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Combattimento ininterrotto. Ediz. illustrata
"Entra, in questa Lapponia della mente in questa Islanda del cuore, nel pubere esilio di un'infinita prospettiva, nella taiga nella tundra nella muta fornace, un cumulo rossiccio e senza fondo dove puoi imparare a fare a meno di dio e dire ecco uno si sveglia in una stanza d'albergo uno in un'altra, entra ed ascolta lo stantìo di molti in un camerone, il puzzo dentro la scatola, il bambino brutto avvolto in una mata a di fuliggine dipanarsi nel ventre obeso del cielo come una figurina di pasta lievitata - un lontano profumo in cui riconosci il calamo ottuso della vita, la tregua.""""" -
Giocare a mangiarsi
Un mondo invaso dagli insetti come in un'antica maledizione biblica. Insetti però, questa volta, non prodotti dalla natura ma fuoriusciti dagli schermi dei nostri computer: avatar virtuali, digitali, di un videogioco all'ultima moda dal titolo emblematico Giocare a mangiarsi. II romanzo procede a quadri accostati di una precisione e di un nitore talvolta ossessivi, accompagnati dal monologo sbigottito e comico ininterrotto: dal vano declamato interrogarsi della voce narrante, ora uomo ora cavalletta. II narratore assiste infatti, oltre che a episodi separati, alla propria graduale metamorfosi da uomo in insetto. La contaminazione fra mondo umano e mondo degli insetti, prima della totale scomparsa del primo, offre scene di grande suggestione come la comparsa a uno show televisivo della ragazza-cicala, uscita dal bisturi di una chirurgia estetica d'eccellenza, l'improvvisa metamorfosi di un celebre uomo di spettacolo in un piccolo onisco, che rotola buffamente fuori scena, la verve dialettica e sofistica contenuta nel dialogo fra una cimice decapitata, ex art director, e la cavalletta scrittrice sul tema della potenza distruttiva o creativa della pubblicità. Non mancano argomenti e motivi degni di un paradossologo. Fino all'apocalisse finale del videogioco e forse della vita e forse del mondo. -
L' ultima fede
Scandito in quattro raccolte, ""L'ultima fede"""" affronta una lingua raffinata e preziosamente articolata, un linguaggio e un pensiero perturbante: spostamenti imprevedibili di nuclei eidetici, accoppiamento di immagini a immagini ciascuna delle quali spesso diverge, per senso e suggerimento, dall'altra, finché tale assemblaggio converge verso una unità qualitativa finale. L'assieme di tale scrittura è alchimistico. In quest'opera, c'è un autentico dramma dello spirito, che si spalanca sulla natura tragica dell'Evento (non dell'accadimento) e che attraversa tutto il testo. L'intero libro si espone alla contemplazione e meditazione di vere forze in lotta, interne ed esterne, delle quali viene """"narrata"""" la fenomenologia. L'impatto con la Notte, con il baratro e la banalità del negativo, certo esige una Fede ultima e, di quella fede, pretende l'ultimità, cioè una sua qualità indefinibilmente definitiva. E, questa, una posizione mentale accarnata e l'autore vi innesta l'autorità del sangue. La grande poesia attinge i fondali dell'abisso, si contagia col Principio."" -
I dubbi la storia
I suoni mesti di una chimerica creazione si alternano ai panorami amati dalla Saffo leopardiana, siti inquieti e tribolati, raggi meridiani che mettono alla prova lo sguardo imperfetto del poeta, ritmi irregolari non dominabili, sfuggenti, in cui manca sempre qualcosa per afferrarli. C'è un procedere per tentativi, un indietreggiare di fronte a ciò che è enunciato, una difficoltà a definire oltre l'apparenza, un procedimento che avanza per dissolvenze. In un Occidente certo cambiato, possiamo citare per ""I dubbi la storia"""" quanto scriveva Harold Bloom sui versi di Paul Celan: """"La poesia: insieme rifiuto della barbarie e affermazione (comunque la si voglia classificare) del potere della mente su qualsiasi universo di morte, sia esso naturale o nazista""""."" -
Storia ingrata
Uno studente in Farmaceutica con molte assenze, ""sighnorine belle ciccione"""" e una vedova gentile che gestisce una pensione... Tra cortili fioriti e acciottolati lindi Melchiorre Ferrari si misura con questi e altri ben più inquietanti personaggi, durante un'insolita indagine, in cui si trova a leggere lettere profumate e sgrammaticate, ma anche altre lettere senza profumo e molto ben scritte. L'Imperial Regio Commissario, frastornato anche da altri odori assai più sgradevoli, svolge il suo compito e scopre verità scomode. Con i suoi metodi poco ortodossi - che """"dovrebbero insegnarli anche a Vienna"""" - riuscirà Melchiorre a mettere il punto finale a questa storia, per lui troppo ingrata? Riuscirà il Commissario ad assicurare alla giustizia i responsabili dei terribili e incomprensibili accadimenti?"" -
Nel nosocomio
Allegoria svelatamente scoperta dell'Italia contemporanea, Nel nosocomio restituisce, non troppo metabolizzata, l'allucinazione kafkiana di un Paese per vecchi, la protervia disgustosa della volgarità e dell'ignoranza al potere, dove l'amore per la bellezza è svanito nei vapori goduriosi di quei centri di wellness teledipendenti che hanno sostituito ogni forma civile di aggregazione sociale, dove l'eterna giovinezza apparente del vecchiume imperante uccide ogni giorno i giovani, con lo scippo e lo stillicidio del loro e nostro non futuro. ""Nel nosocomio"""" è una tragedia classica negata, mira dritto ad una catarsi impossibile, ogni suo pezzetto è un gesto verbale apotropaico contro un orrore privo di ogni sia pur minimo fascino konradiano, l'orrore della vita affogata nel trash, parodia del kafkismo novecentesco decaduto a ridicolo. Nella terza parte, """"Dal dormitorio"""", si alzano sparute voci di strazio, l'esaltazione disperata che tenta un parziale riscatto nelle repliche di una antologia di Spoon River glocalizzata e alla portata di una audience da successi pop. """"Nel nosocomio"""" è il frutto atroce del lutto, del lutto per tutto, e anche del rutto per tutto."" -
Altrove
Sei storie dallo scenario del mondo ""globale"""", ambientate qua e là, nel Casertano, o a Budapest, o a Londra. Ne sono precari protagonisti tipi umani di ogni razza ed età (anche bambini) che, soffocati dallo squallore di una vita senza speranze, a malapena riescono a domandarsi come sarebbe vivere altrove. E le storie si intrecciano, i personaggi - come per una capricciosa regia del destino - si sfiorano e si incontrano in un quadro animato e policromo. Dalle collocazioni e dalle date accertate degli """"aggiornamenti biografici"""" che chiudono (e insieme dilatano) il libro, tutto induce a pensare che le storie siano vere, che l'autore le abbia raccolte dal vivo, con affetto partecipe, fossero tragiche o malinconiche, grottesche o malavitose. In questa sua prima opera narrativa, Paolo Mastroianni si dimostra capace di penetrare e raccontare la realtà polimorfa dei nostri tempi, annodandone le fila con saggezza, in assenza di ogni giudizio."" -
Pensiero corsaro
Di quale corpo ha bisogno la società oggi? Sia Pier Paolo Pasolini che Michel Foucault si interrogano, nell'allora nascente società dei consumi, riguardo all'azione del potere sui corpi. Entrambi intuiscono l'importanza dell'economia politica come agente di trasformazione della vita umana: l'uno studiando quella che battezza ""biopolitica"""", l'altro dedicando il proprio impegno giornalistico ad indagare la """"mutazione antropologica"""" in corso. Se la vita umana, intesa sia come esistenza biologica che culturale, diventa posta in gioco politica, è proprio sul terreno della vita che è possibile esercitare la critica. Questo libro ripercorre la polemica che Pasolini ingaggiò col proprio tempo, prendendo in esame una costellazione di testi - interventi e saggi critici, lungometraggi e interviste, opere letterarie e teatrali - che si susseguono fin dalla prima metà degli anni Sessanta. Pensiero corsaro definisce il gesto etico dell'ultimo Pasolini: additare le contraddizioni di un potere che si applica all'intera esistenza umana, ridefinendo i confini di vita e morte. La peculiare combinazione di pensiero e poesia che caratterizza la produzione pasoliniana si configura così come una biopolitica dell'esistenza, in quanto pone alla radice della critica la forma di un'esistenza: un'esperienza squisitamente personale e parziale della realtà, vissuta nel corpo, attraverso i sensi, in virtù delle proprie capacità interpretative."" -
Due soldati
Da ragazzo, Mino Milani ha sentito parlare della Grande guerra da un uomo che oggi, fosse vivo, avrebbe centovent'anni. Si chiamava Carlo e di guerra non parlava volentieri. A ventidue anni s'era trovato nell'inferno dell'Ortigara (52a divisione alpina, 12.633 tra morti, feriti e dispersi in 18 giorni di battaglia) e in tempo di trincea aveva mangiato pane e terra e respirato puzza di cadavere, prima di poter annotare sul suo diarietto, il 3 novembre 1918: ""Dio, com'è grande e bella la vittoria"""". Cattolico fervente era stato contrario alla guerra, ma quando gli avevano detto che era suo dovere combatterla, l'aveva combattuta, mettendocela tutta. Scrive Mario Silvestri nel suo memorabile Isonzo 1917: """"La viltà di pochi non faceva che mettere in risalto il coraggio dei moltissimi"""". Quell'uomo, classe 1895, padre di Mino, nell'ltalietta buonista d'oggi - che si coccola e si compiace di quei pochi sarebbe un incompreso o forse un emarginato. Suo figlio, oggi noto scrittore, ha scritto questo racconto pensando ai """"moltissimi"""": la storia di un mazziniano interventista e di un """"ragazzo del '99""""."" -
Le regole del viaggio
"'Le regole del viaggio' di Andrea Gibellini sono un passaggio definitivo verso quella consapevolezza poetica d'immagini liriche che aveva caratterizzato i suoi due precedenti libri 'Le ossa di Bering' e 'La felicità improvvisa'. Qui una sfasatura temporale di situazioni poetiche entra nelle regole della vita di ognuno di noi e determina un orizzonte di sguardi che sfuggono, con orgoglio e ironia, dalla stasi dell'ordinario. La lingua della poesia, nel contatto con la natura e con i suoi colori, nella scoperta di un evento poetico, a volte pare ancora di più affilarsi con un incedere metallico: è l'istante, la sua incandescente ed essenziale promessa che dovrebbe resistere ad ogni cosa avversa, la vera sfida di questa poesia. Il paesaggio che sappiamo emiliano, di fiumi e di pianure e di brevi colline all'orizzonte, assume contorni quasi fantastici; gli animali che lo abitano diventano esseri con manifestazioni preveggenti. Si richiamano i nomi di poeti, Brecht, Fortini, Bandini, fino al più giovane Remo Pagnanelli, come fossero i Lari magici di un percorso poetico, di un viaggio che non vuole vedere, con istintiva ostinazione (e chi è la figura-persona che intesse i versi sempre in caccia di una sorgente emotiva...), la propria fine.""""" -
Qui come altrove
Poesia in forma di racconto, per un'epica sottovoce. Le storie di Zena Roncada della poesia hanno lo stupore, l'incantamento e la precisione della lingua che restituisce a ciascun personaggio l'unicità e il senso dell'esserci. Del racconto mantengono l'impianto e lo spazio: centurie ordinarie e minime del quotidiano nello spazio del margine, del sottobosco e del sottobanca. Vite di terracqua che la memoria conserva e condivide dando loro un nome. È una manciata di epifanie e semi: uomini e donne, vecchi vecchie e giovani - quello che pianta gli alberi o ripara i sogni, vende gli anni usati o ascolta la voce delle stoffe - sono creature speciali perché sono il loro talento, con l'aura della singolarità in un ""qui"""" che è specchio e irradia fino a fare l'altrove. Hanno una virtù, una vocazione a stare nel mondo ed inscrivono la loro piccola traccia di silenziosa santità. Filare il dolore o accordare le speranze sono mestieri inusitati, dal sapore antico ma sempre nuovi, come appartengono al tempo di ciascuno il saper dire """"così non si può più"""" o l'abitare il proprio sogno."" -
Il tempo della luce
Da qualche anno, uno scrittore-filosofo che abita in una grande città italiana del Nord ha alzato più volte gli occhi a contemplare il cielo. I pre-testi nel vissuto sono stati i più vari: letture, fotografie (quelle stupende di Luigi Ghirri), mostre e quadri, brani musicali, una conversazione con la figlia bambina - in un caleidoscopio stupefacente che alla volta celeste tornava sempre, come a un hic et nunc mutevole e irrinunciabile a cui era impossibile arrivare in fondo e che insieme era altrettanto impossibile varcare. Ne sono nati, come altrettante finestre della mente, questi 36 foglietti destinati alla meditazione, di una grazia leggera e inimitabile e di una profondità a tutto campo. -
Bestie come noi
Animali macellati dopo una vita innaturale, segregati in spazi angusti e in costante sofferenza; animali in gabbia, vittime di sperimentazioni, oggi tanto crudeli quanto inutili. Animali uccisi per un trofeo. Animali umiliati, abusati e privati della vita per il nostro divertimento o per la nostra vanità. Ma fortunatamente c'è chi sta tentando di cambiare le cose, ammettendo che tutto questo è inaccettabile da parte di una società civile. ""Un movimento di liberazione esige un'espansione dei nostri orizzonti"""", ha scritto nel 1975 il filosofo australiano Peter Singer, il teorico della liberazione animale. Così l'essere umano, dopo aver combattuto per un'apertura della sua mente nei confronti dell'altro (il diverso, il nero, la donna, lo straniero), sta ora ingaggiando una nuova battaglia che espanda gli orizzonti della sua coscienza verso i non umani, riconoscendo agli animali quel diritto alla vita e al benessere da cui nei secoli li ha sistematicamente esclusi. Questo libro vuole suggerire spunti di riflessione su quanto c'è ancora da fare perché il rispetto della vita possa davvero definirsi tale; e sulle opportunità (a volte straordinarie) che la collaborazione uomo-animale può invece offrire."" -
La trama vivente
"Il mondo che ricorda Claudio Borghi è un mondo primario, un'unità originaria che si vede continuamente, dolorosamente frammentata. Esiste una fusione, amniotica o divina. O meglio, preesisteva. E l'esistere, con la propria multiformità, con la sequenza pur gioiosa delle nascite: divide. Diabolicamente, nel senso etimologico ... L'esperienza di una fusione originaria è stata possibile qui, sulla terra, durante il tempo atemporale - e dunque vero - dell'infanzia. Poi, siamo in esilio: la cosa nuda è andata smorendo, sono venuti in luce i particolari, gli istanti, le perdite e la nostalgia, la linea retta delle cronologie, i meri fatti umani. Siamo caduti nello spazio e nel tempo... Ma, nel frattempo che chiamiamo vita, come sistemare il nostro sguardo adulto di fronte al mondo delle cose scisse? Borghi gira intorno il pensiero cercando bagliori dell'unità perduta, intuizioni del bene originario, di quando tutto e tutti fummo uno. Probabilmente senza tempo e luogo. Probabilmente senza pensiero. Che il pensiero è il danno che ci è dato. E che noi agiamo quotidianamente. Poi, per lampi, visioni, intuizioni: ricordiamo. Per momenti improvvisi, non per domande: sappiamo. Spesso chiamiamo Dio questa sapienza, questa memoria, la luce bianca o d'oro che percepiamo. Ma è una convenzione, è per rifarci a una storia nota, già scritta da altri, che ci rende ragione del nostro dolore."""" (Maria Grazia Calandrone)" -
Ventriloquio della crisi
La voce narrante di una vecchietta arteriosclerotica racconta in un flusso quasi inarrestabile a un coro di pensionati ascoltatori e commentatori le alterne vicende di figli e nipoti fra squarci umoristici e visioni drammatiche dell'Italia di questi anni. Ne risulta un confronto con la storia del presente espresso in un linguaggio teso come un elastico, pieno di contorsioni, lapsus, trasgressioni, improvvisi abbassamenti e innalzamenti di senso, con continui slittamenti di piano dalla narrazione della vita vissuta al discorso mediatico che l'avvolge e stravolge, restandone a sua volta variamente rimasticato e triturato. -
Tomàs
Speravo che si aprisse sotto di me un baratro, un inferno in cui nascondermi e da cui rinascere dopo molte generazioni. In una città sul mare il sogno di un autocrate ambizioso e senza scrupoli sta per realizzarsi. L'apparizione di una nave misteriosa segna l'inizio di un'ondata di violenza che scuote la città fino alla sua distruzione. Sette personaggi ne raccontano gli ultimi eventi con punti di vista diversi. Ciò che li accomuna è il loro rapporto con Tomàs, un ragazzo scomparso all'improvviso proprio dopo l'apparizione della nave. Tomàs è il tassello mancante di una trama che vede coinvolti il passato dell'autocrate e l'organizzazione dei suoi oppositori. Sullo sfondo, una storia d'amore perduto dai risvolti inquietanti... -
Repubblica nomade
Apro il quaderno e mi metto a scrivere queste rapide note, seduto per terra, nella breve sosta. Faccio in tempo a leggere anche una pagina dell'Anabasi. Giornata ventosa e splendida. Abbiamo trovato un paio di alberi e ci siamo fermati alla loro ombra. Ci sono molti calzini rovesciati, messi ad asciugare e a scaldare al sole, per evitare o ritardare le vesciche ai piedi. Le grandi nuvole nere stanno diventando bianche e si spostano velocemente nel cielo. Tutt'intorno grandi contrafforti rocciosi simili a meteoriti precipitati, prati intensamente viola e campi di grano mossi come onde dal forte vento. Un ragazzo africano che non dice una parola, torvo, impietrito, si limita a far vedere a una camminatrice, sul suo cellulare, un breve video terribile che deve avere girato di persona, di sgozzamenti e sbudellamenti, per farci capire da dove è fuggito. Questi non sono solo cammini orizzontali, sono anche cammini verticali. -
Io e tu
Un'inossidabile storia d'amore. Musica, libri, viaggi e teatri. Una storia forse regolare, forse coraggiosa. Io e Tu sono ragazzi negli anni Settanta. II loro è un meraviglioso colpo di fulmine, e non si attenuano col tempo complicità, affetto e passione. Dopo quasi quarant'anni un altro fulmine di altra e diversa natura: ""Loris se ne va con la leggerezza di un soffio di vento"""". L'impellenza di elaborare il lutto, la necessità di trattenere il ricordo, porta il suo compagno a ripercorrere i tanti avvenimenti a cavallo del secolo. Cesare Vitali racconta in primis a se stesso, la vita di questa forse straordinaria - coppia omosessuale, accompagnando il lettore con aneddoti dal loggione della Scala a da spiagge tropicali, ma anche dal divano di casa. Testimoniando di incontri amicali a di impegno civile, ci porta a nuove e più ampie riflessioni sul significato dell'essere umani."" -
Azzurra nostalgia. Lucio Mastronardii e gli altri di Vigevano
Lucio Mastronardi fa il maestro elementare e lo scrittore di romanzi diventati cult oggi (ad esempio Il maestro di Vigevano) e Vito Pallavicini scrive canzonette che ancora cantiamo e che riempiono la pubblicità (Azzurro ad esempio). Che hanno a che spartire questi due? Forse nulla. Forse molto. In comune hanno la stessa città di origine, quella Vigevano, città di provincia allora ignota ai più, che per alcune fortunate circostanze diventa, come dice Giorgio Bocca, una ""città campione"""": quella città la vivono nelle stesse strade e negli stessi bar. E negli stessi anni: tra la fine della guerra e la fine dei Settanta, anni nei quali l'Italia, """"miracolosamente"""" (ma in verità per merito della sua gente), esce all'improvviso dal suo """"medioevo"""" e si proietta in un futuro post-capitalistico: si passa dalla bici all'auto, dalla matita alla biro, dalla latrina nel cortile al bagno vicino alla cucina. È così veloce il cambiamento che pochi hanno tempo e modo di comprendere cosa stia succedendo: Vito, nel suo piccolo, il cambiamento lo provoca, lo colora; Lucio, nel suo piccolo, lo studia, lo interroga, trova la parole giuste per raccontarlo. Oggi ci aiutano a capire cosa significhi """"cambiamento"""" e con quale malessere tutti quanti lo viviamo, allora e oggi: di molte parole siamo debitori nei loro riguardi."" -
Ultimo piano senza ascensore
In una narrazione autobiografica sempre spericolata e incalzante, la Fachini ci accompagna oltre le pareti di casa che si sgretolano, lasciando intravedere il non-luogo di strade, bar, porti, aeroporti: il viaggio inteso come canone dell'esistenza randagia. Di colpo siamo ribaltati nella precarietà di un eterno presente desolato e senza approdi, dove i membri della cerchia familiare - allibiti, affranti o, a loro volta, disperati spettatori guardano impotenti quella deriva almeno in parte condivisa. I fratelli, la madre e una moltitudine di affetti sgangherati circondano la protagonista come altrettanti buchi neri. Non ne promana però il freddo dell'abbandono, ma un irresistibile e tenero richiamo, un forsennato risucchio, dal quale la droga, l'alcol, gli psicofarmaci distraggono appena. Un susseguirsi di spaccati terribili, dal tentato suicidio della protagonista alle numerose crisi di astinenza, alla morte del padre in un racconto bellissimo. Quel che Toni Fachini mette in scena è una disperazione senza dramma, una sorta di danza macabra, sempre pervasa di sottile ironia, impastata di consapevolezza e insieme di apatia.