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Case INA e luoghi urbani. Storia dell'espansione occidentale di Napoli
Nel secondo dopoguerra la città si amplia notevolmente per la costruzione delle case popolari. Se la periferia è spesso associata a emarginazione e dequalificazione i documenti e i disegni di progetto rinvenuti ne raccontano la storia da un differente punto di vista. I migliori architetti e ingegneri dell'epoca coinvolti dall'INA-Casa durante il Primo settennio (1949-1956) provarono infatti, con grande impegno e particolare cura, a immaginare non solo nuovi spazi abitativi, ma anche luoghi di aggregazione, per creare un diverso paesaggio urbano in cui vivere. Ne emerge un quadro inedito, relativo ad alcuni complessi residenziali sorti nel solco dell'espansione della città di Napoli verso Occidente, composto da tasselli preziosi per l'ampliamento della conoscenza di figure di primo piano, ma non ancora abbastanza indagate, tra cui Carlo Cocchia e Stefania Filo Speziale. Gli esiti della collaborazione anche con i professionisti romani, come Mario Fiorentino, rende infine possibile la verifica della fertile contaminazione delle idee in quegli anni. -
Luigi Cosenza. Articolazioni di una fabbrica continua
Gli elementi di transizione che mutuano il passaggio dal manufatto architettonico all'ambiente urbano e al paesaggio rappresentano l'oggetto di interesse di questo saggio che, lungi dal voler tratteggiare un affresco esaustivo delle opere e della vita di Luigi Cosenza, focalizza l'attenzione su precisi nodi delle sue architetture. Chiaro declinatore in linea teorico/didattico degli spazi costitutivi, la sua classificazione riesce tutt'oggi a descrivere con efficacia la sequenza di spazialità che connota ogni singola architettura. Consapevole delle esigenze di carattere funzionale e tecnico di ogni tipologia di manufatto, egli non rinunciava a rendere ricco e complesso il passaggio tra il dentro e il fuori: le precise articolazioni tra spazi eterogenei rappresentano il tratto distintivo di una produzione che ha attraversato con profonda consapevolezza l'intero secolo scorso. La fabbrica, edificio introverso per eccellenza, fu da lui dotata di un nartece, diventando emblematica di un modo di intendere l'architettura, qualsiasi sia la funzione a cui è destinata: architettura come mettere in relazione. L'Olivetti di Pozzuoli, nonostante le alterazioni subite, riesce a comunicare ancora il senso di unitarietà fissato da Cosenza, proprio attraverso la precisazione del rapporto con il paesaggio. Nell'epoca contemporanea la diffusa pratica del riuso invita il progetto di intaccare la corteccia dei manufatti. Alle soglie, ai transiti, agli elementi di transizione, sono affidati costruttivamente la capacità di produrre forme relazionali dotate di senso, di reinventare paesaggi mancati. Da questo punto di vista e nell'ottica di una attività di progettazione operante che voglia connettere intemi non altrimenti comunicanti, la fabbrica continua di Luigi Cosenza si offre come prolifico riferimento. -
Napoli e la cultura architettonica internazionale (1974-1991). Mostre e convegni di Camillo Gubitosi e Alberto Izzo
Questo volume intende documentare un evento culturale lungo oltre un decennio, a partire dal 1974, nato dall'iniziativa e dall'opera di Camillo Gubitosi e Alberto Izzo, due professori della Facoltà di Architettura dell'Università ""Federico II"""" di Napoli, che organizzarono in quell'arco temporale quindici importanti mostre su alcuni dei più significativi maestri dell'architettura del Novecento: Le Corbusier, Walter Gropius, James Stirling, Louis Kahn, Frank Lloyd Wright, l'architettura di Chicago, i Five Architects, Marcel Breuer, Van den Broek e Bakerna, Eduardo Catalano, Paolo Soleri e Pietro Belluschi, chiudendo con un'importante mostra su Richard Meier in occasione della Laurea """"Honoris Causa"""" conferitagli dalla Federico II nel 1991. Visitate da un folto e interessato pubblico, le esposízioni si tennero nei luoghi più rappresentativi della città, da Castel Nuovo a Palazzo Reale, da Santa Maria La Nova a San Demetrio e Bonifacio a istituti di cultura stranieri, e furono accompagnate da conferenze, convegni, tavole rotonde e dibattiti oltre che da cataloghi ormai rari. Il libro, in una parte a carattere antologico, riporta i testi di Gubitosi e Izzo e, con una accurata selezione critica, quelli dei maggiori protagonisti che hanno fornito autorevoli contributi con letture storico-critiche descrittive dell'evento e del dibattito teorico di quel momento storico: Bruno Zevi, Christian Norberg-Schulz, Manfredo Tafuri, Giovanni Klaus Koenig, Mario Manieri Elia, Vittorío Magnago Lampugnani ed esponenti della scuola napoletana tra cui: Renato De Fusco, Cesare de Seta, Filippo Alison, Aldo Loris Rossi, Roberto Mango, Antonio D'Auria, Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo. Il volume vuole, pertanto, rappresentare una ricognizione storiografica di un periodo caratterizzato non solo da """"continuità e crisi"""", ma anche dalla perdita di quei modelli che fino a pochi anni prima costituivano l'inviolabile guida culturale e progettuale per le Facoltà di Architettura italiane e internazionali."" -
Nuova sede del Polo tecnologico del Consiglio nazionale delle ricerche. Fuorigrotta, Napoli
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche intende realizzare in Napoli sulla propria area di via Marconi nella zona di Fuorigrotta, un edificio quale nuova sede del Polo Tecnologico che comprende ""Istituto di Ricerca sulla Combustione e Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell'Ambiente"""". La struttura si inserisce in un lotto di terreno delimitato nell'asse N-S dall'Università degli Studi di Napoli e dall'Istituto Motori del CNR e nell'asse E-W dallo Stadio S. Paolo e da via Marconi. Il progetto prevede la realizzazione di un complesso edilizio costituito da tre corpi di fabbrica distinti, disposti a """"U"""" che generano un cortile interno che scandisce gli spazi e favorisce l'illuminazione naturale degli ambienti interni. I due volumi paralleli sono destinati ai laboratori, mentre nell'edificio trasversale sono collocati gli uffici. Per il rivestimento delle facciate esterne gli architetti hanno differenziato la scelta dei materiali: tutta la superficie è prevista in cotto, mentre a seconda della posizione della facciata sono state composte delle striature che si diversificano per direzione, generando dei giochi d'ombra e una caratteristica texture che si modifica con il cambiamento della luce solare. Sono stati ideati diversi accorgimenti per migliorare il risparmio energetico e sono state realizzate le più moderne tecnologie antisismiche."" -
Case con vista. Mario De Renzi, Ugo Luccichenti, Mario Ridolfi a Roma (1935-1940)
Casa Colombo progettata da Mario Ridolfi e costruita in via San Valentino, alla sommità dei Parioli (1935-1938), Casa Furmanik di Mario De Renzi, edificata sul Lungotevere Flaminio (1935-1939), e Casa Bornigia di Ugo Luccichenti, eretta nella panoramica piazza delle Muse (1938-1940), costituiscono alcune tra le migliori prove della prima stagione della palazzina romana. Non solo per le loro intrinseche qualità formali, ma anche per il particolare rapporto che instaurano con il tema della vista. È in funzione dei campi visivi, infatti, che i progettisti definiscono soluzioni distributive, orientano ambienti di soggiorno, aprono balconate e logge. L'analisi delle modalità di inquadramento delle viste, lo studio delle geometrie e dei ritmi compositivi di piante e prospetti, l'esame della sequenza di ambienti che, dallo spazio pubblico, conduce alle scale, ai vestiboli, ai soggiorni e di qui a logge e balconate affacciate sull'esterno, costituiscono le chiavi interpretative attraverso cui l'autore propone una lettura di questi tre edifici. Se in Casa Bornigia il prospetto principale si scarnifica fino a coincidere con la trama di un telaio strutturale nel quale le finestre appaiono come grandi occhi spalancati sul paesaggio tiberino, se nella Palazzina Furmanik il fronte si rinserra conformandosi come un sistema di logge sovrapposte che intagliano viste orizzontali parallele al fiume, è nella Palazzina Colombo che la facciata assume una sua autonoma configurazione volumetrica rispetto al resto dell'edificio. I disegni analitici e gli smontaggi compositivi pubblicati a corredo del testo consentono di indagare la forma di queste architetture, di individuare l'autonomia di parti ed elementi, di riconoscere le relazioni sintattiche che si stabiliscono tra essi e di affrontare infine lo studio delle facciate a partire dalla loro doppia natura di ambito nel quale l'edificio rappresenta il proprio carattere e di spazio predisposto alla messa in scena del paesaggio urbano. -
Laminazione delle piene e invarianza idraulica
Lo studio prende in esame, tra i provvedimenti adottabili per compensare gli effetti che in un bacino idrografico l'impermeabilizzazione del suolo produce sull'aumento delle portate nella sezione di chiusura del bacino, la costruzione di vasche di laminazione (o casse di colmata) e il mantenimento dell'invarianza idraulica. Per il calcolo delle portate viene adottato il modello lineare e stazionario noto come modello cinematico o della corrivazione. Inizialmente il modello viene riferito a un bacino teorico caratterizzato da pendenze e coefficiente di deflusso costanti, divisibile da linee isocrone in fasce di uguale superficie. Viene dimostrato che l'efficienza della laminazione, intesa come percentuale di smussamento del picco di portata nella sezione di chiusura, varia in funzione del volume e della posizione delle vasche di laminazione. L'utilizzazione del modello viene poi estesa a un bacino idrografico reale (il bacino del Sarno) come strumento di verifica dell'efficacia delle opere di laminazione progettate. -
Pietre e memorie. Resilienza materiale e sociale dei centri storici-Stones and memories. Material and social resilience of historical centers
Il recupero della sola struttura materiale di un centro storico colpito da un evento distruttivo è una condizione di certo necessaria ma quasi mai sufficiente per attivare con successo un'azione di effettiva resilienza. Esiste, infatti, una resilienza materiale e una resilienza sociale che presuppone un'identità fondata sulla persistenza della memoria dei luoghi. È, infatti, a partire anche da pratiche individuali e collettive fondate sulla memoria che le donne e gli uomini possono ripristinare, pietra su pietra, le condizioni materiali e spaziali perché il desiderio di ricostruire prenda la forma di luoghi di nuovo da abitare e condividere, attivando processi per impedire o limitare nel futuro gli effetti indotti da altri drammi. Ricostruire pietre e memorie insieme, dunque. Il libro raccoglie gli esiti di un simposio che ha coinvolto sociologi, studiosi di storia sociale e di storia dell'architettura, e ospita scritti dedicati, in particolare, alla relazione tra ricordo, costruzione del discorso storico e azione sul presente. -
La densità del vuoto. Dispositivi progettuali dello spazio aperto contemporaneo
Densità del vuoto significa indagare in chiave nuova il tema architettonico e urbano del vuoto, un'assenza di materia ma non per questo un'assenza di significato, guardando, infatti, alle sue diverse declinazioni formali quali basi della composizione spaziale dell'architettura contemporanea. Il taglio della trattazione si definisce sin dal titolo nella sua forma ossimorica, che accostando un attributo di pienezza a ciò che è generalmente considerato vacuo si propone di affrontare il tema del vuoto in quanto spazio significativo sia come concetto che come dispositivo architettonico. Il testo è strutturato in tre parti, ""Le forme dello spazio aperto"""", """"Sei conversazioni sul vuoto"""" e """"Sei dispositivi formanti lo spazio aperto contemporaneo"""", che configurano una struttura entro cui i temi del vuoto e dello spazio aperto contemporaneo trovano una lettura critica che ne mette in discussione le forme, le qualità, i rapporti metrici e i significati, ricercando e valutando i possibili dispositivi elementari della composizione alla base del progetto architettonico. """"Le forme dello spazio aperto"""" rappresenta la prima parte del testo e intende inquadrare il tema sul piano teorico, in cui tanto la scelta dei temi da indagare, quanto l'ordine con cui si propongono in sequenza, manifesta una precisa volontà di tracciare un percorso unitario tra arte, filosofia e architettura. """"Sei conversazioni sul vuoto"""", fase intermedia tra la prima parte teorica e quella applicativa dei casi studio, è l'occasione per confrontare ambiti tematici del testo con il pensiero dei progettisti contemporanei autori dei casi studio analizzati. """"Sei dispositivi formanti lo spazio aperto contemporaneo"""" è un'analisi applicata, attraverso la grafica diagrammatica, dei casi studio individuati e classificati attraverso sei categorie di """"dispositivi formanti"""", definendo in questo modo una formalizzazione possibile dei temi teorici trattati. Chiude il testo un'ultima parte denominata """"Sei letture trasversali possibili"""", che incrociando la lettura del testo attraverso temi trasversali apre a infinite letture possibili del tema, conferendo in questo modo al testo la qualità di strumento flessibile e aperto a futuri sviluppi."" -
Migrazioni
La pubblicazione ""Migrazioni"""" segue il convegno internazionale Caumme III Paumme I Migration and the Built Environment in the Mediterranean and the Middle East tenutosi a Napoli nel novembre 2016. Renato Capozzi, Adelina Picone, Federica Visconti, curatori del convegno, proposero di discutere il tema attraverso sei tracks che miravano a scandagliare diverse declinazioni del tema generale delle migrazioni in relazione a specifici aspetti: antropologioco, sociale, linguistico, progettuale, tecnologico, urbanistico. A due anni di distanza dall'esperienza di """"Caumme"""" il tema delle migrazioni è più che mai attuale. I contributi confluiti nel convegno nel 2016 rivelano sagaci intuizioni e insieme intriganti visioni, rimarcando la specificità dei temi proposti insieme a inevitabili concatenazioni. I saggi raccolti in questo volume propongono una riflessione decantata del tema nelle sue sfaccettature e si interrogano sul ruolo che l'architettura può assumere nella gestione del fenomeno che più caratterizza il nostro presente."" -
Uwe Schröder quid pro quo. Progetto per il «Padiglione Germania» a Venezia. Ediz. a colori
Catalogo della Mostra dedicata a un progetto di Uwe Schröder, professore alla Rheinisch-Westfälische Technische Hochschule_RWTH University di Aachen in Germania: una proposte per un nuovo padiglione per la Germania all'interno dei Giardini della Biennale. Se il progetto in mostra costituisce un progetto 'colto', anche alla luce delle molte esplicite referenze che mette in campo, l'interesse disciplinare del lavoro si colloca in uno scenario di riflessione sul progetto contemporaneo, sul suo rapporto con la memoria e con i caratteri dell'architettura. -
Errico Alvino. Architetto e urbanista napoletano dell'800
Editato in una prima edizione nel 1962 da L'Arte Tipografica Napoli, viene riproposto questo saggio, dedicato all'attività del più noto architetto napoletano del secondo Ottocento, vuole rappresentare un ambiente professionale attraverso un suo esponente. L'Alvino, operando tra l'ultimo periodo borbonico e il primo decennio dell'Unità d'Italia, costituisce un legame tra un'antica tradizione costruttiva regionale e le nuove riforme urbanistiche connesse con il rinnovato assetto nazionale. In particolare, prima del 1860 Alvino curò la progettazione del Corso Maria Teresa (attuale corso Vittorio Emanuele); l'apertura di via Pace; il quartiere occidentale a Chiaia; il primo Piano di sistemazione del litorale di Chiaia (via Partenope e via Caracciolo); la prima Galleria sotto il Monte Echia. Negli anni successivi Alvino fu l'architetto più impegnato in tutte quelle iniziative urbanistiche che sfociarono in seguito nel Piano di Risanamento e Ampliamento della città. Il presente studio, oltre a colmare una lacuna nella recente storiografia architettonica, tende a indicare l'origine e gli sviluppi di numerose questioni urbanistiche napoletane ancora di vivo interesse attuale. -
Ivan Leonidov. Ascesa e caduta
La parabola professionale e umana di Ivan Leonidov è una grande metafora sia per l'esperienza dell'architettura moderna che per la storia dell'avanguardia russa del Novecento. Autore dotato di straordinaria capacità visionaria, di immenso talento grafico, di grandi nozioni tecniche e costruttive, la sua vicenda mette in scena tutte le contraddizioni delle possibili relazioni tra politica, società e architettura. Dal precocissimo esordio con i progetti per la sede dell'Izvestia e dell'Istituto Lenin, fino all'ultima difesa, con l'edificio del Narkomtiazhprom, contro l'involuzione realsocialista dell'architettura sovietica, tutti i suoi progetti sono indirizzati alla ridefinizione radicale di specifici temi di architettura, in vista della costruzione della coscienza e della città dell'""uomo nuovo"""". A questo fine sono piegate le risorse dell'architettura moderna: la pianta libera è reimmaginata in termini che settant'anni dopo verranno definiti """"generici""""; le tecniche costruttive diventano metafora della """"liberazione del lavoro"""" del paese dei Soviet; gli edifici sono brani di una città infinita che si estende fino agli Urali, ma anche ipotesi concrete di una nuova Mosca che si realizzerà secondo quelle direttrici solo nel secolo successivo. Anche la """"caccia all'uomo"""" che si scatena contro Leonidov una volta che il potere di Stalin si estende anche sull'architettura sovietica è esemplare della topografia di un nuovo potere. La distruzione delle scuole di architettura, lo sradicamento delle connessioni con le avanguardie europee, l'emarginazione degli autori per la creazione di grandi collettivi di progettazione senza volto, sono il portato di una classe dirigente che opera non solo per l'annullamento di un'ipotesi avanguardista per l'architettura, ma per il fallimento del proprio paese. Dell'opera di Leonidov, """"il codice genetico dell'architettura moderna"""" secondo la celebre definizione di Rem Koolhaas, restano pochissimi disegni e il fascino di questi oggetti architettonici che sembrano obbedire solo alle leggi universali della gravitazione in elegantissime orbite urbane e che continuano ad apparire supermodemi anche a novant'anni dalla loro creazione."" -
Le Corbusier e noi. Mezzo secolo di studi napoletani
"Le Corbusier e noi"""" è un bell'articolo che Renato De Fusco pubblica nel 1965, in morte del maestro franco-svizzero, sulla rivista """"L'Architetto"""", poi riproposto l'anno successivo da """"L'architettura. Cronache e storia"""". A partire da tale titolo, in occasione della ricorrenza del cinquantenario della scomparsa, il Dipartimento di Architettura dell'Università di Napoli Federico II ha voluto commemorare la figura di uno degli indiscussi protagonisti dell'architettura del Novecento con una giornata di studi - curata da Alessandro Castagnaro e Fabio Mangone, e patrocinata anche dalla Fondation Le Corbusier - nella quale fossero ricordati i contributi dedicati dagli studiosi napoletani, nell'arco di mezzo secolo, al teorico, all'urbanista, all'architetto e al designer di La Chaux-de-Fonds. Questo volume raccoglie alcune delle riflessioni proposte in quella sede, toccando questioni storiografiche, delineando tematiche care all'architetto, raccontando vicende formative, esaminando progetti realizzati e non; la bibliografia ricostruisce mezzo secolo di studi napoletani. Premessa di Gaetano Manfredi e presentazione di Mario Losasso." -
Il filo di un pensiero. Scritti appunti lezioni
Il libro raccoglie note, lezioni, scritti editi e inediti che riguardano temi diversi, ordinati per seguire il filo conduttore di un pensiero intorno alle grandi questioni del progetto di architettura, al suo farsi, ai problemi della composizione architettonica e urbana. Il pensiero è naturalmente riferito a una teoria razionale, classica della architettura, orizzonte necessario di ogni attività che rivendichi uno statuto artistico. -
Trentanove domande a Vittorio Garatti
Vittorio Garatti (Milano 1927) laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1957. Allievo di Ernesto Nathan Rogers, realizza nel 1954 con Ferruccio Rezzonico la mostra sugli strumenti musicali alla X Triennale e nel 1956, con lo studio BBPR, la grafica del museo del Castello Sforzesco. Dal 1957 al 1961 è professore di Progettazione all'Università di Caracas, Venezuela. Collabora con Carlos Raúl Villanueva, progettando con Sergio Baroni i servizi, del quartiere ""23 Enero"""". Dal 1961 al 1974 è docente all'Università dell'Avana. Per il Ministero della Costruzione progetta le Scuole di Balletto e di Musica nel Complesso delle Scuole Nazionali d'Arte - dal 2010 Monumento Nazionale e in attesa di essere dichiarate Patrimonio dell'Umanità. Progetta il Piano Regolatore dell'Avana, il Porto, il Parco Metropolitano, il Centro del Traffico, la Scuola Agraria """"Andrè Voisin"""" e - con Sergio Baroni - il Padiglione Cuba all'Expo di Montreal del 1967. Rientrato in 14ria nel 1974, è professore a contratto al Politecnico di Milano. Progetta e realizza importanti opere. Nel 2012 riceve con Roberto Gottardi e Ricardo Porro il Premio Vittorio De Sica per l'Architettura."" -
Trentaquattro domande a Francesco Cellini
Francesco Cellini (1944) è nato a Roma dove si è laureato in architettura nel 1969. Dal 1987 è stato professore ordinario di Composizione presso la Facoltà di Architettura di Palermo; poi, dal 1994, presso quella dell'Università degli Studi Roma Tre, di cui dal 1997 al 2013 è stato preside e infine professore emerito. Oltre che responsabile di diversi corsi di progettazione e composizione architettonica, è stato docente, poi direttore, del master internazionale di II livello Architettura i Storia I Progetto. Possiede un'ampia produzione scientifica e di ricerca e una lunga attività professionale, svolta prevalentemente in ambito pubblico attraverso incarichi e vincite di numerosi concorsi nazionali e internazionali. È membro e, dal 2017, vicepresidente dell'Accademia di San Luca. -
Kengo Kuma. Hiroshige Ando Museum Nakagawa-naki Bato. Ediz. italiana
Il rapporto tra tecnologia e progetto è il focus di questo libro. Indagare un’opera di architettura da diversi punti di vista ha lo scopo di rivelare quello che è dietro l’architettura e la rende possibile: il cantiere, il dialogo tra i diversi specialisti, aspetti che sovente vengono sottaciuti, omessi, ritenuti erroneamente marginali. Il progetto del Museo Hiroshige Ando è assunto come ‘caso esemplare’ di una modalità operativa che contraddistingue il lavoro di uno dei più interessanti protagonisti della scena internazionale. Il lavoro paziente che Kuma compie con i materiali fino a farli divenire costruzione, materia formata, è ripercorso in forma ‘indiziaria’ allo scopo di restituire al lettore la genesi di quest’opera, che nella personale ricerca di Kengo Kuma rappresenta un elemento nodale. Questo libro può essere uno stimolo a osservare l’architettura utilizzando uno ‘sguardo penetrante’, fino a ricostruire in maniera indiziaria il processo generativo che l’ha resa possibile: la fatica del quotidiano, l’ostinazione, la determinazione, l’umiltà e il pieno convincimento del valore sociale del nostro lavoro. All’interno un racconto fotografico di Peppe Maisto. con un saggio di Kengo Kuma. -
Atlas Marrakesh. Musei per la città storica
Marrakech - con la sua medina, i meravigliosi giardini dell'Agdal o della Menara e con le sue lunghe mura turrite in pisé - è oggi una città, patrimonio dell'umanità, che attira annualmente più di due milioni di visitatori. Spinta dalla volontà di affiancarsi alle grandi capitali del turismo ormai globale, da alcuni anni la ""città rossa"""" sta provando a dotarsi di strutture culturali ed espositive all'altezza della sua attrattività. Tuttavia, a fronte di una grande offerta di musei dedicati alla cultura artistica e artigianale locale, sono proprio gli spazi di supporto e valorizzazione del ricchissimo patrimonio architettonico a essere i più trascurati. Il lavoro che qui si presenta ha preso le mosse proprio da questa evidente criticità, proponendo piccoli progetti di nuovi edifici museali a servizio di tre tra i più significativi siti monumentali della città. Allo stesso tempo il libro è anche l'occasione per riflettere su alcuni temi più generali: il rapporto tra architettura contemporanea e città storica, il ruolo del museo nella valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale, le relazioni tra la cultura costruttiva occidentale e quella che è diretta espressione formale dell'Islam. Con un saggio di Hamid Triki."" -
Progetto?resiliente e?adattamento?climatico. Metodologie, soluzioni progettuali e tecnologie digitali
La rigenerazione delle città in una prospettiva climate-resilient rappresenta una sfida globale, da affrontare tuttavia in base a priorità e opportunità definite localmente, data l'influenza delle specifiche condizioni di contesto in termini di vulnerabilità sistemica e l'incidenza del microclima urbano sulle variabili climatiche. Emerge in tal senso una crescente necessità di approcci metodologici e strumenti operativi in grado di gestire la complessità e la dimensione multiscalare dei processi di trasformazione dell'ambiente naturale e costruito in un'ottica di sostenibilità e resilienza. Il volume presenta gli esiti del Programma di Ricerca di Ateneo dell'Università di Napoli Federico II SIMMCITIES_NA (2017-2018), relativi all'inquadramento di tali temi dal punto di vista teorico e della sistematizzazione tecnico-scientifica dei risultati della prima fase di ricerca, sviluppata attraverso l'applicazione di modelli operativi e strumenti di design computazionale in grado di includere nel processo di sperimentazione progettuale i necessari livelli di informazione e controllo prestazionale degli interventi. -
Appunti di viaggio a Napoli. Album fotografico di paesaggi urbani in 24 secoli di modernità. Ediz. illustrata
"È assai interessante questa raccolta di immagini perché diventa agevolmente un racconto, una storia piccola ed enorme di quello che era, di quello che è e di quello che potrebbe essere. La storia di un ragazzo e poi di un uomo che ha percorso chilometri accorati e riflessivi, una macchina fotografica al collo e un taccuino in mano, lasciando la mente libera di andare per le sue vie che sono uguali e diverse da quelle dei piedi. Una storia fatta di sorrisi e di incroci, di volte e di pavimenti, di portoni e di davanzali. Una storia che non prescinde mai dalla bellezza, senza evitare la bruttezza. Una storia forse disarticolata, ma certamente accorata e affettuosa come nessun'altra. Una bella, grande storia d'amore."""" (dalla nota di Maurizio de Giovanni)"