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Il corpo incantato
Dopo averci condotto negli abissi della parola ""invisibile"""" in un excursus avvincente agli albori del pensiero greco, dopo le esplorazioni metafisiche de """"I luoghi e la polvere"""", una considerazione controcorrente, profonda e melanconica sulla perdita della memoria nell'estetica contemporanea, e dopo averci guidato nei meandri della """"Recherche"""" di Proust con un libro """"gioiello"""", in cui le immagini dell'autore si specchiavano simmetricamente nelle sue parole, rievocando un mondo perduto, Roberto Peregalli, filosofo e architetto, scrive la quarta tappa di una riflessione sull'uomo e sul mondo che ci avvolge con quest'ultima opera """"Il corpo incantato"""", un omaggio struggente e profondo al corpo femminile e alle sue """"sublimi"""" sfaccettature. L'autore lo definisce un """"piccolo manuale (quasi) pornografico"""". In realtà questo libro personalissimo ci svela la donna vista da un'angolatura segreta, messa a nudo nella sua fragilità e nella sua profondità misteriosa. Facendo riferimento anche ad opere d'arte (quali ad esempio """"L'origine del mondo"""" o """"L'ultimo tango a Parigi"""") questi dodici capitoli, brevi e intensi, in cui si scandisce il libro, esplorano l'universo femminile visto dallo sguardo di chi scrive. Gli argomenti sono strettamente legati, dalle forme del corpo (la pelle, il seno, il pube, le natiche), agli atti che lo manifestano (il congiungimento carnale anche contro natura, la gelosia, l'ossessione, il piacere, la morte, l'amore senza ritorno). Sono pensieri, aforismi, appunti di viaggio legati da un fil rouge comune, l'imperfezione della bellezza e la sua forza lucente. Luoghi e corpi si intersecano in un intreccio intriso di nostalgia e di estatica ammirazione. Il libro, con la veste estetica di Luca Stoppini, è corredato di immagini che rappresentano dettagli di opere fotografate dall'autore e stampate su pagine bianche quasi trasparenti, per dare il senso della bellezza effimera e sottile del corpo della donna e del fascino rapinoso che suscita in noi."" -
Il secolo dei giovani e il mito di James Dean
Gli incauti ed entusiasti studiosi che hanno osato chiamare il Novecento ""il secolo dei giovani"""" non pensavano certamente ai molti ragazzi morti nei due conflitti mondiali ma alle nuove forme di protagonismo giovanile che si affermarono in reazione alle due """"grandi"""" guerre.rnrnrn«Un incalzante libretto di nemmeno cento pagine, specie di disperato pamphlet di chi aveva visto nei giovani la spinta per un possibile cambiamento e poi ha dovuto ricredersi di fronte allo spegnersi di quelle speranze e al fallimento di tante utopie» - Paolo Mereghetti, la Letturarnrn I giovani cresciuti durante e subito dopo il secondo conflitto mondiale pensarono di essere (o meglio, si sentirono) padroni del proprio destino e al centro, almeno apparentemente, di tutto. Ma """"il secolo dei giovani"""" ebbe una vita assai breve. """"Corri, ragazzo, ché il vecchio mondo vuole riacciuffarti"""" recitava un manifesto del Sessantotto francese, con l'immagine di un giovane in fuga inseguito dalle vecchie immagini del potere: poliziotti, politici, mamme, preti e quant'altro... quel timore fu avvertito solo da pochi, dai migliori. Ancora in qualche luogo qualche ragazzo sogna e pensa un mondo migliore, ma si scontra con l'accettazione del mondo così come lo impongono i nuovi poteri. La cultura del narcisismo e l'attenzione spasmodica del capitale alle forme della comunicazione e del controllo hanno compiuto l'opera. La sola speranza può nascere oggi da una coscienza ecologica che esige bensì altrettanta consapevolezza del funzionamento del potere e dei modi in cui esso inganna, corrompe e distrugge. Che tante Greta nascano e lottino!"" -
Il lampo nel sambuco della siepe. Storie di film dal web
Se la casa dei film sono e restano i cinema, la rete ha dato delle possibilità inedite agli appassionati. Comodamente seduti sul divano possiamo rivedere un intero film o una sola scena quante volte vogliamo. Massimo Bocchiola, poeta, scrittore e cinefilo, ha sfruttato queste nuove opportunità per dedicarsi a una ventina di scorribande intellettuali che prendono spunto dalla visione di film celebri, di culto e, in alcuni casi, poco noti per delle ""contaminazioni e aberrazioni"""" che solo la sterminata banca dati presente online rende possibili. Interpolazioni, fusioni, acrobazie e letture trasversali - spaziando da riflessioni filosofiche a ricordi d'infanzia padana, dalle carrellate su luoghi di epifanie cinematografiche del male a panoramiche sulle distopie e i futuri immaginati nel passato, da visioni pulp/metafisiche fino a meditazioni sulla morte e il suicidio - danno la possibilità all'autore di tagliare e cucire opere nuove che, probabilmente, gli autori originali non approverebbero."" -
Economia sentimentale
Dieci anni dopo ""Storia della mia gente"""", Edoardo Nesi torna a parlare allo stesso pubblico: gli italiani colpiti da un nuovo stravolgersi delle loro vite. Economia sentimentale è la cronaca dal vagare di un'anima in questi mesi assurdi, e se il virus e la quarantena rimangono sullo sfondo poiché irraccontabili e già vissuti, l'attenzione dell'autore si punta sui mutamenti tellurici dell'economia, e sull'impatto che hanno, hanno avuto e avranno sulle nostre vite di sopravvissuti. """"In questi giorni sospesi l'economia mi appare sempre più una scienza viva e umanissima, certamente la più adatta di tutte le discipline a raccontare la sostanza delle nostre vite e il fervore dei nostri sogni e la miseria delle nostre paure, una stupefacente generatrice di storie e di speranze, lontana anni luce dal gelo tagliente dei numeri coi quali si usa raccontarla."""" Nesi ci fa ascoltare le parole di imprenditori tessili piccolissimi, luminari della sostenibilità, baristi, industriali dell'intimo, partite IVA, disoccupati, dando voce a tutte le anime di una società smarrita e impaurita, di un popolo che ancora non si fida a sortire di casa. È un viaggio straordinario e affascinante, narrato coi toni e lo stile d'un romanzo, in cui le cose continuano a succedere e le mutazioni ad avvenire. È la cronaca delle nostre vite, raccontata da un autore che somiglia molto a ognuno di noi, perpetuamente sballottato da pietà e rabbia e amore, che sembra però intuire una via d'uscita, e mostrarcela, e come sempre in Nesi, la speranza si comunica coi libri, col leggere, con la bellezza."" -
Harlem. Il film più censurato di sempre
Questo libro, documentato e ampiamente illustrato, racconta la vicenda appassionante, drammatica e piena di sorprese del film più censurato della storia del cinema italiano.rn«Questa è la storia di un film. Più sorprendente del film stesso. Se non fosse una storia vera, ci sarebbe da premiare gli sceneggiatori con il Leone d’oro. E invece è una storia vera. Dalla prima all’ultima riga. Anzi, sequenza. È la storia di Harlem. Il film più censurato di tutti i tempi. Una storia mirabilmente ricostruita, con acribia di studioso e penna di narratore, ora appassionata, ora sarcastica, dallo storico e documentarista Luca Martera» - Giancarlo De Cataldo, Robinsonrnrnrn«Morte agli italiani!» è il grido di battaglia urlato a squarciagola dal capo dei tifosi abissini al Madison Square Garden ed è questa la battuta-chiave per comprendere il senso di ciò che fu ""Harlem"""", il film italiano più censurato di sempre. Uscito alla fine di aprile del 1943 - due mesi prima dello sbarco degli alleati in Sicilia e tre mesi prima della caduta del fascismo - il film di Carmine Gallone fu una delle più plateali opere di mistificazione del regime fascista, pensata e realizzata quasi 80 anni fa per illustrare alle masse il """"razzismo di Stato"""" e sancire così la superiorità della stirpe ariana attraverso un incontro di boxe tra un italo-americano e un pugile nero, trent'anni prima di Rocky. Interpretato dai divi più famosi dell'epoca, dal """"buono"""" Amedeo Nazzari al """"cattivo"""" Osvaldo Valenti, dall' """"americanina"""" Vivi Gioi al """"littorio"""" Massimo Girotti, e firmato da un incredibile (con la lente della distanza) plotone di giornalisti-intellettuali di prim'ordine, tra cui l'anti-americano Emilio Cecchi, il fascistone Paolo Monelli, l'ebreo Giacomo Debenedetti (che non poté comparire a causa delle leggi razziali), il direttore antisemita de «Il Littoriale» Pietro Petroselli e il futuro padre del neorealismo Sergio Amidei, Harlem fu l'ultimo kolossal in costume fortissimamente voluto da Luigi Freddi, fondatore di Cinecittà, gran sacerdote del culto censorio e figura sui generis di gerarca sopravvissuto miracolosamente al 25 luglio e al 25 aprile. Sequestrato nel 1944 dall'ebreo torinese Pilade Levi, capo della PWB Film Section della divisione degli alleati specializzata in comunicazione e propaganda, il film viene trasformato nel dopoguerra dalla neonata censura repubblicana in innocuo film sportivo, con tagli e modifiche ai dialoghi per quasi 40 minuti. La nuova versione, senza più alcun riferimento alla guerra d'Etiopia, non convinse comunque alcuni sedicenti partigiani di Reggio Emilia che nel 1947 bruciarono nella pubblica piazza le pizze del film."" -
Scritti filosofici e politici
La vocazione filosofica di Gianni Vattimo, uscito dalla maturità come ""proletario alfabetizzato"""", trova la sua radice in una educazione religiosa sensibile agli aspetti sociali e politici, in un contesto storico culturale, a metà degli anni '50 del secolo scorso, contrassegnato soprattutto dall'individualismo liberale e dal collettivismo marxista. Iscrivendosi alla facoltà di Filosofia dell'Università di Torino, Vattimo, sotto la guida di Luigi Pareyson, si pone l'obiettivo di """"contribuire alla formazione di un nuovo umanesimo cristiano"""". Il suo percorso di ricerca, dopo gli imprescindibili Maritain e Mounier e i diversamente complementari aedi della Scuola di Francoforte, approda a Heidelberg, accanto a H. G. Gadamer, per una piena immersione nel nichilismo di Nietzsche e nell'esistenzialismo di Heidegger. Ambedue antimoderni e anticristiani, lo riconducono """"paradossalmente alla fede cristiana o a qualcosa che le assomiglia molto"""", una fede, più propriamente, """"secolarizzata"""", che si identifica con il principio della caritas. Gadamer, come già Pareyson, induce Vattimo ad approfondire il suo interesse per l'ermeneutica, un approccio interpretativo universale da applicare anche in campo politico. Vattimo darà risonanza al maestro e alla disciplina, anche nel nostro paese, con la traduzione di Verità e metodo (1972), ormai un classico. Delle decine di pubblicazioni, di cui le più importanti sono presenti in questa silloge, quella che ha destato più scalpore e ha dato a Vattimo un'ancora maggiore riconoscibilità internazionale è stato il volume collettaneo, curato con P. A. Rovatti, Il pensiero debole (1983), testo di riferimento del postmodernismo, la cui prima matrice è da ascriversi a Essere e tempo di Heidegger. Tout se tient. Questo volume raccoglie per la prima volta gli scritti filosofici e politici di Gianni Vattimo, presentati da Gaetano Chiurazzi con una introduzione di Antonio Gnoli, e ripercorre la traiettoria del suo pensiero, dalle riflessioni sui grandi maestri del Novecento alle nuove prospettive dell'ermeneutica filosofica e del pensiero debole."" -
Esercizi di fantasia
"Queste sono storie che consistono in una cosa sola: basta prendere un ambiente conosciuto (banale e quotidiano), se ci buttiamo dentro un elemento estraneo, è come buttarci dentro una bomba! Una bomba di fantasia... Ho conosciuto un tale, un tale di Macerata, che insegnava ai coccodrilli a mangiare la marmellata. Le Marche, però, sono posti tranquilli: marmellata ce n'è tanta, ma niente coccodrilli. Quel tale girava per il monte e per la pianura, in cerca di coccodrilli per mostrare la sua bravura. Andò a Milano, a Como, a Arezzo, ad Acquapendente: tutti posti bellissimi ma coccodrilli niente. È ancora lì che gira, un impiego non l'ha trovato: sa un bellissimo mestiere, ma è sempre disoccupato"""". Introduzione di Paolo Fallai." -
Gli onorevoli duellanti. Il mistero della vedova Siemens
Roma, 1909. Quando il generale Tancredi Saletta muore, la sua relazione con Eleonora Füssli, giovane vedova dell'erede del colosso tedesco Siemens, viene alla luce. Si scopre così che l'affascinante signora, animatrice nei salotti romani della Belle Époque, intrattiene relazioni enigmatiche con importanti rappresentanti dell'esercito, come Luigi Fecia di Cossato, generale e senatore, e con il generale Pollio, il successore di Saletta. E poi, incontri nei più rinomati luoghi di villeggiatura, scambi di preziosi pezzi di antiquariato... Ci sono tutti gli ingredienti perché ne nasca un caso. Che la vedova sia una spia austro-tedesca che approfitta della sua avvenenza per carpire informazioni riservate a vecchi generali? Dopo una prima eco sui giornali, il caso viene portato in Parlamento. A sostenerlo, soprattutto il repubblicano milanese Eugenio Chiesa: tipico liberale, avverso all'alleanza con l'Austria e la Germania, filo-francese, è un duro oppositore dei militari e delle spese per sostenere l'esercito, e si serve del ""caso Siemens"""" per attaccare quel mondo che detesta. La sua interrogazione parlamentare, cui il governo si rifiuta di rispondere, fa deflagrare la tensione: Chiesa arriva a offendere l'onore di diverse persone e viene sfidato a duello ben cinque volte. Giorgio Dell'Arti ci offre il racconto tragicomico e surreale di una vicenda di cronaca che infiammò l'Italia degli anni dieci."" -
Scuola di fantasia
"Gianni Rodari ci ha sempre insegnato a guardare avanti, a non avere alcuna nostalgia del passato. Non sopportava chi diceva che """"una volta i bambini leggevano di più"""". Non è vero. E quando? Quando eravamo un paese di analfabeti? Non sopportava chi diceva che """"una volta i ragazzi erano più educati"""". Storie! Una volta per essere educati dovevano solo stare zitti. Non sopportava chi diceva che """"una volta la scuola era più seria"""". Non è vero, per decenni la scuola è stata solo dei privilegiati e lasciava fuori tutti gli altri. I ragazzi - ci ricorda Rodari - non possono assolutamente guardare al passato perché non hanno un passato. Invece noi adulti abbiamo il dovere di ricordarcelo questo passato e fare l'impossibile perché non torni."""" (Dall'introduzione di Paolo Fallai)" -
Pesci, Santi e Madonne. Ediz. a colori
"'Pesci, Santi e Madonne' è una collezione d'illustrazioni e agiografie spericolate. Nuove icone, disegnate su Paint da Luca Zacchini in arte Spavaldo, raccontano le vite impossibili, le morti truci e i miracoli spettacolari di 77 Santi e 7 Madonne. Le storie, raccolte in una lunga ricerca che attinge tanto dalla Legenda aurea di Iacopo da Varagine quanto dal sito santiebeati.it e riscritte da Giulia Zacchini, accompagnano i santini e ne danno le istruzioni per l'uso. Fratello e sorella, i due autori fanno parte della compagnia teatrale Gli Omini e con i disegni e le vite di 52 santi, dieci anni fa, hanno ideato e messo in scena, insieme a Francesco Rotelli, L'Asta del Santo, un mercante in fiera sulle vite dei santi. Lo spettacolo ha fatto giocare spettatori di ogni età e religione finché una quarantena mondiale ha costretto i fratelli a casa, spingendoli a cercarsi nuovi protettori e a creare la Coppa del Santo, un campionato che vede sfidarsi vergini, martiri, vescovi e crocifissi. Nasce così, chiamando tutti i santi a raccolta, questo libro degli Omini, il libro giusto per tutti coloro che non sanno più a quale santo votarsi. È bene dire, che ogni Santo che vedrete raffigurato è perfettamente inscrivibile nella sagoma di un pesce. Il perché del pesce ha perlomeno un triplice significato che non sta a me spiegare."""" (Spavaldo)" -
Tre madri
Finalista al Premio La provincia in Giallo 2021 - Candidato al Premio POP – Premio Opera Prima 2021In un romanzo straripante di scelte coraggiose e parole raccolte con cura, di canzoni che si insinuano nei pensieri e film che lasciano folgorati, Lisa Mancini è un personaggio che parla di noi, delle nostre paure, dei nostri affetti più incandescenti.rnrn«La lettura di Tre madri è un esercizio familiare e appagante» - Nicola H. Cosentino, la LetturarnLa commissaria Lisa Mancini a soli trentatré anni ha già alle spalle una carriera straordinaria. Tanti successi in Italia e all'estero di cui potrebbe vantarsi, ma che creano intorno a lei un'aura di mistero il giorno in cui decide di abbandonare l'incarico all'Interpol di Lione per dirigere il commissariato di Montezenta, un piccolo centro romagnolo con i pregi e i difetti della provincia italiana, e di tutte le province del mondo. Nessuno conosce il motivo del trasferimento di Lisa. Tutto quello che sappiamo sul suo conto è che, sbrigate le pratiche di routine, passa le giornate chiusa nel suo ufficio a giocare a Candy Crush sul cellulare. Finché non viene denunciata la scomparsa di River: un quindicenne di origine inglese che vive con la sua famiglia in un piccolo villaggio appena fuori dalle mura medievali di Montezenta. Una comunità libertaria e anticonformista che trasforma in opere d'arte i materiali di scarto, e che attira per questo su di sé l'ostilità e i pregiudizi del resto della popolazione. River - uno studente modello, capace di farsi amare da tutti - è davvero una vittima oppure sta scappando da qualcosa di cui è lui stesso responsabile? Per riuscire a rispondere a questa domanda, Lisa dovrà combattere i demoni del suo passato, e trasformare la ricerca del ragazzo in un viaggio a perdifiato dentro sé stessa. -
Giorgio Strehler. Il ragazzo di Trieste. Vita, morte e miracoli
A Trieste, il 14 agosto 1921, nasceva Giorgio Strehler, uno dei più grandi registi del Novecento, fondatore del Piccolo Teatro di Milano assieme a Paolo Grassi nell'immediato dopoguerra. Di madre slovena, padre tedesco, nonni franco balcanici, parlava quattro lingue e fu un europeista ante-litteram. Partigiano, laico, illuminista, rinnovò il modo di fare regia, cambiò veste alle opere di Goldoni, mentre Bertolt Brecht lo designò unico erede per la messa in scena dei suoi testi in Italia. Non si cimentò mai nel cinema, come il ""rivale"""" Luchino Visconti, ma, da musicista, rivoluzionò il mondo dell'opera, aprendo una nuova via per l'interpretazione, tra gli altri, di Mozart e Verdi. Affascinante, colto, estroso e contraddittorio, un uomo di intense passioni artistiche e sentimentali. Cristina Battocletti narra la leggenda, le luci e le ombre di un personaggio iconico, dal palcoscenico alle battaglie politiche. Le vittorie e le sconfitte, gli amori, la vita del ragazzo di Trieste attraverso un racconto fotografico inedito e la voce di chi gli è stato più vicino, da Riccardo Muti a Ornella Vanoni, da Massimo Ranieri a Ottavia Piccolo, da Paolo Rossi a Milva"" -
Apriti, mare!
Un romanzo picaresco che unisce la tradizione delle fiabe popolari a una grande avventura in un mondo tornato ai bambini, dove solo un gruppo di ragazze ribelli ha ancora il coraggio di sognare.rn«Una narrazione distopica situata in un futuro di oscurantismo e sopraffazione» - Ermanno Paccagnini, la LetturarnIn un medioevo prossimo-venturo, solo i minori di quindici anni sono sopravvissuti alla devastazione di una guerra, chiamata comunemente ""Incidente"""". Azzerate tutte le forme di tecnologia, scienza, cultura, e soprattutto labilissima la memoria del mondo-di-prima, bambini e adolescenti crescono, diventano adulti, cominciano a invecchiare, fondano piccole comunità. Quelle più stabili danno vita a colonie di piantatori, altri preferiscono riunirsi in tribù ambulanti di raccoglitori che vivono """"mungendo"""" le rovine. Lo sguardo incantato dei bambini, capaci di affrontare con spirito avventuroso perfino le catastrofi, incontra quello degli adulti, che conoscono la strada del narrare, l'arte della memoria e dell'immaginazione. Ma nella lentissima ricostruzione rinascono anche violenza e superstizioni, e a farne le spese sono le nuove generazioni di ragazze e bambine. Quarant'anni dopo l'incidente, un gruppo di bambine, che la gente chiama """"lo Sciame"""", abbandona le angherie della sua comunità per raggiungere la terra-senza paura che sta al di là del mare."" -
Ciao Vita
Scritto con mano precisa e ricco di dialoghi nitidi e luminosi, un romanzo che segue il punto di vista dei due protagonisti sull'amicizia e il peso delle promesse.rnrn«Ciao Vita non è un giallo, anche se ti prende allo stesso modo. È una storia di amicizia, così tenera e dolorosa come quelle che solo Giampiero sa raccontare» - Carlo Lucarelli, RobinsonrnSergio è un regista affermato, vive a Roma in una casa accogliente, con una compagna elegante e sicura di sé. Ma una sera riceve una telefonata in cui lo informano che Vitaliano, un vecchio amico che non vede da tantissimo tempo, sta attraversando la fase terminale di una rara malattia degenerativa. La notizia lo mette di fronte a un patto che si scambiarono quando erano due adolescenti inquieti e ribelli. Sergio e Vitaliano si sono conosciuti sui banchi delle scuole medie, nella Bologna degli anni Settanta, e per un decennio sono stati inseparabili: idealista, tormentato, ma studioso e posato il primo, istrionico, provocatore e animato da una vena autodistruttiva il secondo. La loro è stata un'amicizia profonda, cementata dalle passioni comuni per la letteratura, la musica e il cinema. Hanno condiviso viaggi, serate in osteria, la ferita dell'attentato alla stazione, un grande amore, la loro relazione viene persino lambita dall'ombra dell'eroina. Fino a che un momento di incomprensione profonda non li ha separati. A riavvicinarli dopo più di trent'anni è proprio la malattia di Vitaliano. La difficile decisione davanti a cui Sergio si trova - e che in diversi momenti cerca di eludere - si rivela anche un'occasione per rimettere in discussione la sua esistenza, il senso del suo lavoro e le relazioni professionali e affettive. -
La felicità degli altri
Vincitore Premio Letterario Internazionale ""Latisana per il Nord-Est Finalista Premio Campiello 2021 - Libro candidato da Alessandra Tedesco al Premio Strega 2021«Tra piccoli borghi e Venezia un professore e un'allieva si ritrovano nella solitudine e nella fragilità. Tessono insieme un sorprendete codice dell'anima, che merita ascolto» - Alberto Sinigaglia, la Stamparn«Con una scrittura elegante e raffinata, con riferimenti alla cultura dell'antica Grecia, al mito e alla religione, Carmen Pellegrino racconta la storia di una donna che deve fare i conti con l'abbandono» - Alessandra Tedesco, Radio24, Il cacciatore di librirn«Carmen Pelllegrino conserva la speranza che la letteratura possa aiutarci a recuperare lo spirito più autentico dei luoghi, intonando quel canto di consolazione successivo al lutto che interrompe la """"processione del tempo"""". È la tensione a ricostruire la propria casa dopo il crollo, il più persistente dei fil rouge che attraversano i suoi libri» - Chiara Fenoglio, la Letturarn«La felicità degli altri non è un romanzo ma un capolavoro» - Gian Paolo Serino, Satisfiction«Sono nata in una casa infestata dai fantasmi. Allampanati, tignosi fantasmi da cui non si poteva fuggire. A quel tempo vivevamo nella parte ovest di un villaggio che aveva case tutte uguali, tutte al pianoterra, prima che si elevassero. Mio fratello e io speravamo che le case degli altri fossero infestate quanto la nostra. A dieci anni fui allontanata dal villaggio per pura crudeltà, ma i fantasmi non rimasero a casa.»rnCloe è una donna che ha imparato a parlare con le ombre. Un'anima in ascolto, alla ricerca di una voce che la riporti al luogo accidentato della sua origine, al trauma antico di quando, bambina, cercava di farsi amare da chi l'aveva messa al mondo. Nel suo cammino costellato di fragorosi insuccessi e improvvisi passi avanti, Cloe attraversa città, cambia case, assume nuove identità, accompagnata da voci, ricordi, personaggi sfuggenti: Emanuel, il fratello amatissimo; il professor T., docente di Estetica dell'ombra; Madame e il Generale, guardiani della Casa dei timidi, dove la donna era stata accolta a dieci anni. Cloe è uno sguardo che cerca attenzione e verità, il suo viaggio coraggioso è il racconto di un amore e di una speranza che non si spengono, anche quando dentro e fuori di noi non c'è che rovina.Proposto da Alessandra Tedesco al Premio Strega 2021 con la seguente motivazione:rnrn«Un romanzo sull’infanzia negata, sulle ombre che ci camminano accanto, sulla voglia di essere riconosciuti e amati. Con una scrittura elegante e raffinata, con riferimenti alla cultura dell’antica Grecia, al mito e alla religione, Carmen Pellegrino racconta la storia di Cloe, una donna che deve fare i conti con l’abbandono dopo essere cresciuta in una casa-famiglia. Ma deve anche fare i conti con la rabbia verso la madre (responsabile, ai suoi occhi, di tutta la sofferenza) e con il senso di colpa verso il fratellino scomparso da piccolo. Come dice la stessa voce narrante, è la storia di un’anastilosi, di un restauro di sé a partire dalle macerie seminate nel corso dell’esistenza. Raccontare il dolore dei bambini è tema delicato, si... -
Le toppe di Arlecchino. Esistono i colori?
"Quanti sono i colori? Il Grande atlante dei colori - DuMont's Farbenatlas - ne elenca 999, tante sono le sfumature cromatiche diverse che l'occhio umano riesce a distinguere, costretto tuttavia a definire ognuna di esse con una tripletta di numeri, perché non ci sono sufficienti parole per tutte queste sfumature di colori, che non esistono se non nel battito delle palpebre e nella retina che le distingue. I colori non ci sono, ma si vedono; tanti colori come le toppe del vestito di Arlecchino, ma che, a differenza di queste, si possono vedere ma non toccare. (...) Il colore dice se stesso, dice un senso della vita che forse solo in quel momento si esprime in quel colore ma in quel momento, per quella persona, si esprime solo in quel colore. È come quando due sguardi s'incontrano in un attimo in un significato definitivo, in un incontro che può decidere l'essenziale della loro vita, delle loro vite, e si può dire soltanto, per un attimo senza tempo e per sempre, 'è così'."""" Claudio Magris racconta i colori, ne segue le sfumature nelle parole di Goethe e Wittgenstein (fino a dubitare della loro stessa esistenza), li ammira tra le intuizioni di Newton e le vetrate di Chartres, si chiede se la rabbia sia davvero verde e come l'inquietudine possa essere bianca, se sia più profondo il blu del mare o l'azzurro dei poeti. Una riflessione preziosa sulla natura dell'uomo e delle sue emozioni." -
Disordini
Libro candidato da Sabino Cassese al Premio Strega 2021«Un romanzo-novella che ricorda gli apologhi di Voltaire, Candido e L'ingenuo calati nel nostro mondo contemporaneo, quietamente postmoderno. Vi si scorge sullo sfondo anche qualcosa di Borges, della sua narrazione cadenzata» - Marco Belpoliti, la Repubblicarn«Nel racconto, che nasconde molti risvolti e sorprese, si intrecciano una riflessione eraclitea su mutamento prodotto dal tempo sull'uomo e un apologo sul disordine che sembra dominare il presente» - Sabino Cassesern«Tra Pirandello, Borges e i racconti fantastici di Buzzati, Ainis narra delle possibilità che si schiudono a chi come reazione all'assurdo sa disancorarsi dalla rigidità dell'io, smettendo di guardare l'abisso un attimo prima che l'abisso lo guardi» - Giuliano Aluffi, il Venerdì di RepubblicarnUna mattina Oscar, professore associato di Giurisprudenza, si guarda allo specchio e scopre d'essere diventato un altro. Lì per lì pensa a un'allucinazione, ma ben presto s'accorge che colleghi e conoscenti non lo riconoscono, lo trattano da estraneo, sicché adesso dovrà imparare a convivere con le sue nuove sembianze. Allora parte per il paese di mare dove trascorreva l'estate da ragazzo, cercando in questo spaventoso cambiamento un'opportunità per cominciare daccapo. Vi incontra la sua vecchia fidanzata, insieme a una galleria di personaggi fuori dalla norma, mentre attorno a lui si moltiplicano i segni d'uno stravolgimento collettivo. Oscar non è l'unico, infatti, ad aver subito la metamorfosi, diffusa come un morbo che non si può più tenere nascosto e che in ultimo disgrega la società civile, insieme alla politica. Ormai nessuno sa più qual è il suo nome, il suo destino, il suo posto nell'ordine sociale. Michele Ainis costruisce un romanzo immaginifico, con una storia che è insieme una metafora del tempo in cui viviamo. E accompagna Oscar in un viaggio letterario tra fughe d'amore e nostalgie profonde, tra smarrimenti individuali e crisi generali, tra regole assurde e libertà promesse, in un mondo a sua volta assurdo, eppure così simile alla nostra realtà.Proposto da Sabino Cassese al Premio Strega 2021 con la seguente motivazione:rn«Un professore, un giorno, scopre d’aver un altro volto, un altro corpo. Nessuno lo riconosce. Intraprende un viaggio, alla ricerca di qualcuno che non gli chieda chi è, o che lo riconosca, sia pure nelle nuove sembianze. Nel luogo dove andava in vacanza da piccolo, c’è chi lo ricorda, ma vi sono anche molti che hanno cambiato la loro identità. La storia continua sul filo di un passato che si lega al presente, di corpi e menti che mutano. Nel racconto, che nasconde molti risvolti e sorprese, si intrecciano una riflessione eraclitea sul mutamento prodotto dal tempo sull’uomo e un apologo sul disordine che sembra dominare il presente. Stendhal ha distinto il raccontare narrativamente dal raccontare filosoficamente. Ainis, alla terza prova con il genere, sa raccontare narrativamente una vicenda che nasconde una più profonda narrazione filosofica, riprendendo la linea di svolgimento che va da Ovidio a Kafka, gli autori di “poemi sui corpi che in un mondo precario sono messi in pericolo” (sono parole lasciateci dal grande filologo classico e critico... -
Money
Roberto è un uomo per bene, timido e introverso. Sposato con una donna che ama, ha una figlia adolescente che adora e la sua unica preoccupazione è il lavoro. Vive in provincia, in un mondo tutto sommato tranquillo, ma dominato dall'ossessione dei soldi. Tutti ne vogliono, sempre di più, tutti ne parlano. E lui ne ha pochi: fa il tappezziere, i clienti diminuiscono, e con loro anche i suoi guadagni. Un giorno incontra Vincenzo, un restauratore che conosce fin dai tempi delle scuole, spregiudicato e dagli affari non sempre limpidi, che gli propone un colpo. Roberto è un uomo profondamente onesto ma il bisogno di soldi lo spinge ad accettare anche perché il piano è perfetto e, per lui, quasi senza rischi. Quasi. -
Quello che chiamiamo amore
Ettore, il protagonista e voce narrante, è un uomo che racconta la sua vita attraverso la lente dell'amore per Elisa: prima sua vicina di casa, poi graziosa fidanzatina adolescente e infine moglie e madre dei suoi figli. Ma anche una donna molto diversa da lui, che proviene da un contesto degradato e non sempre riesce a capire l'amore totalizzante e a tratti morboso del marito. Ettore finisce per programmare ogni minimo dettaglio della vita di Elisa: dall'abito da indossare la sera dell'anniversario fino alla decisione di tenerla al riparo dalle fatiche del lavoro, votandola a una vita da casalinga che Elisa non ha nemmeno il tempo di chiedersi se è veramente ciò che desidera per sé. Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, la donna decide di prendersi una pausa da lui, tornando a vivere dalla madre. Rimprovera Ettore di non averla mai né ascoltata né tanto meno capita e dopo qualche insistenza promette di spiegare cosa è stato per lei il loro matrimonio: un'esperienza soffocante che non può più proseguire su quegli stessi binari. Ettore sarà disposto a mettere in discussione gli schemi imposti dai ruoli tradizionali, i suoi comportamenti e le sue scelte, per ritrovare il rapporto con la moglie? Loreta Minutilli entra nella mente di un uomo e racconta la storia di un matrimonio allo specchio, di un marito e una moglie di fronte eppure distanti, di una coppia che si domanda se non sia troppo tardi per reimparare ad amarsi. -
Di tu in noi
Tre le sezioni di questo testo, in cui la prima si fa antefatto delle due successive: ""Quel mio ritornare a te / da tutte le strade / per sottrarci da tanta morte"""". Fra le pagine una mappatura dell'anima che è luogo e memoria - """"Ti tengo / nell'entroterra dell'anima / in un respiro di due sillabe"""", la vita come frattura in fiore su un muro: """"la conseguenza del mattino / uno schianto in due tempi"""", e ovunque il frammento dell'esperienza restituito in trama: """"nulla sappiamo della mano / che ci regge il giorno / a tremare / fra la memoria e la sete"""". C'è un tempo fatto di attimi che sono già ricordo: """"faccio ogni cosa / per l'ultima volta""""; il respiro scardinato dagli eventi e lo scontro e il confronto con la perdita che si fa crollo: """"mi cade addosso / il cielo che fu"""". L'esperienza è rimodulata in senso e suono. """"Scrivo perché mi aiuta a respirare meglio. Perché ho nostalgia di tutti i momenti in cui mi sono sentita viva"""". Così l'autrice conferma lo stile ormai riconoscibile e la cifra della sua ricerca poetica: la capacità di tradurre la quotidianità viva dei giorni restituendo profondità e consistenza alle parole comuni. Attraverso l'indagine lucida, l'essenzialità delle immagini, l'accuratezza dei suoni e la misura del verso, l'autrice riesce a fare delle occasioni della vita metafora assoluta: """"di noi stessi erranti / è certo / il destino corroso"""".""