -
Attorno all'acqua. Narrazioni e progetto per il territorio del Nera tra Marmore e Orte
La cascata delle Marmore, tappa obbligata del Grand Tour, è uno dei monumenti, naturali e culturali insieme, più celebrati dell'Italia centrale. Orte è il simbolo del centro storico minore, se non altro perché Pier Paolo Pasolini lo scelse, tra tanti, per mettere in luce il problema della conservazione della cultura materiale del nostro popolo. Tra questi due luoghi, distanti tra loro meno di trenta chilometri in linea d'aria, ma lontani non solo nell'immaginario collettivo, per ruolo, rango, notorietà, numero di visitatori, si dispiega un territorio ricchissimo, stratificato, denso di valori naturali e culturali. Un territorio oggi trascurato, paradossalmente proprio per il fatto di essere stato abitato con continuità, anche nella fase, per certi versi devastante, della modernizzazione. Per aver cioè accumulato testimonianze, talvolta dominanti e in alcuni casi anche scomode, della nostra storia recente. Questo lavoro, partendo dalla centralità dell'acqua, nelle differenti forme che assume anche a partire dall'azione antropica, si propone l'obiettivo di ricostruire e rendere leggibile la complessità e la ricchezza di un sistema insediativo le cui relazioni oggi appaiono con evidenza solo all'occhio esperto, operazione che apre la strada a una complessiva re-mise en paysage, basata necessariamente sul rapporto significante e operante tra la storia (tutta) e il progetto. -
Il caso clinico del viaggiatore sonnambulo
Un caso psichiatrico abbastanza insolito e che desta ancora meraviglia, quello di Albert Dadas, che in stato di sonnambulismo viaggia per la Francia e per l'Europa, arrivando semiaddormentato fino a Vienna, a Mosca (nel 1881, dove viene incarcerato come nichilista), a Costantinopoli e ad Algeri. È il suo medico, Philippe Tissié a raccontare i viaggi trascrivendo le parole di Albert, che prende in cura dal 1886 e che definisce sonnambulo diurno; e che ripetutamente metterà sotto ipnosi per indagarne più a fondo la mente, pratica medica allora in voga, di cui la comunità scientifica discuteva, assieme a sogni, sonnambulismo, suggestione, isteria e doppia personalità. La curatrice, Valeria P. Babini, ricostruisce nella postfazione il rapporto stretto tra il medico e il suo paziente, come una storia a due, dove due sono i protagonisti e narratori, inserendo il caso nei dibattiti psichiatrici dell'epoca. -
Anatomia del politico
Questo volume documenta una conversazione tra Mario Tronti, Étienne Balibar e Toni Negri tenutasi presso le aule dell'Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne nell'aprile del 2019. L'incontro ha dato ai relatori l'opportunità di confrontare dal vivo i propri distinti e divergenti percorsi intellettuali e politici in merito alle rispettive letture di Marx, della storia novecentesca e della congiuntura attuale. Il contributo di Étienne Balibar, intitolato Mario Tronti e la fine della politica, riflette, dialogando con l'autore di Operai e capitale, sul corso della storia operaia e sul destino della politica moderna sullo sfondo delle mutazioni politico-sociali che hanno caratterizzato il passaggio tra il XX e il XXI secolo. L'intervento di Toni Negri su L'autonomia del politico di Mario Tronti s'inscrive invece nel solco di quella breve ma cruciale esperienza che fu per Negri e Tronti l'operaismo degli albori, esperienza condivisa e poi contesa. Con il suo testo conclusivo, Un passo indietro, un salto in avanti, Mario Tronti intende rispondere ad entrambe le sollecitazioni, ripercorrendo alcune tappe significative del proprio pensiero, in particolare il paradigma dell'autonomia del politico, maturato agli inizi degli anni Settanta, e la tesi del tramonto della politica, formulata alla fine degli anni Novanta. -
Altrove: Viaggio in Gran Garabagna-Nel paese della magia-Qui Poddema
Altrove è una delle opere più felici di tutto questo secolo. Pubblicato nel 1948, in quasi sessant'anni ha preso sempre più sapore ed è diventato un libro senza tempo, come a pochi succede. Descrive paesi immaginari, come quelli evocati da antichi cronisti, da antichi viaggiatori fantastici. Molti di questi paesi però sono quelli delle nostre fissazioni, dei nostri vaneggiamenti morali. Ogni paese serve a descrivere un temperamento. Si sente l'eco d'una vocazione etnografica, che l'autore ha seguito in gioventù. Ma anche quando parla di paesi che ha visitato davvero, in altri libri molto insoliti, Michaux lascia andare le frasi dove vogliono loro: non le frena con l'avarizia dell'intellettuale che vuol sempre confermare le sue idee. Allora ogni frase diventa una acrobazia immaginativa, una specie di volteggio sul trapezio delle virgole. E tutte queste acrobazie sono comiche, naturali - «naturali come le piante, gli insetti, naturali come la fame, le abitudini, l'età, gli usi, le consuetudini...» In tutti i libri di Michaux la scrittura sembra qualcosa che viene fuori come una secrezione naturale, come la bava delle lumache, come la tela del ragno, come un porro sulla pelle, o come gli escrementi che ogni giorno evacuiamo. Si sente che non c'è mai il problema di dimostrare qualcosa, ma solo di lasciar fluire una secrezione che lascia tracce sulla pagina. Perciò a momenti è così rasserenante. Perché in lui non c'è niente dell'""artista creatore"""", niente di queste pretese di serietà artificiale. Lui lascia andare avanti le frasi per vedere cosa si inventano. Ma mentre un mercato di professionisti ci scaraventa addosso mattoni con centinaia di pagine da leggere in fretta per arrivare alla fine inebetiti, Michaux spesso ci lascia lieti e sazi con poche righe. (Gianni Celati, 2005)"" -
L' epos impossibile. Il mito di Enea nel Novecento
«Virgilio è, oggi, ancora abbastanza vivo per portare il peso del nostro destino?», si chiedeva Maurice Blanchot. Si potrebbe estendere l'interrogativo anche al suo personaggio più famoso: depositato nelle pieghe della memoria, collettiva e individuale, il mito di Enea ha occupato anche nel Novecento un posto di straordinario rilievo nell'immaginario dell'Occidente. Negli anni tormentati tra le due guerre molti intellettuali, tra cui Eliot, Curtius e Broch, individuarono in Virgilio una centralità e una solidità da contrapporre al dilagante caos che portò all'avvento dei fascismi. Dopo la guerra poeti come Giorgio Caproni e Giuseppe Ungaretti restituirono senso e significato alla tradizione classica e in particolare all'eredità virgiliana, deformata e strumentalizzata dalla retorica del regime. Questo studio si sofferma inoltre sulle narrazioni e le infinite metamorfosi del personaggio di Enea nella letteratura del Novecento: tra abbassamenti parodici e inversioni di segno, Carlo Emilio Gadda, Luigi Malerba, Giuliano Gramigna e Sebastiano Vassalli restituiscono voce a un personaggio che fa dell'empietà la sua cifra distintiva. E oggi? Svaniti i compagni, perduto il padre, nelle rielaborazioni contemporanee Enea non è più l'eroe dal destino luminoso, ma l'uomo in fuga dalle troppe guerre che affliggono il presente: lo sconfitto, l'esule che affronta con disperazione il mare, esposto a nuovi drammatici naufragi. L'eroe ha dunque ancora molto da dirci. -
Il vampiro, la diva, il clown. Incarnazioni poetiche di spettri cinematografici
Nel secondo Novecento il cinema ha acceso l'immaginario dei poeti. Tre emozioni mediali, tre icone si sono più di altre impresse nella loro coscienza e nei loro versi: il vampiro di Dreyer, la diva Marilyn, il clown Charlot. Saba, Govoni, Pasolini, Sanguineti, Zanzotto, Gatto, Luzi, Magrelli: tutti scrittori che hanno fatto un uso poetico delle emozioni mediali. Nei loro lavori trovano posto alcune figure archetipiche della storia del cinema: il vampiro, la diva, il clown. Tre personaggi, tre icone, tre leggende-guida che intercettano altrettante fondative tipologie culturali: il romanzesco (il conflitto col maligno); il tragico (la dea è mortale); il comico (le agrodolci vicissitudini di un marginale). Ma anche tre diverse e conflittuali latenze della psiche dei moderni: sogno e realtà, eros e thanatos, individuo e massa. Con loro, attraverso di loro, il contemporaneo prende forma; con loro, attraverso di loro, i poeti vengono a capo della forma del contemporaneo. -
Una cena elegante
In questo volume viene riproposta la scelta di testi walseriani, curata e magistralmente tradotta da Aloisio Rendi (Lerici 1961), che segnò la prima apparizione dello scrittore svizzero in Italia. Tuttavia, rispetto a quell'edizione, sono state riprese solo le sezioni dedicate agli Aufsätze (1913) e a Kleine Dichtungen (1914), due libri appartenenti alla fase più felice della produzione di Robert Walser.