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Va pensiero. 30 anni di rock e metal in italiano
Rock e metal cantato in italiano. Un ossimoro? Eppure in trent'anni di storia tante cose sono state fatte e scritte. Tanta buona musica è stata suonata. Queste pagine, tra schede esaudienti, discografie e testi, raccontano un lungo viaggio, fatto di chitarre elettriche, sogni e speranze. Dai nomi più noti come Timoria, Litfiba, Karma, Ritmo Tribale e tanti altri - fino alle band misconosciute, ma ugualmente importanti. Senza abbandonare i sentieri del rock e del metal, non manca lo spazio per i gruppi di ""confine"""", per le """"anomalie"""", per le etichette specializzate, le compilation e persino i demo-tape. Corredano il volume alcune interviste a musicisti, giornalisti ed operatori del settore."" -
Skanners. Eins zwei drei metal party. Con DVD
Heavy metal fatto da italiani? Fra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta suonava come un ossimoro. Oggi, Anno Domini 2013, una band festeggia oltre trent'anni di milizia siderurgica ininterrotta. Una storia, quella degli Skanners da Bolzano, iniziata nel lontano 1981 e che continua tuttora, costellata da cannonate sotto forma di album che fanno parte dell'epopea del Metallo Tricolore ma anche da momenti di profonda crisi in termini di seguito, come quando si esibivano di fronte a dieci persone negli anni bui per le sonorità metalliche tradizionali, alle quali sono sempre rimasti fedeli. Tempi ove imperversava il fenomeno Grunge e molti coevi abbandonarono quell'amore borchiato. Cronaca di un credo nell'Acciaio fatto musica lungo tre decenni, fra inevitabili alti e bassi, sangue e sudore, incurante delle mode, spesso in opposizione a un sistema che Loro stessi contribuirono a creare e che a un certo punto gli si rivoltò contro. ""Ein rhythmus, eine melodie"""", questo il motto dei due prodi nocchieri Claudio Pisoni e Fabio Tenca, storico e collaudato bicilindrico dell'heavy metal italiano, artefice di un sogno in denim&leather che sembra non avere fine..."" -
Too much too Boohoos. La leggenda anni 80 della mia band venuta da Marte
L'autore non ha voluto semplicemente raccontare la storia dei Boohoos, banda di glam rock psichedelico da lui fondata nel 1985, ma ha inteso scandagliarne con coraggio la ""leggenda"""", cioè quella zona motivazionale oscura, intermedia e talvolta dolorosamente privata da cui è scaturita la prima molla creativa ma anche via via l'attitudine sempre più autodistruttiva della formazione pesarese. In una sorta di diario-confessione, dal quale risulta naturalmente privilegiato il peculiare punto di vista mistico e visionario dell'autore-fondatore, vengono passate in rassegna tutte le fasi di trasformazione del gruppo """"venuto da Marte"""", dalla sua nascita fino al prematuro, inatteso epilogo, avvenuto nel 1989."" -
Punk, anarchia, rumore
"E comunque. Va bene Beethoven. Va bene Mozart. Ma qui si torna sempre al rumore, alla gola in fiamme, alla sete. Basta una chitarra e un cazzo di amplificatore, e la notte si condensa intorno alle bottiglie vuote, ai corpi sudati, al desiderio di non morire."""" Questo libro, alla soglia del quarantennale del 1977, non è l'ennesima storia sul punk, eppure contiene e fa un sacco di storie. Anzi, si diverte ad accumulare brandelli di storie, di testi, di analisi, giocando con vari stili e registri. D'altronde, perché mai avere in testa uno schema definitivo (e ideologico) quando il punk ha cercato di negare ogni struttura culturale? In questo libro, si passa così, in ordine sparso, da un breve excursus sui Crass, leggendario gruppo anarcopunk e pacifista, ad alcuni accenni critici sulla violenza rivoluzionaria; da un tentativo d'inquadrare storicamente il """"rumore creativo""""ad una breve e sarcastica investigazione sulla gestione della merda nel mondo Occidentale (il nome GG Allin vi dice forse qualcosa?). E ci trovate ancora: recensioni inattuali, una carrellata sull'anarchia, note sul rumorismo contemporaneo, impeti d'amore, poeti punk ante litteram, disquisizioni in un odioso e finto stile post-strutturalista, e molto altro ancora. Insomma, ce n'è abbastanza per farvi odiare autore ed editore. Ma l'effetto è voluto. La prima pietra è scagliata." -
Io sono la new wave. La storia di Federico Fiumani e dei Diaframma
Nati alla fine degli anni Settanta, in pieno ciclone post-punk e new wave, i Diagramma sono uno dei pilastri del rock indipendente italiano. Da sempre guidati dal leader Federico Fiumani, sono stati, insieme a Litfiba, Neon e Pankow, tra i gruppi più rappresentativi della scena fiorentina degli anni Ottanta, riuscendo a spaziare da sonorità dark-wave ad un rock di stampo cantautorale. Siberia, il loro esordio del 1984, è stato inserito nel 2012 dalla rivista ""Rolling Stone""""al settimo posto tra i cento migliori album italiani di sempre e dischi come Tre volte lacrime, Boxe, In perfetta solitudine ed Il ritorno dei desideri sono oggi considerati dei classici. Federico Fiumani, con gli anni, oltre ad aggiudicarsi il Premio Ciampi, ha alternato con successo la carriera di musicista a quella di scrittore, pubblicando antologie di poesie e libri di memorie. I Diaframma, dopo trentacinque anni ed una ventina d'album, sono ancora in attività, con nuovi dischi e tour. Il libro ricostruisce nei dettagli la lunghissima carriera del cantautore fiorentino, avvalendosi di recensioni, articoli ed interviste d'epoca, per rendere il giusto tributo ad uno degli artisti più importanti, ma spesso sottovalutato, del panorama italiano."" -
Intrusi a Sanremo. Il rock e le innovazioni nella storia del Festival
A una manifestazione tradizionale e popolare come Il Festival della Canzone Italiana è difficile associare il concetto di innovazione. Ciò nonostante, o forse proprio per questo, è attraverso la storia di Sanremo che la canzone italiana ha fatto passi coraggiosi scandendo i momenti chiave dell’evoluzione della nostra musica leggera. Da Domenico Modugno agli Afterhours, da Adriano Celentano ai Perturbazione, da Eugenio Finardi ai Subsonica, quello tra Sanremo e l’innovazione è da sempre un connubio controverso ma efficacissimo. Introdotte quasi sempre come elementi di rottura, le vedette o le canzoni “alternative” arrivate in gara a Sanremo hanno dimostrato che tra due mondi così alieni c’è molto più rispetto e stima di quanto si possa immaginare. Dagli anni ’50 fino ai giorni nostri gli intrusi della musica pop italiana hanno scelto il Festival per concedersi una chance, per allargare il pubblico o, più semplicemente, per fare promozione in grande stile, ottenendo in cambio esattamente quanto previsto. Gli Intrusi a Sanremo hanno spesso cambiato le regole, lasciando un segno indelebile tanto sulle tavole dell’Ariston quanto nell’intero panorama della nostra Canzone. -
Critica della voce. Appunti in difesa della biodiversità
La voce è uno strumento e come gli altri può essere oggetto di insegnamento. I nuovi ""vocal coach"""", insieme al fenomeno dei talent show televisivi, hanno fatto di questa idea una bandiera (un brand?) commerciale, fraintendendone però il suo significato fondamentale. Perché? Perché la didattica della tecnica vocale e dell'arte del canto deve tenere conto delle caratteristiche che differenziano lo strumento-voce da tutti gli altri: la singolarità - corporea ed esperienziale - di timbro, inflessioni, potenza e durata; la trasformazione incessante cui è sottoposto a seguito di ogni trasformazione del corpo; l'invisibilità: per cui l'apprendimento passa attraverso la percezione interiore e l'intuizione; l'articolabilità in linguaggio, perché la voce è uno strumento che intona parole e si modella nella diversità di ogni lingua. È per questo necessario esercitare una critica serrata verso la tendenza contemporanea - veicolata in massa proprio dai talent show - a standardizzare i timbri, nella ricerca di un suono prevedibile, riconoscibile e quindi commercializzabile. A questa tendenza va contrapposta la vitalità inesauribile della bio-diversità vocale che ha origine nelle culture musicali tradizionali. Solo in questo modo è possibile insegnare l'arte del canto, in una prospettiva che è allo stesso tempo segnata dalla necessità psichica dell'espressione vocale e caratterizzata dalla resistenza all'omologazione imposta dal mercato e dalla cultura individualistica che lo mantiene in vita. Con QRcode per approfondimenti multimediali. Prefazione di Gianpaolo Chiriacò."" -
Different times. La storia dei Giardini di Mirò
Come molti gruppi indipendenti, anche i Giardini di Mirò nascono in un garage. La storia di una delle band più influenti della scena underground italiana parte alla fine degli anni Novanta a Cavriago: nel paese in provincia di Reggio Emilia due amici e compagni di scuola - Corrado Nuccini e Giuseppe Camuncoli - provano a formare un gruppo, influenzati in egual misura dal rock americano dei Sonic Youth e da quello italiano dei Massimo Volume. Dopo poco si uniscono a loro Jukka Reverberi, Mirko Venturelli, Luca di Mira ed Emanuele Reverberi: nuove voci che danno al combo un respiro più internazionale. Il libro ripercorre la parabola artistica del gruppo dagli inizi infatuati delle sonorità del post-rock fino alle sperimentazioni della maturità con l'hip-hop, l'elettronica e la musica da film. Il viaggio è arricchito dalle interviste ai musicisti, produttori e amici che hanno lavorato con il gruppo. -
Flavio Giurato. Le gocce di sudore più duro
Per Flavio Giurato fare musica era una questione atletica oltre che estetica. Cioè qualcosa che aveva a che fare con il sudore, con la sofferenza, oltre che con il talento e l'ispirazione, qualcosa che coinvolgeva il corpo oltre alla mente. Fare musica per Giurato significava ingaggiare una dura competizione all'interno della quale l'atleta, l'artista e l'uomo venivano coinvolti senza scarti. Nell'incedere di questa sfida, mentre l'atleta combatteva senza tregua, l'artista affinava il suo stile e l'uomo alimentava la gara trasferendo in essa tutto il suo carico esistenziale e le sue inquietudini. La partita fu vissuta da Giurato in modo così intenso e personale che nessuna forma di compromesso, tantomeno se discografico, fu accettata: così dopo l'esordio di ""Per futili motivi"""" del 1978 e l'incisione di un disco iconico come """"Il tuffatore"""" del 1982, con la pubblicazione di """"Marco Polo"""", la carriera di Giurato pareva interrotta per sempre. In pieni anni duemila, dopo quasi vent'anni di silenzio, rarissimi concerti e una vita a fare l'istruttore di baseball, Giurato ha rotto inaspettatamente il suo silenzio con la pubblicazione di tre album..."" -
Un gusto superiore. Il cantautorato progressivo italiano dal beat al bit
Perché “un gusto superiore”? Un po’ in omaggio all’omonimo album mistico inciso da Claudio Rocchi e Paolo Tofani all’inizio degli anni ‘80, ma soprattutto per raccontare la controversa figura del cantautore italiano in un modo inconsueto. Non il predicatore da quattro accordi, ma un pioniere capace di rivoluzionare e sprovincializzare la nostra canzone d’autore in modo decisivo. Anche il progressive rock di cui si parla in questo libro non è fatto di virtuosismi e trovate, ma di ambizioni artistiche e del gusto per lo scardinamento delle forme. Lontani dai luoghi comuni che spesso li riguardano, progressive e cantautorato vivono qui una lunga vicenda comune, che va dagli anni delle prime contestazioni alle sperimentazioni del nuovo millennio. Dal beat al bit. Come in tutte le narrazioni corali anche in questa il lettore troverà protagonisti e personaggi minori, ma indimenticabili, di cui si menzionano le rare notizie, con l’augurio che la musica possa parlare da sé. Oltre alle interviste contenute nella sezione dedicata, c’è spazio per alcuni commenti sui propri dischi da parte di artisti come Francesco Bianconi, Colapesce, Alessandro Fiori, Andrea Laszlo De Simone. Le parole del direttore artistico Carlo Pastore sul MIAMI Festival contribuiscono poi a saldare passato e presente, preparando la strada al futuro. Mentre su tutto Claudio Rocchi continua da lassù il suo “volo magico”. -
Per quelli come noi. Musica e musicisti della Bologna degli anni '60
Un altro libro sul rock bolognese?! Sì. Cioè, no. Tanto per cominciare qui non si parla solo di rock. Negli anni '60 non suonavano solo i gruppi beat: Bologna risuonava anche di jazz, di canzone dialettale o di filuzzi, c'erano grandi orchestre da ballo e ""complessini"""" durati due mesi. In questo libro c'è tutto. """"Per quelli come noi"""" (che ruba il titolo a un noto brano dei primissimi Pooh) parla infatti di tutti quanti a Bologna abbiano fatto musica in quel decennio: nomi molto famosi (Gianni Morandi, Pooh, Lucio Dalla, Francesco Guccini, Paolo Mengoli, Andrea Mingardi ecc.) ma anche cantanti, gruppi beat o orchestre da ballo di cui si rischiava di perdere il ricordo, nonostante molti di questi abbiano inciso anche dischi di un certo successo (Paolo Baccilieri, Maria Doris, Junior Magli ecc.), dei musicisti jazz di quel decennio, degli alfieri della cultura dialettale (Dino Sarti, Mario Medici, Adrianein ecc.) e di quelli della filuzzi (Leonildo Marcheselli, Ruggero Passarini, Carlo Venturi ecc.). In oltre un anno di lavoro, interviste e ricerche, si è così ricostruito in maniera esaustiva un importante tassello della cultura della nostra città che in gran parte rischiava davvero di andare perso. Di ogni gruppo o musicista preso in considerazione viene descritta storia e carriera, e riportata la discografia con anni, numeri di catalogo ecc. con l'obiettivo di fornire a futuri ricercatori, per la prima volta, dati scientificamente corretti ed esaustivi sull'argomento, accanto al racconto dello spaccato di un'epoca."" -
Diamond from my side. I Via Verdi
Nel 1985 un gruppo esplode nelle classifiche di mezzo mondo volando al primo posto con la canzone ""Diamond"""" prodotta da Claudio Cecchetto e dalla WEA. Di loro non si sa pressoché nulla se non che vengono dalla anonima provincia del centro Italia. I trenta giorni compresi fra metà dicembre del 1985 e metà gennaio del 1986 saranno sufficienti per farli diventare dei divi europei: i Via Verdi. Con """"Diamond"""" produzione grandi firme e video ai Wembley Studios di Londra, vendono tre milioni e mezzo di copie, stravincono Azzurro '86 e portano a casa il Telegatto per poi ripetersi al Festivalbar. Poi nell'autunno 1986 arriva """"Sometimes"""", altre collaborazioni prestigiose ed il secondo video londinese, prima di tornare ad Azzurro '87 ed al successivo Festivalbar con """"You and me"""" che arriva a un milione e trecentomila copie. È la storia dell'avventura dei Via Verdi raccontata in presa diretta da uno dei fondatori ed autori, la chitarra solista Marco Grati. Ma è anche la storia di quegli anni '80 rimasti nell'immaginario collettivo anche grazie alle sigle di DeeJay Television proprio con le canzoni dei Via Verdi."" -
Gli Squallor. Una rivoluzione rock
Fra il progressive e lo sdoganamento del pop nostrano nel regno della discografia milanese nasce, o meglio si consolida, un gruppo che ben conosceva il mercato della musica. Gli Squallor emergono dal necessario bisogno di trovare alternative non depressive; su di loro tante leggende, ma una sola verità: gli Squallor cambiarono inesorabilmente il corso della musica in Italia e non solo. Tant’è che in nessuna espressione artistica di altri paesi si riscontra un gruppo come quello degli Squallor. La loro storia nasce nella notte e si sviluppa alla luce del “cazzeggio”. Inconsciamente o consciamente i componenti del gruppo dichiararono il manifesto della derisione e della anarchica creatività. Nati negli anni in cui la musica tentava vari intellettualismo e diverse forme di sperimentazione, la parabola degli Squallor si concluse per normale esaurimento e per la definitiva uscita di scena di due dei quattro protagonisti. La storia verrà narrata così com’è stata trovata, attraverso la testimonianza di chi c’era dal primo momento. -
Arcipelago mod. Il mod revival in Italia 1979-1985
Gli anni di piombo erano alle spalle, iniziava il riflusso ed una nuova stagione stava per affacciarsi sul palcoscenico nazionale. Sarebbero stati i favolosi anni ’80, quelli di Craxi, del CAF, del rampantismo e degli illusori sogni di benessere che tornavano a portata di mano. Gli anni della italodance, di Claudio Cecchetto e DeejayTelevision, degli Azzurri che alzano la coppa del mondo nella magica notte di Madrid. Questa è la copertina patinata associata a quel decennio che tuttavia è stato molto di più e con molte altre chiavi di lettura. Una di queste, in ambito musicale, è stato proprio il Mod Revival. Four By Art, Statuto, Lager, Coys, F 104 e molti altri gruppi in tutta Italia, proprio in quegli anni, stavano disegnando un quadro sociale e culturale anni luce distante dalla vulgata che ha finito per accreditarsi. Il Modernismo, attraverso il “clean living under difficulT circumstances” avrebbe dato un’altra lente interpretativa per guardare alle trasformazioni di quel periodo. -
Cover and over again. 100 canzoni, (più di) 200 versioni
Lo sapevate che ""Girls Just Want To Have Fun"""" di Cindy Lauper è la cover di un brano inciso da certo Robert Hazard? E che """"The Best"""" fu un flop per Bonnie Tyler solo qualche mese prima che Tina Turner la portasse al primo posto delle classifiche? Per caso anche a voi è capitato di inciampare su un oscuro brano di tali Curtiss Maldoon che sembra somigliare moltissimo a """"Ray of Life"""" di Madonna per poi scoprire che si tratta proprio della sua origine? Prendendo in esame cento canzoni pop, questo libro affronta un curioso viaggio nell'universo delle cover attraverso brani resi immortali proprio dai rifacimenti. Alcuni di questi cento pezzi (85 internazionali e 15 italiani) sono diventati noti al grande pubblico proprio attraverso le loro autorevoli reinterpretazioni in grado, in qualche caso, di oscurare definitivamente le versioni originali. Brani prestigiosi portati finalmente al grande pubblico nonostante la tiepida accoglienza riservata alla prima registrazione, rimodernamenti operati al fine di conferire la dignità negata da produzioni approssimative del passato e pezzi oggi ritenuti immortali che hanno conosciuto il successo commerciale solo grazie alla personalità dell'interprete che dimostra così di non essere (quasi) mai un requisito secondario."" -
Opinioni e suoni del XX secolo. A colloquio con Robert Wyatt
Era il 29 aprile del 2011 quando incontrai Robert Wyatt insieme a sua moglie Alfreda Benge. Louth – Linconshire – Inghilterra, 9.00 del mattino. Il mio primo pensiero quando lo vidi fu quello di scusarmi per il mio pessimo inglese. «E’ un po’ tardi per impararlo, così ho portato il mio traduttore». Gli dissi presentando Daniele, un caro amico e interprete che ha reso più semplice la nostra conversazione e la reciproca comprensione. La risposta di Wyatt fu: «Non è mai troppo tardi. Io sono rimasto paralizzato a ventotto anni e ho imparato a vivere sulla sedia a rotelle.» Nelle ore di intervista che seguirono questo primo approccio ho avuto modo di entrare in contatto con uno dei personaggi più interessanti nella storia della musica. Con una delle coppie più interessanti nella storia della musica. In questo fedele reportage di un’esperienza memorabile che sempre porterò nel cuore, Wyatt racconta sé stesso e la sua esperienza di vita, arrivando a toccare temi e ambiti che interessano tutto il genere umano: spaziando dalla musica alla politica, dall’uso della lingua all’esperienza culinaria, dal cinema alle sue esperienze di vita più personali – il tutto senza tralasciare aneddoti e perle rare relativi ad alcune produzioni e rapporti con colleghi. La lettura scorrevole del testo ci accompagna in un viaggio nel quale si rimane colpiti, forse più di ogni altra cosa, dalla personalità eclettica ma al contempo estremamente semplice dell’artista. Perché, in effetti, questo è Robert Wyatt. -
L' apocalisse fuori campo. Relazioni umane e configurazioni visive
Il tema dell'Apocalisse nell'arte, specialmente in quella cinematografica, gioca un ruolo centrale nell'ideazione di scenari filmici che ne fanno una sorta di filo conduttore per discorsi che vanno ben oltre il film, affrontando argomenti di fondamentale importanza per comprendere la nostra odierna condizione terrena. Secondo diversi utilizzi del proprio linguaggio e sulla base di una simile scelta narrativa, il cinema trasporta sullo schermo uno scenario di impatto emotivo enorme, rivelando allo spettatore una visione del presente altrimenti difficilmente delineabile. Tenendo l'evento apocalittico sullo sfondo della sua rappresentazione, l'autore svela il vero senso del suo racconto filmico attraverso psicologie di personaggi, composizioni di inquadrature, movimenti di macchina da presa, cura dei suoni e raccordi di montaggio che costruiscono messaggi, indizi o punti di vista su una determinata realtà. Tutto ciò allo scopo di inquadrare un'epoca, la nostra, in sempre più rapida espansione tecnologica ma con qualche debito di troppo nei confronti della solidità riguardante i rapporti interpersonali. -
Nosound
Sono stati i Beatles a farmi accostare all'orientalismo. Dal suono del sitar di George Harrison ho ricavato quelli che sarebbero divenuti i temi portanti della mia vita: l'interesse per l'India, poi la Cina. Negli anni del flower sembrava che la ricerca dovesse esordire dall'Oriente, come la traversata notturna del sole sul mare. Sentii che dovevo scegliere: filosofia o musica? Il mio interesse per la filosofia era balzato in primo piano. Ma ero in dubbio, e per la tesi di laurea scelsi un argomento spurio, una bilocazione: il rapporto tra Nietzsche, Schopenhauer e Wagner. Alla fine mi sincerai che era la filosofia a richiedere le mie energie. La musica si spostava sullo sfondo. Non fu facile, ma non rimpiango la decisione. Mi chiesi se fosse giusta, ora ho capito che qualsiasi pista conduce allo stesso risultato: il centro di gravità personale. -
Labirinto Bosé. Secondo me, secondo loro, secondo «él»
Dall'esordio cinematografico nel 1973 Giovanni Verini Supplizi ci accompagna lungo la carriera di Miguel Bosé, raccontandoci quarantacinque anni di musica, cinema, teatro e tv attraverso un'analisi dettagliata dell'attività del poliedrico artista spagnolo che tanto successo ha avuto in Italia. Il libro è corredato da schede dettagliate della discografia di Bosé e dei film ai quali ha partecipato, arricchito da dichiarazioni dell'artista e di suoi colleghi e amici tratte da riviste, trasmissioni TV, comunicati stampa, interviste, ma soprattutto con interviste originali realizzate appositamente per il libro a: Luigi Faccini, Red Canzian, Janis Ian, Lindsay Kemp, Danilo Vaona, Mauro Sabbione, Oscar Gómez, Russ Ballard, Graham Preskett, Maurizio Fabrizio, Steve Kipner, Peter Hammill, Guido Harari, Sergio Cossu, Paolo Gianolio, Daniele Tedeschi, Carlo Massarini, Luisa Corna, Gary Clark, Martin Ansell, Alan Childs, Artuto Soriano, Larry Mitchell, Carlo Marrale, Graziano Accinni, Luca Vittori, Simon Toulson-Clarke, Emilio Farina, Giovanni Boscariol, Paolo Costa, Maurizio Sgaramella, Pedro Andrea, Noa, Spankox, Nicolás Sorin. Prefazione di Enzo Gentile. -
Cantami Godiva
"È indubbio che il femminile in musica sia diventato sempre più centrale nella mia poetica, argomento che ha assorbito energie e pensieri, al punto che oggi, mentre la scena musicale globale vive le sue ore più oscure, ho deciso di dare alle stampe un libro che in qualche modo raccogliesse la summa dei miei pensieri. Un lavoro antologico, che raccoglie testi editi, rivisti per l’occasione, e quindi debitamente datati, e testi inediti, i primi due sono saggi che trattano proprio il tema del corpo, prendendo a oggetto la musica italiana quanto quella internazionale, e provando a sfondare il mero ragionamento musicale, per andare a toccare temi che in fondo riguardano la vita di tutti i giorni. Il libro di un uomo che parla alle donne e parla di donne, potrebbe far notare qualcuno, qualcosa di “rischioso”, forse anche di scandaloso. E allora scandalo sia, mai come oggi credo che serva una scossa, mostrare il re nudo e chiedergli di lasciare spazio alla regina."""""