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Memoria e disincanto. Attraverso la vita e l'opera di Gregor von Rezzori
Il libro presenta una guida alla lettura di Gregor von Rezzori. Critici e scrittori di diverse aree culturali e geografiche, da Tabucchi al regista tedesco Schlondorff, da Magris a J. Banville, da Boris Biancheri alla giovane e già ""classica"""" Zadie Smith, si sono misurati con una figura di intellettuale di grande modernità e di ampio spettro. Diviso in tre sezioni, il libro raccoglie nella prima brevi ritratti del """"personaggio"""" Rezzori; la seconda è invece dedicata a saggi critici sulle principali opere dello scrittore; nella terza viene infine pubblicata un'ampia scelta del diario del '43. Conclude il volume una cronologia e una bibbliografia completa dell'opera di Rezzori."" -
Ecolalie. Saggio sull'oblio delle lingue
Dal punto di vista medico, l'ecolalia è quel ""disturbo che consiste nel ripetere involontariamente parole o frasi pronunciate da altre persone"""", un fenomeno che, fin dal diciannovesimo secolo, è stato oggetto di studio principalmente della psichiatria. Daniel Heller-Roazen dà a questa patologia un significato inedito, riconducendola alle radici più profonde del linguaggio stesso. Nei ventuno capitoletti del volume, in cui la filosofia sembra ricongiungersi alla lingua del mito e della fiaba, si declina nei modi più inaspettati una tesi di fondo: ogni lingua è l'eco di un'altra, e continua a portarne testimonianza. Radicalizzando, ogni lingua è l'eco di quella babele infantile la cui cancellazione rende possibile la parola. Tale tesi trova riscontro nei territori più diversi: la mitologia, la psicoanalisi, la teologia, la letteratura, la linguistica. Apre una nuova prospettiva sul rapporto fra oralità e scrittura e su facoltà umane come la memoria e l'oblio. E si rivela una chiave di lettura incredibilmente versatile, in un percorso che, in queste ventuno """"ecolalie"""", porta da Ovidio a Dante, da Edgar Allan Poe a Elias Canetti, dalle lingue sacre dell'ebraismo e dell'islam ai dialetti in via di sparizione, dalla lingua materna dei poeti alla lingua ideale dei dotti."" -
Poesie (1979-2007)
«Occorre rovesciare, per Nappo, l’immagine heideggeriana secondo cui l’uomo è “in cammino verso il linguaggio”, per chiedersi piuttosto: verso chi e verso che cosa è in cammino la lingua? A condizione di precisare subito che il viaggio che la lingua compie è qui oltretombale, che la lingua della poesia di Nappo è, secondo il denso dogma pascoliano, una lingua morta. Da quando Pascoli quasi sbadatamente stilò, nei Pensieri scolastici, il suo implacabile referto, la grande stagione della poesia italiana del ’900, da Montale a Penna e a Caproni, ha fatto dimenticare ai critici la sua pertinenza. Ma i pochi lucidi poeti della generazione di Nappo (ne fa fede la lingua “smanta” e “secca” di De Signoribus) sanno che quella stagione non garantisce più per la loro lingua, che essi devono nuovamente misurarsi con la morte della lingua. Nelle lamelle auree trovate nei tympanoi orfici, il morto implora ostinatamente: “Dipsai d’eim’ayos, brucio di sete, datemi da bere l’acqua gelida che viene dal lago di Mnemosyne”. Le poesie di Nappo sono le lamelle orfiche deposte sulla lingua morta della poesia, che l’accompagnano nel suo viaggio al di là dell’umano (ma non verso Dio, da cui piuttosto proviene). Lingua interrotta e spettrale, assetata di memoria, che sembra tuttavia continuamente dimenticare ciò che rammenta (come il “ricordo che non ricorda nulla” in Campana). Per questo gli stupendi inserti dialettali (Galactotrofùsa, ’E nomme, ’A chianca ’e cavallo) non sono l’insorgenza di qualcosa di vivo in un contesto sepolcrale, ma l’urgere nella lingua morta di un idioma ancora più spettrale, reliquiario infinitamente e memorabilmente remoto.L’indecidibile di celebrazione e lamento che ne risulta lascia un campo di rovine dove spunta qualcosa come il torso orfico della poesia, il prologo epilogale di una nuova lingua poetica, se è vero che la poesia italiana non potrà continuare a rodere ancora a lungo l’amara scorza elegiaca della “felicità negata”». – Giorgio Agamben -
Lecture on ethics
Wittgenstein’s Lecture on Ethics is his sole sustained work on ethics. It is an unusually direct and personal statement to a non-academic philosophical audience—the only such lecture he gave. Moreover, the lecture was given in 1929 during the key transitional period when Wittgenstein was between the Tractatus Logico-Philosophicus and his later work for the Philosophical Investigations. It therefore gives a fascinating insight into the intellectual journey that Wittgenstein undertook into a subject of profound personal importance for him.This edition is the most authoritative ever published. It contains the complete text of the lecture in three drafts. The text includes for the first time manuscript 139b which had been lost for 40 years and pages from the reverse of 139a which constitute an earlier outline of the lecture. Each draft is presented en regard with the draft and all emendations on one page and a final reading copy on the other. The complete text and a comprehensive notation indicating every type of emendation to the drafts allows the reader to reconstruct or unravel the development of Wittgenstein’s ideas in the lecture.Also included are more than 100 pages of supplementary and explanatory material. This material places the lecture in context by covering its history, style, form and genesis. Two chapters of philosophical analysis, explanation and interpretation provide the most comprehensive published survey of Wittgenstein’s own work on ethics. The supplementary material gives readers the detailed background to understand fully the unusual view of ethics Wittgenstein advanced in his lecture.Lecture on Ethics: Introduction, Interpretation and Complete Text will be the standard edition of Wittgenstein’s work. -
I bambini perduti. Il mito del ragazzo selvaggio da Kipling a Malouf
I ""fanciulli selvaggi"""" incarnano la speranza di un impossibile ritorno alla natura, a una selvatichezza libera e incontrollata, e interpretano un mito che continua a parlare alle nostre coscienze. Il tema che questo saggio si propone di affrontare si concentra sul rapporto tra l'idea di feral child espressa da Kipling nel celeberrimo personaggio di Mowgli e quella che emerge nelle opere del narratore e poeta australiano David Malouf. Mowgli cela in sé un'idea di conciliazione, ma anche di violento contrasto tra la maturità inglese e l'infanzia indiana del suo autore, sintetizzate in una identità imperiale. Per contro la visione offerta da Malouf è quella di un puer in grado di destabilizzare, di mettere in discussione identità e ruoli imperiali acquisiti come inderogabili. Da un lato, quindi, si analizza un mito coloniale e, dall'altro, una sua sfuggente ed elusiva interpretazione postcoloniale. Matteo Baraldi collabora con il Centro Studi Omeoglotti dell'Università di Bologna occupandosi principalmente di letteratura e cultura australiana."" -
L' uomo comune del cinema
Da non-specialista, da ""uomo comune"""", appunto l'autore ha redatto questo libro dedicato al cinema. Il cinema è qui inteso nell'ordine dell'esperienza, della memoria e dell'infanzia: i film sono per noi, per ciascun """"uomo comune"""", l'insieme dei ricordi frammentari di poche immagini che tratteniamo, di immagini perdute o in perdita, supportate da una storia, quando c'è, che solo vagamente ricordiamo (i film non sono romanzi). Di qui la struttura del libro divisa in due parti."" -
Contro il simbolico. Dieci lezioni di filosofia
Questo libro configura un percorso nei massimi temi di indagine del pensiero filosofico, al di là o prima di ogni contrapposizione di scuola, attraverso dieci voci: Logica; Linguaggio; Realtà; Metafisica; Soggetto e coscienza; Credenza e immaginario; Desiderio e volontà; Essere e dover essere; Etica e politica; Morte e finitezza. -
La pietra di Eraclea. Tre saggi sulla poetica antica
Sotto il simbolo platonico della ""pietra di Eraclea"""", cioè della calamita, il cui flusso creativo, trasmettendosi dalla Musa al poeta e da questi ancora al recitatore e all'ascoltatore, stabilisce una catena magnetica chiamata metaforicamente a rappresentare l'esperienza intertestuale che lega le opere e la loro ricezione, questo libro raduna tre saggi intesi a considerare la storia letteraria in quanto trasposizione (nel tempo e nello spazio) di motivi e di forme. Il primo saggio ricerca le origini antiche dei moderni meccanismi dell'intertestualità. Il secondo ricostruisce alcune fasi della storia antica (Callimaco) e moderna (Montale) di un topos. Il terzo, l'idea della trasposizione entro i processi formativi del testo."" -
Un giorno o l'altro
Questo libro contiene lettere, appunti di diario, riflessioni sul presente e sul passato, schegge autobiografiche, polemiche ad personam e controversie ideologiche; il dopoguerra e la guerra fredda, lo stalinismo ed il conformismo degli intellettuali, l'Ungheria e il '56, Praga e il '68; Sereni, Vittorini, Pasolini, Calvino, Cases, Rossanda, Panzieri, Luzi. Il confronto con la storia, il dialogo e lo scontro con amici e avversari formano la sostanza del libro, che privilegia la forma del frammento ma è al tempo stesso rigorosamente costruito a posteriori, attraverso un montaggio che insieme agli anticipi ed alle continuità denuncia gli abbagli e le false certezze nell'inesausta interpretazione del presente e nella riflessione sul passato. -
La materia vivente. Un confronto con Hans Jonas
Nella tradizione filosofica occidentale, la nozione di «materia» si è in generale presentata mediante una serie di qualificazioni negative: fonte del disordine, del caos, del male e dell’incomprensibile indeterminatezza del contingente, essa indica quel «concetto residuale» che dev’essere il più possibile circoscritto, ridotto ed eliminato dallo sviluppo della forma e della capacità di ragione, sia attraverso la trascendenza immateriale dell’«anima» e dello «spirito», sia nell’immanenza della conoscenza scientifica e delle sue determinazioni quantitative. Ma il fenomeno originario della materia vivente, così come del corpo organico, animato e vissuto, decreta il fallimento delle soluzioni dualistiche e, al tempo stesso, rivela la matrice ideologica di ogni riduzionismo unilaterale, costringendo le scienze fisiche e biologiche a fare i conti con l’ontologia e con le conseguenze etico-pratiche che derivano dalle nostre assunzioni riguardo alla «realtà».Il presente studio intende proporsi come un’introduzione alle tematiche filosofico-biologiche della vita e dell’etica, sia dal punto di vista storico-concettuale, sia dal punto di vista della riflessione teoretico-analitica sulle principali questioni riguardanti il rapporto tra l’ontologia, la ricerca scientifica e le ricadute sul piano etico-morale degli sviluppi tecnologici. Attraverso un confronto con l’opera del filosofo tedesco Hans Jonas (1903-1993), vengono analizzate le principali posizioni riguardo al significato della vita, al posto dell’uomo nel mondo e alle conseguenze delle sue condotte rispetto a se stesso e alle generazioni future. Da tutto ciò risulta un quadro problematico articolato, in cui le istanze ontologiche e «fondazionali» della vita si collegano alle nuove prospettive etiche della «responsabilità» che emergono all’interno della civiltà tecnologica contemporanea, in contrasto sia con l’etica tradizionale o della «prossimità dei fini», sia con il convenzionalismo etico di matrice empiristica e relativistica. -
Eredità e conflitto. Fortini, Gadda, Pagliarani, Vittorini, Zanzotto
Il rapporto con l'eredità culturale è tutt'altro che pacifico negli scrittori del Novecento. Essa costituisce infatti un campo di tensioni che generano acquisizioni, ripulse, dubbi e scelte. In Fortini – l'autore in queste pagine maggiormente studiato – tale rapporto è particolarmente conflittuale, essendo il poeta e saggista fiorentino fra gli intellettuali più radicali del nostro Novecento. Egli scava infatti alle radici della opacità, delle inerzie ma anche delle sovversioni culturali e sociali del nostro tempo, fino a rivelare le contraddizioni, sovente insospettate, che le generano. Questa dimensione del conflitto, legata all'eredità culturale e accresciuta dalla rapidità delle trsformazioni del Novecento, riguarda anche gli altri poeti qui studiati, Pagliarini e Zanzotto, e perfino due prosatori apparentemente realizzati nella pura letterarietà, come Gadda e Vittorini Indice: Nota - 1. «Una funzione insopprimibile». Gli intellettuali per Franco Fortini - 2. Goethe e gli spettri del Negativo - 3. L’eredità culturale in Franco Fortini - 4. «Situazioni» baudelairiane in Fortini - 5. Per una lettura di Reversibilità di Franco Fortini - 6. L’erba e l’animale: prova di un repertorio allegorico - 7. Elio Pagliarani, La ballata di Rudi: distribuzione tematica e costruzione “epica” - 8. «In pelli miti e sobri conati»: per la poetica dell’ultimo Zanzotto - 9. Carlo Emilio Gadda, San Giorgio in casa Brocchi: vitalismo e retoriche in conflitto - 10. La crisi della rappresentazione in La garibaldina di Elio Vittorini -
Casi critici. Dal postmoderno alla mutazione
Definizioni. La fine del postmoderno. Alla ricerca di un canone italiano. Destra e sinistra in letteratura. Postmodernità e neoavanguardia. Come insegnare letteratura moderna? Dov'è finita l'industria culturale. Esempi. Calvino moralista. Elsa Morante e il sogno della cattedrale. Per Enzensberger, una lettera dall'Italia. Per Auden, in confidenza. Adorno, filosofo e scrittore. Pasolini e la classe dirigente. Eco e la letteratura. Un pamphlet: Stili dell'estremismo. I rumori dell'essere: Heidegger, Derrida, Severino. Stili dell'estremismo: Fortini, Zolla, Tronti, Calasso. Cioran, il più pessimista. Tre panorami. Le angosce dello sviluppo. Scrittori italiani e modernizzazione 1958-1975. La poesia italiana alla fine del Novecento. Saggistica e stili di pensiero 1980-2000. -
Il volto e l'allegoria della storia. L'angolo d'inclinazione del creaturale
Il volto e l’allegoria della storia – prima parte del titolo di questo saggio – fa riferimento alla celebre teoria dell’allegoria elaborata da Walter Benjamin in Origine del dramma barocco tedesco. Collocata fra la tensione creaturale del dramma espressionista, sotto il segno della “rinascita di Büchner” (Alban Berg), e la dissoluzione del tragico prodotta dal dramma epico di Brecht, tale teoria è qui letta alla luce di un’interpretazione metonimica del “volto ippocratico della storia” – immagine allegorica delle sofferenze e rovine della storia. Questa interpretazione si salda con la “svolta metonimica” della poesia e letteratura della “crudeltà” – di cui Kafka è il caso paradigmatico –, cioè di una lingua che, come ha scritto Paul Celan, non dimentica di scrivere sotto l’angolo d’inclinazione del creaturale, nella via tracciata dal “poeta della creatura” (di nuovo Büchner). In tal senso, metonimica è la lingua della corporeità umana, “vulnerabile, ma non violabile”, centro della memoria profonda dell’umano e di irradiazione spirituale delle cose (Proust). Seguendo Celan, Benjamin e Proust, attraverso una serie di riferimenti storici e filosofici (in particolare Levinas), letterari, fotografici e cinematografici, questo saggio oppone “l’angolo d’inclinazione del creaturale” all’“angolo visuale dell’ideologia” – esemplificato attraverso un testo di Goebbels sull’essenza del nazismo –, percorrendo la strada che permette al creaturale di trovare il senso primario del confronto con l’alterità corporea e un’idea del sacro come vincolo di “dipendenza dalle altre creature” che, nella sua differenza, non è tuttavia immemore del contesto teologico originario risalente alla riflessione di Rudolf Otto e al percorso linguistico che collega il termine creaturale al nome di Ernesto Buonaiuti -
Il messaggio cristiano e la storia
Osservatore acuto della storia (alla cui analisi era stato introdotto da Antonio Labriola), nella primavera del 1943 fece stampare a proprie spese cento copie di un opuscolo intenso e provocatorio, Il messaggio cristiano e la storia, nel quale si interrogava sulle ragioni che avevano condotto la civiltà occidentale, guidata per due millenni dal cristianesimo, all’immane tragedia della seconda guerra mondiale. Inadeguatezza del messaggio cristiano a farsi esperienza umana oppure fallimento di chi avrebbe dovuto tradurlo in vita vissuta?Distribuito personalmente l’opuscolo, negli ultimi mesi della sua vita Murri ne rivide e ampliò il testo con l’intenzione di stamparlo di nuovo; ma la morte dell’autore e le vicende umane hanno impedito che questo avvenisse. Ora l’edizione definitiva preparata dall’autore vede finalmente la luce. Si tratta di un testo che, a sessantre anni di distanza e in un ordine mondiale completamente diverso, interroga ancora con forza chiunque abbia a cuore non solo le sorti del cristianesimo, ma anche quelle della storiaIndice: Introduzione - Nota al testo - Sigle - Il messaggio cristiano e la storia - Note -Cronologia -Bibliografia - Indice dei nomi -
Gino Covili. Gli esclusi. Catalogo della mostra (Caserta, 3 novembre 2007-6 gennaio 2008). Ediz. illustrata
Gino Covili frequenta l’ospedale psichiatrico di Gaiato dal 1973 al 1977. Lo attraggono la curiosità, il senso di solidarietà, il desiderio di comunicare, aiutare. Capisce che questo mondo è tutto da decriptare, è nuovo per lui e indubbiamente costituisce una qualificante fonte di ricerca e studio. Frequenta i malati, parla con loro il dialetto, li fa parlare, gli offre un caffè, la sigaretta, e con loro passeggia e cerca di penetrare nel loro mondo. La conclusione a cui arriva è che questi uomini, queste donne sono degli esclusi, uomini e donne che la società ha messo ai margini.Covili guarda questi malati come a dei fratelli, ciascuno di loro è un essere umano, con il proprio mondo interiore, il proprio passato, il proprio dramma. Li guarda partendo dal volto, ne studia i lineamenti, le tracce del loro sentire e del loro patire. Ognuno ha il quid che lo identifica nella sua umana verità. Il segno è preciso, esatto, e i toni, nelle opere in cui l’artista inserisce il colore, sono luminosi, chiari. Non li avvolge il mondo delle tenebre, ma la luce della speranza. Sono uomini come noi, dicono le opere di Covili.Indice: Enrico Milani, Presentazione - Ciro Tarantino, I quadri sociali dell’esclusione. Gino Covili 1973-1977 - Robert Castel, Le nuove immagini dell’esclusione - Robert Castel, Inquadreare l’esclusione - Gino Covili, Gli esclusi 1973-1977 - Pierangelo Di Vittorio, L’anima oltre le sbarre. La biopolitica dalla segregazione alla comunità terapeutica - Loïc Wacquant, La penalizzazione della povertà e l’ascesa del neo-liberalismo - Documentazione fotografica - Maria Teresa Orengo, Gli «Esclusi» di Gino Covili, dalla parte dei malati - Gabriella Baldissera, La parola restituita. Gino Covili, colori e voci dell’esclusione - Regesto delle opere - Nota biografica - Esposizioni - Bibliografia. -
Microscopia. Gadamer: la musica nel commento al «Filebo»
Con una metafora hegeliana si può dire che il libro Microscopia è il frutto del «lavoro della talpa»: vuole scavare nel fertile terreno degli studi platonici di Hans-Georg Gadamer e in particolare nel primo Commento al Filebo, per seguire le vie sotterranee che collegano il Platone di Gadamer ai temi centrali dell'umanesimo platonico. Per amore verso il dettaglio, il microscopico, l'autrice ha scelto una prospettiva del tutto inedita nella soriografia critica del pensiero di Gadamer: quella della musica. Essa ha consentito di individuare uno snodo di relazioni portanti nell'esegesi gadameriana della filosofia platonica: il rappporto musica-matematica, quello musica-etica ed infine la problematica del linguaggio secondo il modello umanista di Cusano -
La parola solitaria. Il monologo francese nel teatro del Seicento
Non c'è trattato o saggio teorico, remoto o recente, sul linguaggio teatrale in cui il monologo non sia definito in realzione al dialogo e non sia giudicato, rispetto a questo, in modo più o meno accentuato, una forma impura, inverosimile, o addirittura incompiuta, cui affidare solo alcune ristrette funzioni. D'altra parte non c'è epoca in cui il monologo non abbia intrigato i drammaturghi, attirato gli attori, appassionato il pubblico e goduto di spazi che oggi sembrano addirittura allargarsi. La storia di queste due modalità, il dialogo e il monologo, perennemente opposte, si intreccia con la storia stessa dell'evoluzione dell'arte drammatica. È soprattutto in Francia nel Seicento – epoca del trionfo dell'arte della conversazione – che il dibattito sull'opposizione fra dialogo e monologo si fa intenso e spinge i drammaturghi a sperimentare e a superare i confini fra le diverse forme del discorso teatrale. Jean Racine è indubbiamente il drammaturgo che più di ogni altro ha saputo sfruttare le potenzialità del monologo e rappresentare, atttraverso questa modalità, l'interiorità lacerata, il flusso e riflusso delle emozioni, ma soprattutto mettere in scena la frammentazione del discorso, lo sfibramento della parola, l'emergere del silenzio, del tacere e del taciuto illustrando una parola paradossale, impreziosita con i più bei fiori dell'eloquenza per raccontare la tragica impossibilità di dire. -
Stendhal. Stile e dialogismo
Questa raccolta di studi rilegge il corpus stendhaliano alla luce di due reagenti, lo stile e il dialogismo. Da lettore ormai familiare dei testi, Francesco Spandri scopre in Stendhal una tendenza costante a pensare lo stile come parametro politico e come parametro estetico. Politico, perché la retorica è da lui giudicata un'arma di classe, una mediazione reazionaria. Estetico, perché in un romantico così nutrito di musica e di pittura il linguaggio letterario rinvia necessariamente a una visione generale dell'arte. Ma il «discorso» stendhaliano si correla di altri «discorsi» e dialoga con altri autori. Rebelais, Molière, Balzac, Tocqueville, Baudelaire entrano così nel gioco di un dialogismo culturale d'ampio spettro, che tesse una rete di efficaci rispondenze da cui l'opera stendhaliana, come ogni opera di vasta portata intellettuale, ricava parte della propria leggibilitàIndice: Premessa - Parte prima. Stile: Un’idea dello stile - Dialogo ed «egotismo» autoriale - Il «système de l’Arioste» - Parte seconda. Dialogismo: Stendhal lettore di Molière - Stendhal, Baudelaire e il comico romantico - Stendhal, Balzac, Rabelais e il ritorno agli «ancêtres» - Stendhal e Tocqueville - Bibliografia - Indice dei nomi -
Di là dalla storia. Paul Valéry: tempo, mondo, opera, individuo
Mettersi in un angolo a masticare esametri per superare il tempo della storia... Non c'è forse un modo migliore di rappresentare la posizione di Paul Valéry innanzi al tempo e alla storia degli uomini: da una parte il differimento dell'evento restando fermi sul posto, dall'altra l'assunzione della differenza che l'evento produce aiutandosi col battito del ritmo. Tempo, mondo, opera, individuo: le quattro voci tematiche illustrate dai saggi di questo volume sono scandite attraverso una misura sempre nuova, stabile eppure innervata nel singolo (come accade in ogni verso poetico). Oltre la visione 'quantizzata' della scienza e al di là della visione solenne della storia, c'è una nozione «più ricca, più difficile da rappresentare, più singolare» del tempo, come dice Valéry nel breve testo inedito che apre questo volume. Una nozione che sperimentiamo nel vivo della nostra vita individuale, e che, invisibile essa stessa, consente al nostro visibile quotidiano di articolarsi secoondo la possibilità («si può...», «si può anche») superando le maglie strette della necessità che solo sa ripetere «così è», «questo è un fatto». Con questa nozione più ricca che è il ritmo che mastichiamo nella nostra bocca, Valéry ci invita a sostenere l'urto avventuroso della storia, aprendoci allo stupore che solo il tempo-che-accade produce e che, in fedeltà alla propria natura, l'uomo deve ritornare ad abitare. -
Opera posthuma (rist. anast. 1677)
La prima edizione anastatica delle opere di Spinoza, pubblicate anonime nel 1677, a pochi mesi dalla scomparsa dell’autore, e mai più ristampate.La riproduzione fotografica integrale delle Opere postume di Baruch Spinoza propone al lettore l’unico documento pervenutoci delle opere fondamentali del filosofo. Nel dicembre del 1677, dopo appena nove mesi dalla morte di Spinoza avvenuta a L’Aja il 21 febbraio, venivano raccolti gli scritti che non poterono essere pubblicati mentre il filosofo era in vita. L’impresa editoriale fu promossa e sostenuta dalla cerchia degli amici di Spinoza i quali, sempre nel 1677, pubblicarono anche la traduzione olandese, De nagelate schriften, meno completa rispetto alle Opere latine. Nelle Opere postume, per volontà dello stesso Spinoza, il nome dell’autore compariva solamente con le iniziali B.d.S. e, per non far correre rischi ai responsabili della pubblicazione, non veniva citato il vero nome dell’editore, Jan Rieuwertsz, né il luogo di stampa, Amsterdam.L’importanza dell’opera risiede in primo luogo nel fatto che non sono mai stati rinvenuti, ad eccezione di alcune rare lettere, i manoscritti dell’autore. Le Opere postume, certamente progettate e messe a punto quando il filosofo era ancora in vita, hanno così il valore di veri e propri originali. Esse costituiscono la più preziosa testimonianza dell’attività filosofica di Spinoza, l’unico documento su cui si sono fondate tutte le edizioni e traduzioni successive delle opere, sino alle attuali, in corso di pubblicazione. Ognuna di tali edizioni infatti ha dovuto e continua ancora a basarsi sulla parola postuma del filosofo, senza poter prescindere da una rinnovata e più attenta analisi degli originali, qui ora riproposti. Il volume presenta in riproduzione fotografica (e nelle dimensioni dell’originale) le 808 pagine di cui si compone l’Opera posthuma. Essa comprende nell’ordine: L’Ethica, con l’esposizione complessiva del sistema; il Tractatus politicus, l’ultimo documento, non soltanto politico, del pensiero spinoziano; il Tractatus de intellectus emendatione, il primo tentativo, incompiuto, di elaborazione filosofica; le Epistolae con precisazioni e integrazioni talvolta essenziali delle altre opere, oltre a un panorama, già completo, delle principali obiezioni mosse alla filosofia spinoziana; il Compendium gramatices linguae hebraeae, anch’esso incompiuto, con l’illustrazione delle strutture fondamentali della lingua ebraica mirante a ricostruire, nel quadro di un progetto complessivo formulato dagli amici della società «Nil volentibus arduum» la logica universale operante nelle grammatiche delle diverse lingue.Nella Prefazione, Filippo Mignini illustra alcuni motivi significativi presenti nell’opera.Nella Nota introduttiva di Pina Totaro, oltre a una breve esposizione dei contenuti, vengono presentati gli ultimi risultati della ricerca concernenti la trasmissione e pubblicazione delle Opere Postume e la storia della loro fortuna.