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Piccio 1860-1870. Ediz. illustrata
Una monografia alla scoperta - o riscoperta - di Giovanni Carnovali, detto Piccio, autore tra i più sperimentali dell'Ottocento Giovanni Carnovali, Piccio (Montegrino Valtravaglia 1804 - Cremona 1873), pittore tra i più originali e sperimentali del panorama lombardo, trascorse tra Bergamo e Cremona la maggior parte della sua vita artistica. La formazione all'Accademia Carrara di Bergamo, dove fu subito apprezzato, gli consentì di essere conosciuto nell'ambiente degli appassionati d'arte e di stringere con loro significative e durature amicizie. L'esplorazione degli esiti del pittore nel decennio 1860-1870, subito dopo l'Unità d'Italia, profila un artista romantico, capace di prodursi con la stessa maestria sia nel ritratto, genere nel quale eccelse, sia nel paesaggio, oltre che nella pittura di soggetto sacro. La monografia - pubblicata a corredo dell'esposizione all'Accademia Carrara - permette di approfondire uno dei pittori più originali dell'Ottocento lombardo, precursore di temi e innovativo nello stile. Insieme al percorso di opere parte della collezione Carrara, tre prestiti di eccezionale qualità: Ritratto di Gina Caccia (La collana verde) (1862), Ritratto di Vittore Tasca da combattente (1863), provenienti da due collezioni private, e Paesaggio a Brembate Sotto (1868-1869), dalla Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza. Attraverso i testi di M. Cristina Rodeschini (Piccio: la Storia, le storie), Niccol D'Agati (""Una questione di pittura"""": l'ultimo Piccio alla prova della modernità), Maria Cristina Brunati (Riannodando fili di seta alla ricerca di legami dimenticati. I Caccia di Torre Boldone e i Tasca di Brembate) e le schede delle opere (a cura di Niccol D'Agati), il volume offre la lettura di uno spaccato storico e sociale di particolare interesse nell'Italia che raggiunge l'unit nazionale, prefigurando le impressioni di luce della pittura francese. Tra vicende risorgimentali e scenari naturali, tra realismo e invenzione, tra aderenza al vero e sperimentazioni coloristiche, Carnovali interpreta con maestria un sentire pittorico che sottolinea la piena dignità della pittura dell'Ottocento, negli stessi anni in cui in Toscana si sviluppava l'arte macchiaiola. Un pittore che ha saputo raccontare il sentimento del suo tempo, sperimentando e precorrendo temi e linguaggi."" -
Luca Crippa. Pioniere del surrealismo italiano. Ediz. illustrata
Un omaggio al pittore e scenografo, figura di rilievo nel panorama dell'arte italiana del secondo Novecento In occasione dei cent'anni della nascita di Luca Crippa (Seregno 1922- 2002) e dei vent'anni della sua morte, questa monografia intende essere un omaggio al pittore e scenografo, figura di rilievo nel panorama dell'arte italiana del secondo Novecento, documentandone il poliedrico e vastissimo lavoro, attraverso lo studio del eclettico lascito al Comune di Seregno. Nelle creazioni di Crippa assistiamo, rapiti, non solo alla sapiente combinazione di oggetti e segni ma alla qualità della loro più riconoscibile funzione educativa, diretta e specifica: sperimentare la meraviglia. È quella che gli anglofoni chiamano awe, una condizione emozionale diversificata, che unisce timore a sorpresa, reverenza e ammirazione, incantamento, stupore e appunto meraviglia. Se l'arte di Luca Crippa è anche e soprattutto educazione alla meraviglia, gli strumenti, i supporti e le tecniche impiegati, dalla diversificata ricchezza materica e di trattamento, evocano la maestria del fare artigiano. Come ricorda il curatore del volume Carlo Franza, Luca Crippa fu ""incisore, pittore e scenografo seregnese, il più grande disegnatore italiano del secondo dopoguerra, e non solo; è stato l'artista lombardo e brianzolo, singolare poeta del fare, ma anche un personaggio che oggi potremmo definire vulcanesco, talmente creativo e in costante eruzione artistica che dagli anni Cinquanta del Novecento in poi, ha calcato la scena di un Surrealismo italiano."""""" -
Bill Viola. Icons of light. Ediz. a colori
Bill Viola (1951) è un artista statunitense, fra i più apprezzati nell'ambito della videoarte: moderno, innovativo e interprete di nuove istanze comunicative, usa la tecnologia e l'innovazione per raggiungere nuove generazioni e risvegliare nuove sensibilità. Figura chiave non solo per la storia della videoarte, ma anche per la storia dell'arte più in generale, è un artista attraverso cui si possono comprendere gli ultimi quarant'anni di cultura visiva. Questo omaggio alla sua arte, pubblicato a corredo della personale romana allestita nei suggestivi spazi di Palazzo Bonaparte, introduce il lettore alla magia delle opere di Viola e ai suoi celeberrimi capolavori quali Ascension (2000) e i Water Portraits (2015). Curata da Kira Perov, la monografia presenta dieci lavori di Bill Viola (The Reflecting Pool; Ancestors; Study for the Path; Observance; Unspoken (Silver & Gold); The Greeting; Ascension; Three Women; Water Portraits Series; Martyrs Series) e rappresenta un momento di riflessione sull'iperbole concettuale dell'artista statunitense che, da oltre quarant'anni, realizza lavori che si rivolgono costantemente alla dicotomia vita-morte e legati indissolubilmente dai contrasti tra oriente e occidente. Lavori che rappresentano una sintesi emblematica dell'opera di Viola, uno spazio temporale che ritrae quindi anche lo sviluppo storico della stessa video-arte: attraverso le più conosciute videoinstallazioni e videoproiezioni, la monografia narra quelli che possono essere definiti i viaggi più intimi e spirituali dell'artista attraverso il mezzo elettronico. Icons of Light costituisce un omaggio a questo maestro della videoarte internazionale e, al tempo stesso, un percorso emozionale che ricorda luoghi di profonda intimità, quasi dei sacrari della propria memoria, un visionario spazio di culto dove ognuno è invitato a stabilire una profonda connessione visiva e spirituale con l'opera d'arte. Kira Perov, moglie dell'artista, è direttore generale del Bill Viola Studio. -
Pierluigi Cerri. Allestimenti Idee, forme, intenzioni. Ediz. illustrata
Pierluigi Cerri, architetto e designer, ha progettato finora oltre cento allestimenti espositivi in Italia e nel mondo. Architettura effimera per antonomasia, l'allestimento è il territorio in cui ha esercitato la sua linea progettuale col massimo grado di libertà, definendo una forma di comunicazione col visitatore capace di suggerire nuovi punti di vista e di svelare l'essenza del tema o dell'oggetto in mostra. Ha così intrecciato linguaggi provenienti dall'arte visiva, dalla scrittura, dal multimediale, per costruire strutture espositive in grado di restituirne linearmente il racconto. Attraverso una selezione di 32 allestimenti, studiati e ridisegnati grazie a uno scrupoloso lavoro d'archivio, il libro restituisce in modo organico quest'aspetto della sua opera, che così tanto ha influito sull'idea contemporanea del ""fare mostre""""."" -
Crazy. La follia nell'arte contemporanea. Ediz. illustrata
La follia non ha limiti. 21 artisti di rilievo internazionale e 15 installazioni site-specific inedite raccontano i legami tra follia e arte. La follia è anche in noi è il titolo di un interessante libro di Eugenio Borgna, uno dei massimi psichiatri italiani, per anni direttore dell'ospedale psichiatrico di Novara, che, senza banalizzare l'aspetto terapeutico, farmacologico, strettamente medico della follia, invita a riflettere sulle componenti che scatenano la malattia, riconoscendo elementi comuni che affiorano nella quotidianità, nella ""normalità"""" che ci circonda. Nella più ampia accezione di """"follia"""", non di rado sinonimo di """"creatività fantastica"""", l'arte si è sempre ritrovata a proprio agio ma è soprattutto con i primi studi psicanalitici e neurologici d'inizio secolo scorso che il rapporto fra disturbi psichici e arte si è fatto più intenso e consapevole. La follia, come l'arte, rifiuta gli schemi stabiliti, fugge da ogni rigido inquadramento, si ribella alle costrizioni catalogatorie; la percezione del mondo è il primo segnale di instabilità, il primo contatto fra realtà esterna e cervello, fra verità fisica e creatività poetica, fra leggi ottiche e disturbi neurologici. Nel volume che accompagna l'originale esposizione romana, 21 artisti internazionali sono chiamati a partecipare a questo progetto e sono parte di questa follia, che prende forma attraverso 15 installazioni site-specific inedite in una narrazione complessa, soggettiva, obliqua; così il genio e l'estro creativo si espandono come le coloratissime colate di pigmento sulle scale dell'astrattista inglese Ian Davenport, o modificano la percezione dello spazio, come l'ambiente di Gianni Colombo (1970). Le diverse opere d'arte invadono con una inarrestabile potenza espressiva ogni ambiente accessibile: dai neon del cileno Alfredo Jaar sino all'immersione totalizzante di Fallen Fruit, duo formato dagli statunitensi David Allen Burns e Austin Young."" -
Donatella Baruzzi. Opere 1992-2021-Works. Ediz. illustrata
Quasi trent'anni di arte ceramica dell'originale artista contemporanea Donatella Baruzzi ""ha scoperto il magico mondo della ceramica: attività che richiede un impegno di continua ricerca, carico di 'pathos', nel quale lei trova con naturalezza le soluzioni a molteplici problemi tecnici, propri di quest'antichissima arte-artigianato, che può felicemente unire l'utilità al valore estetico"""". (Glauco Baruzzi) """"Quella duttilità della ceramica, allora, che Donatella sa 'piegare' alla sua grammatica e sintassi, permettendo alla sua inventiva creatività - tra classicità e modernità - e alla sua competenza/sapienza tecnica di raggiungere felici equilibri espressivi"""". (Anty Pansera) La monografia presenta i testi di Anty Pansera (Trame e sottili intrecci), il catalogo delle opere, l'antologia (a cura di Adriano Antolini, Glauco Baruzzi, Mario Giavino, Flaminio Gualdoni, Mario Quadraroli), la biografia, l'elenco delle mostre e la bibliografia. Nata a Milano, Donatella Baruzzi cresce in un ambiente dove l'arte è al centro delle relazioni con il mondo. Figlia di Glauco Baruzzi, pittore e frescante, docente di pittura all'Accademia di Brera, collabora per diversi anni con il padre realizzando su suo disegno progetti di grandi dimensioni in terracotta, perfezionando una formazione in equilibrio tra arte e artigianato ceramico. Diplomatasi in Decorazione all'Accademia di Brera, alla fine degli anni '90 si dedica prevalentemente alla ceramica e apre a Milano lo studio ArtiLab dove, con i migliori ceramisti faentini, allestisce workshop di tecnologia delle terre e degli smalti per maiolica, grès e porcellana. Terra, acqua, aria, fuoco sono gli elementi coinvolti nella modellazione delle opere, dallo stato crudo alla cottura nel forno. I materiali prediletti sono la porcellana e la terracotta, impasti dalla diversa matericità: una dalla superficie elegante, l'altra più rustica. Dal 2008 parallelamente alla scultura e alla produzione di oggetti d'arredamento, che ha sempre caratterizzato la sua produzione, Donatella espone nuove elaborate opere che presentano accostamenti di materiali grezzi e materiali raffinati, dove pittura, tessuti, fili da ricamo e frammenti ceramici, creano composizioni formali - quasi degli arazzi - che rappresentano la sua nuova ricerca formale."" -
Tra pennelli e immagini virtuali. La pittura italiana nei nuovi anni Venti
«La mostra, per la prima volta collettiva, è dedicata a cinque artisti italiani - Paola Angelini, Sabrina Casadei, Rudy Cremonini, Diego Gualandris e Giuseppe Mulas - nati fra il 1981 e il 1995, e presenta un nucleo di lavori realizzati fra il 2017 e il 2022 che documentano espressioni della pittura tra le migliori e più interessanti degli ultimi anni.» (Michele Coppola) -
Pinacoteca Tosio Martinengo
La guida ai tesori d'arte della pinacoteca bresciana, in occasione della sua riapertura al pubblico con il nuovo percorso espositivo Il patrimonio della Pinacoteca Tosio Martinengo si è formato tra Ottocento e Novecento grazie al concorso dei munifici atti di privati cittadini e della cura posta dal Comune nel raccogliere e conservare opere d'arte e memorie storiche che avevano definito nel tempo il volto della città e che le importanti trasformazioni amministrative e urbanistiche avviate sul finire del Settecento andavano via via sottraendo alle loro destinazioni tradizionali. L'attuale percorso espositivo restituisce il profilo di questa duplice vocazione: da un lato le opere che i bresciani avevano raccolto nelle loro prestigiose collezioni e poi messo a disposizione della comunità, dall'altro i raggiungimenti di una cultura figurativa locale fortemente connotata eppure aperta a confronti, influenze e contaminazioni. A nove anni di distanza dalla chiusura, la Pinacoteca Tosio Martinengo con la sua importante collezione di opere dal Quattrocento all'Ottocento - Raffaello, Foppa, Savoldo, Moretto, Romanino, Lotto, Ceruti, Hayez, Thorvaldsen, Pelagi, Canella e Canova per citare i nomi più noti - è stata riorganizzata attraverso un nuovo percorso espositivo in 21 sale, concepito per restituire al visitatore la complessità del Museo e delle sue collezioni mediante una riflessione sulla loro storia e sugli orientamenti critici che ne hanno determinato la fisionomia dal tardo-gotico al primo Ottocento. Il cuore della Pinacoteca è costituito dalla pittura bresciana del Rinascimento, la quale ebbe appunto tra i suoi principali interpreti Vincenzo Foppa, Giovanni Gerolamo Savoldo, Romanino e Moretto. A questi si affiancano numerosi dipinti ""da cavaletto"""" dei secoli XVII e XVIII, con temi e generi spesso influenzati dalla pittura fiamminga e olandese: paesaggi e marine, nature morte, dipinti di animali, scene bucoliche e burlesche, ai quali si accompagnano i ritratti e le storie sacre e profane. Ancora in ambito bresciano, meritano attenzione i cosiddetti """"pittori della realtà"""" come Antonio Cifrondi e Giacomo Ceruti, noto con il soprannome di Pitocchetto. Il percorso all'interno della Pinacoteca si chiude con le opere della prima metà dell'Ottocento, con le grandi commissioni di Paolo Tosio, Leopardo Martinengo da Barco e Camillo Brozzoni. Roberta D'Adda, storica dell'arte e autrice, è conservatrice della Fondazione Brescia Musei."" -
Yokai. Le antiche stampe dei mostri giapponesi. Ediz. a colori
Un viaggio fantastico con storie che miscelano mito, brivido e mistero attraverso duecento opere dei più spaventosi artisti giapponesi del XVIII e XIX secolo Sul sangue di quarantamila teste di nemici mozzate si fondò la lunga Pax Tokugawa. Il 1600 segnò infatti la fine del periodo di guerre che vide la disfatta delle truppe avverse al generale Ieyasu Tokugawa. L'assenza di guerre, allontanando i ricordi e gli orrori dei massacri del passato, favorì lo sviluppo di racconti epici che davano vita ad atmosfere cupe e terrificanti, come quella del gioco delle cento candele, una prova di coraggio in cui un manipolo di guerrieri si ritrova in una notte estiva a raccontarsi storie di paura popolate da mostri appartenenti alla tradizione nazionale. Così le Jorogumo, avvenenti donne che rivelano alle vittime la loro reale natura di enormi ragni; i Tanuki, simpatici tassi trasformisti; i Bakeneko, gatti mostruosi; i Kappa, esseri acquatici che importunano le natanti; le Ningyo, sirene la cui carne profumatissima può donare agli uomini nuova giovinezza o una morte atroce. Il rituale macabro delle cento candele è la grande idea alla base di questo originale progetto che presenta duecento opere del XVIII e XIX secolo, tra stampe, rari libri antichi, abiti, armi, spade, un'armatura samurai, oltre a settantasette preziosi netsuke, piccole sculture in avorio, della collezione privata Bertocchi e a un rotolo a scorrimento lungo dieci metri che racconta la vicenda di Shutendoji, una creatura mitologica (Oni) a capo di un esercito di mostri che infestava il monte Oe nei pressi di Kyoto. Pubblicato in occasione dell'esposizione allestita alla Villa Reale di Monza, il volume si presenta come un vero e proprio viaggio alla scoperta dell'immaginario giapponese e spazia dai famosi quaderni manga di Hokusai (affiancati da altri suoi capolavori) alle opere di Loputyn, l'illustratrice contemporanea molto nota agli hotaku appassionati di manga. -
Radiance they dream in time. Acaye Kerunen. Collin Sekajugo
Le opere dei due artisti contemporanei provenienti da Kampala, Acaye Kerunen e Collin Sekajugo in occasione della 59. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia Il volume presenta le opere di Kerunen e Sekajugo, le cui duplici modalità di fare arte, nonostante il diverso approccio estetico, trovano un terreno comune nelle rispettive visioni su materialità e forma. Come spiega il curatore, ""Radiance. They Dream in Time si riferisce alla conoscenza essenziale e alle esperienze vissute da Kerunen e Sekajugo nel loro dialogo con i tanti territori diversi dell'Uganda, ma anche al commercio cittadino e alle condizioni di vita nei suoi centri urbani. Entrambi gli artisti lavorano attivamente con gli archivi formali e informali della cultura visiva dinamica ugandese"""". Il processo di Acaye Kerunen come artista impegnata socialmente pone l'accento sull'attività artigianale locale e regionale delle donne ugandesi, celebrandole come collaboratrici essenziali ed esaltando le pratiche artistiche degli artigiani locali quali custodi delle loro paludi, elaborando un sapere sacro e tacito della gestione ecologica. Scomponendo materiali funzionali e creazioni artigianali, Kerunen riposiziona l'opera per narrare nuove storie e postulare significati altri. La ricomposizione dei materiali scomposti diventa una risposta all'operato del lavoro femminile in Africa e un riconoscimento del ruolo che questa attività artistica assume nell'ecosistema climatico. Collin Sekajugo si accosta alla sua opera da una prospettiva estetica distinta, che risiede nel continuo tornare dell'artista alla cultura popolare e all'influenza onnipresente che deriva dalla corrente di riferimento globale, discutendo e criticando i suoi numerosi pregiudizi attraverso culture visive, orali e digitali. Sekajugo lavora dal 2012 manipolando la comune immagine d'archivio per rivelarne i pregiudizi intrinsechi di prerogativa e privilegio ampiamente conformati all'io occidentale. La pratica artistica di Sekajugo mette in luce un capovolgimento antropologico contemporaneo di questa cultura prevalente, facendo leva su un senso tutto africano di irriverenza e interpretazione ad hoc. Concettualmente, le opere di Sekajugo diventano teatro puro, un furto di identità che mette a nudo alcune verità dietro a queste immagini convenzionali che, silenziosamente, continuano a colonizzare il mondo intero grazie alla loro grande popolarità."" -
Paolo Giachi. My journey. Cool shops and home interiors. Ediz. italiana e inglese
La carriera di Paolo Giachi e le sue collaborazioni con i più grandi fashion designer internazionali, e non solo, in un affascinante fashion coffee table book Paolo Giachi, architetto, fiorentino di origine, da circa venticinque anni lavora quasi esclusivamente con i grandi brand della moda, collabora con un team giovane e internazionale e insegna presso Domus Academy, scuola di design di fama mondiale con sede a Milano. Grazie alle prestigiose collaborazioni con i maggiori fashion designer mondiali, durante la sua carriera ha saputo valorizzare e interpretare l'importanza dell'artigianato e del ""Made in Italy"""". Dopo la laurea in architettura, ha trascorso cinque anni in Asia, sviluppando progetti nell'ambito del retail per i marchi europei più importanti, tra cui Prada, MiuMiu e Jil Sander. In seguito, si è trasferito a Milano per lavorare come architetto per Tod's e Hogan. Grazie alla sua visione e a un gusto raffinato, si approccia con passione e diligenza a ciascun progetto, fornendo ai suoi clienti soluzioni creative. Nel corso degli anni Paolo Giachi ha raffinato e maturato la sua esperienza grazie anche a un talentuoso team di artigiani con i quali ha creato elementi che tutt'oggi fanno parte del design firmato Giachi. Oggi lo studio Giachi è impegnato nella realizzazione di numerosi progetti provenienti da tutto il mondo, dalle boutique mono-brand a quelle multi-brand di lusso: dal primo digital fashion shop in Ucraina al nuovo concept store per Autori Capresi a Roma, a numerose residenze di lusso a Milano e nel resto del mondo. Questo volume riccamente illustrato è in parte autobiografico, in parte focalizzato su progetti che hanno un significato più preciso, progetti legati a parole chiave quali Empatia, Sensibilità, Stile, Intuizione, Esperienza, Curiosità... Un grande libro fotografico sul mondo della moda, e non solo. Un fashion coffee table book per tutti."" -
Pedro Cabrita Reis. Field
In occasione della 59. Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, una monografia dedicata all'artista portoghese Pedro Cabrita Reis (Lisbona, 1956) è uno degli artisti portoghesi più fantasiosi e dotati di talento, con una brillante carriera internazionale che parte dai primi anni Ottanta del secolo scorso, con originali e innovativi dipinti, sculture e interventi architettonici. I suoi primi lavori sono dipinti di oggetti d'uso quotidiano inseriti in ambientazioni misteriose, ma successivamente la sua produzione si è indirizzata verso la scultura e le installazioni. A partire dallo spazio architettonico che lo circonda, l'artista portoghese utilizza oggetti comuni (sedie e tavoli) che lega con materiali industriali (lampade al neon e mattoni) per realizzare creazioni astratte; il suo obiettivo è quello di far interagire lo spettatore coi nuovi spazi da lui organizzati. Protagonista di numerose mostre internazionali, nel 2003 ha rappresentato il Portogallo alla 50. Biennale di Venezia esponendo due installazioni e nel 2009 ha presentato un'importante retrospettiva itinerante One after another: a few silent steps con circa 60 sculture, anche di grande formato, installazioni, dipinti, disegni e fotografie. Pubblicato in occasione della 59. Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, Field documenta l'installazione dell'artista che domina il vasto interno della chiesa di San Fantin, estendendosi lungo l'ampia navata centrale. La sua topografia espansiva e variegata fonda e trattiene lo spazio, rafforzando la percezione dei volumi sovrastanti. La scultura è una specie di bassorilievo che consiste in una griglia di piattaforme d'acciaio che evocano le passerelle utilizzate durante i periodi di acqua alta nella città. L'installazione è completata da una moltitudine di tubi di luce LED accesi su queste piattaforme, sotto uno strato di detriti che sembrano essere piovuti dall'alto. Il caos sovrapposto del campo di detriti contrasta -
Matteo Mezzadri. Rethink the City. Orizzonte degli eventi. Ediz. illustrata
Il catalogo raccoglie le immagini, la poetica e le fasi di realizzazione della grande installazione site-specific realizzata dall'artista parmense Matteo Mezzadri per la Soglia magica di Milano Malpensa. Il progetto è inserito nel contesto di ""Orizzonte degli eventi"""", ciclo di mostre ideate e a cura di Matteo Pacini per la """"Porta di Milano"""" dell'aeroporto di Milano Malpensa. La grande opera, costituita da 6000 laterizi forati, riproduce lo skyline di una città immaginaria dove il mattone diviene matrice, granitica unità di misura modulare e infinitamente riproducile su scale crescenti. Mezzadri si concentra più sul """"cosa"""" che sul """"come"""" sarà la città del futuro e lo fa approfondendo il tema delle relazioni umane in tempi carichi di tensioni, accompagnata da fenomeni di segregazione razziale, etnica e di classe. Con questa installazione si vuole delineare il profilo di un futuro possibile utilizzando il vuoto come potenzialità costruttiva per appianare le disuguaglianze sociali, facendo leva su quell'aspirazione al miglioramento insita nell'essere umano che sta alla base della sua evoluzione e dà un senso al suo stare al mondo. La ricerca artistica di Matteo Mezzadri (1973) spazia dalla fotografia alla video arte con una particolare attenzione alle grandi metropoli contemporanee e alle complesse dinamiche relazionali che le caratterizzano. Nel 2022 è stato invitato dal Padiglione Nazionale del Camerun a realizzare una grande installazione per la 59° Biennale d'arte di Venezia. Matteo Pacini, laureato in Conservazione dei beni culturali, collabora come curatore indipendente con istituzioni ed enti pubblici e privati nell'organizzazione di mostre collettive e personali, in Italia e all'estero. Specializzato in Conservazione e valorizzazione del patrimonio industriale, ha pubblicato volumi sulla catalogazione del patrimonio industriale e curato cataloghi d'arte con importati case editrici Luciano Bolzoni, architetto milanese, ricercatore e critico di architettura, curatore di mostre d'arte e scrittore, è responsabile delle attività culturali, artistiche e musicali di SEA - Aeroporti di Milano all'interno dei quali dal 2012 sono state allestite mostre dedicate ad artisti contemporanei."" -
Annibale Carracci. Gli affreschi della Cappella Herrera. Ediz. illustrata
Il volume presenta, eccezionalmente riunito, il prezioso ciclo di affreschi romani di Annibale CarraccirnNei primi anni del Seicento il banchiere spagnolo Juan Enríquez de Herrera commissionò ad Annibale Carracci (1560-1609) la decorazione della cappella di famiglia all’interno della chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a Roma, che in quel periodo era un simbolo del potere politico e religioso della monarchia iberica. Il ciclo di affreschi, realizzato da Carracci intorno al 1604-1605 insieme ad altri pittori della sua cerchia, in particolare Francesco Albani, presenta alcune scene della vita di san Diego di Alcalá, un francescano andaluso canonizzato nel 1588.rnDopo lo stacco delle pitture dalle pareti della cappella, avvenuto negli anni trenta dell’Ottocento a causa dello stato di declino della chiesa, nel luglio del 1850 l’ambasciatore spagnolo a Roma, Francisco Martínez de la Rosa, ottenne il permesso di inviarle a Barcellona. Dei diciannove frammenti esistenti, a cui si aggiungeva la pala d’altare, solo sedici giunsero a destinazione. Nove, i più grandi, rimasero a Barcellona, mentre gli altri sette furono spediti a Madrid. I restanti tre furono depositati nella chiesa romana di Santa Maria in Monserrato, dove non è stato possibile localizzarli. Lì fu trasferita, e si trova tuttora, anche la pala d’altare.rnLo stato di conservazione delle opere, oggi custodite nel Museo del Prado e nel Museu Nacional d’Art de Catalunya, così come, nel caso di quelle del Prado, la lunga permanenza nei depositi hanno rappresentato un serio ostacolo allo studio, alla conoscenza e alla valorizzazione di quello che fu l’incarico più importante ricevuto da Carracci sul finire della carriera.rnQuesto volume e le mostre di Madrid, Barcellona e Roma a cui si accompagna hanno riunito per la prima volta tutti gli affreschi sopravvissuti, che sono stati restaurati di recente. Il catalogo include saggi di importanti esperti (Daniele Benati, Patrizia Cavazzini, Ignacio Fernández, Paz Marquès, Mireia Mestre, Ilaria Miarelli Mariani, Maria Cristina Terzaghi, Andrés Úbeda de los Cobos, Aidan Weston-Lewis) che li hanno studiati in maniera approfondita e rigorosa. -
Diario di una spia. Giuseppe Binda tra Canova e Napoleone
La misteriosa e intrigante figura di Giuseppe Binda Chi è il conte Giuseppe Binda? Un lucchese che nei primi anni dell’Ottocento si trova al centro di una rete di patrioti determinati ad appoggiare Gioacchino Murat per liberare l’Italia dal giogo di Napoleone.rnLe pagine del diario e dei carteggi svelano come, dopo gli studi in legge e i servigi per Elisa Baciocchi, Binda si muova tra Lucca, Napoli e Roma, fingendosi amico di tutti e indossando, grazie al ruolo nella Corte d’Appello, i panni dell’insospettabile, tenendo così celata la sua vera natura di spia. Appassionato bibliofilo, assiduo frequentatore dei salotti aristocratici, tra verità, menzogna e tattiche di dissimulazione, fa la conoscenza di personalità celebri in tutta Europa. Tra queste, la più nota è lo scultore Antonio Canova, del quale diventa sincero sodale.rnQuando la Baciocchi fugge da Lucca e papa Pio VII ritorna a Roma dopo l’esilio forzato in Francia, determinato a stanare i suoi nemici, Binda viene arrestato dagli austriaci con il sospetto di favorire le istanze prerisorgimentali. Esiliato dal granduca di Toscana, diventa fuggiasco. Giunto in Inghilterra, frequenta il circolo liberale, favorevole all’indipendenza dell’Italia, di Lord e Lady Holland, cui presenta Ugo Foscolo. Qui trova l’amore e si trasferisce in America. Ed è solo l’inizio della sua nuova vita. -
Alcantara. La materia dell'arte. Ediz. illustrata
Il Brand Made in Italy e le sue collaborazioni nel mondo dell'arte. Fin dall'inizio della sua storia, Alcantara ha instaurato un positivo rapporto di collaborazione con designer e creativi di tutto il mondo nei più diversi ambiti della progettualità. Solo successivamente, a partire dal 2006/2007, l'azienda ha assunto un ruolo decisamente proattivo nelle relazioni con gli autori, intuendo le potenzialità di sviluppo di un dialogo alla ricerca di nuove modalità espressive e possibilità di applicazione. Le prime collaborazioni hanno subito messo in evidenza il valore di un materiale unico ed estremamente versatile, che oltre alle indiscutibili proprietà funzionali riesce a essere un'inesauribile fonte di ispirazione. Una materia che possiede la capacità di ""parlare infiniti linguaggi"""", rinnovandosi continuamente e diventando sempre """"ciò che si vuole che sia"""". L'intesa tra Alcantara e l'Arte è così diventata il motore di un processo di sperimentazione continua che nel corso degli anni ha permesso di esplorare e superare i confini della materia: Alcantara non si limita a rivestire la visione, ma la genera. Il rapporto con l'Arte, attraverso un mutuo processo di dare e ricevere ispirazione, è diventato una modalità strategica che ha permesso di esplodere il potenziale di Alcantara, nelle sue molteplici forme e funzioni, per soddisfare anche la domanda del segmento più sofisticato ed esigente del mercato. Alcantara ha quindi intensificato il rapporto con il mondo dell'arte in maniera sistematica a livello internazionale, sviluppando proficue collaborazioni con prestigiose istituzioni museali e innumerevoli artisti provenienti dalle più diverse culture, sia maestri affermati sia giovani talenti. Il materiale Alcantara è diventato parte integrante del processo creativo: il """"media"""" attraverso cui l'artista esprime la propria creatività."" -
Luca Crippa Itinerario di un Artifex
Un approfondimento sul percorso artistico dell'""artifex"""". Luca Crippa, Luigi all'anagrafe, nasce a Seregno il 6 aprile 1922. Il padre, Paolo, è come molti in quelle terre un esponente dell'artigianato del legno, la madre è Angela Mandelli. In famiglia egli dunque respira da subito un clima che lo spinge a farsi un artifex: che è cosa, è fondamentale, ben diversa dall'essere artista. Un brianzolo come Crippa non solo si conosce, da subito, decoratore, ma tutta la sua storia ci dice che, potendo eccellere in un'arte maggiore, la pittura, egli avverta una scelta siffatta come un'autolimitazione, un restringimento d'orizzonte, e dunque eviti accuratamente di farsene seguace, preferendo una pratica totalmente centrata sul disegno e sulle sue molteplici fervide declinazioni, in cui il pensiero del decorare si ponga a gradi diversi la questione della ragione della decorazione, declinando il proprio savoir faire su piani e in ambiti diversi dell'operare."" -
Musealia americana. Storie e protagonisti di 40 musei degli Stati Uniti. Ediz. illustrata
Un appassionante viaggio alla scoperta dei musei americani, dei loro tesori e dei facoltosi collezionisti che li hanno creati con le loro raccolte d'arternI musei americani non solo custodiscono capolavori estremamente noti, ma sono il frutto di vicende collezionistiche particolarmente avvincenti. Oltre a Botticelli, Rembrandt, Velázquez, le cui opere si possono ammirare nei musei d’oltreoceano, protagonisti di questa avventura sono i facoltosi tycoon americani ossessionati dall’idea di affiancare il proprio nome a quelli dei grandi artisti del passato.rnDonne e uomini straordinari quali Isabella Stewart Gardner, Solomon R. Guggenheim, J.P. Getty o J.P. Morgan si guadagnarono l’immortalità raccogliendo opere d’arte che poi donarono al pubblico, fondando i musei che ancora oggi portano i loro nomi.rnSi tratta di alcuni tra gli uomini più ricchi del mondo che vissero nel periodo che segnò l’apogeo del sistema capitalistico. Tuttavia, in Europa, ai non addetti ai lavori, sono noti solo i musei americani più celebri di New York e Los Angeles. Questo saggio raccoglie 40 articoli introduttivi, riguardanti altrettanti musei, situati in oltre 25 città, appartenenti a 14 stati americani. -
Soffiantino tra oggetto e indefinito
A quasi un decennio alla sua scomparsa, l'arte di Giacomo Soffiantino (1929-2013) dagli esordi alle ultime opere Pittore raffinato e delicato, Giacomo Soffiantino è stato apprezzato in vita fin dagli esordi. Variamente interpretato come pittore informale o rappresentante del rinnovato sentimento naturalistico degli anni cinquanta, Soffiantino è stato prima di tutto un pittore nel senso classico del termine, intendendo con questo un artista capace di esprimere le proprie idee e le proprie emozioni con gli strumenti tradizionali del mestiere, intelligentemente vivificati con gli stimoli fornitigli dalla sua epoca. La monografia a corredo della retrospettiva realizzata in stretta collaborazione con la figlia Carlotta, curatrice dell'Archivio dedicato all'immenso lascito paterno, intende favorire la comprensione dell'opera del maestro e del periodo che l'ha vista nascere, proseguendo verso le successive sperimentazioni ed esperienze artistiche. Corredata dei testi di Luca Beatrice, Michele Bramante, Adriano Olivieri, Marco Vallora, la monografia ripercorre la lunga e feconda carriera di Giacomo Soffiantino e raccoglie una sessantina di opere suddivise in sezioni cronologico-tematiche (Esordi; Venezia; Natura; Luce; Esistenza; Continuità; Epilogo) che coprono l'intero arco della carriera di Soffiantino; a queste si aggiunge la sezione Archivio/Regesto, destinata a essere il primo tentativo di restituire cronologicamente - attraverso libri, documenti e fotografie - una visione più complessa e completa del percorso umano e professionale dell'artista. Insieme al proposito di essere un'occasione di lettura dell'intera opera dell'artista, Soffiantino tra oggetto e indefinito nutre l'ambizione di ispirare nuove e diverse interpretazioni storiche e critiche dell'opera del pittore idonee a conservarne la memoria e il significato più profondo. Adriano Olivieri è storico dell'arte, critico e giornalista, autore e curatore di numerosi libri dedicati all'arte contemporanea. -
Il segreto dell'onda di Hokusai
La grandezza di Hokusai era già riconosciuta nei primi anni del XIX secolo e il tempo non ha potuto che riconfermarne il genio. In Hokusai si coniuga incredibilmente una preparazione scientifica e matematico- geometrica con una straordinaria creatività fantastico-onirica. Ogni sua opera era preceduta da un'attenta analisi dei soggetti rappresentati, da una profonda conoscenza scientifica della loro struttura, da un meticoloso studio delle proporzioni e delle posizioni. Questo non tarpava le ali della sua fantasia che gli permetteva di dare vita a mostri terrificanti, a meravigliose creature chimeriche o anche a scenari di paesaggi favolosi, utopici. Hokusai affermò che qualunque figura può essere disegnata attraverso una riga e un compasso; la stessa affermazione che secoli prima fece in Germania Albrecht Durer nel suo Trattato sulla misura con il compasso, la riga per le linee, i piani e i corpi solidi. Secoli e continenti separano questi due artisti, eppure il collegamento può essere proprio nel codice che sta alla base dello schema costruttivo della famosa Grande onda al largo di Kanagawa. Questo volume non vuole essere una nuova dettagliata biografia o un elenco commentato delle opere di Hokusai, ma è un originale lavoro di ricerca condotto dall'autore per capire la motivazione di queste fascinazioni generali e trovare le ragioni più profonde che hanno potuto portare a tali straordinari risultati. Dopo avere studiato accuratamente le forme geometriche riscontrate in Hokusai risulta più significativo il suo testamento morale: ""A settantatré anni ho un po' intuito l'essenza della struttura di animali e uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante, e a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito e a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria"""". Paolo Linetti è uno storico dell'arte giapponese, autore, esperto in iconografia sacra e studioso di arte lombarda del XVI e XVII secolo. Direttore del Museo d'Arte Orientale - Collezione Mazzocchi di Brescia dal 2017, ha curato più di duecento mostre in ambito italiano ed europeo e organizzato eventi nazionali e internazionali.""