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Leggere Rousseau. Le lettere
Rousseau si trova al confine fra due mondi: ha avuto nemici illustri nel materialismo francese del Settecento, al quale aveva partecipato nel periodo giovanile, e anticipa per certi aspetti la cultura tedesca alla svolta del secolo, i romanzi di Goethe e la teologia di Schleiermacher. Questo libro cerca di mostrare in un linguaggio piano l'unità di sviluppo e insieme la ricchezza di soluzioni che sono proprie del pensiero rousseauiano: tenta cioè di affrontare non questo o quel problema, ma ""tutto"""" Rousseau, nell'intero arco della sua esperienza intellettuale, inseguendo la permanenza e insieme la profonda trasformazione di certi temi fondamentali: la natura e la cultura, l'amore di sé e l'amor proprio, l'essere e l'apparire. Ne emerge un'evoluzione nella quale il momento politico forte e originale dei Discorsi e del Contratto sociale viene lentamente attenuato dal prevalere di prospettive diverse che l'autore portava in sé dalla giovinezza: l'interesse individuale e sostanzialmente cristiano per una salvezza e un compimento di sé che non può esaurirsi nella storicità concreta del suo tempo."" -
«Uomo di penna e di pennello». Il doppio talento di Ardengo Soffici
Nel corso degli anni l'attività pittorica dell'intellettuale Ardengo Soffici è stata studiata separatamente da quella letteraria, e con maggiore attenzione. Questo studio, per la prima volta, desidera invece evidenziare la stretta aderenza e l'evidente influenza del doppio talento dell'artista di Poggio a Caiano, e il modo in cui egli subì il fascino delle nuove correnti artistiche italiane ed europee del Novecento. Il volume indaga approfonditamente la figura dello scrittore-pittore dal punto di vista del doppio talento, mettendo in parallelo i problemi teorici del visivo e del letterario alla luce delle influenze fiorentine, italiane ed extraeuropee, soprattutto francesi, che agirono sulla sua formazione. Soffici ne emerge così come una figura necessaria e imprescindibile, punto di snodo e, al contempo, di approdo, per comprendere le dinamiche artistiche, figurative e letterarie che si affacciavano al nuovo secolo e la loro interazione con il nuovo concetto di modernità. Prefazione di Valter Leonardo Puccetti. Postfazione di Floriana Conte. -
Il dossier di Avignone (9 febbraio 1320-11 settembre 1320)
Nel Cielo delle stelle fisse san Pietro profetizza a Dante e al mondo il trasferimento della Curia Romana ad Avignone. Anche in cima al Purgatorio nel paradiso terrestre, il giorno prima, Beatrice e uno spettacolo enigmatico con più attori avevano preannunciato questa rivelazione (Purg. XXXII-XXXIII), ma nel Paradiso le parole di san Pietro sono esplicite. Dure, autorevoli: i Guaschi e i Caorsini saranno i prossimi pontefici (Par. XXVII 58-60). La parodia della salvezza è spaventosa. Il sangue di Pietro e dei primi papi martiri (Par. XXVII 40-42) verrà bevuto in un rito demoniaco (Par. XXVII 27). Nell'istante della rivelazione, datata 1300, tutto l'ottavo cielo diventa rosso scuro. Clemente V, il papa guasco (1305-1314), era già atteso in Inferno e sarebbe caduto a capofitto nella profonda bolgia dei simoniaci (Inf. XIX 82-87 e Par. XXX 142-148). Ma che ne è nella Divina Commedia del caorsino Jacques Duèse, papa con il nome di Giovanni XXII (1316-1334)? Succede infatti che l'unico documento storico in originale, segreto ma ufficiale, che contenga il nome di Dante Alighieri di Firenze sia proprio un documento della Curia di Giovanni XXII. Due cardinali nipoti del papa (Bertrand du Pouget e Arnaut de Via) e l'abate di Saint-Sernin di Tolosa (Pierre Le Tessier) sono i testimoni ad Avignone di una denuncia che coinvolge anche Dante: a Milano Matteo Visconti ha fatto costruire una statuetta-ymago d'argento di Giovanni XXII e la vuole distruggere con sortilegi. Nel 1320, giorno per giorno, un anno prima che Dante Alighieri muoia. Qui si pubblicano e si commentano i documenti dell'Archivio Apostolico Vaticano. E si dialoga con le domande che si pongono i dantisti, i lettori della Commedia, i filologi, gli archivisti e gli storici. Edizione critica, diplomatica e facsimilare. -
La rivelazione indiana
Persuasa che la rivelazione divina non sia esclusiva di un popolo e di un tempo, Simone dedicò gli ultimi anni della sua breve vita (1909-1943) a un'indagine nelle tradizioni religiose di tutto il mondo, alla ricerca di cosa unisce nella verità le diverse rivelazioni. Particolare rilievo in questa indagine lo ebbero le grandi filosofie e religioni dell'India: l'induismo, esaminato nei suoi principali testi - le Upanishad e la Bhagavad-Grta - per le quali Simone studiò intensamente il sanscrito; il buddhismo, soprattutto nella sua forma Zen, e, di riflesso, anche il taoismo cinese. Nella ""rivelazione indiana"""" Simone trovò quegli elementi essenziali che non aveva trovato in quella biblico-cristiana: il distacco dall'ego, con la conseguente identificazione con l'Uno-Tutto; il concetto impersonale e, insieme, personale di Dio, una cosa sola con l'anima. Sul piano morale, trovò la risposta al problema dell'azione e della forza, tanto più scottante durante la guerra: come Krishna insegna ad Arjuna, l'azione è buona se compiuta senza guardare ai frutti, """"senza perché"""", come dicono i mistici cristiani. Simone si convinse infatti che la verità delle religioni non sta nelle rappresentazioni teologiche, ma nella mistica. Le mistiche - scrisse - si rassomigliano tutte, fin quasi all'identità. Cogliere questa identità, ma anche il rilievo di quel """"quasi"""", fu l'impegno che assolse fino alla morte."" -
La critica alla rivoluzione nel pensiero di Augusto Del Noce
Augusto Del Noce è stato uno dei pensatori più originali e stimolanti del Novecento, dotato di una singolare capacità di prevedere gli scenari politici e culturali del suo tempo. Uno dei maggiori contributi della sua riflessione filosofica sta in una critica dell’idea di Rivoluzione, condotta all’interno del pensiero moderno, da cui questa idea è germinata. All’idea di Rivoluzione, destinata a suicidarsi per le sue contraddizioni interne, Del Noce oppone la perennità dei valori tradizionali, ma a differenza degli autori tradizionalisti, egli riteneva possibile il recupero positivo di quella “modernità” di cui pure avvertiva la crisi. Roberto de Mattei, che con lui ebbe nello spazio di vent’anni una intensa frequentazione, testimoniata dalle lettere inedite che pubblichiamo in questo volume ne ricostruisce e valuta il pensiero. -
Lemme vince il vento
Una giostra di personaggi gira attorno a Lemme e alla sua famiglia. Siamo nella Cento anni Cinquanta, con il canale di cinta ancora in bella vista, con via Bologna neanche tracciata, con la statua del Guercino ancora nel piazzale della Rocca, con la fabbrica Pesci ancora eretta, come il mercato coperto. Le campane sono la colonna sonora dell'infanzia di Lemme, un citino che cerca di crescere, un po' furfantesco, un po' chierichetto, e fa del dialetto la voce di tutte le esperienze. Non è un diario e non è un resoconto geografico o storico. Non è un libro per ragazzi. È un libro che racconta la storia di un ragazzo alla continua ricerca di sé, che teme per certi versi di crescere, capisce che deve arrangiarsi e tende a svolgere più ruoli. Ecco perché il finale lo vede in qualche modo diventare un Totalemme. -
La mente di Leonardo
Con ""La mente di Leonardo"""", premio Viareggio per la saggistica 1954, Luporini rivendica la rilevanza filosofica (negata da Croce all'inizio del secolo) e scientifica (essa pure era stata revocata in dubbio) del pensiero del grande vinciano. Essa nasce non dalla costruzione di un sistema ma dal confrontarsi di Leonardo con problemi «carichi di avvenire» e «decisivi nella formazione del mondo moderno». Leonardo viene così presentato come una prima testimonianza, certo non priva di limiti, di quel nesso fra metodologia delle scienze della natura e filosofia destinato a divenire elemento caratterizzante dell'indagine filosofica dei secoli XVII e XVIII. Primo sperimentalista consapevole, capace di istituire un rapporto chiaro fra matematica e esperienza, Leonardo indaga la natura con un atteggiamento scevro da ipoteche religiose o magico-occultistiche e già partecipe di quell'ethos democratico che è proprio della scienza moderna."" -
La religione della libertà e altre conferenze americane su Europa e umanismo
Il volume raccoglie alcuni scritti saggistici di Lauro de Bosis (1901-1931), già tradotti e pubblicati nel 1948 da Gaetano Salvemini, con note di Mario Vinciguerra, per la collana ""Biblioteca Leone Ginzburg (Documenti e studi per la storia contemporanea)"""" dell'editore De Silva di Torino. È arricchito inoltre da un'appendice con le lettere finora inedite indirizzate da de Bosis a Benedetto Croce tra il 1924 e il 1930. Il titolo del libro riproduce quello scelto da Lauro per una delle sue conferenze americane, chiaramente ispirato alla """"Storia d'Europa nel secolo decimonono"""" di Croce, che de Bosis fece in tempo a leggere negli Atti della Accademia di Scienze Morali e Politiche dove apparvero nella primavera del '31 alcune anticipazioni, e in modo particolare il primo capitolo dell'opera:"""" La religione della libertà"""". Si intende in questo modo richiamare l'attenzione su una straordinaria figura di antifascista prossima a scivolare nell'oblio, sulla sua leggendaria fama di violatore del cielo fascista di Roma, sulle idealità e sulla filosofia in cui metteva radici la sua azione, sulla sua matura statura di oppositore ad ogni forma di totalitarismo - di destra e di sinistra -, sulla sua lodevole funzione di ambasciatore della """"civiltà italiana"""" negli Stati Uniti, sulla sua lungimirante intelligenza cosmopolitica e internazionalistica, anticipatrice per molti versi del futuro europeismo. Prose lucide e vibranti, realistiche e epiche al tempo stesso, a testimonianza del valore ideale della """"civiltà italiana"""" ancora oggi tutelata dalla Lauro de Bosis Postdoctoral Fellowship istituita presso la Harvard University."" -
Bios. Poesie, haiku, distici 2015-2019
"Bios. Poesie 2015-2019"""" prosegue il lungo e complesso itinerario poetico di Maura Del Serra - da """"L'opera del vento"""" (2006), a """"Tentativi di certezza"""" (2010), a """"Scala dei giuramenti"""" (2016) - con una raccolta in cui la scolpita compattezza strutturale delle cinque sezioni approfondisce in rinnovata ricchezza ed energia stilistica la passione conoscitiva ed etica dell'autrice, l'arco tematico del suo viaggio testimoniale nella condizione umana, che tocca accenti ad un tempo intimi e cosmici, civili e memoriali, dialettici ed epigrammatici, in cui l'esperienza personale di una tarda maturità femminile spazia in voci e ritratti, si vena di tenero humour familiare o si affila in pathos satirico contro le violente lusinghe della storia, trasfigurando con affascinante visione l'illusoria caducità della nostra sorte in pegno e promessa di assolutezza metatemporale." -
«Il confine, il confine. Dov'è?». Theodor Fontane, Friedrich Nietzsche e il realismo tedesco
Il mondo rappresentato nei romanzi di Theodor Fontane e di Wilhelm Raabe è strutturato da confini rigidi, superare i quali comporta un prezzo molto alto qualora si imbocchi la strada di una certa eccentricità. Se è vero, secondo il celebre assunto di Lotman, che il testo narrativo è tale se almeno un personaggio attraversa la linea che separa uno spazio semantico da un altro, nella narrazione realista questa struttura è anche un centro ideologico fondamentale. La concretezza dell'idea di confine e di limite affiora fin dalla trama, e si palesa nella descrizione delle case e dei palazzi che fanno da sfondo alle vicende narrate. L'onnipresenza del confine evoca per contrasto il suo superamento, annunciando così quella semantica che Nietzsche, contemporaneo degli autori qui presentati, mobilita nei suoi scritti per demolire l'edificio dei luoghi comuni che gravano sulle nature meno addomesticabili. Il libro vuole mettere in luce questa affinità tra una letteratura e una filosofia che, nella Germania di fine Ottocento, condividono un orizzonte di esperienze storiche e culturali comuni che trova nella casa, in quanto spazio delimitato da confini tangibili, una delle sue metafore più pregnanti. -
Da Boccaccio a Landino. Un secolo di «lecturae Dantis». Atti del Convegno internazionale (Firenze 24-26 ottobre novembre 2018)
Argomento degli studi raccolti nel volume sono le antiche lecturae Dantis, quelle che per tutto il Quattrocento hanno fatto seguito alle letture pubbliche avviate da Boccaccio e che, mai oggetto di indagine sistematica, al più confinate nell'aneddotica localistica, hanno segnato a fondo e con continuità, e non solo a Firenze, la stagione immediatamente successiva a quella dei grandi commenti trecenteschi. Si tratta di un fenomeno complesso, tutto da recuperare nei termini specifici del suo svolgimento e in cui all'evidenza delle implicazioni ideologiche, tanto propriamente politiche che culturali e religiose, si uniscono sottili questioni giuridico-amministrative. All'obiettivo principale, che è naturalmente una collocazione non solo più piena ma anche più consapevole della 'presenza' e dell''uso' di Dante a Firenze nella stagione dell'umanesimo triumphans e dell'affermazione progressiva dei Medici, si affiancano altri più circoscritti e a quello direttamente connessi come la ricostruzione documentata della serie delle lecturae, la messa a fuoco delle logiche che di volta in volta le hanno promosse, la determinazione dei luoghi e delle modalità del loro svolgimento, lo studio delle figure professionali coinvolte. Quanto acquisito consente di cominciare a rispondere a domande del tipo 'perché leggere Dante', o anche 'per chi leggerlo', così come a quelle correlate 'come leggerlo' e 'dove leggerlo', che comportano risposte anche molto diverse nel succedersi delle stagioni e dei luoghi. Il che consente di recuperare quello spazio pubblico condiviso che è sia espressione e riprova della vitalità del culto di Dante sia anche un ponte in grado di collegare il Dante del singolo (del singolo lettore, esegeta, copista, miniatore) a quello 'di tutti'. Quel Dante fatto espressione prima di una città e poi di una nazione per essere riconosciuto oggi patrimonio universale. -
Nel Duecento di Dante
Il volume presenta un ampio affresco del mondo storico e umano della ""Commedia"""", attraverso la trattazione di una serie selezionata di personaggi riferibili principalmente al Duecento. Studiosi di letteratura e storici si confrontano, ora offrendo dei rinnovati profili dei personaggi, ora analizzandone aspetti e caratteristiche ancora inedite. L'insieme degli interventi, concepiti in origine per un convegno tenutosi presso la Società Dantesca Italiana, offre ampio materiale per approfondire alcuni dei principali nodi interpretativi del poema, affrontati attraverso un taglio interdisciplinare che mira a cogliere la complessità del mondo dantesco attraverso il campionario di umanità in esso rappresentato."" -
La scienza dei santi
La scienza o la sapienza dei santi era l'espressione di cui ci si serviva, nel XVII secolo, per designare ciò che si definiva anche, indifferentemente, la scienza mistica. Tanto basta per capire che i ""santi"""" di cui sarà questione in questo libro non sono gli eroi dell'agiografia tradizionale, ma quelli che noi oggi chiameremmo i contemplativi. Va detto inoltre che ciò che viene alla luce in questa ricerca, non sono i contorni generali di un'esperienza, ma le strutture elementari di un discorso. Non si tratterà, in altri termini, di descrivere quel che i mistici sentivano, e nemmeno, a propriamente parlare, quel che pensavano, ma il modo in cui essi pensavano, la maniera in cui articolavano il loro pensiero. Si tratterà, in una parola, di situarsi nel punto preciso in cui un pensiero si converte in linguaggio. Si segnala infine all'attenzione del lettore che il presente saggio è circoscritto alla spiritualità francese del Seicento. Questa restrizione non corrisponde tanto a naturali limitazioni di competenza, quanto piuttosto alla ferma convinzione che il misticismo, o più esattamente i misticismi, siano in primo luogo manifestazioni storicamente determinate (e differenziate) di società e di culture diverse."" -
Gigliola Curiel. Una vita nella moda
Gigliola Curiel è stata una delle più importanti stiliste italiane del dopoguerra. Una donna forte, temprata dalle difficoltà, affascinante e corteggiata, geniale e capace. La sua vita si intreccia con i più emblematici avvenimenti storici del nostro Paese e con le maggiori personalità del mondo culturale italiano. Nipote di Ortensia, famosa sarta triestina, e sorella di Eugenio Curiel, partigiano e Medaglia d'oro al valore militare, Gigliola cresce spensierata in una città multietnica, circondata dall'intellighenzia triestina, tra cui Saba e i cantanti del Politeama. Fin da piccola, si appassiona alla moda e decora i suoi quaderni di scuola con schizzi di vestiti che fa realizzare dalle sarte della città. Siamo negli anni del delitto Matteotti quando il fascismo comincia a consolidare il suo potere e presto tutto il Paese dovrà fare i conti con i piani di Mussolini. Nel 1938, in seguito alle leggi razziali e alla prematura morte del padre, la famiglia Curiel è costretta a lasciare Trieste, sparpagliandosi per il Paese. Stabilitasi a Roma negli anni della guerra, Gigliola grazie all'aiuto di un amico, si trasferisce all'Hotel Plaza, sede delle SS, dove crede che nessuno verrà a cercarla. In quei giorni confusi, sotto le bombe che flagellano la apitale, Gigliola è costretta a barcamenarsi tra il suo sogno di lavorare nella moda e le necessità della guerra. Dopo l'arresto del fratello Sergio, sarà costretta a fuggire di nuovo, in attesa che gli alleati liberino la città. Sarà prima a Todi, poi in Campania, dove tramite il fratello fornirà aiuto ai partigiani che sostengono l'avanzata alleata. Qui conosce Nino Brozzetti. I due si innamoreranno perdutamente dando vita a una storia passionale e tormentata. Gigliola, una donna forte e determinata, continuerà nel suo progetto e nel 1945, al termine della guerra, tornerà a Milano per fondare la sua casa di moda. I successi del marchio Curiel furono numerosi. La stilista, amata dalle grandi dame milanesi, apprezzata anche da Camilla Cederna, diventerà in breve tempo una delle più seguite della città e i suoi vestiti sfileranno più volte alla prima della Scala. Gigliola è imprenditrice dinamica e capace ma dovrà fare i conti anche con le figlie, Gabriella, nata dall'amore con Nino e soprattutto Raffaella che ormai diciottenne passa sempre più tempo in sartoria. Raffaella ha il carattere testardo e determinato della madre che, dopo alcuni anni di litigi, metterà alla prova la figlia, affidandole una collezione. -
Per Enrico Fenzi. Saggi di allievi e amici per i suoi ottant'anni
Con questo volume, colleghi e amici rendono omaggio a Enrico Fenzi in occasione del suo ottantesimo compleanno. La varietà dei suoi interessi, la sua curiosità intellettuale, la profondità del suo sguardo critico hanno nutrito e guidato studiosi italiani e stranieri, che testimoniano qui il loro debito con il suo lavoro di ricerca sottolineando la vastità delle sue prospettive con l'ampiezza cronologica degli studi offerti. Naturalmente l'omaggio e il ringraziamento sono rivolti anche all'umanità del Maestro, alla sua gentilezza, e alla generosità disinteressata del suo magistero. Il volume è curato da Paolo Borsa (Université de Fribourg, Suisse), Paolo Falzone (Sapienza Università di Roma), Luca Fiorentini (Sapienza Università di Roma), Sonia Gentili (Sapienza Università di Roma) , Luca Marcozzi (Università di Roma Tre), Sabrina Stroppa (Università di Torino), Natascia Tonelli (Università di Siena). -
Utopie ed eterotopie. Rappresentazioni letterarie della Madrid della Transizione
Anche in Spagna, dove l'immagine della capitale nella letteratura è stata oggetto di numerosi studi e ricerche scientifiche, il tema della Madrid letteraria degli anni della Transizione democratica non è ancora stato sufficientemente sviluppato. Eccezion fatta per alcuni saggi pubblicati in riviste letterarie, non esistono monografie e/o volumi collettanei di carattere scientifico dedicati al tema specifico. Questo volume si configura come uno spazio di riflessione su alcuni aspetti relativi all'immagine letteraria della città di Madrid nell'epoca del passaggio dalla dittatura franchista alla democrazia (1975-1982), con particolare attenzione agli aspetti sincronici e diacronici delle rappresentazioni da parte degli autori che stanno assistendo al processo di Transizione politica, fino alla Madrid ricordata, quella che prende forma nei romanzi pubblicati negli ultimi vent'anni, a partire dalla fase revisionista che ha caratterizzato il più recente dibattito storiografico spagnolo. -
La letteratura nigeriana in lingua inglese
La tradizione letteraria nigeriana, appropriatasi della lingua del colonizzatore, travalica i confini nazionali, percorrendo temi che vanno dalla cosmogonia mitologica all'impatto coloniale, dall'indipendenza alle migrazioni contemporanee. Nonostante sia ampiamente tradotta, in Italia non esiste ancora un libro di testo che la sistematizzi, la contestualizzi storicamente e culturalmente, illustrandone la complessità, la ricchezza e l'importanza nel mondo delle lettere in modo chiaro e ordinato. In questo volume se ne approfondiscono temi e correnti e si presentano i tre autori di maggiore spicco, ormai assurti a classici nel panorama letterario internazionale: Amos Tutuola, considerato uno dei precursori della letteratura moderna africana, le cui opere segnano il passaggio dalla tradizione orale degli yoruba alla letteratura scritta; Wole Soyinka, primo autore africano a essere insignito del premio Nobel per la letteratura (nel 1986); e Chinua Achebe, autore di opere celebri tra cuiIl crollo (Things Fall Apart, 1958), il romanzo africano più letto nei curricula scolastici e universitari di tutto il mondo. -
Le istruzioni del gioco
"Le istruzioni del gioco"""" si presenta come un singolare diario in versi, che ha come motivo ricorrente il tema per eccellenza della poesia: l'amore. Declinato, però, in forme stranianti e anticonvenzionali, e con una lingua che sembra avere gli stessi tic delle parole dei bambini: insomma, con quello stile sghembo e sorprendente che ha imposto la voce di Roberta Durante all'attenzione dei lettori di poesia. Spunti quasi metafisici si alternano alla registrazione di minime variazioni emotive, riferimenti all'immaginario anni novanta si intrecciano con cronache di stretta attualità. Lungo il filo di un discorso amoroso frammentario ma totalizzante che disvela la bellezza di due mondi complementari: quello a occhi aperti e quello a occhi chiusi. Con uno scritto di Tiziano Scarpa." -
Gli egoisti
Nel corpus narrativo di Federigo Tozzi un romanzo come ""Gli egoisti"""" rivendica una posizione singolarmente originale. Affidandosi di nuovo alla scrittura e proiettandosi in un personaggio protagonista come il musicista Dario Gavinai, Tozzi aggiorna un proprio impegno allegorico, rappresentativo e decifrante, messo al servizio delle esigenze di quel """"romanzo interrogativo"""" così ben delineato, nelle sue mappe storiografiche di afferenza italiana ed europea, da Giacomo Debenedetti. Redigendo """"Gli egoisti"""" Tozzi scrive in effetti un ulteriore capitolo del suo ideale, unico, grande romanzo a sfondo autobiografico: la propria «vita scritta». L'elemento desunto dall'esistenza, letterariamente dislocato e rivissuto, investe in primo luogo, come di consueto, un inetto in balia delle sue velleitarie e insoddisfatte attitudini artistico-creative e dei suoi ambigui sentimenti. In un'ambientazione delle vicende non più senese ma romana, anche l'intero cast delle presenze convocate dalla trama rimanda puntualmente alla vita dello scrittore: da Albertina Marelli al Carraresi, dal Papi al Giachi. L'accertabile derivazione autobiografica non impedisce tuttavia a Tozzi di trascenderla e sublimarla in arte, facendo del racconto di una contrastata storia d'amore - una storia d'amore inaspettatamente a lieto fine e proiettata sugli espressionistici scenari di una Roma di primo Novecento - una rigorosa indagine delle profondità della psiche."" -
Quaderno del nulla e altri testi
Dina Ferri, primonovecentesca «poetessa pastora » delle campagne senesi prematuramente scomparsa poco più che ventenne, era abitata dalla poesia. Il suo ""Quaderno del nulla"""", apparso per la prima volta postumo nel 1931, che qui si ripubblica accompagnato da suoi testi inediti finora del tutto sconosciuti, lo dimostra. È certo che una morte troppo prematura non consentì alla voce della Ferri di dispiegarsi e sviluppare compiutamente un graduale e articolato percorso di crescita e affinamento del suo dono, ma già quello che il suo libro e i testi a esso affiancabili propongono al lettore è sufficiente a situare in maniera significativa e indelebile la sua figura e il suo operato nel panorama della poesia italiana di primo Novecento. Spetta di diritto all'«incompiuto canto» di Dina Ferri questo posizionamento storiografico culturalmente fondato, accertabile sulla base di quelle stesse conoscenze letterarie (la poesia di Pascoli in primis) di cui la giovane poteva disporre e che la sua produzione rende di primo acchito apprezzabili. Un pascolismo a sfondo naturale dipendente in primo luogo da Myricae che alla Ferri era possibile originalmente rivivere a contatto con la sua natura, secondo la propria quotidiana esperienza di contadinella vissuta tra i campi, i boschi e le pareti della sua casa (un «povero casolare da presepe» secondo Aldo Lusini). Una ragazza dedita al pascolo e alle fatiche rurali prima ancora che agli estetici lavori di ricamo che tanto le piacevano e a quella scrittura rivelatasi presto, per lei, come lo spazio espressivo d'elezione. (dall'Introduzione di Marco Marchi). Pubblicato postumo nel 1931 per le cure di Piero Misciattelli presso la casa editrice Treves di Milano, il """"Quaderno del nulla"""" di Dina Ferri comprendeva una scelta di poesie e prose attinte da un quaderno su cui la Ferri aveva via via trascritto dai suoi elaborati scolastici ricordi, storie e impressioni della sua vita trascorsa fra i lavori dei campi e le amate letture. Alla riproposta della prima storica edizione del libro, questo volume affianca un nucleo consistente di testi finora inediti tratti dal testimone autografo superstite del """"Quaderno del nulla"""" custodito nell'archivio di famiglia. Introduzione di Marco Marchi.""