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Il tutto e il niente. Sulla bellezza dell'universo
Più conosciamo la realtà, più ci appare misteriosa, ma è solo continuando a interrogarci su di essa che una rosa sarà ancora molto di più di una semplice rosa.rnrnInterrogato da un amico artista che gli chiese se uno scienziato, studiando una rosa, non ne uccidesse la bellezza, Richard Feynman rispose che lui riusciva senz’altro a percepirne lo splendore, ma vedeva anche un’altra bellezza, più profonda, rivelata solo dalla comprensione: il fatto, per esempio, che i fiori abbiano assunto colori sgargianti nel corso dell’evoluzione per attirare gli insetti. Una conoscenza più precisa non toglie niente alla bellezza del fiore, anzi dà alla rosarnancora più fascino e mistero.rnÈ proprio dallo stupore e dalla meraviglia quotidiana che proviamo per il mondo intorno a noi che Stefan Klein prende spunto per rivelarci la sorprendente bellezza dell’universo: come può un uragano dall’altra parte del mondo rivelare l’imprevedibilità del clima e del caso? L’irreversibilità del tempo che passa, improvvisamente si manifesta a noi nel colore della barba che va ingrigendosi; un divertente racconto poliziesco riesce a spiegare al meglio i concetti di multiverso e di entanglement quantistico; le riflessioni di Einstein sulla luce danno corpo allo spaziotempo; esiste davvero il nulla, l’universo è vuoto o pieno, e cos’è la materia oscura? Il tutto e il niente trasforma una cosa semplice, come un fiore o un giorno di tempesta, nella chiave per comprendere le idee e le teorie più complesse della fisica del XXI secolo, e Stefan Klein con limpidezza e un tocco di poesia scioglie le complessità del mondo con le sue domande gioiose. -
La memorabile vacanza del barone Otto
Una comitiva male assortita e un viaggio rocambolesco. Una gemma d'assoluta, irriverente ironia.rn«Una folla di raffinati lettori ha riscoperto i romanzi di questa scrittrice ironica, spregiudicata, fuori da ogni corrente letteraria, spesso crudelissima nel descrivere una società boriosa, superficiale, vecchia, ingiusta soprattutto verso le donne.» - Natalia Aspesi, la Repubblicarn«Una lettura tonificante come una brezza tesa.» - The Timesrn«Amore, sesso, conflitti, questioni di denaro popolano i romanzi di Elizabeth von Armin, mescolati in un cocktail perfetto da un'ironia caustica ma anche tollerante.» - Elisabetta Rasy, Il Sole 24 orernI personaggi di Elizabeth von Arnim abitano una commedia, quella della vita fin-de-siècle, che si rinnova felicemente in ogni suo romanzo. rnLa von Arnim ci avvicina a tante storie con la naturale verve narrativa di una grande autrice che si misura con una scrittura di deliziosa ironia e precisione. In questo, sicuramente tra i suoi libri migliori, a essere preso di mira è uno spocchioso barone, convinto della superiorità dell’uomo sulla donna, e della sua nobile educazione tedesca su tutte le altre, messo a dura prova da una rocambolesca vacanza in carrozzone. Già, quel giro per la campagna inglese prometteva assai bene, soprattutto era straordinariamente economico, ma le cose prendono una piega ben diversa da quella prevista: i compagni di viaggio, dapprima così simpatici, adesso sembrano evitarlo, e la sua giovane moglie, poi, ha abbandonato quegli abiti remissivi che tanto gli piacevano per metter su un’aria, come dire, ribelle.rnTra situazioni esilaranti e dialoghi di pungente umorismo la von Arnim ci trascina con sé in una vacanza davvero memorabile. -
Il crepuscolo di una nazione. L'America di Trump all'esame di uno psichiatra
Già caso editoriale negli Stati Uniti, Il crepuscolo di una nazione non è un’inchiesta giornalistica, non svela informazioni riservate, è invece una vera e propria indagine della psiche di una nazione, un lavoro essenziale per comprendere la crisi dello spirito democratico in questo inizio di secolo.rnrn«Per alcuni professionisti della salute mentale, il dibattito etico [sullo stato mentale di Trump] è una distrazione da una questione più ampia. In Il crepuscolo di una nazione Allen Frances sostiene che la preoccupazione più urgente sia svelare la psiche della nazione che ha portato la nostra politica fino a questo punto» - The New Yorkerrnrn«Il crepuscolo di una nazione è informato, perspicace, illuminante e interessante, a volte fa infuriare, ma quasi sempre è corretto» - Simon Wessely, presidente della Royal Society of Medicine e Regius Professor di Psichiatria presso il King’s College di Londra rnrnTutto è nato all’indomani dell’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, quando – dopo lo shock iniziale – analisti politici e giornalisti hanno cominciato a interrogarsi sulla sua effettiva capacità di rivestire quel ruolo, al punto che sui giornali è nato un dibattito vivace e serio sulla sua presunta, o meno, sanità mentale. Non capita spesso di vedere sulle pagine del «New York Times» e del «New Yorker» la definizione di «narcisista» o «pazzo» accostata a un presidente in carica. rnÈ allora che Allen Frances, già estensore della voce «Narcisismo» del DSM-IV – la «bibbia» della psichiatria mondiale – chiamato in causa direttamente, ha deciso di dare una risposta chiara. Così è nato questo libro. Ebbene no. Donald Trump non è pazzo. I suoi comportamenti, certamente divisivi, sono sopra le righe, ma l’uomo non rientra nello spettro clinico del narcisista. Forse, però, invece di interrogarsi sullo stato di sanità mentale di Trump, suggerisce Frances, è il caso di analizzare il fenomeno che ne ha permesso l’ascesa. Perché la democrazia occidentale più avanzata ha affidato a una personalità tanto poco specchiata il suo destino? Perché milioni di elettori hanno creduto alle sue menzogne e lo hanno ritenuto in grado di diventare il comandante in capo dell’esercito più potente del mondo? rnAllen Frances scrive un’analisi impietosa del sistema democratico, che risulta valida, in questi tempi incerti, per ogni Stato che sia tentato dal fenomeno populista. La sua voce autorevole, non allarmista, mette sul lettino dell’analista lo spirito di un’intera nazione. Trump – sostiene Frances – potrà anche essere «un cattivo presidente, ma non è sicuramente pazzo», la vera questione con cui confrontarci è come noi, come paese, abbiamo potuto sceglierlo come nostro capo. -
La figlia più bella. Le indagini di Norberto Melis
«Uno dei migliori scrittori, non solo giallisti, italiani.» - Fabrizio d'Esposito, Il Fatto Quotidianorn«I libri di Tuzzi aprono la mente e hanno sempre quel pizzico di carattere che li fa tutti pezzi unici.» - Pietro Cheli, leiwebrn«Libri che non è esagerato definire memorabili.» - Fabrizio Roncone, Io Donnarn«Un ottovolante linguistico strepitoso.» - Flaminio Gualdoni, Il Giornale dell'ArternGiugno 1986. Mentre tutta l’Italia segue i mondiali di calcio, una ragazza viene trovata affogata in una roggia nelle campagne di Abbiategrasso: non è un incidente, ma l’assassino non ha abusato sessualmente della vittima. L’indagine, partita male, viene affidata a Melis. Che sa bene come, in questi casi, i primi sospetti si devono concentrare sulla cerchia dei famigliari. I quali, però, nella loro cascina isolata fra i campi, non soltanto forniscono solidi alibi l’uno con l’altro, ma sembrano sinceramente provati dal dolore. L’attenzione del commissario si sposta perciò sulla ricca cittadina, dove tutti, o quasi, conducono una vita apparentemente esemplare ma dove in realtà ciascuno ha i propri più o meno inconfessabili segreti, in uno spaccato di vita di provincia della quale Tuzzi raffigura vizi privati e pubbliche virtù. Non mancano poi le lettere anonime, a schizzar fango e sospetti ora su questo ora su quello, arrivando persino a gettare ombre sul passato della povera ragazza morta alla quale, forse, qualcuno aveva promesso una carriera da attrice cinematografica. Coadiuvato da personale di polizia a lui sconosciuto, Melis non sottovaluta nessuna traccia, eppure qualcosa gli dice che le origini del delitto vanno cercate altrove. Ma dove? Lentamente, si delinea una possibile pista. Una brutta, sporca pista. Sulla quale Melis lancia i suoi abituali collaboratori, gli agenti della sua Squadra: e D’Aiuto, Ferrini e Giovannini si dimostrano all’altezza delle aspettative, anche se la soluzione del caso si presenterà improvvisa e amara – una crudele smentita a ogni raziocinio investigativo. -
Filosofia del Don Giovanni. Alle origini di un mito moderno. Ediz. ampliata
Don Giovanni percorre la modernità con la tracotanza dell'eroe eponimo dell'erotismo seriale e insaziabile. L'appellativo comune ricalcato su di lui qualifica l'amatore compulsivo, il donnaiolo senza requie, l'agonista del corteggiamento che aggiorna di continuo il proprio medagliere. Ma un simile stereotipo di sfrenatezza sessuale è in gran parte dovuto all'equìvoco in cui sono rimaste intrappolate le tradizioni interpretative che a lungo si sono cimentate con la figura di Don Giovanni. Finissimo indagatore della vitalità dei miti antichi, Umberto Curi qui riequilibra nettamente il profilo di quello che giudica il mito più emblematico degli ultimi secoli, restituendogli la pregnanza teologica e filosofica rimasta occultata per l'eccesso di enfasi sulle prodezze carnali. Solo se lo si libera dalle strettoie del paradigma seduzione/dannazione, si riesce infatti a decifrare l'enigma delle tre versioni principali - le pièces secentesche di Tirso de Molina e di Molière e il «dramma giocoso» di Mozart-Da Ponte - che mettono in scena Don Giovanni: l'asimmetria tra la colpa che gli si imputa e la pena atroce a cui viene condannato. Sia che perverta l'amore in inganno, e schernisca così il caposaldo della religione cristiana (Tirso), sia che concepisca la conquista femminile come continuazione della guerra con altri mezzi (Molière), sia che recuperi attraverso la musica la cupa grandezza di cui lo priva un libretto poco sulfureo (Mozart-Da Ponte), Don Giovanni non può sottrarsi all'invarianza di una fine che lo precipita tra le fiamme dell'Inferno proprio in quanto dissoluto, ossia sciolto da ogni vincolo con la trascendenza divina, prima che con i costumi degli uomini. Lo «spirito forte» che ha osato oltraggiare la sacralità della morte nella sfida al Commendatore non avrà scampo. Ecco la colpa irredimibile, che secondo Curi affiata il mito di Don Giovanni alla modernità più di qualsiasi riduzione «erotica». -
Un posto sbagliato per morire. Le indagini di Norberto Melis
«Hans Tuzzi scopre il suo gioco di autore capace di fare l’occhiolino ai lettori più accorti... È un pokerista della narrazione». - Giuliano Aluffi, la Repubblica rn«I romanzi che Hans Tuzzi si diverte a pubblicare hanno il pregio di far sentire più intelligente chi li legge... le ore passate in compagnia di Melis sono preziose». - Pietro Cheli, Gioia «Tuzzi ha la capacità di tenere avvinti alla pagina, e nel contempo di depositare descrizioni e riflessioni da grande scrittore». - Carlo Bordone, Mucchio selvaggiornUn'inchiesta in cui la personalità della vittima è la chiave per arrivare al colpevole? Succede, più spesso di quanto si creda. Mai come in questo caso, però, il commissario Melis ne sembra convinto. Manrico Barbarani: una laurea in architettura, uno studio affermato, un socio da trent'anni al suo fianco, tante amiche, alcuni affezionati nemici, una passione per l'alpinismo, due mogli, anzi: due ex mogli. E un figlio di cui potrebbe essere il nonno. Già. E tre proiettili piantati in corpo. E dove, poi! Nella più squallida delle periferie, che pure a Milano sono tutte squallide: vicino al dormitorio dei «barboni», su strade battute la notte da prostitute e ragazzi di vita. Una doppia vita? Forse. Qualcosa però non convince Melis, a cominciare dal fatto che l'auto di Barbarani è in garage. E allora? E allora, nel sereno settembre milanese del 1981, il commissario e i suoi uomini iniziano un'indagine che, muovendosi fra i luoghi del potere più o meno occulto e le feroci dispute di una difficile separazione fra coniugi, sembra condannata ad arenarsi. Fino a quando l'assassino colpisce di nuovo. Allora, ecco, tutte le tessere del mosaico vanno lentamente al loro posto, disegnando una vicenda di grande amarezza, di grande solitudine, di grande amore. Quell'amore per il quale un uomo può persino tradire sé stesso. -
L'esperimento del mondo. Mistica e filosofia nell'arte di Fabio Mauri
«Non si può essere incolti al punto di amare solo cose di alta qualità». Come una saetta, l’arguzia di Fabio Mauri fulmina qualsiasi proposito di ridurre l’arte alla pura dimensione estetica. A lui, tra i massimi esponenti dell’avanguardia italiana degli ultimi cinquant’anni, il titolo stesso di «artista» suonava enfatico e fuorviante. Forse eccessivo per difetto. Preferiva considerarsi uno sperimentatore di atti linguistici espressi con tecniche diverse, dai dipinti ai collage, dal teatro alle installazioni agli scritti teorici: quadri che si scoprono attivi, diagnosi che diventano performative, corpi che passano all’azione. Ed è infatti l’«azione», «la forma del fare», il carattere distintivo della ricerca di Mauri, secondo Giacomo Marramao, che qui testimonia l’amicizia di una vita attraverso le riflessioni che l’hanno accompagnata. Ciascuno è stato interprete dell’altro, in un conversare mai interrotto che tocca il senso stesso dell’arte e del pensiero. Per Marramao, «l’arte al di là dell’arte» di Mauri allestisce una strabiliante officina di incessante smontaggio-rimontaggio della macchina scenica del mondo, tenendo alto così il proprio «coefficiente di radicalità», innanzitutto filosofico. Per Mauri, l’amico filosofo – a cui affida un ruolo-chiave nella sua performance più celebre – possiede un modo «quasi fisico» di comunicare i «contorni» di un’idea, e sa tenere a freno l’«euforia della teoria». Entrambi coinvolti sino in fondo, su fronti che si sono spesso incrociati, nell’esperimento del mondo. -
Sera in paradiso
Storie di malattia, di morte imminente, di delirio alcolico, di assuefazione e di crisi di astinenza, sono raccontate con un’empatia controllata che inchioda il lettore alla pagina. rnrn""A volte a distanza di anni ti guardi indietro e dici quello è stato l'inizio di... o eravamo così felici all'epoca... prima... dopo... Oppure pensi sarò felice quando...""""rnrnStorie di luoghi, di paesaggi, dell’intero continente americano, di donne, di bambini e di uomini. Storie che raccontano un temporale, un’alluvione, un incendio, una notte magica. Storie di vicinato difficile, di profughi siriani, di messicani poveri e di americani ricchi o viceversa, di musicisti e di alcolisti, di corride e di fiestas, di attrici e di gigolo. Storie che, come quelle di La donna che scriveva racconti, evocano momenti della vita di un’autrice fuori dall’ordinario. rnStorie di amore, di malinconia, di piccoli e grandi drammi, di gioie inaspettate, di cambiamenti improvvisi, e una prosa impossibile da catalogare. Le svolte impreviste, i rapidi mutamenti di tono, i passaggi dal riso al pianto, dall’ostilità alla commozione, dalla disperazione alla felicità, il lamento prolungato che svanisce all’improvviso, ricordano la musica jazz. Una prosa che diventa dura, sobria e riservata, quasi distaccata, proprio nel rendere situazioni che una scrittrice meno efficace e sincera vestirebbe di emotività. Trasmettere l’intera gamma dei sentimenti senza mai scadere nel cinismo o nella banalità richiede un talento raro, e Lucia Berlin lo possiede. rnStorie di malattia, di morte imminente, di delirio alcolico, di assuefazione e di crisi di astinenza, sono raccontate con un’empatia controllata che inchioda il lettore alla pagina. Accenti comici, umoristici, leggeri, vengono spesso riservati a situazioni di degrado, sopruso, a personaggi che riescono a non essere mai del tutto negativi. rnCome se Berlin conoscesse a fondo ogni risvolto del comportamento umano, ogni sfaccettatura della sofferenza come della gioia, della cattiveria come della generosità, e le raccontasse con l’indulgenza di chi le ha sperimentate."" -
L'estetica triste. Seduzione e ipocrisia dell'innovazione
Di ossimoro in paradosso, Merlini con garbo ragionativo ispeziona il nostro mondo estetizzato e performante, in cui tutto è merce o aspira feticisticamente a diventarlo. Un mondo, conclude, sempre più inospitale.rn«Il libro è uno di quelli che ti fa subito pensare all'intelligenza: c'è un'idea (cosa non scontata al giorno d'oggi) ed è sviluppata con estro e sapienza» - Marco Filoni, Il Venerdìrn«Scienza triste»: l’economia non è più riuscita a liberarsi del suo epiteto ottocentesco, che metteva sotto accusa la brutalità di appetiti a malapena dissimulati dall’astrattezza dei principi regolatori del mercato. Motivi analoghi inducono oggi Fabio Merlini a qualificare come «triste» anche l’estetica, sfera a cui di solito assegniamo effetti rasserenanti, se non euforizzanti. La bella apparenza che tanto ci seduce nella scenografia della merce esercita infatti un potere di incantamento che da un lato occulta condizioni di produzione talora neoschiavistiche e offese all’ecosistema, e dall’altro stringe alleanze con i regimi di consunzione del tempo nei quali si estenua la nostra esistenza, convocata in un presente privo di orizzonte. Invece di disinnescarla, l’esuberanza delle cose potenzia la tonalità depressiva dell’innovazione, che vive di caducità indotta attraverso vettori di accelerazione: ogni novità presto confligge con la versione aggiornata di se stessa, condannandosi a rapida obsolescenza e denunciando la consanguineità tra moda e morte già colta da Leopardi due secoli fa. A questa inevitabile «tristezza» cooperano adesso la disintermediazione universale, il dinamismo immobile – immediatezza ostile a qualsiasi differimento – e la stilistica della prestazione, che all’insegna dell’easy style costringe in realtà a una sfibrante mobilitazione cognitiva. Di ossimoro in paradosso, Merlini con garbo ragionativo ispeziona il nostro mondo estetizzato e performante, in cui tutto è merce o aspira feticisticamente a diventarlo. Un mondo, conclude, sempre più inospitale. -
Identità culturale e violenza. Neuropsicologia delle lingue e delle religioni
La proposta neuropedagogica di Fabbro è di esporre precocemente i bambini a quella pluralità di religioni e di lingue che, secondo ricerche ormai consolidate, favorirebbe una più efficace regolazione del comportamento e una maggiore autoconsapevolezza. Proprio là dove adesso c'è pericolo crescerebbe – in ottemperanza a un verso celebre – «ciò che salva».rn«Il tema di fondo del saggio dichiara la direzione della ricerca: modo e misura in cui un forte sentimento identitario può stimolare comportamenti violenti» - Corrado Augias, Il Venerdìrn«L'unico e più originale ""territorio"""" di un popolo si situa a livello cerebrale e mentale»rnrnOggi parlare di identità culturale significa addentrarsi in una zona di pericolo, perché in suo nome si sono perpetrati crimini che sfidano l'idea stessa di umanità, e nel suo cono d'ombra ancora si annidano le pulsioni più aggressive. Ma l'ambivalenza dei processi identitari, in cui spesso vanno a incagliarsi i tentativi di riflessione sul tema, per Franco Fabbro non ostacola la comprensione, anzi ne è il presupposto. rnE, se indagata con strumenti conoscitivi adeguati, che integrano le osservazioni paleoantropologiche e le analisi storico-religiose, può suggerire strategie di disinnesco dei potenziali dannosi. Fabbro ha studiato per decenni sotto il profilo neuroscientifico le due componenti identificative e coesive dei gruppi umani, ossia le lingue e le religioni: acquisite entrambe nelle prime età della vita, scolpiscono il cervello con analoghi meccanismi neurali, organizzandosi nella memoria implicita e determinando un'architettura neuropsicologica che differirà a seconda delle singole tradizioni. Questi marcatori culturali sono collegati ai sistemi emozionali, quindi alle reazioni difensive e aggressive. Allora, come mitigare gli aspetti violenti dell'identità culturale e preservarne al tempo stesso gli elementi che conferiscono «consistenza e spessore» agli esseri umani, come scrive il teologo Vito Mancuso nella Prefazione?"" -
Il circolo delle ingrate
Un'eredità inaspettata. Un'irrefrenabile impulso di generosità. La storia divertente di un progetto improbabile.rn«Elizabeth von Arnim… una dama geniale… ironica e crudele.» - Natalia Aspesi, la Repubblicarnrn«Di incantevole, come sempre, ci sono i personaggi... Ma niente enfasi, mai: la vita non sarà mai una faccenda così seria da farne un dramma.» - Daniela Mattalia, Panoramarn«Se entri nel mondo di Elisabeth von Arnim non lo lasci più.» - Natalia Rancati, EllernAnna coltiva un unico, profondo desiderio: essere indipendente. E invece, orfana e costretta a vivere a carico della ricca cognata - a sua volta mossa dal solo desiderio di maritarla al miglior partito su piazza e togliersela di torno -, Anna rifiuta i corteggiatori e si convince di esser condannata a una vita dimezzata. Fino a quando non accade l'impensabile: un'inaspettata, cospicua eredità arriva a cambiarle la vita e a garantirle l'autonomia tanto desiderata. Ma arrivano anche le impreviste ma prevedibili difficoltà. Colta da un irrefrenabile impulso di generosità, Anna decide di condividere la sua fortuna, e concepisce un progetto filantropico inteso a donare la felicità a dodici donne provate dalle asprezze della vita. Ma dopo una spassosa girandola di situazioni che l'ingenua Anna non poteva immaginare, tutto precipita... Con la verve che distingue la sua scrittura, Elizabeth von Arnim ritorna a un tema che le sta particolarmente a cuore, l'indipendenza femminile, già al centro di ""Lettere di una donna indipendente"""". Mettendo con delicatezza alla berlina la protagonista e il suo progetto improbabile, Elizabeth von Arnim dà voce al tema del destino delle donne, sempre legato al matrimonio, e di quali concrete alternative si possano davvero presentare a chi desideri restare """"fuori dal coro"""". Una riflessione originale e quanto mai divertente sul rapporto tra indipendenza e realizzazione personale, sulla capacità di condivisione e l'assuefazione all'ingratitudine. Un libro che ancora una volta possibile definire, come del resto tutti gli altri romanzi di questa scrittrice amatissima dal pubblico italiano, un distillato di intelligenza e ironia."" -
Il trio dell'arciduca
In tutti i suoi romanzi Tuzzi è maestro nella ricostruzione di ambienti e luoghi: qui immerge il lettore nell’atmosfera della Belle Epoque, oltre che dei Balcani teatro di intrighi, avvincendolo con la trama e distraendolo con dettagli inediti e spassosi su città e luoghi ancora selvaggi. rnrn«Se il romanzo poliziesco funziona quando, oltre a tenere alta la suspense dell'intreccio, riesce a descrivere un ambiente, una città, una società, quelli di Hans Tuzzi hanno, oltre a tutto ciò, anche qualcosa di più» - Leopoldo Fabiani, la Repubblicarnrn«Un vero godimento, originale e di altissimo livello» - Fabrizio d'Esposito, Il Fatto quotidianornrnrnGiugno 1914: un mercante levantino viene trovato cadavere nelle acque del porto di Trieste. Oltre che un mercante, però, il morto è l’informatore di un giovane agente segreto imperialregio, Neron Vukcic, che sospetta subito un omicidio. Comincia così un’indagine che si trasforma ben presto in un percorso a ritroso, basato su indizi e deduzioni: dall’ultima tappa toccata dal mercante prima di morire annegato, Sarajevo, Vukcic arriva sino a Istanbul, la capitale del vecchio impero ottomano, a quel tempo ancora Costantinopoli. La missione del nostro giovane agente segreto prosegue, piena di insidie, in un continuo incrociarsi di spie dei tre diversi imperi destinati a scomparire di lì a poco – l’austriaco, il turco, il russo –, di membri di società segrete nazionaliste, di danzatrici di successo internazionale. Attentati e agguati, mosse e contromosse animano e complicano una trama che riconduce inesorabilmente, in quel caldo giugno 1914, a Sarajevo, dove i servizi segreti delle Grandi Potenze hanno innescato un gioco più grande di loro.rnIn tutti i suoi romanzi Tuzzi è maestro nella ricostruzione di ambienti e luoghi: qui immerge il lettore nell’atmosfera della Belle Epoque, oltre che dei Balcani teatro di intrighi, avvincendolo con la trama e distraendolo con dettagli inediti e spassosi su città e luoghi ancora selvaggi. E soprattutto divertendolo con continui ammiccamenti agli appassionati del giallo, invitati a riconoscere in Neron Vukcic, la versione giovane di un celeberrimo detective che, come Neron, è nato in Montenegro il 17 aprile 1893, è cresciuto presso la famiglia del cugino, ha una taglia forte, ama le orchidee e la buona tavola... -
Arti del metallo e alchimia
Diviso in due parti, una sorta di dittico, Arti del metallo e alchimia rappresenta la summa del pensiero e degli studi di Mircea Eliade sulla mitologia alchemica.rnrnNella prima parte miti, riti e simboli peculiari alle attività del minatore, del metallurgo e del fabbro sono considerati secondo la prospettiva di uno storico delle religioni, tentando di comprendere l'atteggiamento dell'uomo delle civiltà arcaiche di fronte alla materia e di seguirlo nelle avventure spirituali in cui si è trovato quando scoprì di poter intervenire sulla natura e sul «modo d'essere» delle sostanze. Nella seconda parte Eliade affronta invece l'ideologia e le tecniche alchemiche. È qui che troviamo il nucleo di quella che solo più tardi sarebbe diventata una vera e propria scienza empirica – la chimica – quando perse la sua aura mitica, mistica e sacra per diventare un'«esperienza profana». -
Numeri incredibili
Esiste un numero che rappresenta tutte le possibili combinazioni del sudoku? Quante soluzioni contempla il cubo di Rubik? Qual è la risosta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto?rnrn""Ogni numero è speciale. Quando si arriva ad apprezzarli individualmente, quasi fossero persone, sono come vecchi amici. Ognuno ha la sua storia da raccontare e spesso questa storia porta a incontrare un sacco di altri numeri. I numeri sono i personaggi di un dramma: la cosa più importante è il dramma in sé, certo, ma non si può avere un dramma senza i suoi personaggi"""". In questo libro Ian Stewart racconta la sua passione per i numeri, che significa passione per la matematica, ma anche meraviglia di fronte alle proprietà, spesso inaspettate, che certi numeri possiedono. I numeri da uno a dieci potranno apparire noiosi, ma in effetti non lo sono affatto a giudicare da quanto viene detto in queste pagine. E se non lo sono loro, figuriamoci il numero i, la radice """"immaginaria"""" di -1. E che dire dell'enorme numero che rappresenta tutte le possibili combinazioni del sudoku? Eccolo: 6.670.903.752.021.072.936.960: se qualcuno si fosse mai chiesto come fanno le riviste di enigmistica a produrre così tanti schemi ogni settimana, qui troverà la risposta (e una rassicurazione: non stiamo certo per esaurire le combinazioni). I curiosi troveranno tra queste pagine relazioni tra i numeri che neppure sospettavano, mondi interi fatti di cifre, che lungi dall'essere aridi e prevedibili si rivelano invece fantasiosi e pirotecnici. Le relazioni tra le note della scala musicale, l'insondabile distribuzione dei numeri primi, le magnifiche proprietà del pi greco... ogni cosa diventa meraviglia."" -
Stasis. La guerra civile come paradigma politico. Homo sacer. Ediz. ampliata. Vol. II/2
I primi elementi di una necessaria dottrina della guerra civilernStatis è il nome della guerra civile nella Grecia antica. Un concetto così inquietante o impresentabile per la filosofia e la politica posteriore da non essere fatto oggetto di una dottrina adeguata, neppure da parte dei teorici della rivoluzione. Eppure, sostiene Giorgio Agamben fornendo qui i primi elementi di una necessaria «stasiologia», la guerra civile costituisce la fondamentale soglia di politicizzazione dell'Occidente, un dispositivo che nel corso della storia ha permesso alternativamente di depoliticizzare la cittadinanza e mobilitare l'impolitico, e che vediamo oggi precipitare nella figura del terrore su scala planetaria. Al suo paradigma concorrono insieme due poli antitetici dei quali Agamben mette allo scoperto la segreta solidarietà, quello classico secondo cui la guerra civile è coessenziale alla polis, al punto che chi non vi prende parte è privato dei diritti politici, e quello moderno rappresentato dal Levithan di Hobbes, che ne decreta l'interdizione, ma introduce una scissione - e con questa la possibilità di una guerra civile - all'interno stesso del concetto di popolo. Nel Novecento, è Carl Schmitt a rimettere in onore lo stato di natura così temuto da Hobbes, e a identificare proprio nella pericolosità dell'uomo naturale l'unico contenuto della condizione civile: politica e guerra si presupporrebbero a vicenda. Una visione tragica che esclude ogni altro criterio definitorio del politico, e si contrappone radicalmente a quella «teologia del ludico» che, con Johan Huizinga, ascrive la guerra al dominio del gioco, nell'ipotesi che in origine la funzione agonale, ritualizzata o iniziatica, non mirasse all'annientamento degli avversari, ma fosse addirittura un mezzo per stringere relazioni; insomma, un «gioco serio», poi sequestrato dallo Stato e piegato ad altri fini, mentre il nemico assumeva i tratti dell'inumano da passare per le armi. -
La vita uccide in prosa. Le indagini di Norberto Melis
Un nuovo caso per il vicequestore Melisrnrn«Scopritelo, Tuzzi, e leggete tutto quello che ha scritto.» – Fabrizio d’Esposito, Il Fatto Quotidianorn«Tuzzi si dimostra un maestro.» – Ranieri Polese, Corriere della Serarn«Attualmente il miglior autore di gialli di qualità.» – Corrado Augias, il Venerdì di RepubblicarnrnSettembre 1988. Un grigio impiegato del Catasto viene ucciso a revolverate mentre è nel giardino della sua villetta, vicina al Parco Lambro. Un tentativo di rapina? Un incidente? Il gesto folle di qualcuno in preda ai fumi della droga? O una vendetta? I trascorsi professionali dell’uomo non offrono supporti a quest’ultima pista, in apparenza la più promettente. Ma forse il grigio impiegato non era poi così prevedibile nella quotidianità delle proprie azioni: si scopre infatti che il vecchio padre disabile…rnChe la chiave del delitto vada cercata, allora, tra le pieghe di una famiglia apparentemente normale, dalla vita che sembra un susseguirsi di giorni e di gesti assolutamente banali? Mentre Melis e suoi uomini si arrovellano, percorrendo piste che una dopo l’altra si renano nelle più sterili conclusioni, gli anni Ottanta sembrano celebrare i loro massimi fasti: in quell’anno, il 1988, il Milano di Berlusconi, Sacchi e Gullit ha vinto il campionato, sindaco della «Milano da bere» è «l’onorevole cognato» del primo Presidente del Consiglio socialista della nostra storia, e l’Italia ha appena superato il Regno Unito quanto a Pil: non sarà proprio il Paese si Cuccagna, ma, a detta di molti, quasi. È proprio così? -
Nel labirinto delle paure. Politica, precarietà e immigrazione
Questo libro è un urlo lanciato alla nostra società, scritto da chi la società la studia profondamente da molti anni, assieme a chi sta cercando, quotidianamente nella sua azione politica, di operare a Milano per cambiarlarnrnPer entrare nel labirinto ci tocca spostare macerie, dopo il crollo dell’impianto socialdemocratico nell’epoca dei flussi. È la modernità in polvere. Il percorso della paura si è fatto rancore e razzismornrnModernità in polvere, tessuto sociale a brandelli, guerra civile «molecolare». La Grande Crisi, nella quale siamo immersi, è il più marcato punto di frattura che la società occidentale abbia affrontato nel dopoguerra. Ci siamo dentro e, come sempre avviene, quando si è dentro a qualcosa si fatica a distinguerne i contorni e a individuare una via d’uscita.Non si tratta solo di crisi economica; il mutamento radicale che ci investe coinvolge aspetti sociali, antropologici, politici, tecnologici e persino climatici, che ci hanno mutato nel profondo. In questa terra di mezzo si fa strada la paura, ed è quindi vitale analizzare con attenzione il reale per poter proporre soluzioni possibili. La soluzione più facile è sfruttare questa paura diffusa, soprattutto degli ultimi, dei sommersi, alimentarla di rancore e rovesciarla su chi sta ancora più in basso. È la via scelta dai populismi e dai neonazionalismi, che puntano il dito accusatorio verso una popolazione disperata e lacera di migranti, ai quali viene addossata la colpa del malessere diffuso. A questa retorica la sinistra non sembra in grado di fornire una narrazione alternativa e pare aver smarrito la ragione principale del suo ruolo politico: stare «in mezzo», creare i presupposti per nuove relazioni sociali, tendere una mano ai deboli e preparare per loro un terreno di affrancamento. -
Vertigine. La tentazione dell'identità
La repulsione/attrazione per il baratro non è solo una patologia diffusa: a ""soffrire di vertigini"""" è, costitutivamente, la filosofia stessa.rn«Andrea Cavalletti è uno dei filosofi italiani più innovativi. Sotto il suo sguardo tutto appare in una nuova luce» - Giorgio AgambenrnMal di vuoto, terrore delle altitudini che in realtà è paura di cedere alla tentazione di lasciarsi cadere: tutti sanno che cos'è l'acrofobia, e molti ne sono affetti. Prima di Freud, le cosiddette «scienze dell'anima», tra cui la nascente psichiatria, riservavano alle vertigini un posto d'onore nel quadro delle patologie mentali, giudicandole l'elemento destabilizzante e intossicante – repulsivo e attrattivo insieme – senza il quale la coscienza stessa non era concepibile. Alcuni si spingevano fino a indurle nei pazienti attraverso minacciose terapie rotatorie. In modo non cruento, ma altrettanto radicale, la vertigine si accampa anche nella filosofia degli ultimi due secoli. Se a Montaigne e a Pascal poteva ancora apparire un perturbamento della ragione a opera dell'immaginazione, in seguito il pensiero smette di assimilarla a un'occasionale instabilità immaginativa da vincere, per riconoscerla parte del suo stesso procedere: l'identità si manifesta malferma, cinetica, opaca, vertiginosa appunto. La critica del paradigma coscienziale e della sua presunta fermezza attraversa, con tenore ed esiti differenti, la riflessione di Husserl, di Heidegger e dei francesi del secondo dopoguerra, da Sartre a Merleau-Ponty, da Levinas a Jankélévitch a Klein. Il cortocircuito folgorante di Andrea Cavalletti accosta le loro scansioni teoretiche alla resa cinematografica della caduta nel vuoto di un celeberrimo giallo di Hitchcock, «La donna che visse due volte» (titolo originale: «Vertigo»), dramma degli abissi identitari di cui Truffaut ammirava il ritmo contemplativo. La combinazione geniale, mai tentata prima, di dolly e zoom che lì realizza tecnicamente l'effetto del precipitare descrive quel doppio movimento di «spingere e trattenere» che è la condizione abituale del soggetto e dell'intersoggettività. Per raggiungere me stesso devo guardarmi dal fondo del baratro, con gli occhi altrui. «Il mio “qui”, allora, fugge laggiù e da laggiù mi attrae»."" -
Ascoltate il matrimonio
Una coppia sulla via del divorzio, una strana terapeuta, una quarta presenza nella stanza: il matrimonio.rnrn«La storia breve, serrata ma coinvolgente, di quella che l'autore definisce l'esperienza definitiva, illuminante, di unarnterapia di coppia: ""Dovete fare in modo di aver voglia di dirvi tutto.rnNon potete obbligarvi. Non funziona mai""""» – San Francisco Chroniclernrn«Lo scrittore americano John Jay Osborn ci introduce di soppiatto nello studio di una terapeuta. È lì che vengonorncondivisi i segreti, talvolta corrosivi, talvolta commoventi» – Le Journal de Montréalrnrn«John Jay Osborn ha concepito il suo romanzo come una pièce teatrale, ricca di dialogo e vivacissima» – Le Mondernrn«Un'analisi così schietta porta a una prosa altrettanto schietta, pulita; eppure, ogni tanto Osborn si avventura inrnterritorio lirico» – StarTribunernrn«Il lettore entra nelle rovine e nella ricostruzione di questo matrimonio, riconoscendosi nell'uno o nell'altro deirnprotagonisti, e imparando come una coppia possa riconciliarsi e funzionare anche meglio di prima. Attraverso unarnscrittura e una drammaturgia essenziale, il romanzo scava in profondità nell'aspetto psicologico della questione» – Wiener ZeitungrnrnUn matrimonio nasce dall'amore, ma non solo: un matrimonio è fatto di soldi, di case, di impegni da incastrare, eventualmente di figli. Un matrimonio è pieno di milioni di parole che vengono dette e ripetute, e pochissime che vengono ascoltate davvero. John Jay Osborn lo sa bene, e dalla sua esperienza in terapia con la moglie nasce questo romanzo rapido e tagliente come un foglio di carta, e allo stesso tempo ricco di humour e dialoghi vivaci. Tre personaggi, una stanza, una sedia apparentemente vuota: questo basta perché dalla pagina prenda vita una relazione complessa, densa di emozioni contraddittorie, e il lettore si senta invitato, a sua volta, a fare quello che in molte coppie difficilmente si è in grado di fare: ascoltare.rnSandy è una terapeuta fuori dall'ordinario: proprio durante la prima seduta, interviene nella contesa tra Gretchen e Steve, consigliando al marito di cedere alla moglie l'anticipo di 200.000 dollari della vendita della casa che hanno in comune; i due proprio litiganti non sono, altrimenti Steve non acconsentirebbe immediatamente a passare a Gretchen tutti quei soldi, allungandole addirittura l'assegno, e girandoglielo. Un inizio del genere lascia ben sperare in una riconciliazione tra i due, ma la storia procede con Sandy che li convince a parlarsi, finalmente. Alla base di un matrimonio (forse) finito ci sono l'incapacità di parlare e di ascoltare, e il lettore può capirlo, se ha sperimentato almeno una volta nella vita la stessa rischiosa reticenza e la stessa pericolosa distrazione. Nello studio c'è anche una sedia verde, tappezzata, incongrua con il resto dell'arredamento moderno e lineare, a cui Sandy indirizza spesso dei commenti «fuori campo». La prima a scoprire a cosa serve è Gretchen, che da quel momento procede velocissima nella terapia, trascinandosi dietro il meno perspicace Steve. C'è il lieto fine, ma quello che più piace è la leggerezza, o meglio, l'assenza di quella pesantezza ai confini con la tragedia che caratterizza le classiche narrazioni di terapia. È il sottile humour di Sandy, che commenta e racconta, a fare la differenza."" -
Gravità. Trattazione leggera di un soggetto pesante
Con questo libro Zee apre un percorso unico per comprendere la relatività e ottenere una visione profonda della gravità, una forza difficilmente classificabile e alla base della comprensione del grandioso universo in cui viviamo.rnrn«Una lettura divertente e affascinante» – David Kaiser, MITrn«Se conoscete già un po’ l’argomento e non temete la presenza di qualche equazione, Gravità vi porterà molto in profondità (ma se siete più coraggiosi l’Appendice vi spiegherà addirittura il vero senso dello spaziotempo)» – The Wall Street Journalrn«Gravità inizia la sua ricognizione della teoria einsteiniana della relatività generale partendo dalle onde gravitazionali per poi far atterrare il lettore direttamente nel cuore dei misteri della materia oscura e dell’energia oscura» – New ScientistrnrnIn natura esistono quattro forze fondamentali: la forza nucleare debole, la forza nucleare forte, la forza elettromagnetica e la gravità. Le prime due riguardano gli atomi e noi non le percepiamo direttamente; senza di loro non esisteremmo, né esisterebbe l'universo come lo conosciamo, ma noi non ne facciamo esperienza diretta. L'elettromagnetismo lo conosciamo grazie alla luce, ma sappiamo che comprende anche le onde radio, i raggi X e molte altre cose. L'unica forza di cui facciamo tutti esperienza quotidianamente è la gravità: è quella che – come vuole l'aneddoto legato a Newton – ci fa cadere le mele in testa. A. Zee – protagonista della fisica contemporanea e autore di una fortunata serie di manuali che hanno al centro proprio lo studio specialistico della gravità – ci immerge nei misteri di questa forza evanescente, che rifiuta di trovare un suo posto nel quadro generale della teoria fisica per via della sua sproporzionata debolezza. Anche se per i fisici la gravità rimane un rovello, però, è capace di dare anche enormi soddisfazioni: è lei che sta alla base della teoria della relatività generale di Einstein – ulteriormente confermata nel 2016 grazie al rilevamento dell'eco di un'onda gravitazionale emessa dalla fusione di due giganteschi buchi neri collassati a milioni di anni luce dalla Terra. Conciso, intriso del calore e della freschezza di stile di chi domina la materia con disinvoltura e ironia, Gravità inizia il suo racconto con la sorprendente scoperta delle onde gravitazionali, presenta l'idea di spaziotempo curvo e il principio d'azione, ed esplora argomenti d'avanguardia, tra cui i buchi neri e la radiazione di Hawking, fino ai misteri della materia e dell'energia oscura.