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La morte di mio fratello Abele
Salutato al suo apparire come uno dei grandi romanzi del secolo, La morte di mio fratello Abele mette in scena, con una selva di personaggi memorabili, la storia e lo spirito europei in uno spazio temporale che procede dalla fine della prima guerra mondiale sino agli anni '60, con un continuo andirivieni cronologico tra i grandi drammi dell'Europa, cui l'io narrante - uno sceneggiatore cinematografico che attende all'opera letteraria della propria vita - è testimone nel passato della memoria e nel presente di una miriade di appunti, di testi, di documenti, che con tormentato lavorio cerca di ridurre ad unità, trasformandoli nel grande romanzo che deve scrivere. Di questo libro, per la prima volta tradotto in italiano, Italo Alighiero Chiusano scrive: «In quest'unità, ove tutto è presente continuo, sono legittime e necessarie, senza frattura di stile, le più svariate commistioni di scritture e di ritmi: dal resoconto freddo, venato d'un umorismo spesso crudele, alla rievocazione nostalgica, che però non inclina mai a toni sentimentali, dalla ""gregueria"""" rabelaisiana o neoespressionista, tutta tagli acri e pennellate dense, alla miniatura elaboratissima, dove ogni sillaba ha una sua millimetrica, inesorabile precisione e pregnanza che ricorda la miglior lirica. il tono generale è quello di un'aristocratica tristezza, che però ha troppo pudore per manifestarsi tale, e perciò - con un' operazione che vorrei addirittura definire etica - si butta nel giullaresco, nello scanzonato, nel carnale, nel macabro, nello squisitamente volgare»."" -
Ritorno a Guermantes
Degli inediti proustiani pubblicati da Bernard de Fallois nel 1954 sotto il titolo Contre Saint-Beuve il lettore italiano conosceva finora soltanto le parti saggistiche. In realtà su quegli stessi quaderni in cui Proust annotava le splendide pagine su Flaubert, Baudelaire, Balzac e gli altri grandi della letteratura francese, andavano prendendo forma, per brevi frammenti narrativi, alcuni dei principali nuclei tematici della Recherche: la fascinazione per il mondo aristocratico, gli affetti passionali dell'infanzia e i laceranti dolori che ne conseguono, il piacere della memoria, l'omosessualità. E sono proprio questi brani narrativi del Contre Sainte-Beuve (dei quali si dà qui per la prima volta la traduzione italiana) a rappresentare i primi abbozzi del futuro capolavoro, del quale testimoniano l'esasperata ricerca linguistica ed espressiva, in uno stadio ancora preparatorio ma per ciò stesso di estremo interesse. -
De architectura. Testo latino a fronte
Il ""De Architectura"""" si presenta come un trattato eclettico - un tentativo di costituire una sintesi organica delle acquisizioni teoriche greco-ellenistiche e dei dati desunti dalla pratica dell'ars aedificatoria - e nello stesso tempo come un testo canonico, summa articolata e composita, ricca di innumerevoli implicazioni e suggestioni, comunque unica testimonianza dell'elaborazione di teorie architettoniche dell'antichità classica. L'opera di Vitruvio anticipa in senso umanistico la centralità della figura dell'architetto e della sua arte, ed esprime come presupposto irrinunciabile l'esigenza di un'armonica sintesi del sapere e della conoscenza che lo renderanno non un semplice organizzatore e codificatore di uno spazio, ma il suo interprete ed ermeneuta. A partire dal Quattrocento in avanti il trattato diverrà la fonte interpretativa, il modello interlocutorio e il presupposto ispiratore dei fondamenti teorici dell'arte architettonica, tanto che Vincenzo Scamozzi, architetto e trattatista veneto del Cinquecento, dopo una lettura attenta ed assidua dell'opera afferma che Vitruvio """"ha ragionato di tutte, o almeno le più difficili e bisognevoli parti dell'architettura e bisogni dell'architetto, il che se molti conoscessero, non così facilmente si vanterebbero di essere architetti, che appena sanno quello che gli appartiene""""."" -
La magia delle piante
Il libro, come molti altri pubblicati da Jacque Brosse, enciclopedista e poligrafo, nasce da un profondo amore verso gli alberi, le piante, la vita. Senza la magia della fotosintesi, grazie alla quale i vegetali utilizzano direttamente l’energia solare liberando l’ossigeno che respiriamo, noi non esisteremmo affatto. Partendo dalla semplice ma basilare constatazione, l’autore ci conducein un viaggio affascinante dentro i segreti e i misteri dell’universo verde: dai licheni alle piante del deserto, dalla tundra alla macchia mediterranea, dalla foresta tropicale alla flora d’alta montagna. Con spirito curioso e meticoloso al tempo stesso, Brosse elenca virtù, prove scientifiche, del mondo vegetale. Particolarmente prezioso l’inventario che costituisce la seconda parte del testo, una sorta di repertorio enciclopedico delle specie più diverse, dal grano al prezzemolo, dalla mandragola al ginseng. Di fronte agli atteggiamenti distruttivi o, nel migliore dei casi, di stolida indifferenza verso le piante – che trovano peraltro riscontro, fa osservare Ippolito Pizzetti nella sua prefazione, nella “povertà di alberi” della nostra letteratura – questo libro è un invito a modificare profondamente i nostri rapporti con il mondo vegetale, alla scoperta delle radici stesse della vita. -
La notte di Valpurga
Uno dei romanzi più significativi del Novecento. Fu scritto da un autore che, insieme a Franz Kafka e a Rainer Maria Rilke, è tra i protagonisti della letteratura cecoslovacca e mitteleuropea. Dotato di un caratteristico stile grottesco, fantastico, espressionista, Meyrink, da un certo momento della sua vita, a causa di una profonda crisi, si dedicò a temi legati all’occultismo e al mistero. La notte di Valpurga, la notte delle streghe – celebrata tra il 30 aprile e il primo maggio – appartiene alle leggende e alle tradizioni della letteratura demoniaca. Nelle pagine di Gustav Meyrink questa notte diventa la rappresentazione dell’apocalisse di un mondo, l’inabissarsi di un impero – quello austroungarico – la fine di un secolo. Notte di scontro di desideri e di passioni del corpo e dell’inconscio, la notte di Valpurga simboleggia lo sfacelo che l’Europa visse nel 1917, mentre infuriava la prima guerra mondiale e iniziava la rivoluzione russa. Lo scrittore austriaco ha saputo magistralmente tratteggiare l'umanità dolente, sconvolta tra realtà e sogno, l’ipocrisia borghese e la crescente follia che serpeggiò in quegli anni nel vecchio continente. -
Zohar. Il libro dello splendore
Il testo classico della Cabbalà è lo Zohar, il ""libro dello splendore"""", per secoli considerato sacro all'ebraismo ed ancor oggi venerato nei circoli mistici, al pari della Bibbia e del Talmud. Attribuito dai cabbalisti a Rabbì Shim'on bar Yochai, celebre dottore della Mishnà, è ambientato nella Palestina della seconda metà del secondo secolo dell'era volgare. I protagonisti del libro sono lo stesso Shim'on, suo figlio El'azar ed un gruppo di amici e di scolari, che dissertano sul problema dell'uomo e di Dio, partendo all'interpretazione mistica dei versetti della Bibbia. Il discorso che ne scaturisce non è organico, ma si sviluppa in maniera asistematica, risolvendosi in una molteplicità di omelie dai temi più disparati e spesso prolisse, Le intuizioni emergono quindi con diversa intesità, accavallandosi, ripetendosi e congiungendosi in mille combinazioni differenti. Il quadro che si apre ai nostri occhi è profondamente suggestivo. L'aramaico, la lingua in cui il testo è scritto a richiamare la parlata delle genti di Palestina dei primi secoli della nostra era, ne accresce il vigore e la solennità."" -
La malattia delle fate. Origini degli esseri fatati
Complice la popolarità della narrativa fantastica e il diffondersi della cosiddetta New Age, a partire dagli anni Sessanta-Settanta si è assistito alla riscoperta del cosiddetto Piccolo Popolo, di tutto quel mondo di spiriti della Natura (fate, gnomi, folletti, elfi, nani ecc.) che, non più confinati nel mondo delle favole e del folklore, sono diventati un riferimento diffuso nella nostra cultura. Si sono moltiplicate perciò numerose teorie sull’origine e il significato di tali esseri, ma senza dubbio una delle più originali è quella espressa, in questo saggio, da Massimo Conese, docente di Patologia generale della Scuola di medicina dell’Università di Foggia. A fronte della tesi che queste creature non siano altro che l’estrinsecazione delle Potenze che governano la Natura fisica, o emanazioni di essa adattatesi al tempo alla mentalità umana via via modificatasi, oppure arche- tipi ancestrali uguali in tutto il mondo, il professor Conese sceglie una spiegazione “scientifica”: questi esseri, genericamente chiamati “fate”, derivano dalla mitizzazione – dal momento che non esistevano risposte razionali, mediche – di particolari malformazioni o patologie fisiche e mentali. Una tesi, in disaccordo con le teorie “simboliche” circa l’origine delle fate, che viene documentata con numerosissime fonti dell’epoca e testi moderni, una vasta bibliografia mitica, folklorica e medica e una serie di illustrazioni tratte da testi letterari e scientifici. -
Il cuore degli alberi. L'olivo, la quercia, l'acacia. Una trilogia simbolica, mitica e ancestrale
Perché un'opera sugli alberi? Semplicemente perché, da quando esiste il mondo, l'uomo ama la foresta e i boschi al punto da aver spesso fatto dell'albero un emblema: l'albero della vita, l'albero genealogico, l'albero di Natale... La scelta di un albero o di un arbusto come supporto ai simboli religiosi, politici o morali è sempre stata e resta in uso in numerose società antiche e moderne. Al di là di tutti i rituali, di tutte le credenze e delle superstizioni, l'albero è indispensabile all'equilibrio della natura e alla sopravvivenza del pianeta. Con le radici, il fusto e i rami, collega i tre piani del mondo: il cielo, la terra e il mondo sotterraneo. Simbolo di vita e perpetua evoluzione, rappresenta la potenza vegetativa, animale e spirituale che anima il cosmo, incarna la vita inesauribile, la realtà assoluta, il sacro per eccellenza. Concentra le idee di fecondità, opulenza, salute, immortalità o di eterna giovinezza. Studiare gli alberi, sentirli, ascoltarli, amarli, vuol dire partecipare attivamente alla vita e alla rigenerazione dell'universo. La loro potenza o la loro fragilità sono anche le nostre. Quest'opera presenta una trilogia molto radicata nella tradizione, nella cultura e nell'immaginario popolari. Con l'olivo, ""primo albero del mondo"""", la quercia, simbolo di potenza, e l'acacia, albero della conoscenza, il lettore potrà quindi intraprendere un insolito cammino attraverso il tempo e la natura."" -
La modella del Botticelli. Simonetta Cattaneo Vespucci simbolo del Rinascimento
Simonetta Cattaneo Vespucci (1453-1476), ritenuta dai suoi contemporanei la più bella donna vivente tanto da essere scelta da Sandro Botticelli come modella per ""La nascita di Venere"""", fu musa ispiratrice di numerosi altri artisti e amante di Giuliano de' Medici. Innumerevoli sono i casi di copia e rivisitazione della bellissima fanciulla bionda che ha dato volto alle figure del celeberrimo pittore fiorentino e che nell'immaginario generale impersona il Rinascimento. A Simonetta spetta quindi a buon diritto un posto accanto a Beatrice di Dante e a Laura di Petrarca. Ma mentre di Beatrice e Laura, che pur furono donne reali, non conosciamo il volto, né tantomeno ci è noto l'aspetto di Alcina e di Armida, le donne cantate dall'Ariosto e dal Tasso, di Simonetta abbiamo tanti splendidi ritratti dipinti da celebri artisti, primo fra tutti il Botticelli. Altrettanto famosi poeti ne hanno esaltato la leggiadra figura e l'anima, di certo non meno affascinante del volto, mentre cronache e lettere di contemporanei ci informano di vari particolari della sua biografia. Paola Giovetti, raccogliendo testimonianze, lettere e poesie, ha ricostruito l'epoca storica e la vita di questa giovane donna che ha lasciato un segno potente nella letteratura e nell'arte del suo tempo, il più splendido che Firenze e l'Italia abbiano mai conosciuto: il Rinascimento."" -
Il profumo della luna
Kazimir, Svetlana e Anastasiya sono personaggi reali. Abitano un luogo assai remoto della steppa siberiana. Kazimir è un potentissimo sciamano bianco, guaritore, la cui fama è arrivata fino a Mosca, in Kazakistan e in Mongolia. Svetlana è una sciamana nera, capace di viaggiare nel mondo sotterraneo, nel regno dell'invisibilità, degli avi, dei sogni, dell'anima e di condurre altri con sé. Anastasiya, la nipote di Svetlana, è una sciamana che - caso probabilmente unico al mondo - unisce in sé le competenze dello sciamanismo bianco e nero. Chi la conosce, o anche chi ne ha solo sentito parlare, guarda a lei come a una reincarnazione della mitica Principessa dell'Altaj. Selene Calloni Williams e suo figlio Michelangelo, che parla il russo, hanno conosciuto i tre sciamani per caso mentre, in un uno dei loro incredibili viaggi di ricerca, stavano raggiungendo con un fuoristrada il luogo dove è stata ritrovata la mummia della Principessa dell'Altaj. Per conquistare la fiducia dei tre sciamani, Selene e Michelangelo li hanno visitati più volte, persino in inverno, quando la steppa arriva a una temperatura di meno quaranta. Un giorno Svetlana ha deciso di consegnare loro una ""favola di potere"""". Una """"favola di potere"""" porta con sé immagini capaci di suggerire nuove possibilità di pensiero e di azione. In questo mondo tutto è immaginazione e niente che non sia stato prima immaginato può accadere..."" -
Mitologia delle piante inebrianti
Le piante inebrianti sono state ovunque considerate un dono che le divinità fecero agli uomini per permettere la comunicazione con la sfera divina, con il mondo degli spiriti o degli antenati. Questa credenza ha portato all'elaborazione del mito d'origine della pianta inebriante, che spiega, motiva, e continuamente fonda la sua esistenza e il suo rapporto causale con l'uomo; un mito più o meno elaborato, a volte ben preservatosi nelle cosmogonie e nelle antropogonie delle popolazioni tradizionali, in altri casi rintracciabile in un racconto, una novella o un semplice aneddoto, come forma residuale folklórica degli antichi miti. In questo saggio sono raccolti e spiegati i racconti mitologici delle più disparate fonti vegetali inebrianti: dagli stimolanti quali caffè, tè, tabacco, coca, ai narcotici e sedativi come le bevande alcoliche e il papavero da oppio, alle fonti visionarie e allucinogene quali canapa, peyote, mandragora, ayahuasca, funghi. Con un'osservazione che spazia fra le culture umane attuali e del passato, riemergono le origini siderali della vite, il parto vegetale della prima donna di questo mondo (ayahuasca), i miti che vedono nascere piante inebrianti nel luogo di amplessi umani (tabacco) o divini (kava), o incestuosi (coca), passando per quelli che lo vedono originare dalla tomba di donne morte ingiustamente (papavero) o per mal d'amore (betel), o che originano per volontà divina come fattore salvifico tribale (peyote, iboga). -
I racconti dell'Alhambra
"Sono venuto a Granada circa tre settimane fa, a passare un po' di tempo qui durante la stagione più bella dell'anno... Il governatore dell'Alhambra, trovando che eravamo male alloggiati in città, ci ha dato il permesso di risiedere in un canto dell'antico palazzo moresco, in uno dei luoghi più belli, romantici, deliziosi del mondo... Mi sembra tutto assolutamente un sogno, o come se fossi sotto un incantesimo in qualche palazzo fatato"""". Così, nel 1829, Irving descriveva a un amico americano l'incipit del suo soggiorno all'Alhambra. Ospite d'eccezione in un luogo ricco di memorie sospese tra la dura luce della storia e l'incantato chiaroscuro della leggenda, tra rovine incombenti e frammenti di un antico splendore, Irving si trasformò in un eccezionale osservatore di altrettanto straordinari personaggi, raccogliendo bozzetti, storie e leggende che si intarsiano in un irripetibile mosaico narrativo." -
Discorso alla luna
Un vero cambiamento di coscienza è una trasformazione delle condizioni fisiche dell'esistenza. Una profezia scritta nei Purana, antichi testi indù, parla dell'avvento di una nuova era, una nuova umanità, guidata da Kalki, discendente della dinastia della luna. Il momento è questo che stiamo vivendo. Alcuni si stanno già differenziando. Anche un mito siberiano di duemila e cinquecento anni fa descrive l'avvento dell'uomo dopo l'uomo e indica il luogo dove tutto avrebbe avuto inizio. Un luogo estremo, animato da aquile, lupi, orsi, leopardi delle nevi. Unicamente gli umani più mistici e coraggiosi vi si avventurano. Ad attenderli pochi individui, incastonati in una steppa sconfinata, interrotta a tratti solo da qualche lago ghiacciato. Costoro possiedono la chiave della grande trasmutazione e la donano, perché il momento è adesso. Questa non è la storia di un romanzo fantasy, ma il racconto romanzato di eventi che stanno accadendo realmente. Al di là delle cronache dei giornali, oltre ciò che viene divulgato, scopri cos'altro sta succedendo nel mondo, nel silenzio dei luoghi più mistici del pianeta, che sono altresì spazi interiori, sotto lo sguardo testimone di centinaia di aquile. E preparati. Una ragazza a cui hanno ucciso i genitori, il marito e la figlia, combatte con inarrendevole forza nelle profondità della propria psiche e nelle viscere della terra, affinché il cambiamento sia irreversibile. Un prete corrotto la ostacola con l'aiuto dei personaggi più in vista della città. -
Aspasia e Frine. Vita di due cortigiane
Feconda poetessa e scrittrice, Berthe-Corinne Le Barillier, che adottò il 'nom de plume' di Jean Bertheroy, narra in questa breve opera la storia di due famose etère che vissero nei secoli più belli della storia greca, quando quell'antica civiltà raggiunse l'apice della produzione artistica e letteraria. Amante di Pericle una e dell'oratore Iperide l'altra, brillarono per intelligenza e spregiudicatezza e furono protagoniste degli unici procedimenti giudiziari nei confronti di donne greche di cui ci è giunta testimonianza. Incarnando quella spinta eversiva propria della loro libertà sessuale, le due donne furono indubbiamente di grande attrattiva per l'autrice che agli inizi del secolo aveva preso a cuore la lotta per i diritti femminili. Le due biografie, entrambe di dieci capitoli, rispecchiano il poco che si sa di Aspasia e Frine. La Le Barillier ha cercato di raffigurarle con accenti molto personali, talvolta ""caricando"""" qualche elemento biografico con eccessivo soggettivismo spiritualista, che trovava la sua giustificazione nei primi movimenti di liberazione femminili. Ed è proprio questa caratteristica che rende piacevolmente interessante e curiosa la sua prosa."" -
Lo zen e l'arte della ribellione a bordo di un sidecar nella fantastica storia di Arianna
È difficile dire se ""Lo zen e l'arte della ribellione a bordo di un sidecar nella fantastica storia di Arianna"""" sia più un'esposizione dell'arte della ribellione o il racconto della storia di Arianna. In questo libro coesistono armoniosamente formazione interiore, stupore e divertimento. Il testo - costruito con mattoni di narrativa, psicologia e filosofia - racconta un'avventura di ribellione agli arconti, i quali rappresentano le norme, le leggi, le regole che abbiamo introiettato e che ci rendono misurabili, prevedibili, governabili. Tutti passiamo attraverso una potente programmazione inconscia - che i più chiamano educazione - la quale, però, non riesce mai a domarci fino in fondo. Una scintilla del fuoco della libertà delle origini rimane sempre accesa in noi e, arrivati a un certo punto, possiamo coltivarla per ritrovare noi stessi e ridestarci da un sonno ipnotico. Il libro narra la storia della scoperta del fuoco interiore, la sua liberazione e infine l'affermazione della libertà dai condizionamenti. Questo processo di ribellione e liberazione è la nascita di un uomo nuovo e di un mondo nuovo. Ma la storia di Arianna è la storia del lettore, le battaglie di Arianna sono le lotte del lettore. La metafora narrativa, dunque, non è che il mezzo dell'avventura della coscienza, la quale esplora territori al di fuori della mappa conosciuta del reale: i territori degli outsider, dei maghi e dei poeti."" -
Nati con la camicia. La membrana amniotica nel folklore e nella medicina
Nella cultura popolare di molte regioni del mondo e di diverse epoche storiche, la nascita con la ""camicia"""", ovvero la membrana amniotica, raffigura un destino fortunato. Chi nasce con essa può infatti diventare un individuo dotato spiritualmente: uno sciamano o un prelato di alto rango, un arcivescovo cattolico o un lama nel mondo tibetano. Tale tipo di nascita conferisce inoltre dei poteri magici come la """"seconda vista"""", nei confronti di morti e di spettri, e la chiaroveggenza. """"Nati con la camicia"""" raccoglie tutte le credenze popolari e le ipotesi intorno a questo avvenimento partendo dalla tradizione storico-letteraria e proponendo anche quanto scritto nei secoli da fisiologi, embriologi e medici. Secondo tali credenze e tradizioni, la """"camicia"""" può anche essere apparentata a una sorta di copricapo che ha molti legami con il mondo delle fate e degli gnomi, e che conferiva protezione e invisibilità a chi nasceva con essa. Nel folklore europeo, e non solo, la """"camicia"""" ha rappresentato un attributo che poteva indirizzare i proprietari verso un destino di benandanti, maghi, streghe, lupi mannari e vampiri, ovvero figure inerenti alle profondità della psiche. La membrana amniotica fa parte dell'unità feto-placenta-cordone ombelicale, e a tal riguardo il saggio documenta le diverse disposizioni e prescrizioni che nel corso dei secoli hanno riguardato le parti di questa unità al fine di favorirne e utilizzarne l'influsso positivo e scongiurarne quello maligno. Del resto, nel folklore sono note le proprietà terapeutiche della """"camicia"""" e delle cellule che da essa possono essere derivate, mentre nella medicina antica, ad esempio quella cinese, erano ben conosciute le proprietà curative della placenta. Conoscenze andate poi perdute e in seguito recuperate nella medicina moderna: oggi infatti queste stesse proprietà vengono sfruttate nella cosiddetta """"medicina rigenerativa"""", al fine di riparare organi danneggiati, restituendo loro integrità strutturale e funzionale."" -
Fabbricanti d'oro. Storie di alchimisti
Si tratta di tre storie di tre alchimisti, Laskaris, Sendivogius e Sehfeld, in cui, per la prima e unica volta, Meyrink usa un registro a metà fra la narrazione e la ricostruzione storica, fra cronaca e racconto. Insomma, una storia romanzata che oggi forse si definirebbe ""docufiction"""": la vita, le avventure, le fortune e le disgrazie di alcuni alchimisti tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Settecento, cioè un periodo che i lettori non particolarmente edotti della storia dell'ermetismo occidentale potrebbero considerare insolito, abituati forse a immaginarsi gli alchimisti collocati in ambienti e atmosfere medievali. Introduzione di Gianfranco De Turris."" -
La Belle Époque dell'esoterismo. Maghi, stregoni e alchimisti nella Parigi fin de siècle
Quest'antologia di saggi e scritti vari, selezionati, tradotti e curati da Vittorio Fincati, attinge al periodo d'oro dell'occultismo e della magia a Parigi, che coincise con il fervore artistico e culturale fin de siede che salutava l'inizio del Novecento. Si può dire infatti che la Ville Lumière sia stata la capitale delle scienze iniziatiche e magiche per un arco di tempo di parecchi decenni, se non addirittura ininterrottamente per più di un secolo. La ragione di ciò è senza dubbio da attribuirsi alla rivoluzione francese, l'evento epocale che ha influito anche nell'ambito delle scienze occulte, in quanto la proliferazione dei contatti, conseguenza delle nuove libertà acquisite dagli individui, non poteva non riguardare anche questo dominio. La capitale della libertà diventò quindi anche la capitale della magia, anzi di tutte quelle voci che i francesi hanno compreso nel termine di merveilleux. I contributi dei diversi autori sono stati suddivisi in cinque voci che servono semplicemente a selezionare a grandi linee alcune tematiche del tutto esemplificative: pontefici, stregoni, alchimisti, evocatori e narratori. Possiamo così finalmente leggere in un solo volume Stanislas de Guaita accanto all'anonimo autore de ""Il demone del gioco"""", gli insegnamenti magici della sezione parigina della Hermetic Brotherhood of Luxor e un testo del celebre Magophon, Sédir che studiava le tecniche del Verbo magico, Victor-Émile Michelet, maestro dell'evocazione verbale, e molti altri ancora."" -
Shinrin-yoku. L'immersione nei boschi. Il rituale giapponese per liberarsi dall'ansia e dallo stress
Il termine Shinrin-Yoku, ovvero ""bagno di foresta"""", coniato in Giappone negli anni Ottanta dal direttore dell'ente forestale nipponico, fa riferimento all'immergersi nella natura con i cinque sensi. Il bosco, la selva, sono uno stato della coscienza: la condizione in cui ogni desiderio fluisce senza sforzo verso il proprio compimento. Lo Shinrin-Yoku oggi è sempre più conosciuto e apprezzato come terapia preventiva. L'immersione nella natura ha effetti terapeutici comprovati anche scientificamente: è in grado di ridurre le concentrazioni dell'ormone dello stress nel corpo, di rinforzare il sistema immunitario, di regolare la pressione arteriosa e il battito cardiaco, di abbassare il colesterolo. Lo Shinrin-Yoku è un'avventura di profonda comunione con la natura. Si pratica in molti modi, ma quello più tradizionale è la passeggiata e la meditazione nel bosco o nella foresta. L'immersione nella natura, quindi, può farci superare le nostre difficoltà, perché il bosco ci conosce da sempre e nutre la nostra creatività, ed è provato che la creatività è la dote più utile all'uomo per la sua realizzazione nel mondo del lavoro e del denaro, assai più efficace del mero quoziente intellettivo o di altre doti logiche. In questo libro vi sono le chiavi pratiche della relazione con il bosco che dona creatività. Il bosco è un invito ad agire, perciò il modo migliore per comprendere quanto è esposto in questo libro è quello di mettere in pratica i rituali di immersione che esso descrive."" -
I quattro libri dell'architettura
Pubblicati a Venezia nel 1570 ma attesi e lavorati per un ingente numero di anni, ""I quattro libri dell'architettura"""" rappresentano la summa architettonica del Rinascimento tardo e il purissimo distillato della sapienza di Palladio: sapienza empirica, costruttiva, ma ciò nondimeno raffinata; lungamente ricercata e modellata sul fondamentale exemplum di due illustri predecessori: Marco Vitruvio Pollione e Leon Battista Alberti. In nessun modo tuttavia Palladio può essere considerato semplice imitatore: la materia architettonica trattata - quadripartita in dottrina classica degli ordini, edifici dei privati cittadini, costruzioni di pubblica utilità, architettura religiosa antica - pur prendendo avvio dall'attenta lettura e dal rilievo del patrimonio monumentale dei Romani, si è trasformata in invenzione originale. Il """"nuovo"""" classico di Palladio è lontano da ogni neoclassicismo di maniera: ciò che vive nella sua architettura - e ne fa un organismo unico, """"uno intiero e ben finito corpo"""" - è un sistema di relazioni necessarie, perfettamente calcolate benché non manifestate apertamente: proporzionalità in cui geometria e musica si armonizzano. Difficilmente sopravvalutabili nella vastità della portata, """"I quattro libri"""" di Palladio - per quanto spesso semplificati o equivocati - hanno influenzato l'architettura occidentale per i successivi quattro secoli, modificandola in modo irreversibile.""