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Fatasperanza nel giardino dimenticato. Ediz. illustrata
Fatasperanza è chiamata a un'impresa impossibile: rimettere in piedi Vecchiastrega - arrabbiata con tutto e con tutti - dopo averle riordinato la casa e il giardino. Con l'aiuto del suo fedele collaboratore Mastromarcellino, Fatasperanza riuscirà a riportare il sorriso e i buoni sentimenti nella casa di Vecchiastrega, il cui giardino si riempirà magicamente degli schiamazzi di bambini festosi. Età di lettura: da 4 anni. -
Dall’idea d'Europa all'Unione europea. Il percorso scritto nei trattati di pace e nelle politiche di collaborazione
Perché privilegiare i trattati – di pace, di alleanza, di non aggressione o semplicemente di spartizione di territori altrui – come strumento di rilettura della storia? I trattati sovente sono falliti perché dietro c’erano gravi contraddizioni che non aspettarono molto tempo per esplodere. I trattati sono pur sempre quei momenti nei quali compaiono i vari ordinamenti statali, con i loro disegni politici, con il loro peso effettivo economico e militare, con le varie coperture ideali. Tuttavia lo stile diplomatico non riesce sempre a nascondere del tutto la realtà dei problemi. -
Napoleone muore
Sull'isola di Sant'Elena avvennero cose di estrema gravità, mentre qualcuno a Londra tesseva le trame. Il governatore inglese Lowe, l'uomo più detestato dai prigionieri francesi, una volta sepolto Napoleone, tornò in patria convinto che fosse ormai giunta anche per lui l'ora degli onori. Chiese subito udienza al sovrano Carlo IV: negata con disprezzo. Allora si rivolse al maestro di tutta la vicenda, ministro degli Esteri Castlereagh: negata. Lowe non poteva neppure rifugiarsi nei pub, perché ovunque c'era un ritratto di Boné, come familiarmente veniva chiamato il figlio del popolo diventato Imperatore. Sentendosi odiato nel suo stesso Paese, il ""carceriere"""" decise di parlare chiaro e scrisse un libro per spiegare """"tutta"""" la verità. Il suo """"capolavoro"""" non lo comprò nessuno e i suoi libri andarono al macero. Qualcosa però, ovviamente, si salvò e se ne ricordò Mussolini, che a tutti i costi volle pubblicare anche in Italia il libro di Lowe, che avrebbe potuto dimostrare al mondo intero la perfidia inglese. Proprio questo libro, che abbiamo avuto la fortuna di rintracciare, racconta cose di gravità estrema sulla morte prematura di Napoleone..."" -
Tempo di guerra. Storia di una comunità nella seconda guerra mondiale
Fausto Figone traccia, in questa ultima sua opera, un quadro della comunità locale negli anni terribili della seconda guerra mondiale, ponendo in evidenza alcuni radicali cambiamenti rispetto all'analoga situazione presentatasi un quarto di secolo prima. Intrecciando, molto opportunamente, storie personali alla grande storia, Figone riporta, nei casi in cui è riuscito a reperire la documentazione, l'intera corrispondenza del soldato con la famiglia: fornendo così un vivido quadro del rapporto soldato-famiglia nel corso dell'avventura bellica. Anche in questo caso, come in precedenti lavori, Figone compie un'operazione preziosa, non solo sul piano della ricostruzione storica, ma del reperimento e della salvaguardia della disomogenea documentazione sparsa nei diversi ""archivi"""" familiari (sempre più soggetti allo stillicidio del tempo e ai traumi del succedersi delle generazioni)."" -
Biografie non autorizzate. Per una geografia dell’anima. Lineamenti di antropologia delle rovine
Per un capriccio della natura il borgo ha il proprio centro sospeso e spencolato un poco oltre il confine: come un unico frutto pendente oltre il muro dell’orto, affacciato sul più misterioso e inafferrabile altrove, il mare. Per forza un posto del genere secerne esseri bizzarri. E infatti il borgo produsse e nutrì (abbastanza male in genere) gente che, come il mare e il serpentino, come le acciughe o le foglie degli ulivi, emanava dalla propria barbarie bagliori che oggi possiamo interpretare come lampi di un genio salmastro e d’una scontrosissima poesia. Di loro e delle loro bizzarrie qui si narra; ma anche delle pietre che calcarono ed eressero. Dapprima meravigliosamente; da un certo momento in poi disastrosamente. -
Storie della storia di Genova. Fatti, personaggi, aneddoti, curiosità...
Ricco di informazioni anche poco note, corredato da un notevole apparato iconografico, ci mette a contatto con una moltitudine di personaggi e di eventi. -
Trabastìa. Cent'anni di gente comune
"'Vorrei riuscire a ricordare per lei tutte le cose che ho ascoltato, quelle che mi hanno raccontato, quelle che ho vissuto, e le voci, le vite fermate nelle lettere, nei diari, nei fogli che ho trovato sul fondo dei cassetti. Vorrei che sapesse le strade che abbiamo percorso per arrivare fino a lei.' Attraverso cent’anni di vita vissuta Mecconi evidenzia con pennellate di parole, come fossero dipinti, storie e personaggi che di volta in volta prendono forma e luci e ombre e si personificano davanti ai nostri occhi. È importante, nella vita che stiamo vivendo, recuperare momenti così."""" L’anima ringrazia. (Mariangela Guandalini)" -
Le otto tribù e altre storie
I romanzi e i racconti di Tan sono ricchi di interessanti osservazioni di carattere psicologico ed etnografico, dovute sia al suo acuto sguardo scientifico che alle sue doti di artista. Egli appartiene a quella pleiade di scrittori russi realisti degli anni '90 dell'Ottocento - Serafimovi, Kuprin, Veresaev e tanti altri - tra i quali occupò un posto particolare, facendo conoscere al lettore russo l'esistenza degli aborigeni siberiani, Jakuti, Jukagiri. Nel romanzo ""Le otto tribù"""" è stato ampiamente utilizzato materiale del folclore; sono state create realistiche rappresentazioni della vita di quelle popolazioni, di estrema attendibilità artistica e di grandioso romanticismo. La trama è avvincente, il racconto delle vicende degli eroi è originale, inaspettato e strano e si stampa nella memoria come un quadro raffigurante un popolo fino allora sconosciuto. Nel romanzo, come nei due racconti, l'anima dell'etnografo Tan si fonde inevitabilmente con quella dell'artista il cui compito, che assolve magistralmente, è quello di inserire scene di vita nelle descrizioni etnografiche che già di per sé sarebbero, comunque, interessanti. Bogoraz ebbe grandi ammiratori tra gli intellettuali dell'epoca che lodarono soprattutto Le otto tribù, per lo stile epico del racconto, l'esposizione magistrale, le immagini artistiche, la descrizione degli eroi."" -
L'araldica nella Chiesa cattolica. Alla luce della legislazione canonica. Origini, usi, legislazione
Alla luce della legislazione canonica. Origini, usi, legislazione L'araldica rappresentò un fenomeno della storia europea, iniziato nel secolo XI, quale mezzo di identificazione dei cavalieri nei combattimenti tramite i colori e le figure disegnate sugli scudi; gli stemmi furono spesso utilizzati nei sigilli per autenticare documenti e le comunicazioni epistolari. I sigilli, impiegati prima della nascita dell'araldica, furono resi più elaborati aggiungendo alle figure emblemi araldici o segni di dignità ecclesiale. Il clero adottò le insegne per individuare, dalle ornamentazioni esterne allo scudo, l'ufficio, la dignità , la carica e la posizione gerarchica ricoperta dall'ecclesiastico. Poiché tutta la società del tempo (fin dal secolo XIII) era interessata all'araldica, la Chiesa dovette trovare nell'ambito della legge canonica una sistemazione giuridica degli emblemi del clero, degli ordini religiosi e delle sue istituzioni. Questo volume rende conto delle modalità con le quali la Chiesa, nei secoli, regolamentò il diritto a vestire le insegne pontificali e a indossare particolari copricapi in analogia all'araldica secolare che impiegava elmi, corone e cappelli quali simboli di nobiltà . Questo volume è il primo di una serie che il Vannucci ha dedicato all'araldica ecclesiastica. Piano dell'opera: L'araldica. Generalità . L'opera di Bartolo da Sassoferrato. Tecnica della blasonatura L'araldica nella Chiesa cattolica alla luce della legislazione canonica. Origini, usi, legislazione L'araldica negli Ordini religiosi, nelle Confraternite e nelle Chiese di rito orientale L'araldica ecclesiastica. Papi, antipapi, loro insegne e blasonature Ogni volume è autonomo e concluso in sé, ma viene utilmente completato, per chi voglia avere una visione organica dell'argomento, dagli altri tre, di prossima uscita per i nostri tipi. -
I viaggi di Gulliver
Grulliver parte per i suoi viaggi da bravo cittadino britannico, serenamente incastonato nella tranquilla persuasione della propria naturale superiorità: egli è un gigante in un mondo di nani; può risolvere con irrisoria e sprezzante facilità problemi che per gli altri sono insormontabili... Ma poi gli è inflitta l'esperienza che lo relativizza e, concretissimamente, lo ridimensiona. Subisce quindi l'immersione nella mostruosa realtà della nuova scienza: un paradossale battesimo i cui tratti carnevaleschi non hanno niente di allegro, ma sono la cupa testimonianza della follia tecnologica dilagante. Infine, la rivelazione: scopre di essere uno yahù, una bestia il cui barlume di ragione è volto al male. La verità alla quale Grulliver approda è tragica ma grottesca; e il ridicolo toglie ogni dignità alla tragedia. Esso solo resta, e dilaga. -
Carosello... e poi tutti a nanna. 1957-1977: i vent'anni che hanno cambiato l'Italia
Vito Molinari è uno che la televisione italiana l'ha tenuta a battesimo (è lui che, il 3 gennaio 1954,ne dirige la trasmissione inaugurale)e ne è stato protagonista per oltre cinquant'anni, dirigendo oltre 2000 trasmissioni, alcune delle quali davvero mitiche, da Un, due, tre con Tognazzi e Vianello a L'amico del giaguaro con Bramieri, Del Frate, Pisu e Corrado; da La via del successo con Walter Chiari e Carlo Campanini a Quelli della domenica che lancia Villaggio, Cochi e Renato, Montesano…; da Delia Scala Story a TuttoGovi; da Macario story alla celeberrima Canzonissima del 1962 con Dario Fo e Franca Rame, sospesa dalla censura del 1962. È lecito attendersi da un tale personaggio una parola autorevole sulla storia della televisione dai suoi inizi ad oggi. Molinari oggi, con questo volume informatissimo (Molinari ha diretto oltre 500 caroselli) e illustratissimo, ci dà qualcosa di più e di diverso: uno spaccato di vent'anni cruciali della vita italiana da un punto di vista privilegiato, quello di una piccola trasmissione – ogni sera attesissima da grandi e piccini – che ha influito come pochi altri spettacoli sul costume italiano e che ha attirato l'attenzione degli osservatori di tutto il mondo. Un fenomeno unico del quale ""Le Figaro"""" del 3 gennaio 1977 disse: """"Carosello è il contributo più originale dato dall'Italia alla storia della televisione"""". Molinari dedica un capitolo a ognuno degli anni di Carosello; ed è tale l'attenzione a quanto accade fuori degli studi televisivi che il libro si legge con piacere anche come utile promemoria dello sviluppo della società italiana: politica, sport, cultura; ogni capitolo è poi articolato in diverse rubriche, che danno conto dei personaggi e degl'interpreti dell'anno, dei caroselli più interessanti, riportano indiscrezioni e un'infinità di notizie. Forse non tutti sanno che: Il 5 settembre 1971 una selezione di Carosello venne presentata al Museo d'Arte Moderna di New York; nei vent'anni fra il 3 febbraio 1957 e il 1° gennaio 1977 andarono in onda 42000 caroselli, 500 (circa) dei quali firmati da Vito Molinari; a dirigere Carosello vennero chiamati registi del calibro dei fratelli Taviani, Ermanno Olmi, Gillo Pontecorvo, Giuliano Montaldo, Mauro Bolognini, Claude Lelouch… Le scenette vennero scritte dai maggiori autori (uno su tutti Marcello Marchesi) e interpretate dai maggiori attori di cinema e teatro, divi italiani e stranieri, mimi, cantanti, ballerini, soubrettes celebri… Carosello contribuì allo sviluppo della piccola industria del cartone animato italiano dei Pagot, Gavioli, Bozzetto, lanciando personaggi indimenticabili: Capitan Trinchetto, Jo Condor, Calimero, la Linea… Carosello finì, paradossalmente (ed è ancora compianto), perché ebbe troppo successo: la gente si concentrava più sulle storielle e sui personaggi che sui prodotti che dovevano essere pubblicizzati."" -
Stradario genovese
Sono trascorsi otto anni da quando Domenico Ravenna ha pubblicato l'ultimo volumetto della trilogia in versi ispiratagli dalla sua terra d'origine, la Val di Vara, trilogia formata da Reigada (2005), L'orto dei Malaspina (2006) e Passaggio sul Bracco (2009). Giornalista di lungo corso, Ravenna si era rivelato anche poeta molto efficace e comunicativo, apprezzato anche da un lettore rigoroso e severo come Franco Loi (sul ""Sole-24 Ore"""" del 29 gennaio 2006) per le sua asciutta sensibilità nel rievocare i paesaggi, i personaggi e, insomma, la civiltà di quella sua regione di confine tra Liguria, Toscana, Emilia: un intreccio di culture destinato, come tutti quelli dei territori lontani dai grandi centri della globalità, alla perdita dell'identità e infine alla dimenticanza; e così la trilogia poetica di Ravenna può essere letta, oltre che come raccolta di versi originali e capaci di restare incisi nel lettore, anche come memoria e testimonianza di una civiltà al tramonto. Con questa nuova raccolta Ravenna abbandona la Val di Vara e ci porta a Genova; e certo è scelta coraggiosa scrivere di questa città dopo i versi memorabili ad essa dedicati da Sbarbaro e da Campana, da Caproni..."" -
Dalla Sirte a casa mia
A cura di Francesco De Nicola viene pubblicato il libro d'esordio di Marcello Venturi, ""Dalla Sirte a casa mia"""", i cui due lunghi racconti rappresentano l'atto conclusivo e più alto della sua stagione neorealista, che si era espressa in decine di racconti pubblicati sulle terze pagine dei giornali. Su questi il giudizio di Italo Calvino scritto nel 1947 rimane tuttora uno dei più pertinenti per dichiararne le grandi qualità narrative: """"Venturi è il vero scrittore partigiano, eroico e corale insieme, emotivo eppure scarno, senza pudore della propria commossa tragicità. È il narratore che racconta, spesso con popolaresca ingenuità, le emozioni collettive"""". E doti di """"ingenuità e lirismo"""" arricchite ancora anni dopo """"dalla freschezza entusiasta del '45"""" riconoscerà in lui Elio Vittorini, che lo aveva scoperto ventenne e fatto esordire sulle pagine del suo prestigioso """"Politecnico""""."" -
43 poesie per Genova
Alla notizia sconvolgente del crollo del viadotto che scavalca il Polcevera mi sono domandato che cosa avrebbe potuto fare un’associazione culturale come la Dante Alighieri, che vi è attiva dal 1889, per essere vicina alla città ferita in questa tragica circostanza. L’immagine di Genova diffusa nel mondo dopo le 11,36 del 14 agosto è stata quella di un ponte incredibilmente spezzato, delle sue macerie, di tonnellate di cemento piombate sul greto di un torrente, sulle fabbriche e sui binari, trascinando nel baratro automobili e autocarri con i loro disgraziati occupanti: e poi l’immagine spettrale di un quartiere abbandonato, l’immagine della distruzione, dello scempio, del grado più alto e più drammatico della “bruttezza”. E allora ho pensato che la Dante Alighieri avrebbe dovuto invece proporre di Genova un’immagine opposta di bellezza: la bellezza della poesia e delle parole speciali che la formano e, nel caso particolare, della poesia nata da Genova: dal suo paesaggio naturale e dalla sua storia, da chi la abita e da chi la vive e vi lavora, senza peraltro ignorare le sue problematiche e le sue contraddizioni, la sua vitalità intera che il crollo di un ponte non può comunque, anche nella tragedia, cancellare. Ecco allora queste 43 poesie per Genova, offerte a chi vorrà avere il piacere di leggere, con l’aiuto di brevi presentazioni, ciò che è stato scritto in versi su di essa e per esprimere vicinanza alla città ferita e alla sua bellezza. Guidati dai nostri poeti, ripercorreremo allora Genova da Levante a Ponente, dal mare alle colline; ma il nostro itinerario non potrà che avviarsi con due testi in versi ambientati proprio nella val Polcevera per tener ben presente il nostro lacerante punto di partenza. -
La realtà romanzesca
Milioni di lettori hanno aspettato con ansia, settimana per settimana, per quasi settecento settimane, di leggere la nuova puntata della rubrica La realtà romanzesca che dal 1964 al 1977 Mino Milani ha tenuto sulla ""Domenica del Corriere"""". Ora, per la gioia di quanti ripensano con nostalgia a quelle storie meravigliose e a favore di tutti coloro cui la giovane età ha impedito sinora di goderne, ne ripubblichiamo un'ampia scelta. Mino Milani prende spunto ogni volta da un episodio realmente accaduto per consegnarci una storia fantastica, alla quale l'esito sorprendente non toglie verità e anzi attribuisce una tinta drammatica e una dimensione in qualche modo mitica. Le affascinanti storie della realtà romanzesca ripropongono infatti (in versione moderna, dove protagonista non è un eroe tragico ma uno qualsiasi di noi) il più classico dei temi, quello dell'uomo a confronto col fato, ovvero con forze che lo trascendono e lo collocano, magari per un solo ma decisivo istante, al centro del grande, imperscrutabile gioco del destino. Il quale, per quanto minaccioso, finisce per rivelarsi, nei sapienti racconti di Mino Milani, un provvidenziale alleato: capace di offrire al protagonista (all'ultima riga del racconto: Milani è un maestro della suspence) l'inattesa e romanzesca via d'uscita da una situazione apparentemente senza speranza di salvezza."" -
Giacomo l'immoralista. Sull'orlo del nulla. Leopardi e la mezza filosofia
Sempre nominato, sovente calunniato, molto amato ma sostanzialmente poco letto e ancor meno compreso, Leopardi è una presenza imbarazzante nella storia del pensiero europeo; anzi, a dispetto dell’immensa mole della bibliografia relativa, ancora un’immensa assenza, una grande, affascinante sfida. Gli autori di questo volume si sono ripromessi – “semplicemente” – di leggere Leopardi; per il piacere dell’avventura, per amore del rischio. Questo volume costituisce una specie di «diario di bordo» del loro viaggio nell’immenso universo leopardiano; la testimonianza del tentativo di aprire un colloquio quant’è possibile onesto con quello che è stato definito «uno dei grandi saggi dell’umanità»: senza costringere nei limiti dei propri pregiudizi la sua libertà; senza provare a semplificare la sua complessità; senza cedere al desiderio di ignorare le sue contraddizioni o, peggio ancora, di scioglierle; provando a condividere il suo gusto per le domande e la sua diffidenza per le risposte. Questo, lo scopo dichiarato: lasciar parlare Leopardi «senza prestargli qualità che non ha» ovvero senza forzare quello che dice per farlo entrare in uno schema precostituito; mettersi in ascolto; umilmente, sapendo quant’è difficile ascoltare e vedere. Di qui l’ampio e sempre insufficiente spazio lasciato alla parola di Leopardi: in modo da fare di questo libro, anche, una sorta di antologia del pensiero leopardiano. L’idea era di mostrare Leopardi come si mostrerebbe un panorama, il cielo stellato, i monti e gli oceani della luna. Sforzandosi di evitare, nei limiti del possibile, la tentazione, decisamente troppo ricorrente tra gl’interpreti, di rinchiudere l’imprendibile ricchezza di Leopardi in una formula. Il titolo che gli autori hanno voluto assegnare a questo libro sembra denunciare il loro fallimento, o la difficoltà di mantener fede ai propri propositi; ma il termine di immoralista che hanno applicato a Leopardi è tale, sia per la provocatorietà sia per l’ironia, da non poter essere assimilato a etichette pretenziose come quella tradizionale di pessimista o quella, più aggiornata, di nichilista: esso serve semmai a prendere le distanze da quelle, ormai palesemente inadeguate, definizioni; e ad attirare l’attenzione su un aspetto poco noto ma molto importante del Leopardi filosofo: sul suo desiderio d’essere il nuovo, eversivo Machiavello: il duro critico della società, il moralista-immoralista che pretende di chiamare le cose col loro nome e, poiché le virtù non sono praticate, propone di abolirne i nomi; l’intransigente cultore dell’acerbo vero che, avendo scoperto che «il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene» e «l'educazione buona, o così chiamata, consiste in gran parte nell'ingannare gli allievi», vuole spezzare le tavole della morale corrente perché sono al servizio di questo inganno e della trionfante alleanza dei «vili contro i generosi». -
Letteratura fra i banchi di scuola
Svelata attraverso lo sguardo partecipato, critico, severo, propagandistico, militante, oppure ironico e irriverente dello scrittore, la scuola appare, in questo libro, come un organismo complesso, vivo e vivace, ricco di contraddizioni, di ambivalenze quando non, addirittura, di antinomie. Sia essa reale o narrata, non è, e non può essere considerata, un luogo neutro in quanto rappresenta lo spazio dei sogni da realizzare, delle frustrazioni da rimuovere, delle visioni che riguardano il futuro. La prospettiva di questo volume è quella di mostrare come tutto ciò che avviene nella società, a tutti i livelli, si ripercuota non solo nelle istituzioni scolastiche e nell’educazione in senso lato, ma anche, e soprattutto, nell’immaginario collettivo. -
Tanto domani mi sveglio
Bozzetti e ritratti a tutto tondo, aneddoti e retroscena piccanti o patetici, piccole e grandi miserie individuali, eventi drammatici (la vicenda Tortora, il suicidio di Tenco), avvenimenti politici (la ""discesa in campo"""" di Berlusconi vista da un'angolatura privilegiata e originalissima), giudizi critici acuti e impietosi, rancori e affetti pubblici e privati si intrecciano nel racconto che Lauzi dipana sul filo della memoria e di una indomita passione etica. Ne emerge un'immagine nitida, anche se non sempre edificante, del mondo della musica e dello spettacolo – non solo italiani – dell'ultimo cinquantennio: ove il talento e talvolta la genialità degli artisti coesistono con limiti umani che lo sguardo di Lauzi – di volta in volta severo, dolente, feroce – mette a nudo e denuncia: senza fare pettegolezzi, ma senza risparmiare nessuno, tantomeno sé stesso. Personaggio scomodo e senza reticenze, Lauzi non cerca mai di essere simpatico ma sempre e solo sincero; con questa «autobiografia in controcanto» ci offre un libro avvincente e importante: mentre racconta a modo suo, con amore e furore, """"l'altra faccia della verità """", quella mai detta sinora, Lauzi traccia la storia o meglio la controstoria di cinquant'anni di musica e di costume in Italia."" -
Figure bresciane. Nella cultura e nella letteratura tra Otto e Novecento
I rapporti che intercorrono tra cultura italiana e cultura locale si sono formati e hanno avuto una loro evoluzione nel tempo. Dal punto di vista letterario tali rapporti possono essere ricondotti alla contrapposizione tra letteratura nazionale e letteratura localizzata sul territorio, con tutte le implicazioni, linguistiche, oltre che culturali in senso lato, che tale contrapposizione comporta. Via via alternandosi, nel corso della storia, da situazioni di sudditanza o di imitazione a situazioni di orgogliosa rivendicazione di identità linguistica e letteraria, la cultura bresciana si trova oggi a confrontarsi con l'attualissima e generale contrapposizione tra localizzazione e globalizzazione. L'identità culturale si costituisce sulla base di un'appartenenza che traspare nelle opere di autori che in un qualche modo la caratterizzano. E questa appartenenza culturale non è altro che un patrimonio storico (letterario e non) che viene mantenuto vivo e riattualizzato continuamente. L'identità letteraria trova le proprie radici nella storia della letteratura, non in astratto, ma concretamente, nello studio, nella lettura e nella riproposta dei vari autori e delle loro opere. Introduzione di Ermanno Paccagnini -
Il fantastico Soldati. Mario Soldati tra surrealismo e distopia
Nel ventennale della morte ricordiamo Mario Soldati quale ""padre"""" della letteratura distopica italiana. Gli anni Settanta, momento storico di forte instabilità , vedono il romanzo distopico rispondere all'aspirazione dell'uomo contemporaneo ad una totalità , ormai perduta, di un mondo abitato dal senso. Il romanzo Lo smeraldo diviene una lente con cui osservare a fondo l'opera omnia dell'autore Soldati.""