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Lettere de la piece. Vol. 2: Corrispondenza con Agustín Andreu.
Le lettere qui raccolte, note come Cartas de La Pièce, rappresentano uno dei fondamentali epistolari dell'immensa produzione della filosofa Maria Zambrano, la quale intrattenne una lunga corrispondenza con il teologo Agustín Andreu. Iniziato negli anni '50 intorno alle ferite lasciate dalla Guerra Civile, lo scambio profondo tra il giovane teologo e la già autorevole pensatrice, si intensificò soprattutto negli anni '70, quando Andreu inizia a elaborare una teologia ""del Logos e dello Spirito nelle loro reciproche relazioni"""". Il tema del Logos e dello Spirito rappresentava allora un nuovo modo di sentire e concepire il divino, con molte e decisive conseguenze, ed è il vero tema dell'epistolario; in questo tema Maria Zambrano trova un congeniale terreno di lotta filosofica, e un'affine esperienza teologico- metafisica. Dall'esilio a La Pièce (tra Francia e Svizzera), grazie allo scambio con Andreu, la filosofa ha modo di scrivere intorno a sant'Agostino, alla natura, alla gnosi, al matrimonio, alla syzygia (piccola comunità), all'amicizia, all'esilio, ai Maestri, alla Ragione Vitale... facendo affiorare tutto il suo mondo spirituale. Zambrano e Andreu, difendevano entrambi una dottrina esoterica cristiana che sfociava nella gnosi, e che non lasciava spazio a una prudente cautela nei confronti del fanatismo ecclesiastico, contro il quale entrambi usano invece toni molto severi. L'epistolario è costituito dalle sole lettere di Maria Zambrano e copre il periodo dal 1973 al 1976. In questo volume si trova un'Appendice con testi teologici di Agustín Andreu e scritti di Maria Zambrano."" -
Approdi e naufragi. Resistenza culturale e lavoro del lutto. Tracce per una psicologia post-coloniale
Negli ultimi anni, i ripetuti naufragi al largo delle coste siciliane e in particolare a Lampedusa hanno messo in luce che le 'carrette' che trasportano migranti e rifugiati sono solo l'ultimo anello di rotte e esodi complessi. Rotte che collegano i campi di transito e la prigionia nel deserto, i morti in mare e le geopolitiche delle grandi potenze, le utopie deluse riemerse in forma patologica e l'aspirazione che i figli siano cittadini del mondo. Vicende che ne incontrano altre che dal passato ci parlano. Nel XVII secolo, Nostra Signora di Lampedusa era migrata dalla Sicilia spagnola al Brasile insieme ad altre icone creolizzate adottate dalle confraternite di schiavi. Il compito di queste irmandades era di garantire una buona sepoltura ai loro membri e questo è diventato il pretesto per esplorare il rapporto tra elaborazione del lutto e resistenza culturale da varie prospettive: filosofiche, antropologiche, psicoanalitiche. Rivendicare che una vita è degna di lutto è testamento dell'aspirazione a una vita degna di essere vissuta. Da questo punto di vista le migliaia di migranti che continuano a trovare precaria sepoltura nel Mediterraneo ci convocano - come direbbe Benjamin - a quell'«appuntamento segreto tra generazioni» che alcune immagini particolarmente pregnanti generano nei momenti di pericolo. Il naufragio in questione è anche quello della coscienza europea, tentata dalle passioni tristi del risentimento, dell'astio e della reazione immunitaria ad ogni alterità. Da questo punto di vista, il lavoro di chi tenta in più parti del mondo di onorare i morti elaborando i lutti e i traumi storici con un «sovrappiù di vita» risuona con le intuizioni della psicoanalisi e della psicologia analitica come con quelle della teologia della liberazione, del pensiero post-coloniale e della differenza. Se, da un lato, la storia è un sintomo in cui si intrecciano terrore traumatico e dimensione fantasmatica, l'irruzione nel presente di un perturbante che dal passato insiste a interpellarci ci risveglia alla possibilità di immaginare una riparazione etica ed estetica del mondo. -
Il romanzo di Manfred Macmillen
"Il romanzo di Manfred Macmillen"""" scritto da JiìiKaràsek ze Lvovic (1871-1951), uno dei maggiori esponenti cechi della corrente simbolico-decadente di fine Ottocento, appartiene al mondo della letteratura fantastica di fin de siècle. Il tema principale di questo libro è il rapporto tra la realtà del mondo che abitiamo e la realtà del mondo del pensiero che abita in noi, l'oscillazione di livelli di realtà inconciliabili." -
Avventure del testa lunga
Il Testalunga. È un mostro capitato non si sa come tra noi abitatori della pianura padana, dove non trova né attenzione né solidarietà. A tentoni, ma in modo forsennato, va alla ricerca della sua origine. ""A che mondo appartengo, questo o qualche diverso regno da cui sono rotolato fuori?"""" Consulta testi: dalla Bibbia, alle fiabe, a Lombroso. Conosce solo scherno. E la dura disciplina della scuola e la punizione della dottrina. Dal regno animale gli viene una sponda, uno scimpanzé d'un circo di passaggio che gli dà appartenenza e amicizia. (E a proposito di bestie, scontando citazioni fin troppo note, ricorderemo Il fiore rosso di Vsjevolod Garscin (Slavia, Torino), e Animali al rogo di Edward Payson Evans (Res Gestae). Ma le cose non vanno per il verso giusto: i suoi """"maggiori"""", intendendo vendicarlo di coloro che l'hanno umiliato, scendono dall'Olimpo (il nostro è pur sempre un semidio, ancorché malriuscito) senza neppure interpellarlo. Sarà un macello. E lui, il Testalunga, niente ne ricava, se non una più dura segregazioni e maggiore orfanezza. Fortuna che quel circo torna nei paraggi... e lo scimpanzé e il Testalunga sono attesi da un avvenire finalmente sereno. Questo e molto altro in un testo ricco di fantasia narrativa, pathos, ironia e umanità."" -
Ludus mundi. Idea della filosofia. Con un poemetto di Pasquale Panella
Il gioco: il più eversivo dei pensieri. Da sempre esorcizzato dalla metafisica, l'abissale pensiero del gioco innesca una carica esplosiva sotto concetti cardine della filosofia come il fondamento, la verità, l'apparenza, il mondo. A vacillare è soprattutto la ""realtà"""". Nel mondo del gioco, realtà e irrealtà trapassano una nell'altra. Dal fulmine """"che tutto governa"""" di Eraclito a La tempesta di Giorgione, dal terribile Chronos al """"gioco come simbolo del mondo"""" di Fink, dal """"fanciullo che gioca"""" di Nietzsche ai giocattoli di Baudelaire, da Amleto al gioco ermeneutico di Gadamer e di Heidegger, dalle bambole di Rilke al non-so-che di Jankélévitch, fino alla """"scacchiera infinita"""" di Derrida sul tavolo di Duchamp. Attraversando il labirintico, enigmatico pensiero del gioco, Lucio Saviani lascia emergere una potente idea della filosofia. In un tempo di crisi dei fondamenti, ma anche di fondamentalismi identitari, la filosofia si fa pratica del limite ed esercizio di radicale finitezza, costante vigilanza e indisponibilità a ogni potere. Una filosofia che libera il suo originario spirito anarchico nel pensare il nostro essere al mondo, nel tempo della fuga degli dèi e dell'infinità dei mondi."" -
La forza del mito. L'eroico viaggio di J. Campbell attraverso la mitologia comparata
«Nessuno in questo secolo - né Freud, né Thomas Mann, né Lévi-Strauss - ha altrettanto riportato il senso mitico del mondo e le sue eterne figure nella nostra coscienza quotidiana» così James Hillman misurò l'importanza dell'opera di Joseph Campbell (1904-1987), un corpus di straordinari titoli che continua a risuonare e ad attrarre nuovi entusiasti lettori. La sua è stata davvero l'incessante ricerca di una mente vorace e curiosa, con un atteggiamento nei confronti della cultura aperto, multidisciplinare e costantemente alla ricerca dei punti di contatto tra le varie tradizioni: Campbell ha attraversato il secolo scorso toccandone i punti nevralgici, vivendo i momenti che lo hanno definito, e incontrandone molti protagonisti, da Carl Gustav Jung ai Grateful Dead, da John Steinbeck a George Lucas. Questo volume offre il quadro completo dei suoi studi, dei viaggi e degli incontri e consente un accesso inedito alla sua opera, che ha il Mito e la costruzione di esso al centro di riflessioni che hanno investito narrazioni di tutti i tipi, dai luoghi e le culture più disparate. Il Mito, da Joseph Campbell, è visto come materia viva, affine ai sogni, «è la segreta apertura attraverso cui le inesauribili energie dell'Universo si riversano nella manifestazione culturale umana». -
Atelier. I luoghi del pensiero e della creazione
"Quando un'opera è studiata bene, viene bella per conto suo. """"(Primo Levi, ha chiave a stella) """"Questa è l'opera che ho visto lungamente studiare nel suo atelier da Elisabetta Orsini, e per questo 'venuta bella per conto suo'. Sobria nel formato, parla per lei un'immagine di copertina che ha la potenza iconica di un'impresa di Alciati: la camera d'infanzia, la camera dei giochi è l'antefatto dell'atelier di ogni grande scrittore, artista o scienziato, perché per i bambini i giochi sono questioni serissime. Un tema capitale che serpeggia nell'intero volume e culmina nel quarto e ultimo capitolo, La stanza dei giochi, dove tra le frasi in esergo ne troviamo una fulminante di Florenskij, autore multiforme e geniale quant'altri mai: Il segreto della creatività sta nel conservare la giovinezza. Il segreto della genialità, nel conservare l'infanzia. Questa la cellula generatrice e autobiografica del libro, che non è un'ovvia e troppo facile storia degli ateliers, ma un impegnativo itinerario speculativo che, con sottigliezza ed eleganza, ne visita e indaga nel profondo i luoghi inattuali, cioè i non effimeri e i perennemente attuali."""" (Giorgio Stabile)" -
L' inconscio sullo schermo. Il cinema secondo Jung. La rappresentazione del sé nel cinema
Il cinema è un'arte fatta di immagini simboliche fusione di mythos e logos, immagini organizzate in racconto secondo quei processi di ""condensazione"""" e di """"spostamento"""" che sono gli stessi che si attivano nella fase onirica. Definito con la nota espressione """"sogno a occhi aperti"""", il cinema ha, dunque, molto in comune con l'attività onirica soprattutto perché il suo linguaggio è identico a quello del sogno dal momento che nel racconto impiega lo stesso trattamento del tempo e dello spazio che si attiva nel sogno. Il cinema ci fa scoprire aspetti di noi stessi che ignoravamo, ci fa confrontare con la nostra ombra e reintegra il nostro io nell'altro e nel mondo. Una volta riconosciuta questa verità, allora oggi il rapporto tra il cinema e la psicoanalisi va riferito non più soltanto all'analisi delle nevrosi da compiere con l'occhio rivolto al pensiero razionale di Freud, come è stato fatto perlopiù finora. Considerato che il cinema sta recuperando quella dimensione """"fantasmatica"""" che possedeva all'origine, occorre estendere la relazione anche all'analisi della più ampia rappresentazione sullo schermo del nostro sé, analisi da condurre alla luce degli aspetti visionari della psiche messi in evidenza da Jung, aspetti che sono molto più congeniali alle visioni animistiche e mitiche del linguaggio cinematografico."" -
Metafore del sé
Gli scritti raccolti nel libro propongono tre spunti interpretativi per la comprensione e l'impiego clinico, nella psicoterapia contemporanea, del concetto di Sé proposto da C.G. Jung. I primi due testi attingono da tradizioni religiose distanti - la concezione cristiana del ""Dio trinitario"""" e il """"Non-Sé del Buddismo"""" - per offrire immagini suggestive e attuali della totalità psichica. Il terzo rimanda alla fenomenologia e all'immaginario onirico per sondare l'ipotesi del """"Sé come dimora"""" interiore. L'intento comune è indagare lo scenario ormai molto frequente delle esperienze di dissociazione e frammentazione psichica, prodotto di appartenenze e identificazioni insieme coinvolgenti e complesse, che segnalano una costituzione progressivamente meno coesa e sempre più plurale del Sé. In vista peraltro della tensione a rintracciare nuovamente, attraverso percorsi e modi di conoscenza individuale, il senso di originalità e la dimensione unitaria che connotano l'esperienza soggettiva umana. Un ruolo chiave, sotto questo profilo, assumono la dimensione temporale - intreccio fra memorie e progettualità tesa al futuro - e quella spaziale, intesa come rispecchiarsi e simbolizzarsi del Sè nel luogo delle origini e nell'habitat quotidianamente vissuto. La cifra """"plurale"""" del discorso sul Sé, infine, assume più apertamente rilievo nella relazione analitica, dove è in gioco non solo la soggettività """"plurale"""" del paziente ma anche quella del terapeuta. Alla luce delle molteplici metafore che gli autori rintracciano, è poi inevitabile porsi la domanda: a quale tipo di """"oggettività"""" può tendere l'interpretazione analitica?"" -
Madre del respiro
"Mitografa e saggista, Gabriella Cinti cerca di calarsi nello sguardo degli antichi, scavando nelle parole, mettendo a confronto echi e assonanze, sforzandosi di rivivere, nella profondità della coscienza, ciò che filosofi come Nietzsche e Heidegger o studiosi come Kerényi e Walter Friedrich Otto hanno portato alla luce nei loro scavi archeologici per entro un immaginario quasi del tutto sprofondato nelle lontananze più remote. Il titolo del primo Inno (perché alla tradizione innodica si riallaccia), Madre del respiro, che dà il titolo anche all'intera raccolta, riproduce per campate anaforiche quella forma di invocazione che veniva elevata collettivamente nel tempio in modo da restare perennemente nella memoria collettiva. 'Madre del respiro ... Madre del sorriso ... Madre delle stelle ... Madre degli occhi... Madre del senso ... madre dell'azzurro ... Madre della scintilla prima ... madre dell'essenza'. Sono parole che l'io poetante può pronunciare a buon diritto nella consapevolezza della propria irrevocabile modernità. Si tratta di una voce che, riallacciandosi, io credo, alla tradizione ermetica, scandisce nelle sillabe allitteranti e/o dissonanti, unicamente - diceva Montale - 'ciò che non siamo, ciò che non vogliamo', portando la melodia del verso a una tensione tale da deformarla nell'insensatezza del grido."""" (dall'introduzione di Alberto Folin)" -
Silenzio a Praga
Agosto 1968: le truppe sovietiche invadono Praga. L'autrice, a Cracovia per ragioni di studio, racconta le reazioni della gente, analizzando gli effetti della propaganda comunista. L'esperienza da lei vissuta fu l'occasione per interrogarsi su questioni che sconfinavano dalla contingenza storica. Nacque così un dialogo filosofico sui grandi problemi dell'esistenza. Come può l'essere umano continuare a sperare quando sembra che i fatti cancellino ogni speranza? Che risposta dare alla violenza: combattere, uccidere, morire, o vivere? Ma in quel caso cosa significa ""vivere""""? Che senso dare al dolore e al male che possono abbattersi su di noi come fulmini? Ricorre in questi interrogativi l'assillante quesito di cosa sia la libertà e dei crimini che si possono commettere nel suo nome. Attraverso il dialogo tra i personaggi del dramma e un dibattito tra analisti junghiani, Elena Caramazza approfondisce le tematiche esistenziali che emergono dalla riflessione di tutti: i personaggi della finzione scenica cosi come le persone reali. Il testo, attraverso un serrato confronto che non esclude divergenze, scandisce le tappe d 'un processo di individuazione che porta alla pienezza del Sé e alla scelta della non-violenza."" -
Lo scialle rosso. Poemetti e racconti in versi
"Dove ci portano i passi del poeta viandante Luigi Fontanella mentre perlustra i territori della sua intermittente, appassionata e tenace memoria, mentre ci offre e sottrae figure, simboli, oggetti della sua parabola umana, a partire da quello scialle rosso che intitola questa nuova raccolta? Pochi autori sanno altrettanto bene che la poesia è movimento incessante poiché tale è la vita, che le cose sono se stesse e altro da sé, che il mondo muta secondo l'angolo ottico da cui lo osserviamo. Tutto brilla nella fuga del senso: uno scialle, rapito dal vento, vola via, si perde chissà dove: la stoffa del reale non è più consistente di una danza di fantasmi (...). Eppure 'non è tardi' per continuare a credere nella poesia, nella forza della parola di testimoniare la vita come contrappunto, battito cardiaco, respiro, ritmo alterno di povertà e bellezza. Se lo scialle è fuggito, strappato dalle mani del tempo, il rosso della sua scia resiste nello sguardo di chi crede ancora nella grazia, nella luce di ciò che non ha peso, nella forma senza forma dell'anima, nell'invito del vento a volare 'fino ad un altro Sole'."""" (dalla prefazione di Paolo Lagazzi)" -
I miglioratori del mondo. Utopia e democrazia tra letteratura, fumetto, filosofia
Il percorso di letture e interpretazioni di questo libro demistifica la figura dell'utopista, mostrando come dietro la sua maschera di disinteressato ""miglioratore del mondo"""" si nascondano interessate passioni di parte. Il libro lega la cupa vera natura dell'utopia alle vicende storiche e alle ideologie politiche del Novecento: viene in questo senso indagata la questione se un pensiero e un progetto che si presentano come il frutto amorevole di un padre affettuoso, non possano rivelarsi piuttosto quali distorti intenti di un viscido zio, ambigua figura paterna incarnata tanto dal Grande Inquisitore di Dostoevskij, quanto da personaggi dei comics. Quale rottura con il discorso di potere e autorità portato avanti da figure maschili, sono figure femminili a servire da decostruzione dell'utopia e da costruzione filosofica e politica della democrazia. Costruzione condotta soprattutto alla luce delle coordinate filosofiche che Derrida ha disseminato nei suoi scritti."" -
L' antropologia di Leonardo
Questo saggio sull'antropologia di Leonardo da Vinci ce lo presenta uomo per il quale i dubbi e gli interrogativi si rivelano più fertili e stimolanti delle certezze: ""che cosa è omo, che cosa è vita, che cosa è voce"""", e ancora Leonardo annota: """"Questa opera si debe principiare alla concezione dell'uomo; Attitudine; Effetti; Sensi"""". Così egli accoglie l'uomo nella vastità della sua anima, strumento conoscitivo di se stesso e interprete """"infra essa natura e l'arte"""". Nel guardare, sentire, ricordare Leonardo trascrive e costruisce l'atto della rappresentazione nel quale il suo sguardo si fa partecipante e si apre alla narrazione dell'uomo e dei suoi contenuti, cioè """"l'omo e il suo concetto della mente sua"""". Alla permanenza e all'assoluto si sostituiscono i concetti di temporaneità e di frammentario: """"Guarda il lume e considera la sua bellezza"""". Un puro sensibilismo che privilegia l'ambiguità e l'emotività della visione che si concretizza infine nella tecnica dello sfumato: """"quando il sol s'innanza e caccia le nebbie e si comincia a rischiarare e colli... e fumano inverso le nebbie fuggenti"""". E da questo coinvolgimento dei sensi che nasce """"Leonardo come opera"""". L'autore intravede, nella modalità e nell'eterogeneità dei contenuti del genio universale, un'esperienza antropologica anzitempo: lo studio dei segmenti particolari dell'uomo e la prefigurazione di comunità globali presenti nell'Adorazione dei Magi, registrano l'animo di Leonardo - lui, parte e frammento dell'esperienza umana."" -
Lettura e emozioni. Un dialogo con Proust
Ci sono letture che cambiano la vita interiore, dando voce a ricordi ed emozioni, sino a quel momento indecifrabili. La scrittura di questo libro è il risultato di scoperte e rivelazioni scaturite dalla lettura dell'opera di Proust, che ci mette di fronte ad interrogativi cui è molto difficile rispondere, a contraddizioni e ambivalenze che a volte ci immobilizzano, ci richiama sempre il rovescio di ogni cosa e minaccia le nostre illusorie certezze ma ci fa intrawedere un altro mondo possibile. E il mondo dell'interiorità, della memoria involontaria, delle intermittenze del cuore e del sogno. Il paese ignoto è il mondo interno e orientarci in quel mondo non è facile; il bagaglio che ci portiamo dietro, in cui stanno la memoria volontaria, l'intelligenza, la razionalità non ci servirà a nulla, anzi sarà un ostacolo da superare. Le risonanze della lettura si intrecciano con storie di vita, leggendo la Recherche più volte mi è capitato di collegarmi, in modo del tutto involontario, ad esperienze umane che ho seguito ed accompagnato in un percorso psicoterapeutico. Riscrivere la propria storia, ritrovare il significato originale dei propri vissuti ma anche dei sogni e dei desideri, disvelano una creatività che tante volte è stata soffocata. Non fare mai esperienza di questa dimensione altra della nostra esistenza, di un mondo sotterraneo che vive dentro di noi, che ci abita e solo in alcuni momenti si rivela, vuol dire ridurre la vita ad un puro accadere. Dirà Proust, alla fine, che ""la vera vita, la vita finalmente riscoperta e illuminata, la sola vita, dunque, pienamente vissuta è la letteratura. Vita che, in un certo senso, abita in ogni istante in tutti gli uomini non meno che nell'artista""""."" -
Veli d'Occidente. Le trasformazioni di un simbolo
Il tema del velo oggi sembra legato solo alla tradizione islamica che in varie forme lo impone alle donne e crea dibattiti politici sulla liceità o meno di accettare questa pratica in bilico tra libertà di scelta e imposizione. In questo saggio la filosofa Rosella Prezzo ci ricorda che il velo fa parte anche della nostra cultura. Non a caso in tutte le religioni monoteistiche si parla di rivelazione per indicare i messaggi divini; nella filosofia la Verità va svelata; l'Illuminismo sembra voler togliere ogni ombra, ogni velamento alla nostra cultura; la psicanalisi si fonda sul rive-lamento di un trauma; i pittori dell'Ottocento ricorrono al corpo velato delle donne nell'harem per scoprire un erotismo esotico e affascinante. Raccontare questa fitta trama di significati, questo intreccio di saperi e di culture, rende il problema del velo più vicino a noi, più comprensibile non soltanto come il sintomo di un disagio sociale ma come simbolo che ci appartiene. ""Veli d'Occidente"""" termina con l'ascolto di voci e di pensieri di alcune tra le scrittrici e le artiste più significative del mondo islamico, come Shirin Neshat e Assia Djebar."" -
Cronache dal fondale. Fare anima e psichiatria in un servizio pubblico
"Fare anima """" è un'espressione del poeta romantico J. Keats e poi ripresa da J. Hillmann. Significa vivere in rapporto con la propria interiorità, conoscerne il paesaggio. Fare anima nel lavoro psichiatrico, significa mettersi a confronto con l'interiorità altrui, con l'altrui paesaggio. Uno psichiatra più di qualsiasi altro medico ha da essere ben consapevole di sé lavorando con un unico strumento: se stesso. E ciò a dispetto di molta tecnica ora a disposizione. Manuali diagnostici, linee guida, rating scales, mettono a distanza l'interlocutore, per vederlo meglio, certo, per oggettivarlo si dice. Il rischio però è proprio quello di ridurre l'altro ad oggetto. La medicina si è disumanizzata, almeno così viene avvertita dalla gente. Molta tecnica ha raffreddato i cuori e le menti. La psichiatria ha conosciuto momenti di grande entusiasmo e di impegno sociale. Molto di questo entusiasmo è rifluito in altri campi di interesse, (le neuroscienze ad esempio), e le idealità di un tempo sembrano essersi inaridite. Abbiamo imparato a dare moltissime risposte ma ci siamo dimenticati delle domande che spesso nella loro semplicità si rivelano di una profondità abissale. Una per tutte: che senso ha la mia vita? Molte persone vengono sommerse da questa domanda e vanno a fondo. Qualcuno ci resta, qualcuno riemerge. Il lavoro dello psichiatra potrebbe risolversi nella sua essenza nello scandagliare il fondo dove si inabissa l'anima di molte coscienze. Lo strumento di esplorazione e di recupero è la nostra stessa anima." -
Nonostante tutto. Il dolore innocente
Che cosa chiede un paziente quando arriva in analisi? In varie forme, con parole più o meno dirette, formula una domanda, una denuncia, una speranza attorno all'angoscia ""perché vivere?"""". È il perché attorno a cui ruota il senso della vita, da quando entriamo nel mondo a quando ce ne andiamo. Non valgono trucchi, il dolore innocente è alla radice della nostra esistenza, e più siamo consapevoli più è lacerante e coinvolgente. Come i versi di Qohélet """"più aumenta la sapienza più aumenta il dolore"""". A questo siamo chiamati. Nonostante tutto. Come analisti, come pazienti, come esseri umani."" -
Il suono della voce
"Nell'intersezione tra filosofia e psicoterapia, tra estetica e psicologia, questo fascicolo di «atque» intende focalizzare l'attenzione sulla voce. E riflettendo su questa fondamentale esperienza umana, si sofferma sul fenomeno del suono delle parole declinandole nella loro fisicità e materialità elementari. Lasciando sullo sfondo la sfera verbale, il fascicolo mira a porre in primo piano il comunicarsi plurale delle voci, la vocalità dei parlanti, la pura sonorità che apre concretamente qualcuno a qualcun'altro. Non più nascosta dalla parola, la voce viene in tal modo a mostrare il suo volto fonico, comparendo come un oggetto sonoro che apre alla,percezione di un interno e un esterno e all'instaurarsi di plurali relazioni. Specificamente, una tale indagine prende a oggetto la voce articolandola sul piano ontologico e su quello qualitativo. Della voce vuole infatti indagare la sua singolarità ma - assumendo criticamente le versioni fonocentriche - vuole riflettere sulla sua unicità e insieme, sulle varie relazioni che via via intrattiene. E della voce vuole altresì indagare come essa si dia: riflettere su come la percezione dell'elemento puramente materiale della voce - le valenze sonore della parola, il suo timbro e la sua grana - entrino direttamente in contatto con il corpo, suscitandone per così dire un godimento. Rispetto a che cosa sia, potremmo invece dire, da un lato, che la voce è suono prima che parola, e da un altro, che le parole, proprio nel loro insistere nell'universo acusticamente significativo, hanno una intrinseca connessione con la comunicazione vocale. In questa prospettiva è dunque importante leggere la voce orientandosi sulla costituzione materiale dell'oggetto sonoro, prima ancora che sulle sue significazioni. In altri termini, c'è sicuramente un livello di comprensione della voce come veicolo di significati e come sorgente un'ammirazione estetica, ma prima ancora c'è da pensare un livello di esistenza della voce come oggetto incarnato che in quanto tale è una leva che svolge una azione causativa su vari piani, per esempio nella costituzione dci soggetto un'ammirazione estetica, ma prima ancora c'è da pensare un livello di esistenza della voce come oggetto incarnato che in quanto tale è una leva che svolge una azione causativa su vari piani, per esempio nella costituzione dci soggetto."""" (Fabrizio Desideri, Paolo Francesco Pieri)" -
Orizzonti del possibile
"Orizzonti, figure, volti, cornici, prospettive, strategie o costellazioni: in ogni caso, la possibilità va sempre declinata al plurale, esplorata nelle sue differenti configurazioni, nella rilucenza della loro manifestazione, pur avvertendo l'ineludibile richiamo a una imperscrutabile unità. Ma l'unità o la pienezza dell'essere, un dono perduto o inappropriabile, si avverte soltanto attraverso la molteplicità delle sue manifestazioni, mediante la sua apparenza fenomenica. Questo libro manifesta anche il larvato intento di """"soggiornare davanti al possibile"""", cioè al cospetto della vita stessa, nella sua inquieta, controversa e dolorosa effettività. Nietzsche a questo proposito vagheggiava un esistere sperimentale (quasi uno stato di grazia o una promessa di felicità) e invitava a """"fare esperimenti su se stessi"""": noi, certamente i più effimeri, girovaghi smarriti nel tempo del dicibile (secondo quanto decretato dalle elegie rilkiane), isolati e segregati, ma accomunati dalla nostra inaggirabile destinazione mortale."""" (Dalla premessa di Marco Vozza)"