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L' arte
Pubblicato per la prima volta a Londra nel 1914, a ridosso di due mostre di pittura ""postimpressionista"""" destinate a lasciare un segno profondo nella cultura figurativa inglese, L'Arte di Clive Bell è un testo per molti aspetti singolare. Manifesto di critica militante, e insieme pamphlet che mette in mora molte pietre miliari dell'arte """"classica"""" a favore di quella contemporanea, l'opera è ancor più la codifica di una nuova prospettiva estetica a partire dal radicale sovvertimento di secolari convinzioni della teoria e della pratica artistica. Il risultato è un vasto affresco che, puntando il compasso sul presente, offre una lettura, angolata e partigiana, della storia dell'arte occidentale dal VI secolo d.C. al Novecento. Il cardine su cui ruota la teoria estetica di Bell insiste sull'idea che il fine dell'arte non sia la bellezza (conseguita ad esempio attraverso un processo imitativo-rappresentativo), bensì il suscitare un'emozione del tutto peculiare assente negli altri dominî dell'esperienza. Questa """"emozione estetica"""" può essere attivata solo se l'opera possiede una """"forma significante"""", una specifica combinazione di linee, forme, colori e valori figurativi, che è massimamente efficace nelle opere dei """"primitivi"""" e che esautora ogni altra (e accessoria) valutazione d'ordine storico, sociale, filologico. Forma """"pura"""" dunque, essa prende a scemare nei periodi in cui nell'arte prevalgono caratteri descrittivi, narrativi e illusionistici. Di qui il singolare parallelismo che Bell istituisce tra la prima arte bizantina e alcuni esiti della modernità, esemplificati dalla pittura di Cézanne: in entrambi i casi, gli artisti sono riusciti a ridurre all'essenziale i confini dell'opera pervenendo a quella significanza della forma capace di suscitare non solo una particolare esperienza estetica, ma anche una intensa soddisfazione etica. Alla convergenza fra il dettato critico di Roger Fry e i Principia Ethica di George Edward Moore, L'Arte di Clive Bell è dunque un testo capitale per comprendere alcuni passaggi decisivi dell'estetica e delle pratiche artistiche del XX secolo. La presente edizione, la prima in lingua italiana, puntualmente curata da Claudio Zambianchi, condotta secondo criteri rigorosi, è corredata di esaustivi apparati critici e bibliografici."" -
Problemi dell'arte
"Problemi dell'arte"""" raccoglie dieci conferenze filosofiche tenute da Susanne Langer tra il 1953 (anno di pubblicazione di """"Sentimento e forma"""", l'opera sistematica dell'estetica langeriana) e il 1956. Qui Langer ricapitola gli elementi cardine della propria prospettiva estetologica, affrontando temi che vanno dalla nozione di """"forma"""" all'espressività dell'opera d'arte, dalla logica del sentimento ai principi dell'attività produttiva dell'artista. Oltre, però, a ribadire la tesi secondo cui l'opera d'arte è """"la forma percepibile che esprime la natura del sentimento umano"""", Langer prospetta l'approdo a cui tende il suo pensiero: un'antropologia della mente. """"Problemi dell'arte"""" costituisce quindi un punto privilegiato per accedere al laboratorio di uno dei filosofi statunitensi più importanti del Novecento. Questa edizione, corredata da un ampio apparato di note che esplicitano le fonti della Langer, si configura come prima edizione critica dell'opera." -
Il disegno infantile. Storia, teoria, pratiche
È arte il disegno infantile, come sostiene Read, oppure no, come ha argomentato Cesare Brandi? Il bambino disegna ciò che sa e non ciò che vede? E che significa sapere e vedere? Come mai la nostra cultura ha confrontato il disegno con il linguaggio parlato e non con quello scritto? Perché il bambino smette di disegnare? È conseguenza dello sviluppo psichico o frutto del nostro sistema educativo? Che significa educare all'immagine? Come educare al disegno, nella scuola delle parole e dei numeri? Sono alcune delle tante domande che animano il presente volume: un approccio globale a tutti gli aspetti investiti dal classico tema del disegno infantile. Del quale vengono indagate le complesse radici storico-culturali, chiariti i motivi per cui esso coinvolge tanti fronti scientifici e disciplinari, analizzate a fondo le più accreditate teorizzazioni, e infine viene proposta una originale interpretazione complessiva. Rudolf Arnheim apre il volume con una puntuale Presentazione. Da tempo esaurita e continuamente richiesta - divenuta un ""classico"""" dell'argomento - la presente edizione, arricchita di una Postfazione di Marco Dallari, ottimizza la prima."" -
Il senso del gusto. Cibo e filosofia
Pubblicato dalla Cornell University Press nel 1999 e insignito nel 2014 del ""Premio Internazionale d'Estetica"""" conferito dalla Società Italiana d'Estetica, il volume di Carolyn Korsmeyer """"Il senso del gusto. Cibo e filosofia"""" costituisce un """"classico"""" dell'estetica del cibo. Opera inaugurale, questo libro è divenuto un termine di riferimento, sia per gli specialisti del tema sia per coloro che intendono avvicinare per la prima volta questa nuova area di studi estetologici. La Korsmeyer, da un lato, descrive criticamente le vicende del gusto del palato, analizzando il paradigma largamente prevalente nella tradizione filosofica occidentale che ha portato alla sua esclusione o marginalizzazione dal dominio dell'estetica; dall'altro, elabora una proposta alternativa nella quale il gusto del cibo acquista invece un senso specifico e positivo. Se, in una lunga linea di continuità da Platone a Hegel, il cibo come fonte, di piacere ed espressione di varietà e qualità è stato rimosso da ogni formulazione del pensiero - per ragioni al tempo stesso estetiche, epistemologiche ed etiche, come viene brillantemente mostrato nei primi capitoli del volume - la Korsmeyer argomenta come oggi al contrario sia possibile, anche grazie all'apporto delle scienze sociali e delle scienze dure divenute strategiche alleate del discorso filosofico, percorrere una via diversa, in cui il valore culturale e sociale del mangiare e del bere vengono riconosciuti degni di essere formulati in chiave estetica. Per dimostrare la piena legittimità estetica del senso del gusto la Korsmeyer insiste infatti .proprio sul valore cognitivo e rappresentativo, e non soltanto sensibile e piacevole del cibo, superando così una delle classiche e più insidiose obiezioni. Attraverso una ricca serie di esempi, emerge nel testo la capacità del cibo di rappresentare, esprimere ed esemplificare; propiziando quindi l'inevitabile conclusione che il gusto permette di convogliare esperienze estetiche come ogni altro senso Conclude il volume la rappresentazione del gusto e del cibo nell'arte figurativa e nella narrativa, attraverso l'indagine di casi esemplari che permettono di aprire la filosofia del cibo anche verso regioni canoniche dell'estetica quali la critica e la narratologia."" -
Cambio di rotta. Nuove vie dell'estetica
Pubblicato da Reclarn nel 2012 e insignito nel 2016 del ""Premio Internazionale d'Estetica"""" conferito dalla Società Italiana d'Estetica, il volume di Wolfgang Welsch """"Cambio di rotta. Nuove vie dell'estetica"""" costituisce una cruciale riflessione sulle categorie dell'estetica filosofica. Attraverso una penetrante indagine teorica, Welsch sottolinea la necessità di rivedere le relazioni tra arte e filosofia, allo scopo di superare tanto le indebite assimilazioni quanto la totale incommensurabilità che hanno contrassegnato rispettivamente la modernità e il postmoderno. Analizzando le trasformazioni del concetto di arte nell'ultimo secolo, Welsch argomenta dunque a favore di un'apertura dell'estetica a una serie di sollecitazioni ulteriori, dalla nuova tecnologia elettronica, discussa sulla base di una stimolante rilettura dell'eredità del Bauhaus, alle prestazioni dello sport professionistico, di cui si sostiene con finezza interpretativa lo statuto artistico. Dietro l'ampiezza dello spettro tematico emerge in modo sempre più chiaro l'unità del progetto di Welsch, il quale intende prendere congedo non solo dalle limitazioni imposte dall'estetica moderna, ma anche e soprattutto dall'antropocentrismo che ne rappresentava il presupposto, allo scopo di ricollocare l'uomo all'interno della natura di cui è parte. Prefigurato nelle esperienze artistiche novecentesche (ma anche orientali), dove la presenza massiccia della contingenza mette in scacco l'ideale dell'opus perfectum, il """"cambio di rotta"""" di cui parla Welsch trova così il proprio fondamento filosofico in un'originale riconsiderazione dell'evoluzionismo darwiniano, di cui l'Autore evidenzia le potenzialità per un'estetica riconfigurata a partire dalle sue origini animali."" -
Inchiesta sul bello e il sublime
Pubblicata nel 1757 e ampliata nel 1759, l'""Inchiesta sul Bello e il Sublime"""" di Edmund Burke costituisce l'approdo della riflessione primosettecentesca sul sublime e, al tempo stesso, il punto di partenza di una complessa trama teorica e culturale che si dipana fino ai nostri tempi. Riprendendo infatti idee e analisi maturate nel corso di mezzo secolo (da Dennis a Addison, da Shaftesbury a Hume), Burke le riarticola in un quadro teorico di forte originalità che rimarrà classico fino alla """"Critica del giudizio"""" di Kant. Il bello come ciò che è ben formato ed esteticamente gradevole, il sublime come ciò che ha il potere di costringerci a fare qualcosa e di distruggerci. Nel preferire il sublime al bello, Burke segna in questo trattato il passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo."" -
L' educazione estetica. L'arte, il bello, la forma, la creatività, l'imitazione, l'esperienza estetica
Le celebri ""Lettere sull'educazione estetica dell'uomo"""" (1795) - qui accompagnate dal saggio """"I limiti necessari nell'uso di forme belle"""" - del grande poeta e filosofo Friedrich Schiller costituiscono una delle pietre miliari della riflessione sulla modernità. Mentre la Rivoluzione francese scuote l'Europa e divide le coscienze, Schiller s'interroga sul rapporto fra l'uomo, inteso come unità problematica di sensibilità e ragione, e la sua evoluzione storica e antropologica, dallo stato di natura all'affermazione della razionalità e dei diritti. Lo scopo è quello di dimostrare che la bellezza sta a fondamento della libertà dell'essere umano e ne rappresenta al tempo stesso la prova. Al contrario di quanto affermato da Rousseau, è la cultura - e in primis la bellezza - a costituire l'umanità dell'uomo e a rendergli il pieno possesso della propria ragione. Così, dialogando con Kant e Fichte, Schiller sviluppa un'originale teorizzazione nella quale, attraverso i concetti di """"gioco"""" e di """"apparenza"""", definisce lo spazio dell'esperienza estetica, inaugurando motivi che perdureranno nella riflessione successiva, attraverso Hegel e l'Ottocento, fino ad arrivare a Adorno, Marcuse, Langer, Gadamer e oltre."" -
Storia di sei idee
Storia di sei idee è l'ultima grande impresa scientifica di Tatarkiewicz, uno dei principali esponenti dell'estetica del Novecento. Se ""Storia dell'estetica"""", la sua opera più importante, si arrestava al 1700 e alla nascita dell'estetica moderna, questo saggio si spinge fino ai nostri giorni, completando e integrando il precedente lavoro. Sei idee, come sei sono i problemi fondamentali dell'estetica: arte, bello, forma, creatività, imitazione, esperienza estetica. Un'opera che abbina al rigore scientifico una scrittura dal taglio divulgativo."" -
Estetica del brutto
"Un'estetica del brutto? E perché no?"""". Con queste parole ha inizio l'opera fondamentale del filosofo tedesco Karl Rosenkranz. Se il bello, nella prospettiva del """"maestro"""" Hegel, appare come una manifestazione sensibile dell'idea e della sua libertà, il brutto si presenta come ciò che nega o limita tale libertà attraverso l'asimmetria, l'assenza di forma, la deformità e lo sfiguramento. Il brutto come dimensione intermedia tra bello e comico trova il suo compimento nella figura del satanico. Rosenkranz opera così una straordinaria fenomenologia del diabolico, dove alla riprovazione etica si sovrappone un gusto descrittivo per tutto ciò che, pur esteticamente ripugnante, è tuttavia meritevole di attenzione estetica. L'intuizione di questo saggio non risiede solamente nell'indagare gli aspetti """"brutti"""" dell'arte che caratterizzano gran parte della nostra contemporaneità, ma anche nella messa in discussione del destino stesso dell'estetica: dopo di esso, estetico e bello non possono più coincidere con la medesima armonia, e l'estetica stessa, oltre a non presentarsi come teoria del bello o delle belle arti, apre un inquietante sguardo verso ambigui e multiformi aspetti del reale." -
Arte come esperienza
"Arte come esperienza"""" costituisce uno dei maggiori contributi della cultura angloamericana all'estetica del Novecento. In quest'opera Dewey non si limita a elaborare una filosofia dell'arte come disciplina specialistica. Emerge qui un nuovo paradigma per l'esperienza in generale, individuato nell'estetico quale ordine di perfezionamento e compimento delle istanze sensoriali ed emotive dell'uomo. Ne deriva una concezione attenta a cogliere e vagliare criticamente le fitte relazioni dell'arte e dell'estetico sia con le dinamiche esperienziali sia con le realtà sociali che le alimentano. Dewey mette così a fuoco motivi di crisi della cultura contemporanea, delineando l'impalcatura di un'antropologia nutrita anche dai frutti delle rivoluzioni artistiche primonovecentesche. Questi caratteri hanno reso """"Arte come esperienza"""" un classico per le riflessioni sull'esperienza estetica, illuminante per importanti artisti, da Josef Albers a Mark Rothko, e oggi ancora al centro dell'attenzione in vari ambiti cruciali del dibattito filosofico." -
L' uomo estetico
«Eduard Spranger non ha mai formulato una compiuta estetica e le scarse indicazioni al riguardo sembrano del tutto epigoniche rispetto al neoumanesimo tedesco e alla filosofia dello spirito idealistica dei quali volle essere prosecutore. Va da sé che la nostra scelta di isolare e studiare questo aspetto particolare della sua più generale filosofia della cultura, non muove dalla scoperta di una qualche finora misconosciuta originalità ma semplicemente dal fatto che Spranger, incline per vocazione e per orientamento professionale ad una esemplare chiarezza pedagogica, elabora nel secondo decennio del Novecento un'interessante tipologia di forme di vita, alla quale a nostro parere si può guardare come ad una sorta di osservatorio privilegiato per ricostruire alcuni versanti della riflessione estetica in ambito postdiltheyano. Senza per questo ""sfruttare"""" riduttivamente per fini allotri la feconda e storicamente influente pedagogia culturale sprangeriana, si tratta qui di tematizzare esclusivamente la sua teoria dell'estetico come Lebensform.» (Dalla Presentazione di Tonino Griffero)"" -
Forme dell'estetica e modelli di razionalità nella tradizione cinese
«In tempi recenti la ricerca estetica italiana ha visto aprirsi ed allargarsi molte piste inedite e spazi di dialogo con tradizioni che l'accademia italiana aveva mantenuto spesso distanti e poco comunicanti. Nel secolo scorso le ricerche filosofiche, articolate prevalentemente nell'ambito dei binari teorici europei e americani, si sono raramente intersecate con gli studi orientalistici, i quali avevano coltivato in modo del tutto indipendente lo studio delle riflessioni estetiche in autori e correnti appartenenti alle culture dell'Asia meridionale od orientale; gli studi antropologici, dal canto loro, si erano rivolti più frequentemente alle culture e alle forme di espressione estetica ed artistica del mondo africano o delle popolazioni amerindie, interagendo in modo limitato con le altre discipline. Se ci si limita a considerare le culture estetiche di India, Cina e Giappone, di per sé ricchissime anche di testi teorici, si può ascrivere la scarsità di studi di carattere eminentemente filosofico a due principali motivi: da un lato, la mancanza di traduzioni e l'oggettiva difficoltà di accesso dei testi scritti in sanscrito, in cinese o in giapponese; dall'altro, l'idea vaga ma diffusa che quanto proviene da tradizioni non occidentali si mantiene ad un livello infra-filosofico (per quanto possa essere ritenuto del tutto rispettabile dal punto di vista letterario, religioso o artistico). Solo un grande lavoro di confronto fra le traduzioni in lingue occidentali diverse dall'italiano, un dialogo continuo con esperti e studiosi delle culture asiatiche e una passione sincera per le forme di razionalità non occidentali potevano spingere a un confronto serio e prolungato con il grande numero di testi dedicate a questioni estetiche nelle culture asiatiche.» (Dall'Introduzione) -
Sul concetto dell'arte
«Il vasto lavoro filosofico compiuto da Schleiermacher negli anni della sua maturità è andato incontro, come è noto, ad una sorte editoriale complessa e in generale poco felice. Schleiermacher, che di professione era innanzi tutto teologo, tenne corsi universitari su quasi tutte le discipline filosofiche, dalla storia della filosofia alla dialettica, dalla etica alla pedagogia, dalla ermeneutica all'estetica. Tali corsi vennero più volte ripetuti, da un minimo di tre volte come accadde per l'estetica e la pedagogia ad un massimo di otto e anche nove volte, come avvenne per l'etica e l'ermeneutica. Per i suoi corsi Schleiermacher redigeva, ovviamente, degli appunti, in forma più o meno frammentaria, e più o meno estesa, e tali appunti venivano poi integrati, e spesso anche interamente riscritti, in occasione dei corsi successivi. Sappiamo che Schleiermacher progettò abbastanza presto di dare alle stampe per lo meno la sua etica e la sua dialettica, ossia le due discipline fondamentali del suo sistema filosofico: ma nessuna opera filosofica in cui egli rielaborasse i frutti dalla sua riflessione matura trovò mai la via delle stampe. Così Schleiermacher, che a poco più di trent'anni aveva pubblicato due scritti che avevano attirato su di lui una certa attenzione, i Discorsi di Religione e i Monologhi, che nel 1803 aveva scritto una Critica delle dottrine morali professate fino ad oggi (opera per altro faticosissima e assai poco frequentata anche dagli studiosi), e che in campo teologico aveva dato alle stampe due testi fondamentali (un avviamento allo studio della teologia e una dogmatica in due volumi) lasciò tutta la sua speculazione filosofica matura in uno stato frammentario e nel quale è difficile orientarsi.» (Dalla Presentazione di Paolo D'Angelo) -
La matrice della forma. Riflessioni sui vincoli metamorfici fra estetica e morfologia
«""Alla realtà piacciono le simmetrie e i leggeri anacronismi"""", scriveva Jorge Louis Borges nel racconto Il Sud: la natura ama giocare con le forme, modificarle in mille modi, dare loro una nuova apparenza mantenendo inalterate le """"simmetrie"""", cioè i rapporti a esse soggiacenti, così da dare origine a nuovi eventi formali preservando l'antico sotto nuove vesti. Il termine """"simmetria"""", cui Borges fa riferimento, non è da noi interpretato nel suo significato artistico (cioè come equivalenza speculare della parte destra e sinistra di un corpo) quanto piuttosto nel suo significato matematico, originatosi già in ambito greco e giunto al culmine della sua teorizzazione solo nel Novecento. In tale accezione, esso indica l'armonia e l'equilibrio di elementi differenti all'interno di un sistema organicamente strutturato e l'espressione da esso derivata """"gruppo di simmetria"""" si riferisce a un insieme di enti che condividono certe caratteristiche invarianti pur consentendo un elevato margine di differenziazione formale. Solo se tali caratteristiche non sono preservate, secondo i matematici si produce la """"novità"""", si ha cioè una rottura di simmetria che determina l'introduzione di nuove regole, di nuove invarianti. Prendendo le mosse da tali premesse, nel presente lavoro si è cercato di dimostrare che alcuni termini ampiamente utilizzati nel dibattito estetico e biologico contemporaneo (quali metamorfosi, tipo, vincolo e plasticità) si muovono tutti nel medesimo ambito semantico, strettamente legato all'idea di una matrice della forma, di un quid che soggiace al mutamento senza impedirne la sua piena attuazione.» (Dall'introduzioni)"" -
L' ordine dell'architettura
«In Italia, la fortuna critica degli scritti di Claude Perrault concernenti la teoria dell'architettura è stata assai limitata. Eccettuate le due traduzioni settecentesche dell'Abrégel, la sua opera di traduttore e commentatore del trattato vitruviano non ha conosciuto nel nostro paese una influenza paragonabile a quella esercitata sulla cultura inglese, in particolare su autori come Christopher Wren, William Chambers o Isaac Ware. Una situazione, questa, che può almeno in parte essere spiegata dalla fioritura, nel nostro paese, di una trattatistica architettonica particolarmente ricca, e come tale inclusiva di svariate edizioni e traduzioni del De Architectura in un arco temporale assai lungo, dopo la sua ""riscoperta"""" nel 1414 e l' editio princeps del 1486. Non si conoscono, viceversa, traduzioni italiane della sua maggiore opera in tale ambito, l'Ordonnance des Cinq Espèces de Colonnes..., la cui Preface è infatti qui proposta per la prima volta nella nostra lingua.» (Dalla Presentazione di Maria Luisa Scalvini e Sergio Villari)"" -
Fantasma e sensazione. Lacan con Kant
«Il legame tra filosofia e psicoanalisi è oggetto di studi relativamente recenti. Sicché è comprensibile che, ancora oggi, vi possano essere, soprattutto tra i filosofi, degli studiosi scettici rispetto alla fecondità di quei lavori che, del nesso tra le due discipline, hanno fatto il loro oggetto, privilegiato, di interesse. Soprattutto tra i filosofi perché, al contrario, tra gli psicoanalisti, specialmente se lacaniani, una certa consuetudine ha abituato l'occhio e l'orecchio a sintonizzarsi con l'esistenza di un fattore comune tra quelle che, nondimeno, restano due pratiche radicalmente differenti. Jaques Lacan, infatti, è stato lo psicoanalista che, più di altri, ha aperto le porte della scienza fondata da Freud alla filosofia, e non solamente a quella del suo tempo. Lacan era un profondo conoscitore della tradizione filosofica occidentale nel suo complesso e, quantunque ne avversasse l'imprinting metafisico di fondo, sensibile, come fu, alla lezione di Heidegger, pure bisogna riconoscere l'impegno e l'assiduità con cui, durante tutto l'arco del suo Seminario, ha tenuto a confrontarsi con essa. Che lo abbia fatto nel tentativo di rendere intelligibile ciò che accade dentro le quattro mura della stanza d'analisi, per noi, non ha grande importanza. Ciò che conta è che l'ibridazione tra i due linguaggi sia avvenuta, e che sia avvenuta malgrado il peso dell'interdetto freudiano.» (Dall'Introduzione) -
Riflessioni sulla poesia
Le ""Riflessioni sula poesia"""", apparse nel 1735, riproducono il testo della dissertazione presentata da Baumgarten alla facoltà di Filosofia dell'Università di Halle per ottenere la libera docenza. Questo breve trattato, oltre ad introdurre nel lessico filosofico il termine stesso di """"estetica"""", anticipa le tesi fondamentali dell'""""Aesthetica"""" ed è stato il tramite più immediato per la conoscenza delle teorie di Baumgarten."" -
Scritti sul piacere
Aristotele dedica al piacere una ricerca costante che spazia, senza soste, dalle prime opere ""essoteriche"""" alle ultime. Attraverso un costante affinamento problematico, e approfondendo la tematica con estremo rigore, finì con l'inventariarne scientificamente ogni manifestazione. Nulla sfugge a questa straordinaria enciclopedia: il piacere della vita sociale e quello della politica, il piacere del possesso dei beni materiali, il piacere come orizzonte etico e come aspirazione al divino, il piacere fisico e corporale, e quello più alto determinato dalla vita spirituale, e naturalmente il piacere erotico (e sessuale: maschile e femminile, etero ed omosessuale) e il piacere estetico. Insomma, la più completa antropologia del piacere elaborata dal mondo occidentale, che ha esercitato un potente influsso nel grandioso tentativo aristotelico di dare un senso alle cose, all'uomo, a Dio. Modello insuperato, col quale tutte le epoche successive hanno dovuto confrontarsi."" -
L' acutezza e l'arte dell'ingegno
Pubblicata nel 1642, costituisce una delle massime espressioni del Barocco e un punto di passaggio fondamentale della cultura moderna. Il ribelle gesuita elabora infatti un nuovo sistema del pensiero e del linguaggio, e più in generale della comunicazione e della prassi, che, relegato ai margini dalla cultura illuministica e romantica (da Voltaire fino a Benedetto Croce), è ritornato di attualità nell'epoca postmoderna, divenendo un vivo fermento per la meditazione contemporanea sull'arte, sul linguaggio e sulla poesia. Lasciata la sponda della retorica tradizionale e delle precettistiche dell'epoca, ""L'acutezza e l'arte dell'ingegno"""" si avventura nell'impresa di codificare una """"teoria nuova di zecca"""" che permetta di addentrarsi nella selva degli autori antichi e moderni."" -
Scritti di estetica
"Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, di Leo Popper sapevamo quasi solo quel che filtrava dai documenti della sua amicizia con Gyòrgy Lukàcs. Popper era noto infatti come il destinatario del saggio in forma di lettera che apre L'anima e le forme o come l'autore di uno scritto su Bruegel il Vecchio citato per esteso ancora nell'Estetica degli anni Sessanta. Le carte private e le note di lavoro ritrovate dopo la morte di Lukàcs avevano poi consentito di moltiplicare i riferimenti e le notizie: era venuto alla luce il carteggio di cui il filosofo era rientrato in possesso poco dopo la morte dell'amico, avvenuta il 22 ottobre 1911, erano stati recuperati scritti nei quali veniva richiamata una teoria dell'equivoco e del malinteso estetico dai contorni rimasti vaghi', infine ricompariva lo stesso rimando al saggio su Bruegel utilizzato nell'Estetica della maturità. Fra le carte di Lukàcs si trovava inoltre un Diario degli anni 1910 la cui conclusione coincide con il lutto per la scomparsa di Leo, non ancora venticinquenne, seguita a lunghi soggiorni nei sanatori che abbiamo imparato a conoscere dalla letteratura d'inizio secolo: St. Gilgen, Wengen, Davos e Görbersdorf, la sua ultima stazione, a pochi chilometri da Dresda."""""