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Studi e saggi linguistici (2016). Vol. 2
Fin dalla fondazione nel 1961 da Tristano Bolelli, gli studi di “Saggi Linguistici” svolgono un ruolo importante nel dibattito linguistico in Italia, specialmente per quegli studiosi che lavorano nel campo della linguistica storica indoeuropea e della contemporanea linguistica teorica. -
L'eugenetica italiana e la Grande Guerra
Con lo scoppio della prima guerra mondiale, il presupposto su cui era nato e si era sviluppato il movimento eugenetico internazionale sembrò incrinarsi definitivamente: di fronte a tanta inaudita violenza era ancora possibile sperare in un miglioramento della “razza umana”? Anche in Italia gli eugenisti si divisero tra chi considerava il conflitto una minaccia per l’integrità fisica e psichica del corpo sociale e chi lo interpretava invece come un fattore di selezione e di progresso, in grado di favorire la parte migliore della popolazione. Questa contrapposizione contribuì a ridefinire non solo gli equilibri nel campo dell’eugenetica nazionale, ma più in generale i rapporti tra scienza e politica nella delicata fase del dopoguerra. -
Storie di animali chiusi nell'aria. Spallanzani e la respirazione in vita e in morte
La carriera scientifica di Lazzaro Spallanzani fu tutta percorsa da un’inguaribile bulimia dell’occhio e della mano. Nessuna ricerca regge tuttavia il confronto con la seconda indagine sulla respirazione e nessuna fu concentrata in un tempo così breve (1795-1799), per una massa così imponente di risultati. Presupposto ne fu la passione per la nuova chimica, che infiammò gli ultimi anni di Spallanzani e lo riconciliò con lo studio della respirazione, invero già frequentato vent’anni addietro e abbandonato proprio per avversione alla chimica flogistica. Questo libro tira dunque le fila di quattro direzioni di ricerca solidamente intrecciate: il backstage, rappresentato dalle teorie respiratorie classiche; la prima ricerca di Spallanzani (prelavoisieriana e quindi “sbagliata”); le “novità francesi” e la seconda inchiesta, che d’impeto le superò, travolgendo se stessa nella narrazione impossibile di un canone (postlavoisieriano) della respirazione “in vita e in morte”. -
Questioni fondamentali di antropologia medica
Nella seconda metà degli anni Venti del Novecento, il medico e filosofo Viktor von Weizsäcker (1886-1957) elabora il progetto di un'antropologia medica, cioè di una «teoria generale della malattia» come teoria dell'uomo malato. I due testi proposti in questo volume, scritti a venti anni di distanza l'uno dall'altro, delineano efficacemente sviluppi e difficoltà di questo progetto, lasciando emergere l'esigenza profonda che lo muove: rivoluzionare i fondamenti epistemologici della medicina a partire da una nuova concezione della scienza, il cui nucleo concettuale è costituito dalla «relazione». L'incontro tra il medico e il paziente, in quanto situazione originaria dell'antropologia medica, diviene così l'autentica fonte dei criteri dell'azione terapeutica, salvaguardando il malato dal rischio di reificazione e spersonalizzazione a cui lo espone una medicina rigidamente positivista. -
Fonti e lessico della ontologia kantiana. I corsi di metafisica (1762-1795)
Malgrado il termine ""ontologia"""" non compaia con particolare frequenza negli scritti a stampa di Kant, egli si confronta ampiamente con questo concetto sia nella fase precritica del proprio pensiero sia nei passaggi cruciali della svolta critica. Nei manuali accademici in uso nella Germania del Settecento, l’ordo expositionis della metafisica segue il modello wolffiano, in cui l'ontologia rappresenta la metafisica generale, a cui segue la metafisica speciale, composta da cosmologia, psicologia e teologia. Durante la propria attività didattica, che abbraccia tutta la seconda metà del diciottesimo secolo, Kant sceglie di tenere le proprie lezioni di metafisica commentando la Metaphysica di A. G. Baumgarten. Si tratta di un testo che, pur seguendo l'impostazione generale wolffiana, se ne distanzia per diversi aspetti, ricercando spesso soluzioni originali circa i principi cardine della metafisica. Commentando questo testo Kant ha modo di ampliare il respiro della propria analisi, confrontandosi con i protagonisti del dibattito metafisico del proprio tempo e rimettendo in discussione lo statuto stesso della metafisica e del suo metodo. Il """"laboratorio"""" delle lezioni consente di riconoscere l'ordito sotteso a molti dei passaggi metodologici che conducono alla concezione critica del trascendentale, la pietra angolare nel ripensamento kantiano della metafisica."" -
L'uomo che usciva dal naso e altri racconti
Arguto, iconoclasta, surreale, onirico, caleidoscopico: così è stato descritto Amorose Bierce. Scrittore fra i più intriganti della letteratura americana e popolarissimo giornalista del fin-de-siècle d'oltreoceano, Bierce è l'enigmatico interprete di un'epoca che, se da un lato si sta aprendo alla psicanalisi, dall'altro crede ancora ai fantasmi e non riesce a elaborare il lutto fratricida della tentata Secessione. “L'uomo che usciva dal naso”, “L'uomo e il serpente” e “Gli occhi della pantera”, pubblicati rispettivamente nel 1887, 1890 e 1897, coprono un arco di dieci anni durante i quali a Est si affermano i grandi monopoli industriali ed esplode l'immigrazione, mentre a Ovest si conclude il mondo liquido della Frontiera. I tre racconti si rivelano oggi sorprendentemente attuali per l'intuito con cui trattano temi quali la (de)costruzione dell'identità di genere, l'ossessione, la paura, il post-umano. -
L'uomo che vende un occhio. Un soggetto per il film «Il boom» di Vittorio De Sica
Già nel 1957 Cesare Zavattini scrisse, partendo da un fatto di cronaca, un soggetto dal titolo L'uomo che vende un occhio, il quale, lungi dal diventare film, confluì con altri materiali nell'opera teatrale Come nasce un soggetto cinematografico, messa in scena per la prima volta nel 1959 a Milano. Quando, nei primi anni Sessanta, Vittorio De Sica chiese all'amico e collaboratore di scrivere un soggetto per il grande divo del momento, Alberto Sordi, Zavattini riprese la storia dell'uomo disposto a vendere un pezzo del suo corpo per questioni economiche e nel 1962 consegnò il soggetto definitivo. Il soggetto, che l'anno seguente diventerà il film II boom, rende conto con feroce sarcasmo dell'Italia cinica e rampante dell'epoca. E racconta anche la progressiva evoluzione del cinema italiano, che sta abbandonando l'afflato etico per certi versi ancora riconducibile alla folgorante stagione del neorealismo, per sostituirlo con i crudeli ritratti dell'Italia dell'esplosione economica secondo i modi della commedia all'italiana. -
Dalla mondovisione alla endovisione. Pratiche e formati dello spazio televisivo
1967, 25 giugno: si accende il satellite nei cinque continenti (26 paesi circa) con Our World, prima produzione televisiva in diretta. I Beatles, Maria Callas, Pablo Picasso, solo per citarne alcuni, entrarono così nelle case di circa settecento milioni di telespettatori con le loro produzioni e i loro racconti per circa due ore e mezza di trasmissione. Il progetto, pensato dalla BBC in collaborazione con l'European Broadcasting Union, è stato realizzato in dieci mesi di lavoro e ha visto il coinvolgimento di circa diecimila tra tecnici, produttori e interpreti. Per l'occasione i titoli di testa furono stati accompagnati dal tema Our World cantato in 22 lingue diverse dai Piccoli Cantori di Vienna e la CBC Television Canada intervistò il guru dei media studies Marshall McLuhan in una sala di controllo della televisione di Toronto. Da quel momento in poi, la televisione «introdusse» con più forza «a ogni istante nello chez moi Paltrove e il mondiale» (Derrida): ciascun telespettatore si trovò proiettato insieme agli altri in un medesimo luogo che differisce da quello abitato permettendo ai soggetti di raggiungere in tempo reale uno spazio di suoni e immagini di cui, seppur distanti, si diviene testimoni diretti. Nel 50° anniversario di questo primo esperimento in mondovisione, il presente volume prova, dunque, a chiedersi com'è cambiato il modo di fare televisione a partire da quell'evento e come sono mutate le esperienze della visione: da una dimensione mondiale e generalista a un'endovisione, ossia a un approccio interiore e personalizzato attraverso la molteplicità dei dispositivi e delle piattaforme. Fruizione, spettatorialità, sport, famiglia, culture giovanili, Chiesa ed emergenze sono i temi di riflessione di questo libro che intende anche riflettere la missione contemporanea dell'Aiart e il suo contributo alla creazione di una vera e propria cittadinanza mediale. -
Ostraka. Rivista di antichità (2015). Vol. 24
Ostraka è una rivista di antichità. -
Anglista pisana (2015). Vol. 1-2
Rivista di anglistica dell'università di Pisa. -
Educazione e differenza di genere. Una ricerca nella scuola primaria
Il testo affronta il rapporto tra differenza di genere ed educazione facendo particolare riferimento alla scuola primaria. La prima parte mette in evidenza i significati e le trasformazioni del concetto di genere soprattutto a livello europeo, dove si registra un'attenzione crescente al gender nelle politiche sociali ed educative, considerato parte integrante di un approccio inclusivo di sviluppo e di crescita. La seconda parte presenta due ricerche empiriche condotte rispettivamente tra le insegnanti della scuola primaria e tra le classi quarte e quinte dello stesso ordine di scuola. La prima volta a scoprire come le docenti stesse percepiscono la differenza di genere in classe e la loro identità di genere, la seconda, mirata a capire se già a questa età esistono degli stereotipi che portano bambini e bambine a preferire certi giochi, sport, discipline scolastiche. I risultati di questa ricerca confermano che continuano a permanere degli stereotipi legati al genere sia nell'infanzia che tra gli adulti, di qui la necessità per chi si occupa di educazione a diversi livelli, di valorizzare la dimensione di genere per poter offrire alle giovani generazioni gli strumenti teorici e relazionali necessari per comprendere criticamente la realtà, per costruire la propria identità e per realizzare il proprio progetto di vita. -
Dallo schermo alla didattica di lingua e traduzione: otto lingue a confronto
In linea con studi recenti legati alla linguistica e all’apprendimento delle lingue, il volume presenta riflessioni didattiche sull’utilizzo del prodotto audiovisivo e della sua traduzione nella classe universitaria di lingua straniera. I contributi, incentrati su corti, film, serie televisive, letteratura-web e adattamenti cinematografici riguardano otto lingue: italiano, francese, inglese, spagnolo, tedesco, arabo, cinese e russo. Soffermandosi su possibili attività di natura metalinguistica e collaborativa nelle lingue oggetto di studio, trattate singolarmente o in chiave contrastiva, i saggi mettono in luce il ruolo centrale del testo audiovisivo nello sviluppo di specifiche competenze linguistiche, traduttive e culturali, nonché la sua forte valenza motivazionale. Il volume si rivolge a un pubblico di specialisti, ma anche a studenti e appassionati di cinema, lingue e culture straniere. -
Didone abbandonata
Nel musicare per la terza volta la “Didone abbandonata” Jommelli mise mano a un libretto modellato sull’intonazione che Baldassarre Galuppi aveva approntato per la corte di Madrid nel 1752 con la supervisione del Farinelli, e sull’edizione parigina Quillau II (1755) che ne accoglieva i rimaneggiamenti, differenziandosi solo per la reintegrazione delle arie di Iarba “Fra lo splendor del trono” e “Son qual fiume che gonfio d’umori”. Quest’ultima aria è l’unico brano che accomuna il libretto della “Didone” del 1763 a quello che Jommelli musicò a Vienna nel 1749. Il testo musicale di questa edizione restituisce fedelmente la lezione del manoscritto autografo emendandone gli errori, risolvendone le ambiguità e colmandone le lacune con l’aiuto delle fonti secondarie. La disposizione degli strumenti in partitura segue l’uso moderno. Le parti vocali, solistiche, d’assieme o corali, sono collocate secondo l’uso dell’epoca sopra la linea del basso. -
Coll'arditezza della frase. Ordine artificiale e sublime nei «Canti» di Leopardi
Se i “Canti” di Giacomo Leopardi sono una delle opere capitali della poesia moderna è perché hanno saputo realizzarne aspetti per così dire archetipici. Uno di questi è senz’altro la lingua, che Leopardi indaga sui testi degli autori che lo hanno preceduto, discute sul piano teorico, e infine configura in modo nuovo e personale. In questo saggio Simone Moro si occupa di uno degli elementi peculiari della lingua poetica dei “Canti”: l’ordo artificialis delle parole, studiato nelle sue forme grammaticali e retoriche per rivelarne i valori stilistici e poetici, in relazione alle dichiarazioni dello Zibaldone sugli ardiri e lo stile sublime. La poesia si è sempre servita di artifici quali iperbati, anastrofi, epifrasi e sinchisi, e in epoca neoclassica il loro utilizzo sistematico ha configurato un vero e proprio programma letterario. Perché allora Leopardi, che si propone di dare all’Italia una poesia nuova e moderna, recupera stilemi tanto tradizionali? Come li impiega all’interno dei testi? Quale significato espressivo racchiude una scelta maturata in rapporto consapevole con la poesia del passato e il panorama poetico del suo tempo? Un’analisi stilistica svolta sui “Canti” e insieme aperta a un confronto con alcuni capisaldi della tradizione suggerisce delle risposte a simili domande, e offre un’interpretazione rinnovata di alcuni testi dell’opera: delle canzoni iniziali, ovviamente, ma anche di capolavori di più ampio respiro come la “Ginestra”. -
Cascina. Le mura, la città, le chiese
Una guida figlia di un lavoro di anni, dai risvolti didattici alla sperimentazione sul campo, alla ricerca documentaria, ai viaggi dietro le tracce iconografiche. L'incipit risale al 1974: uno studio interdisciplinare sul centro storico di Cascina svolto con una quarta classe del locale Istituto d'Arte. I cui risultati sono pubblicati nel catalogo “1871-1974 Mostra documento”, Stilgrafica cascinese, 1974. Il secondo atto trova attuazione nella scheda didattica ""I percorsi. Le mura di Cascina"""" edita dalla sezione didattica del Museo di San Matteo di Pisa nel 1979 per i tipi della Grafica Zanini di Pisa e curata da Ilario Luperini e Giovanni Parmini. Poi, nel 1984, la cartella """"I materiali. La Cerchia muraria di Cascina"""" pubblicata da comune di Cascina e sezione didattica del Museo di San Matteo per i tipi della Litografia Tacchi di Pisa, curata da Ilario Luperini. Nel 1988 esce l'articolo di Ilario Luperini dal titolo “II ruolo strategico di Cascina nel Valdagno Inferiore” in «Quaderni cascinesi. 1988», Pacini Editore, Pisa 1988, aggiornamento storico sulla scorta delle ultime novità bibliografiche. Infine il pluridecennale lavoro con insegnanti e allievi delle scuole cascinesi."" -
Didattica senza barriere. Universal design, tecnologie
L’uso che si può fare delle tecnologie nella didattica è vario, così come sono molto diversi i contesti in cui ci si può trovare a operare. Questo dipende da molteplici aspetti, spesso derivanti dal fatto di coinvolgere persone portatrici di concezioni, pratiche e abilità diverse. Un elemento che invece rimane costante, a prescindere dalla situazione, è il fatto che con le tecnologie digitali sia possibile offrire molteplici possibilità di interazione con i contenuti didattici. Un elemento interessante per tutti, non soltanto per chi ha una difficoltà. Un ambiente di apprendimento che tenga in considerazione la diversità, fin dalla sua progettazione, può fare la differenza in ottica di inclusione. Eppure la realizzazione di risorse digitali accessibili non è sempre semplice né immediata: richiede conoscenza delle problematiche di un contesto, competenza nell'uso degli strumenti, disponibilità di risorse materiali e non. Leggendo queste problematiche attraverso la lente della progettazione universale è possibile anticipare la presenza di barriere nei contesti di apprendimento, individuare possibili soluzioni e metterle in pratica. Questo libro vuole essere una guida in questo senso, con particolare attenzione alla sostenibilità dell'intervento, nella convinzione che per cambiare sia importante una maggiore consapevolezza delle potenzialità presenti negli strumenti e nelle pratiche che già conosciamo. Prefazione di Marco Lazzari. -
«Però mi fo’ molto coraggio». Pisa e la sua provincia nella Grande guerra. Ediz. illustrata
Alba del 24 maggio 1915. Dal forte Verena, altipiano di Asiago, parte il primo colpo di cannone della nostra guerra. Poco prima, sul fiume Judrio, i finanziari Carta e Dell’Acqua hanno scambiato le prime fucilate con una pattuglia austriaca e, a passo Zagradan, l’alpino Riccardo Di Giusto, colpito a morte nello scontro con gendarmi asburgici, è stato il primo della lunga lista di 650.000 caduti. Sono 6.558 i caduti di Pisa e dei comuni che formano ora la sua provincia, nomi riportati in appendice al volume con data di nascita, reggimento, data, luogo e causa di morte, patronimico e, ove recuperato, nome della madre, dell'eventuale moglie e dell'attuale luogo di sepoltura. Il racconto storico si articola in due ambiti. Il fronte interno, in primo luogo, un diario dei 41 mesi di guerra e degli accadimenti a Pisa e nei vari comuni. Iniziative a sostegno dello sforzo bellico, ma soprattutto l'assistenza alle famiglie dei richiamati e dei caduti, la nascita dei vari comitati, la loro attività, la preparazione civile, l'opera di benefattori come Sofia Franceschi Bicchierai, Giuseppe Pardo Roques e Pellegrino Pontecorvo. Uno spaccato della vita in città, con le sue angustie e i suoi problemi, dal caroviveri al razionamento, dagli speculatori ai calmieri, ma anche i commerci, la cronaca, la vita quotidiana. La seconda parte racconta la guerra guerreggiata, attraverso i diari storici delle brigate che inquadrarono la gran parte dei pisani, brigate Spezia, Bergamo, Cremona, Salerno, Modena, Friuli. Le battaglie, gli atti di valore, la vita in trincea tra topi e pidocchi, Caporetto e la vittoria. Fanti, artiglieri, bersaglieri, alpini, genieri, cavalleggeri: tutti portarono nella baionetta il segno della Croce, in tasca il pane dell'Ultima Cena, in gola il pianto dell'ultimo addio. -
Dark water. Catalogo della mostra (Pisa, 18 marzo-20 maggio 2017). Ediz. italiana e inglese
In Dark Water Sandra Binion affronta con sguardo contemporaneo temi e miti fondanti della tradizione religiosa e culturale occidentale basati sulla figura di Eva, il Giardino dell’Eden, e le conseguenze della perdita dell’innocenza – tematiche che chiamano in causa la finitezza e la fragilità della condizione umana, la sete di conoscenza e di bellezza, le differenze e le complicità tra uomo e donna. La mostra si basa su un articolato dispositivo di visione in cui immagini audiovisive, fotografie e sculture compongono una sorta di narrazione per frammenti, aperta a una pluralità di suggestioni. -
Un druido a San Rossore
In un pigro giorno d'autunno, un duido, sopravvissuto alla terribile battaglia del Menai del 61 d.C, si risveglia nel parco di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. A trovarlo, proprio sotto a una grande quercia, il cucciolo di cinghiale Pippo. Una strana combriccola lo aiuterà a capire dov'è finito e se vi siano dei suoi fratelli druidi ancora vivi nel mondo. Il druido Gwion scoprirà le bellezze del parco e tesserà il suo destino grazie all'aiuto di una bellissima bambina di nome Anita, di Osvaldo il veterinario e ovviamente di tutti gli animali del parco. Gwion, tra una magia e l'altra, troverà la sua strada grazie proprio alle nuove amicizie che supereranno molti confini. Età di lettura: da 9 anni. -
Predella (2016). Vol. 11: Arte italiana postbellica
Sommario: Introduzione; Michele Dantini, “Arte italiana postbellica. Prospettive e metodi”; Francesco Tedeschi, “«Il vuoto dietro e il vuoto davanti». Oltre l’italianità e l’americanismo: la rotta Roma-New York nell’esperienza di Afro, Alberto Burri e Toti Scialoja”; Laura Iamurri, “Space oddities. Immaginario spaziale e arti visive a Roma, 1957-1969”; Elisa Francesconi, “Due volte la stessa mostra: “5 Pittori - Roma 60”. Bilancio e sviluppi di un decennio. Roma, Galleria La Salita, 1960; Torino, Galleria Christian Stein, 1969”; Giorgio Zanchetti, ““Preponderanza” e “superamento” nelle ricerche artistiche sul linguaggio”; Riccardo Cuomo, “Luciano Fabro e il Gruppo T. La neoavanguardia italiana fra sperimentazioni cinetico-programmate e Arte Povera”; Lara Conte, ““Ironizzare direttamente sulla scultura e indirettamente su certe situazioni”. Qualche considerazione sugli esordi di Paolo Icaro”; Silvia Bottinelli, “La Francia e una Fiat 500: I primi esperimenti di Alighiero Boetti”; Denis Viva, “Nomadismo e guerriglia: l’Igloo di Giap di Mario Merz”; Maria De Vivo, “Carlo Alfano, o della pittura come (im)possibile necessità”; Gabriele Guercio, “Onori all’arte in fieri. Il rifiuto metodico di Francesco Matarrese”; Daniela Lancioni, “Può un’eccellente opera d’arte contemporanea essere ornamentale o decorativa?”; Jacopo Galimberti, “Sfavillii escrementizi. Lucio Fontana in «October»”; Maria Giovanna Mancini, “Costruzioni interminabili. Psicoanalisi e marxismo nel dibattito critico degli anni Settanta: il contributo di Menna e Trimarco”; Alessandro Del Puppo, “Sapendo parlare, insegna a tacere. Appunti su una fase critica della critica, 1977-1983”.