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Viaggio con un'asina nel cuore della Francia
Gli asini sono animali di grande pregio: hanno profondi occhi celesti; cocciuti un poco, mica tanto; portano il peso del tempo e anche della vita con umiltà e resistenza; sanno che gli uomini spesso li bastonano sfogando le loro frustrazioni e i loro tic. Sono realistici e perciò non si lamentano: il mondo è fatto così e non si può raddrizzare a piacimento. Però sono laboriosi e miti, dopo la fatica stanno quasi immobili, riposandosi rilassati e anche ilari. Sono per natura sbarazzini con modestia, e perciò molto avventurosi senza gloria. ""Viaggio con un'asina nel cuore della Francia"""" attraversa le Cevenne, però è come se Stevenson viaggiasse al centro della terra e del mondo. Il viaggio è dunque piccolo e breve, ma è completo e del tutto universale; lo scrittore accompagna Modestine alla maniera di un cavaliere dei nostri tempi: non ha corazza, non innalza l.elmo con la visiera, non esibisce gambali di ferro. Un cavaliere comune e straordinario insieme, impastato delle cose minime e anche buffe della vita; e della storia."" -
La strana bottega del Calmaggiore
Treviso, la bellissima città della ciacoea, del no vao a combatar, dell'apparire moltiplicato per tre (i famosi tre-visi!) accoglie nel suo cuore, quasi in Piazza dei Signori, sotto i portici del Calmaggiore, uno strano, anzi speciale negozio che rompe con tutte le regole dell'economia convenzionale. È davvero singolare che nella città dei Benetton, degli Stefanel e dei De Longhi, nella città doviziosa dei schei, si pianti un piccolo emporio dove il denaro non conta. -
Innamorarmi è stato così semplice
"Innamorarmi è stato così semplice"""" si compone di alcune storie d'amore, apparentemente instabili; in realtà il romanzo è tutto percorso da un Amore profondo, dalla sua luce come dalle sue difficoltà; e dalla toccante filosofia del volto, dei volti femminili. L'io narrante è attento alla magia delle piccole 'cose': racconta della neve, delle fragole selvatiche nei boschi, delle casette ai margini di una foresta, della vita sommessa ma armoniosa dei pettirossi, del suono delle campane; delle innumerevoli suggestive passeggiate. Claudio Segat, però, sa anche scrutare l'anima dei protagonisti, suscitando spesso un'impalpabile misteriosità; c'è nella sua narrativa una sorta di intimità luminosa. Scrive pagine memorabili sulla solitudine, sul dono di sé, sul silenzio in generale; sul silenzio di Dio in particolare, di cui offre un'interpretazione che capovolge quella consueta. Dimostra inoltre un sensibile gusto per il viaggio interiore e per il camminare a piedi, e una fervida partecipazione alla vita dei senza dimora, degli apolidi e dei girovaghi. In """"Innamorarmi è stato così semplice"""" ritorna un leitmotiv sotterraneo ma incessante: innamorarsi è bello, è un miracolo, è un'esperienza meravigliosa e sconvolgente proprio per la semplicità con cui avviene. Segat procede nella sua tessitura dell'Amore con levità e malia, indugiando con """"una segreta tenerezza"""" sulla quotidianità della vita." -
Una terra antica. Cultura storia e tradizioni dell'opitergino
"Una Terra antica"""" parte da Ob Terg, la Oderzo venetica; si sofferma poi su Opitergium, la metropoli di terra del Nordest romano; indugia su Attila e sui Longobardi; consolida l'opinione che i primi fondatori di Venezia fossero opitergini, esuli dalla loro città distrutta. Il libro si allarga sulla Oderzo veneziana e rinascimentale; lo scrittore si intrattiene sulla Oderzo austriaca del Lombardo-Veneto, su quella risorgimentale e italiana, dove primeggia la figura di nonna Italia: donna di carattere e orgogliosa della sua identità patriottica. A questo punto l'autore imprime al volume una svolta significativa, intrecciando la grande storia con le vicende della propria famiglia. Esplora l'emigrazione opitergina di fine Ottocento, diretta soprattutto verso le terre del Mato brasiliano; delinea l'aspra invasione austro-tedesca. Poi la sua penna si fa incalzante a tracciare, con accenti toccanti, l'integerrima figura del padre, Arrigo, fascista mazziniano che sarà ucciso da partigiani locali il 24 marzo 1945. Il volume si distende quindi a coprire il lungo dopoguerra democristiano, a puntualizzare con affetto l'epopea del riscatto economico-sociale dei metalmezzadri (neologismo dell'autore) negli anni Sessanta; il volume si chiude con l'auspicio che Oderzo e il suo territorio (l'Opitergino-Mottense) diventino parte peculiare di una regione agropolitana." -
Giochi e preghiere in veneziano
In ""Giochi e preghiere in veneziano"""" il piccolo-grande popolo dei bambini veneziani parla canta gioca e prega secondo un'identità viva e coerente; senza smagliature, all'unisono coralmente. Si avvertono, dentro questo libro originale, il respiro e l'anima di un popolo vero, in cui tutto si tiene nei giochi festosi, nelle preghiere cantilenanti e armoniose, e nei comportamenti esistenziali. La lingua veneziana rifulge solare e onomatopeica, giocosa e musicale, e ci manifesta un mondo sapido, intriso di gioie semplici che sgorgano autentiche dal cuore e dalla vita. Era quello il mondo di una Venezia organica e peculiare, pervasa da una malia che incanta, diverte, e consola. Il gioco è un aspetto fondamentale dell'esistenza umana: si intende il gioco spontaneo, popolare, creativo, non quello massificato. Esso s'inclina verso una condizione e una sensibilità che vanno oltre il temporale innestandosi al cielo, e piace molto ai bambini. I passatempi di questo volumetto, che riunisce due testi diversi di Bernoni, saranno per molti una rivelazione: un tesoretto di piccoli talismani, di scherzi buffi e gustosi, che serviranno come spunto per i nostri bambini veneti, anch'essi ormai abituati a giochi e giocattoli elettronici e meccanici, che fanno perdere il gusto di divertirsi insieme, pienamente felici."" -
Fiabe e leggende della Marca
"Gli autori sono vari: bambini e bambine, ragazze e ragazzi. Possono essere fantasiosi e ilari, penetranti o leggeri come farfalle; tutti incantano e coinvolgono con la loro bravura. Non hanno declinato l'età perché alla bellezza narrativa, piccola o grande che sia, non importa l'anagrafe. Gli scrittori in erba, qui pubblicati, sono i vincitori del Premio letterario 'Santi Quaranta', nella sua prima edizione, rivolto dall'omonima Casa editrice e Libreria agli allievi delle Scuole Primarie e Secondarie della Marca Trevigiana: essi hanno saputo bruciare profumati grani d'incenso, e giustamente non all'Imperatore, ma alla poesia e alla creatività""""." -
Fiabe e leggende della Dalmazia
"La Dalmazia è terra solare e attraente, rocciosa e adriatica, punteggiata da miriadi di isole piccole e grandi tra cui spiccano le Incoronate; ha alle spalle però aspre catene di monti attraversate da limpidi fiumi, e dalle quali sgorga una bora gagliarda e anche furiosa. Questo piccolo continente luminoso è amato da tutti, apertamente. Giacomo Scotti vi ha intessuto un lungo canto d'amore, ammaliante e radioso, con tappe volanti e fisse; bivacchi e rifugi, altipiani e forcelle; ha scavalcato la Montagna delle Fate, è giunto alla Roccia delle Aquile; ha vagato incontrando le Sirene, nel mare cristallino e verde smeraldo che sta di fronte alla terraferma dalmata. È penetrato, perfino, nell'antro della 'strega che si ciba d'aria nera'; ha camminato argutamente con San Pietro, ha partecipato come un cavaliere antico alla lunga battaglia di re, principi e draghi contro l'Uomo d'Acciaio""""." -
Il pittore inquieto e la ragazza del fiore
Il grande pittore, nato a Venezia il 6 giugno 1884, era inquieto. Da ragazzo, riluttante, aveva dovuto studiare, per volontà del padre, al Collegio della Badia Fiesolana diretto dai Padri Scolopi, alle porte di Firenze. Poi una folgorante ispirazione pittorica e un multiforme apprendistato artistico lo conducono ai fasti veneziani di Ca' Pesaro. Fu sempre molto attaccato alla madre, in una sorta di relazione simbiotica durata tutta la vita. Gino Rossi conobbe la miseria, la solitudine, l'oblio dei cosiddetti amici, con i quali era di casa, nel primo decennio del Novecento, alla celebre Osteria alla Colonna di Treviso, dove si era costituito un vivace circolo culturale dominato da Arturo Martini, il futuro celebre scultore. È ancora giovanissimo quando si manifestano i primi segni della malattia psichica che lo tormenterà per l'intera esistenza. La follia, benché mite nel suo radicarsi ed esprimersi, non gli dà tregua: viene ricoverato infatti in diversi ospedali psichiatrici. Muore a Treviso, per collasso cardiaco, il 16 dicembre 1947. Il pittore inquieto e la ragazza del fiore racconta soprattutto dell'internamento di Gino Rossi al manicomio Sant'Artemio di Treviso, abbandonato da tutti tranne che da Marina, una ragazza costretta dal patrigno fascista alla segregazione, che mostrerà affetto e premure per il pittore. Questo ""romanzo"""" onora il grande pittore tracciandone una biografia singolare e affascinante che mette a fuoco la vera personalità dell'artista inerme."" -
Cronache della città nascosta
"Cronache della città nascosta"""" si snoda in una sorta di viaggio cauto e insolito, in un camminare adagio da un bar all'altro della città in cerca della quiete e del paradiso. Il viaggiatore sale, anche, su di un autobus un po' misterioso che congiunge la periferia al centro. Il viaggio a piedi e il viaggio in autobus si fondono insieme: così Giuseppe Lupi inizia a disegnare il ritratto di una città straordinaria e segreta, nascosta e inusuale, attraversata da un Fiume che è personaggio centrale del libro; altrettanto fondamentale è la presenza di una pioggia incessante e benevola. L'autore configura una città che è sì regale, incoronata dalla sua fascinosa 'Basilica dei colombi'; dalle cupole, dai campanili, dai portici e dalle torri; ma gli piace indugiare, nelle sue passeggiate, sulla città umbratile e dimessa, punteggiata di comignoli che fumano; di """"tetti sbilenchi"""", di """"finestre grigie"""", di casupole e orti che costeggiano il Fiume, o fanno da sponda a vicoli solitari a ridosso delle colline. Lupi innalza un altare prezioso e delicato a una Vicenza spesso diversa e inedita rispetto a quella classica, a una Vicenza cioè poco solenne, umile, più intima. Questa città è certo la città del Palladio e delle chiese e dei palazzi adamantini, ma Vicenza si trasfigura in una città altra, mite simbolo universale di un'urbs originalissima che non perde mai il suo fascino avito, ma neanche la sua familiarità." -
Il tramonto di Ragusa. Declino a caduta di Dubrovnik
È lieve, quasi impercettibile, il declino di Ragusa-Dubrovnik, la piccola repubblica adriatica. I francesi di Napoleone vi sono giunti ancora nel maggio 1806, infidi e dominanti; il 31 gennaio 1808, quasi alla vigilia della festa di San Biagio, il patrono, gettano definitivamente la maschera e in poche ore annientano la millenaria città marinara. Cristiano Caracci non si accontenta di descrivere l'atto finale della caduta di Dubrovnik, ma scava, con la sua narrativa, nel male profondo che corrode Ragusa: scandaglia il cancro della corruzione impersonata dal rettore Simone, uomo avido e senza scrupoli. Però la 'cronica' dello scrittore udinese è molteplice, a ventaglio: intreccia la sfera quotidiana e intima con le prospettive della grande storia, abbozza con maestria e fascino i personaggi-simbolo come l'integerrimo rettore Pietro, scolpito con forza nella sua dignità severa e avita; ma Caracci ritrae, partecipe, anche le figure esemplari della vita creativa e laboriosa: il magister organorum, mastro Antonio friulano; Giuseppe il marangon; fra' Ruggero, il francescano che suona nella Cattedrale la musica luterana di Bach. E poi la meravigliosa figura di Laura, una fanciulla ragusea che Pietro, il futuro rettore, incontra drammaticamente in terra musulmana. -
Lettere a mia madre
Lettere a mia madre comprende la corrispondenza indirizzata da Saint-Exupéry alla ""mamma adorata"""" tra il 1910 e il 1944: l'epistolario si conclude infatti con la struggente lettera del luglio 1944, che fu recapitata alla madre quando Saint-Exupéry era già morto da un anno. In esso possiamo leggere, come in filigrana, alcune stagioni della vita del grande scrittore francese: la fanciullezza e l'adolescenza, la giovinezza e la maturità. Questo epistolario è segnato da alcuni punti fermi che contraddistinguono la sua narrativa: la levità festosa, la quotidianità minima e familiare, lo humour sbarazzino e immediatamente godibile, la riflessione acuta, la verità dei sentimenti. Saint-Exupéry tocca con garbo e dolcezza affettuosa le piccole cose, portandole ad un alto livello di sensibilità e di sguardo partecipe e, insieme, è dotato di un pensiero originale, improvviso e incalzante, che convince profondamente. Soprattutto questo 'diario' si rivela come un altare fiorito per la madre, cui il futuro scrittore confida, con una punta di amorevole cerimoniosità secondo l'educazione dell'epoca, le sue difficoltà, i successi e le gioie; la sua cronica mancanza di denaro e i suoi abbattimenti. C'è una costanza d'amore in tutto questo affascinante, inimitabile epistolario, dove si manifesta sì la geografia dell'anima ma si mostra anche la geografia viva del territorio, particolarmente quella del deserto africano che Saint-Exupéry sorvolò incessantemente come pilota di linea."" -
Il silenzio di Veronika
Vincitore ex aequo del Premio letterario Chianti, XXXIII edizioneMariapia De Conto propone un romanzo corale, vibrante, dove è la vischiosità della menzogna, soprattutto della delazione, a intorbidare i cuori e le coscienze: i veleni lunghi del Muro continuano, dunque, a corrompere le anime e le spezzano, creando un “muro dentro”. Il male non è opera di una particolare malvagità, di persone abbruttite o perverse, ma una malattia della quotidianità, una malattia comune e ‘banale’.rnCade il Muro nel 1989 e Veronika si allontana da Berlino e sparisce, abbandonando il marito e la figlia. Petra, ormai adulta, investiga con una mirabile caparbietà la scomparsa della madre, la cerca per la Germania seguendo deboli tracce, ferita profondamente, spinta da una fortissima rabbia e insieme da una tenerezza filiale, mai affievolita.rnrnrnrnIl silenzio di Veronika si dipana irruente e delicato, specialmente nel magnifico rapporto tra Günter, il padre, e Petra, la figlia; un rapporto fatto di piccole cose, di un affetto semplice e incommensurabile, teneramente dialogante. La scrittrice pordenonese è capace di delineare un universo composito, con una lingua stringente e insieme colloquiale, che a qualcuno potrebbe apparire come un thriller soltanto avvincente, e invece il romanzo si allarga a esplorare le anime, trasmettendo al lettore le vibrazioni e i battiti interiori più radicati, e scandaglia la società ‘socialista’ della Germania Orientale con l’acutezza dell’indagine psicologica, senza mai cadere nella dimensione partitico-politica o nell’invettiva ideologica.rnrnL’Autrice indaga con bravura e familiarità, coralmente e individualmente, donandoci un’opera insolita, straordinaria, di suggestiva ampia lettura. Alla fine il silenzio di Veronika sarà svelato, dopo che Petra riuscirà a rintracciare la madre: e il confronto-scontro sarà lancinante, senza esclusione di colpi; veritiero. L’innocenza vincerà, con la bellezza della lingua, sulla menzogna. -
Il capitano della Torre di Galata
Un tempo lontano i piccioni si gettavano in picchiata dalla Torre genovese di Galata a Istanbul: gareggiavano discoli e impavidi, ma non toccavano terra sollevandosi in volo sornioni al momento risolutivo. Il capo delle guardie, il capitano Solimano, al termine del suo mandato nella cittadina greca di Astros, dopo tanti scontri e violenze con i nazionalisti ellenici, ritorna alla Torre; la ascende con nostalgia, e intanto ritornano i ricordi di una giovinezza spensierata.rnrnLa Torre di Galata, in questo romanzo lieve, evocativo, fascinoso che intreccia la grande storia con la piccola storia, è simbolo di una vita pacifica e serena. A Solimano piace un’esistenza discreta e pigra, intessuta di piccoli piaceri domestici; ama ascoltare le civette di notte quando è a letto con la sua donna; ama sostare sotto le tamerici guardando placidamente il mare. Siamo in Morea di Grecia, dove gli ottomani dominatori, musulmani, convivono in armonia con i greci cristiano-ortodossi: essi frequentano ad Astros l’Osteria Lagoudera, “luogo ecumenico” nel quale si incontrano amicizia e tolleranza, e si fanno grandi bevute.rnrnIl nazionalismo greco, però, romperà la pace quotidiana di quei luoghi bellissimi, aizzato da una famiglia magnatizia ellenica proveniente da Odessa, allora in Russia, nel 1822. Da quel momento avvengono strani omicidi, si spezza l’arco della solidarietà tra etnie diverse. Vendette, massacri, atrocità impegneranno i greci e i turchi, gli uni contro gli altri, sino alla più feroce disumanità, ma alla fine nel romanzo Il capitano della Torre di Galata prevarrà il dolce e giocoso rimpianto di un tempo felice.rnrnCristiano Caracci con quella sua lingua mnemonica, vibratile e luminosa, che odora degli inchiostri di antichi libri di storia, riconferma le sue straordinarie doti di narratore che affabula immaginoso conquistando lo sguardo e il cuore del lettore. -
I mercanti di stampe proibite
I protagonisti di questa storia sono i piccoli mercanti girovaghi che commerciavano stampe popolari a fine Settecento. Partivano soprattutto dal Tesino, una terra di montagna fra Trentino e Veneto, e attraversavano tutta l'Europa giungendo perfino in America Latina, con in spalla la cassela di legno contenente le loro mercanzie.I mercanti di stampe proibite si snoda soprattutto su due direttrici: nell'ambito della Storia, coinvolgendo i Gesuiti, re Carlo III di Spagna, Maria Teresa d'Austria, la Francia, Venezia, i Savoia, Papa Clemente XIV; nell'ambito invece della piccola storia, descrivendo la vita quotidiana dei merciai ambulanti tesini, gli affetti familiari e la toccante storia d'amore che intercorre tra Antonio e Anne, la graziosa ragazza francese di Deuxville. -
Fiabe e leggende del Tagliamento
Il Tagliamento è la grande strada d'acqua che attraversa tutto il Friuli, da nord a sud, partendo dalle sorgenti sotto il Passo della Mauria, ancora in territorio veneto, e sfociando, nel mar Adriatico, tra Lignano e Bibione. Luigina Battistutta segue il viaggio avventuroso del ""Fiume dei Tigli"""" con una particolare sensibilità di ascolto e di sguardi, raccogliendone le leggende, le fiabe, le storie sussurrate. Il libro è tutto un intreccio di racconti che narrano di giganti, salvàns, linci e lontre parlanti, aganes e draghi, ma anche di Attila e dei Turchi, di vagabondi e traghettatori, di cuochi e tessitori; di nonne e nonni, di fanciulle e bambini. L'autrice intesse realtà e fantasia, storia e invenzione; mescola le tradizioni ancestrali del Friuli con i propri sogni e la propria dimensione interiore, dando vita a un vero e proprio viaggio, accompagnata dagli abitanti delle acque del grande fiume."" -
Fiabe e leggende del Piave
Il Piave è il più grande fiume veneto, nasce sopra Sappada, ora in Friuli Venezia Giulia, e si getta nel Mar Adriatico. Laura Simeoni segue, dalle sorgenti alla foce, il corso d'acqua che spicca come creatura bizzosa e umorale, drammatica ma anche umana, perfino innamorata, e focalizza le terre che il fiume attraversa, gli uomini e gli animali, le colture. L'autrice intreccia realtà e invenzione, rispettando la tradizione ma senza intrappolare la creatività, e dà vita così a una raccolta luminosa e solare, ma pure profonda e viva. Fiabe e leggende del Piave è un viaggio fra memoria, fantasia e leggenda. Un libro che giunge alla sesta edizione e che raccoglie ventitré racconti impreziositi dalle illustrazioni di Ivo Feltrin. Un libro che leggeranno i ragazzi e gli adulti. E i nonni, con un sorriso antico sul volto, ritroveranno intatto il mondo della favola che assaporarono fanciulli. -
Fiabe e leggende del Lago di Garda
Un viaggio che segue il contorno del lago dal nord trentino alla sponda orientale veneta per finire con quella occidentale lombarda. Ogni località è densa di storie, memorie, novelle tutte da scoprire. Sirene e anguane, ninfe e giganti, streghe e fantasmi senza testa, folletti e draghi, pesci che si nutrono di polvere d’oro, scorrono accanto a personaggi famosi come Catullo, Goethe e D’Annunzio. -
Correva l'anno 1710... Il culto, la storia e la tradzione dell'Immacolata a Taranto e nella provincia dello Jonio
Due terremoti (1710-1743), conflitti bellici, storie di vita tra i vicoli, tradizioni scomparse e ancora in vita. Tutto questo e altro ancora nel segno della devozione della città di Taranto verso la sua patrona, assieme a San Cataldo: l'Immacolata. Testimonianze, racconti di tarantini veraci, vicende di confraternita, storie di monumenti legati al culto della Vergine e veloci scorribande nella gastronomia legata alla festività. Senza dimenticare quanti accade nei comuni della provincia. Un libro, arricchito della presentazione del noto storico Vittorio De Marco e di tante fotografie anche inedite, da leggere tutto d'un fiato. -
Ossimòri
"Ossimòri"""" è un viaggio all'interno di una densa geometria di simboli e figure che si intrecciano nel discorso amoroso, calandosi nel contesto delle sue rappresentazioni e delle sue contraddizioni. Si può seguire tutto l'arco vitale di un amore che timidamente nasce, fiorisce e appassisce tra dubbi, tradimenti e falsità. Una serie di liriche che derivano stilisticamente dalla tradizione ermetica ma che ha in """"essere"""" un suo progetto di comunicazione, una grammatica della vita amorosa, attraverso cui rivivere i segni del desiderio d'amore." -
L' alimentazione ideale. Dimagrire è solo un effetto collaterale
Le regole facili per una buona alimentazione. Condurre una vita regolare. I cibi sani, con pochi zuccheri, ci garantiscono una buona qualità della vita. I condimenti, soprattutto cotti, sono da evitare. Variare molto l'alimentazione mantenendo le proporzioni nutrizionali. Intercalare i pasti principali con merende. Essere sempre sereni nelle scelte e limitazioni: l'esagerazione in un senso o nell'altro è sempre dannoso.