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Storia dell'Oceania. L'ultimo continente
Oceania: il nome stesso indica la principale caratteristica di un continente che, a differenza di tutti gli altri, non si arresta là dove cominciano gli oceani. L'Oceano Pacifico è infatti parte integrante di questa quinta massa continentale, unendo con le sue acque migliala di isole e conferendo unità geografica all'intera zona. Lo stanziamento degli europei avviene solo nel XVIII secolo, sia per i rischi connessi alla navigazione, sia per la difficoltà di ritrovare le terre via via scoperte. L'arco temporale della preistoria risulta così dilatato: archeologia, linguistica, genetica e studio delle tradizioni orali aiutano a ricostruirlo nella grande varietà di sistemi sociali che vanno dai piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori dell'Australia alle complesse società di alcune isole della Polinesia, rette da capi divini e dilaniate dalla guerra. Il brusco balzo nella modernità si produce a partire dall'Australia nel 1788, quando giunge la prima flotta britannica col suo carico di detenuti utilizzati per domare un territorio impervio. La storia dell'Australia, della Nuova Zelanda e dei grandi aggregati insulari della Melanesia, Micronesia e Polinesia prosegue lungo il corso dell'Ottocento e delle due guerre mondiali nella contraddizione tra il senso di appartenenza alla Gran Bretagna e una collocazione eminentemente asiatica. -
Governare Palermo. Storia e sociologia di un cambiamento mancato
Fra gli anni ottanta e novanta Palermo ha vissuto una stagione in cui sembrava avviato un profondo cambiamento sociale e politico. Dopo decenni di malgoverno e corruzione, segnati da un'economia debole e assistita e dai condizionamenti della criminalità, la società civile si era mobilitata. Il governo locale, anche per effetto della riforma, tentava di sperimentare un nuovo modello di sviluppo urbano e nuovi rapporti fra politica e società. Il decennio successivo ha visto però frustrate le aspettative di cambiamento: si ricostituiscono un sistema di governo e un rapporto con gli elettori di tipo tradizionale, mentre la città e la sua economia soffrono di vecchi e nuovi mali, in una involuzione che molti hanno letto come il ritorno a un ineluttabile destino. Si era dunque trattato di una fortuita commistione di contingenze, una temporanea deviazione da un sentiero di sviluppo da cui è troppo difficile uscire? O di un'occasione mancata, in cui le scelte della leadership politica si sono combinate alle situazioni del momento in modo da indebolire il consolidarsi dei risultati raggiunti? Il volume ripercorre la sequenza di eventi che hanno creato le condizioni per il rinnovamento e l'ascesa di Leoluca Orlando, rivisita la sua esperienza amministrativa e cerca di cogliere i passaggi critici che hanno finito per indebolirne gli esiti. -
L' Europa indispensabile. Tra spinte nazionalistiche e mondo globalizzato
La grave crisi finanziaria, economica e sociale che ha investito gli Stati Uniti e ha contagiato il resto del mondo dimostra l'indispensabilità dell'Europa. Dell'Unione europea, un'organizzazione istituzionale, economica e - non ancora abbastanza - politica, che oltre sessantenni fa grandi uomini avevano già immaginato. Anche per l'Europa non è un momento facile. I no al Trattato costituzionale e al Trattato di Lisbona sono la spia di un disagio, di un disamore verso l'idea stessa dell'Unione. Questo libro spiega perché, invece, l'Europa è necessaria, cosa ha già fatto per i cittadini e cosa ancora può e deve fare, purché ne abbia la possibilità. L'autore, Gianni Pittella, parlamentare europeo di lungo corso, racconta come, dalle grandi crisi internazionali ai problemi energetici, dai fondi per il Mezzogiorno agli stanziamenti per la ricerca, al mercato del lavoro, ai temi della giustizia e dei diritti civili, più Europa significhi più forza e opportunità per tutti e non, come qualcuno vorrebbe far credere, burocrazia e istituzioni senz'anima. Il volume, oltre a rivelare curiosi aneddoti su personaggi noti, costituisce uno strumento per entrare negli ingranaggi di un'Europa che stanzia risorse e dispensa multe, che offre formazione ai giovani e infrastrutture ai diversi paesi, che a volte sembra invadere, e altre invece sfiorare, le nostre vite. -
Giuristi del lavoro. Percorsi italiani di politica del diritto
Umberto Romagnoli ricostruisce in questo volume l'itinerario del diritto del lavoro nella storia dell'Italia post-unitaria, ripercorrendone le culture più significative, dall'età liberale al ventennio fascista alla Repubblica: da Ludovico Barassi a Francesco Carnelutti a Luigi Mengoni. Ne scaturisce un quadro fatto di transizioni interminate e precoci disincanti. Chiusa entro le cornici di un esasperato privatismo dapprima, e di una visione statalista-totalitaria dopo, la disciplina stenterà a farsi carico della dirompente progettualità di cui e espressione il diritto del lavoro nel Novecento. È sorprendente come un impianto di grande forza riformatrice, quale quello della nostra costituzione, abbia dovuto conoscere, proprio nel campo della tutela e dei diritti dei lavoratori, una lunga fase di contrasti, prima di potersi affermare. Per garantirsi la sopravvivenza, la Repubblica, ""fondata sul lavoro"""", ha dovuto accettare che, per un periodo non trascurabile, la costituzione fosse accantonata in attesa che maturassero le condizioni favorevoli al dispiegamento dei due capisaldi innovativi di importanza strategica: l'organizzazione sindacale è libera e lo sciopero e un diritto. Le pagine conclusive del volume aprono una finestra sul futuro, che consente di scorgere i lineamenti di un sistema normativo caratterizzato da un solido legame coi principi della nostra carta fondamentale."" -
La stampa italiana in Argentina
La storia della stampa italiana in Argentina è straordinaria quanto la vicenda migratoria da cui scaturì. Per numero e qualità, durata in vita e diffusione, i giornali e i periodici pubblicati al Plata tra la metà dell'Ottocento e gli anni Sessanta del XX secolo non hanno paragone con quelli prodotti dalle collettività italiane in altre parti del mondo. Del resto, l'insediamento dei nostri emigranti fu precoce e massiccio, tanto che, ancora oggi, il peso demografico degli italiani nel paese è fortissimo. Non deve dunque sorprendere che a ognuna delle fasi che scandiscono la storia dell'immigrazione italiana in Argentina si possano associare una o più importanti testate. Il libro ricostruisce questa parabola, dalle prime iniziative dell'esule mazziniano Giovanni Battista Cuneo, che nel 1854 e nel 1856 avviò a Buenos Aires la pubblicazione de ""L'Italiano"""" e """"La Legione agricola"""", fino alla rivoluzione di internet ai giorni nostri, e si sofferma su tre delle testate più importanti - """"La Patria degli italiani"""", """"L'Italia del popolo"""", """"Il Corriere degli Italiani"""" - studiandole in frangenti significativi della storia degli italiani in Argentina: la guerra di Libia, il secondo conflitto mondiale, e l'ultima ondata di arrivi dalla penisola, a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta del Novecento. Un ulteriore tassello nella storiografia sulla nostra emigrazione, utile a chiunque voglia comprendere il complesso declinarsi delle dinamiche migratorie."" -
La ragion di Stato
Dalla metà del XIX secolo, quando Burckhardt e Meinecke impostarono una nuova fondamentale stagione di studi di storia del pensiero politico, ""La ragion di Stato"""" di Botero - qui riprodotta dalla prima edizione del 1589 - è sempre stata letta all'interno di un percorso interpretativo tutto teso a cercare le origini del pensiero politico moderno. Se """"Il Principe"""" di Machiavelli ha rappresentato, da questo punto di vista, il paradigma della politica moderna, altri testi, pure assai importanti, ma giudicati carenti o incompiuti nel percorso verso la modernità, sono diventati secondari, per non dire marginali. È il caso di tutta la trattatistica sulla ragion di Stato, e in generale di molte riflessioni sulla politica in antico regime. Oggi è la crisi stessa della modernità a produrre un diffuso ripensamento, a indurre una reinterpretazione dell'ancien regime e delle sue culture politiche 'iuxta propria principia'. Ecco allora riemergere con forza il testo di Botero e la sua convinta asserzione di un'arte dello Stato imperniata fondamentalmente sulla virtù, su una ripetizione dell'ordine impresso da Dio alla natura anche nell'ambito delle società umane. Ricostruire in questa nuova luce critica il senso e la fortuna del testo di Botero significa quindi riprendere una riflessione sui caratteri della politica meno condizionata dallo schematismo storicistico che l'ha fin qui caratterizzata."" -
Lavoro utile, fatica inutile. Bisogni e piaceri della vita, oltre il capitalismo
Ci sono pensieri folgoranti che nessuna patina del tempo può oscurare. Ci sono scritti intramontabili che, malgrado il trascorrere degli eventi e i cambiamenti epocali, sembrano essere destinati proprio a noi, figli di un'epoca incerta alla costante ricerca di insegnamenti cui ispirarci. A questo genere si iscrivono a pieno titolo le pagine di Morris pubblicate per la prima volta tra il 1888 e il 1894, e oggi di un'attualità quasi scomoda. Scomoda perché costringe a prendere atto che l'insopprimibile e tuttavia rivoluzionario bisogno dell'uomo propugnato in queste pagine è rimasto, a più di un secolo di distanza, lettera morta. Il bisogno di aggiungere la dimensione del piacere a quel lavoro, manuale o intellettuale, sempre più declassato a pura fatica. Fatica in gran parte inutile, se si pensa che si tratta di produrre a tutti i costi e senza sosta beni di consumo spesso superflui. E vero, dice Morris, la felicità dell'uomo non nasce dall'ozio bensì dal lavoro: a patto però che questo non sia finalizzato al profitto, ma a gratificare il nostro naturale istinto a ricercare la bellezza e la piacevolezza, oltre che ad affermare la nostra dignità. ""Dobbiamo cominciare a costruire la parte decorativa della vita - i suoi piaceri, fisici e mentali, scientifici e artistici, sociali e individuali - sulla base del lavoro intrapreso volentieri e con gioia, consapevoli di apportare in tal modo un beneficio a noi stessi e a chi ci sta intorno""""."" -
Italo Svevo. Il sogno e la vita vera
A ottant'anni dalla morte, l'opera di Italo Svevo rappresenta uno dei valori letterari più solidi e rilevanti del Novecento italiano. Le sue pagine fanno parte ormai di una comune e condivisa esperienza di riflessione sulla condizione umana, che si è incardinata negli strati profondi dell'opinione e del gusto. La situazione editoriale e degli studi offre finalmente, oggi, una più completa rappresentazione dell'ampiezza degli interessi e delle sperimentazioni di scrittura che Svevo praticò, con coerenza e lucidità, passando attraverso incomprensioni e insuccessi, e facendo i conti quotidianamente con una percezione conflittuale, mai appagata, mai risolta, del suo rapporto con la letteratura. In questo volume, dodici studiosi di diversa formazione e provenienza provano a ripercorrere i filoni più fertili della narrativa, del teatro,della saggistica sveviana, con l'intento di verificarne la tenuta e la perdurante suggestione. Nella varietà dei metodi e degli approcci adottati, i loro testi configurano un'immagine di scrittore intellettualmente ed eticamente rigorosa, non riducibile alle posizioni di un generico o sofistico relativismo, ma anzi concentrata su un obiettivo altissimo di verità, su un'idea di civiltà che oltrepassi l'orrore della guerra e della norma borghese,e in cui le forme della libertà individuale sappiano ancora rinnovarsi e resistere. -
Giufà e re Salomone
"Salomone, ti saluto! lo parto, sbaracco, me ne vado. Ma prima mi devo prendere il giusto che mi spetta"""". """"Quello che è giusto è giusto"""" disse Salomone """"io ti do diciotto soldi"""". """"Quello che è giusto è giusto"""" disse Giufà """"diciotto mi bastano"""". E stava per andarsene, quando si ricordò che Salomone era famoso per i consigli. """"Me lo dai un bel consiglio anche a me?"""" E Salomone """"lo te lo do, ma tu dammi sei soldi. Né uno di più, né uno di meno"""". """"Vabbe', quello che è giusto è giusto"""" disse Giufà """"Eccoteli!"""" Età di lettura: da 5 anni." -
America. Un diario visivo
"America"""" è un racconto parallelo per immagini e parole, uno viaggio nella terra della cultura pop. Con questo scritto del 1985 si chiude la trilogia inaugurata nel 1975 con """"The Philosophy of Andy Warhol"""" e proseguita con """"POPism"""" nel 1980. Diviso in capitoli i cui titoli riprendono i nomi delle più celebri riviste americane per sottolineare la dimensione mediatica di ogni esperienza contemporanea, il libro è un compendio della classica tendenza all'aforisma di Warhol e la definitiva testimonianza dell'artista nei confronti del proprio paese. Ne emerge una singolare visione in cui la sovrapposizione che Warhol compie tra cultura pop e America, che in senso lato significa principalmente contemporaneità, è totale. L'America con tutte le sue proiezioni iconiche, dai prodotti commerciali a quelli del divismo, diviene l'ossessione necessaria per coltivare il presente, un puzzle in cui ogni aspetto della vita individuale e pubblica è colto nel suo trapasso doloroso da una modernità che è già archeologia, se non revival, a una contemporaneità sfuggente, ammiccante, apparentemente disponibile a tutto. L'America di Warhol è l'illustrazione sia dell'archetipo americano sia della sua contingenza storica, gli anni ottanta con i suoi miti effimeri e i suoi tic sociali. La lettura di questo testo consente di rivalutare quello che ancora oggi è un lato ingiustamente poco considerato dell'artista, il suo corpus di scritti, un corpus allo stesso tempo autonomo e complementare alla produzione artistica." -
La favolosa storia delle «Mille e una notte». I racconti di Shahrazad tra realtà, scoperta e invenzione
Il libro delle ""Mille e una notte"""" è diventato nei secoli sinonimo di favoloso, di esotico e di misterioso. Tutti conoscono Shahrazad e la sua necessità di raccontare ogni notte una nuova storia al re pur di non farsi uccidere, ma in pochi sanno quando il libro è stato scritto o di cosa esattamente si compone. In quanti, per esempio, sanno che alcuni dei personaggi leggendan - Ali Babà, non meno di Simbad il marinaio - che si credono usciti da questo corpus nulla o quasi hanno a che fare con esso? E quanti sono coloro che, avendo letto da piccoli o da grandi quelle storie, sanno che la versione corrente proveniva dalla penna di un esimio arabista francese del Settecento, Antoine Galland, primo traduttore e al contempo """"falsificatore"""" di quelle storie in Occidente? Ma quali sono, allora, le vere origini di questo antichissimo libro e dove ha visto la luce il primo manoscritto: ad Aleppo, al Cairo, o piuttosto a Calcutta? Quali e quanti sono gli autori che lo hanno composto, e quante le storie: mille, duecentottantadue, quasi trecento? In questa sorta di vademecum, uno dei massimi arabisti occidentali ricostruisce pezzo dopo pezzo le vicende di un libro in cui si intersecano i generi più disparati: dalla favola all'epica, dal racconto erotico alla commedia, dall'allegoria all'aneddoto."" -
Patagonia. Invenzione e conquista di una terra alla fine del mondo
Luogo di immagini e immagine di altri luoghi, la Patagonia mantiene inalterata nei secoli la forza del suo mito. Se fino al Settecento la curiosità dei viaggiatori ha cercato il paradiso terrestre in queste remote terre australi, nel Novecento la Patagonia è divenuta una scena dell'atemporalità, un fondale immobile e arcaico in cui il racconto postmoderno di Bruce Chatwin e dei suoi epigoni trascrive un'erranza all'estremità del mondo. In questa terra, ci dice dunque l'autore, si può compiere soltanto un viaggio a ritroso nel tempo. La Patagonia irrompe infatti nella cultura e nell'immaginario europei come uno spazio estremo, una frontiera assoluta. Dal periplo di Magellano fino al Settecento, sarà oggetto di una continua invenzione: qui convergono motivi letterari e repertori simbolici, gli spazi australi creano l'illusione ottica del gigantismo dei suoi abitanti. Su questa regione incognita si proiettano i sogni di una città fantastica, il mito dell'Eldorado, e si costruisce un utopico ""mondo alla rovescia"""". Nell'Ottocento i resoconti di naturalisti come Charles Darwin incorporano la Patagonia nella mappa del nuovo sapere scientifico. Più tardi, conquistato dalle campagne militari, diviene territorio dell'Argentina. Depurato dalla presenza dei """"selvaggi"""", il """"deserto"""" patagonico si trasforma in paesaggio di una nazione in marcia verso il progresso quando scienza e dominio della geografia declassano i popoli autoctoni a mero reperto museale condannato all'estinzione."" -
Napoli, città della seta. Produzione e mercato in età moderna
Tra la seconda metà del Cinquecento e i primi del Seicento Napoli divenne una delle più popolose capitali d'Europa e una città nella quale il ritmo di vita della maggior parte della popolazione era scandito dal lavoro della seta. Brulicante di filatoi, botteghe di setaioli, ""tinte"""", tessitorie, fondaci di mercanti, di stranieri e di attività finanziarie e commerciali, la città cambiò in quel periodo il suo volto anche dal punto di vista urbanistico. Con oltre 250.000 abitanti, entrò a pieno titolo, accanto a Firenze, Genova, Venezia e Bologna, nel novero dei grandi centri italiani della seta. Frutto dell'analisi di numerosissime e in gran parte inesplorate fonti d'archivio e dell'elaborazione di una notevole mole di dati quantitativi, queste pagine tracciano le dinamiche di lungo periodo della storia dell'industria serica a Napoli dalle origini al XVIII secolo, ricostruendo le dimensioni dell'attività produttiva e il complesso di interessi sia pubblici che privati che si strutturarono intorno al """"mondo"""" della seta, la cui lavorazione ebbe un peso rilevante nell'economia dell'intero Regno. L'individuazione dei fattori che determinarono prima la crescita e il successo e più tardi la crisi e il declino dell'industria, l'analisi della struttura e dell'evoluzione del mercato, gli esiti occupazionali e la ricostruzione dei quantitativi di seta lavorata nella città, nonché la produzione nel Regno di Napoli e le relative esportazioni, sono soltanto alcuni degli aspetti affrontati nel volume."" -
I limiti del possibile. Governo del territorio e qualità dello sviluppo
Le trasformazioni del territorio sono in grado di contribuire alla qualità dello sviluppo e alla generazione di beni comuni? Una domanda legittima e forse opportuna, se è vero che la sostenibilità dello sviluppo e le sue forme territoriali sono considerate fattori strategici. Mai come negli ultimi vent'anni, il paese è diventato un laboratorio sperimentale di innovazione delle politiche di sviluppo e governo del territorio. Ma non basta una sperimentazione permanente. Non è forse il tempo di un bilancio rigoroso dei punti di forza e di debolezza di queste esperienze? Se le idee di verità e di giustizia sembrano indebolite nell'attuale conversazione sociale, come orientare l'azione pubblica e collettiva? Non mancano riferimenti paradigmatici, ma sembrano più incerti i criteri di legittimazione e di scelta. Mentre sono ancora influenti alcune tendenze che ostacolano l'innovazione: la tradizione modernista, nuove retoriche autoritarie, paternalistiche o tecnocratiche, le suggestioni del design post-moderno. Il libro è costruito intorno a queste domande. Presenta interpretazioni, critiche e proposte, che nascono da esperienze e pubbliche riflessioni. Suggerisce il superamento di divisioni tradizionali fra temi del governo e dello sviluppo. La sperimentazione recente ci lascia molti errori, che dipendono a volte da generose intenzioni, ma contiene anche tracce che possono guidare verso un cambiamento innovativo. -
Rabbia
Buenos Aires. In una villa liberty avvolta nella patina del tempo, una coppia benestante e disillusa conduce la sua routine insieme con Rosa, l'ingenua e focosa domestica. Un giorno, all'insaputa di tutti, Rosa compresa, nei meandri della villa s'intrufola José Maria, il muratore fidanzato della domestica. Qual è il segreto che lo spinge a nascondersi? E perché proprio sotto quel tetto? E quanto a lungo deciderà di restarci? Parte da qui la storia di una rocambolesca clandestinità che, mistero dopo mistero, trascina con sé il lettore lungo un filo sempre teso tra la suspense e il surreale, il sorriso e l'incredulità, la commedia e il dramma. Pronto a sgusciare dietro una porta al primo fruscio, e attento a non lasciare traccia di sé, José Maria avvolge i suoi giorni in una spirale al batticuore, scandita dal rischio del disvelamento e da quell'unico legame con la realtà che è rappresentato da Rosa. Di lei José Maria spia ogni gesto, ogni spasimo, ogni sospetto, ogni tresca amorosa. Dal buco della serratura, dalla fessura di una finestra, dallo scorcio delle scale Bizzio fa scorrere davanti ai nostri occhi, con consumata sapienza cinematografica, passioni e indolenze, intrighi e nefandezze di una Buenos Aires distrattamente immersa nell'agiatezza borghese. -
Il volo della sirenetta
Una caleidoscopica versione dalle tinte e dai tratti marcatamente indiani della ""Sirenetta"""" di Andersen, arricchita dalla poesia immaginifica di un epilogo sorprendente. Nell'eterna lotta tra l'acqua e la terra, ecco che l'irrompere di un terzo elemento amplifica e spalanca un nuovo orizzonte all'insopprimibile voglia di scoprire il mondo della fanciulla-pesce. Una rivisitazione originalissima affidata al tale: di Bhajju Shyam, uno dei più celebrati artisti dell'India di oggi. Età di lettura: da 7 anni."" -
Il muretto. Storie di ordinaria convivenza tra italiani e immigrati
Il muro di Padova, la scuola del Trullo e un centro antiviolenza a Roma, via Piave a Mestre, una coppia mista a Napoli, i bagni pubblici di Torino: sono questi i luoghi e le storie di ""comune"""" immigrazione e di riuscita integrazione che Livia Turco ci racconta in questo libro. Ambienti, contesti, relazioni di quotidiana convivenza tra italiani e immigrati, alle prese con una condivisa paura da spaesamento culturale che spesso degenera nel rancore sociale, laddove ci si ritrova gomito a gomito. Questa paura sarà con noi per tanto tempo, dice Livia Turco, che smette momentaneamente i panni della politica di professione per cimentarsi con un'indagine sul campo che consente di decifrare quel disagio e aiuta il lettore ad affrontarlo senza farsene irretire. La strada da seguire è riconoscersi reciprocamente e stabilire relazioni con gli altri, non necessariamente mossi da spirito caritatevole, ma più spesso dall'interesse. È proprio questa molla, infatti, a innescare reazioni a catena, anche inaspettate, in cui italiani vecchi e nuovi si sentono motivati a cercare una convivenza positiva per avere un quartiere più sicuro, più bello, più vivibile. E scoprono così che l'obiettivo di costruire giorno per giorno una vita dignitosa riguarda tutti e travalica i confini delle lingue e delle culture."" -
Il poeta e l'imperatore. La volta che Goethe incontrò Napoleone
Due secoli fa, il 2 ottobre del 1808, Johann Wolfgang Goethe viene ricevuto in udienza da Napoleone a Erfurt. È l'incontro tra due uomini che hanno segnato la storia dell'umanità, il più grande poeta della sua epoca uno, il più potente uomo d'Europa l'altro. L'evento lascia su Goethe un'impressione indelebile. ""Non smette mai di portare la croce della legione napoleonica"""", racconta di lui Wilhelm von Humboldt a sua moglie, un mese dopo il fatidico giorno, """"e ha preso l'abitudine di chiamare chi gliene ha fatto dono il mio imperatore"""". Non diverso il fascino che Goethe esercita su Napoleone. Quando il poeta incontra l'imperatore l'elettiva affinità è immediatamente evidente, scatta una scintilla che dà vita a un profondo dialogo tra due geni, il cui spirito è racchiuso in modo emblematico nella celebre espressione, """"Vous êtes un homme"""", con cui Napoleone si rivolse a Goethe. Dall'irruzione dei soldati francesi a Weimar, che durante l'occupazione alloggiarono nella dimora goethiana, fino all'epocale incontro tra i due titani, Gustav Seibt cattura il lettore in un viaggio nella storia europea a partire dal 1800. Il suo racconto degli eventi si trasforma strada facendo nell'avvincente ritratto di due grandi personalità, delle tendenze spirituali di un preciso momento storico, in sintesi di un'intera epoca."" -
Enrico Minio
Enrico Minio, giovanissimo aderente al Partito comunista, dei vent’anni di dittatura fascista ne passò quindici in carcere. Dopo aver preso parte alla Resistenza, fu membro della Consulta nazionale e dell’Assemblea costituente e, dal 1948 al 1968, fu senatore e deputato. A caratterizzare l’attività politico-istituzionale di Minio fu l’impegno come sindaco di Civita Castellana, in provincia di Viterbo, dal 1949 al 1964. La scelta di presentarsi in Parlamento nella veste istituzionale di primo cittadino, infatti, dava grande efficacia ai suoi interventi. Mentre come deputato comunista avrebbe parlato a nome di un solo partito, come sindaco poteva ergersi a rappresentante di un’intera collettivitài cui bisogni e interessi potevano essere portati a modello di quelli di tutte le piccole e grandi collettività d’Italia. L’abbandono da parte di Minio del Comune e del Parlamento, avvenuto rispettivamente nel 1964 e nel 1968, fu dovuto alle profonde trasformazioni che si stavano compiendo nel Pci, impegnato sempre più nella ricerca di una via italiana al socialismo e nella presa di distanza dal mito sovietico. Insieme a lui, in quegli stessi anni, altri vecchi comunisti lasciarono la scena politica, sostituiti da una nuova generazione di giovani comunisti. Era ormai tramontato il tempo degli eroi e della rivoluzione, come ricordò l’amico Terracini nel 1973, quinto anniversario del suicidio di Minio provocato, probabilmente, dal convincimento del giudizio negativo dei compagni rispetto alle sue capacità di contribuire al nuovo Pci. Il fascino di Minio è tale che il suo ricordo – e questo costituisce un dato di cui è importante tener conto – non è estraneo all’odierna classe politica del viterbese che lo considera, senza alcuna distinzione di fede politica, come una figura esemplare. Non potrebbe essere diversamente, d’altra parte, oggi che, con la fine delle contrapposizioni ideologiche proprie del secolo scorso, l’identità locale costituisce un elemento fondante dell’identità dei cittadini della Repubblica. Insieme a Minio si propongono saggi su altre due figure di sindaci comunisti che hanno fatto dell’esperienza di amministratori l’elemento essenziale della propria attività politico-istituzionale: Giuseppe Dozza, sindaco di Bologna, e Gino Cesaroni, sindaco di Genzano, in provincia di Roma. Figure che come Minio hanno lasciato tracce importanti non solo nella storia ma anche nel ricordo delle comunità locali che li hanno espressi. -
Malata e denigrata. L'università italiana a confronto con l'Europa
Una buona diagnosi è il primo passo per ogni buona cura. Ecco da cosa nasce questa snella e al contempo dettagliata inchiesta sulle gravi carenze di funzionamento e di risultati del nostro sistema universitario rispetto ai più avanzati in Europa. L'analisi, infatti, riguarda le cinque grandi aree di criticità divenute leit-motiv delle polemiche recenti: la proliferazione dei corsi di laurea, l'insoddisfacente ""produttività"""" degli atenei, la disattenzione verso il mondo del lavoro, il predominio dei """"baroni"""", gli sprechi e le inefficienze nella spesa. Dal confronto, si scopre così che molte anomalie imputate al nostro sistema universitario non sono in realtà tali, mentre altre carenze dipendono indubbiamente da vizi antichi del ceto accademico italiano. Ma anche per queste, assai utile appare guardare a ciò che accade in altri paesi più simili al nostro: molti degli argomenti utilizzati nelle polemiche recenti non sono infatti assenti altrove. La differenza cruciale è nell'atteggiamento dell'opinione pubblica e dei media e nel comportamento dei governi. Dominati, nei paesi vicini, da una forte e diffusa preoccupazione per la perdita di competitivita e dalla determinazione a investire in modo selettivo ingenti risorse per porvi rimedio. Il contrario di quanto avvenuto in Italia, dove carenze e lacune diventano pretesto per un'ulteriore diminuzione dei già scarsi investimenti nella ricerca e nella produzione di capitale umano.""